Kroeger James M.
L'evangelizzazione al giorno d'oggi
2017/11, p. 39
La presente succinta catechesi della missione si propone di analizzare alcuni tratti che caratterizzano la “nuova evangelizzazione”. Saranno indicate dieci caratteristiche: per ciascun tratto. L’autore mostrerà il legame che esiste con i tre punti fondamentali di ancoraggio: Il concilio Vaticano II, i recenti pontefici e la Chiesa in Asia.

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Dieci indicazioni di papa Francesco
L’EVANGELIZZAZIONEal giorno d’oggi
La presente succinta catechesi della missione si propone di analizzare alcuni tratti che caratterizzano la “nuova evangelizzazione”. Saranno indicate dieci caratteristiche: per ciascun tratto. L’autore mostrerà il legame che esiste con i tre punti fondamentali di ancoraggio: Il concilio Vaticano II, i recenti pontefici e la Chiesa in Asia.
Nel modo attuale cattolico di parlare viene usato di frequente il termine “nuova evangelizzazione”. Benedetto XVI nel suo messaggio per la Giornata mondiale delle missioni dell’ottobre 2011 notava che la Chiesa ha un dovere urgente di proclamare il Vangelo nelle “nuove situazioni” che “richiedono una nuova evangelizzazione” Il papa continuava: «Questo compito non ha perso la sua urgenza». Al contrario «la missione di Cristo redentore, affidata alla Chiesa, è ancora ben lontana dal suo compimento... e noi dobbiamo impegnarci con tutte le forze al suo servizio» (RM, 1). Il papa definiva chiaramente lo scopo della missione di evangelizzazione: «La missione universale riguarda tutti, dovunque e sempre».
In una lettera apostolica in data 2 Ottobre 2010, Benedetto XVI istituì uno speciale Consiglio per la promozione della “nuova evangelizzazione”. Questo Consiglio ha il compito di compattare la “de-scristianizzazione” di paesi che erano stati evangelizzati per primi secoli or sono. Il papa indica una varietà di fattori che contribuiscono all’indebolimento della fede religiosa: i progressi della scienza e della tecnologia, l’ampliarsi della libertà individuale e delle scelte degli stili di vita, i profondi cambiamenti economici, il mescolamento delle culture e dei gruppi etnici dovuti alla migrazione, e la crescente interdipendenza dei popoli. Questi cambiamenti sono stati spesso accompagnati da «una perdita preoccupante del senso del sacro». Senza dubbio, è urgentemente necessaria una “nuova evangelizzazione”. Benedetto XVI aveva anche stabilito che il tema della XIII assemblea generale ordinaria del sinodo dei vescovi (2012) riguardasse le sfide della “nuova evangelizzazione”.
Papa Francesco nella sua prima Esortazione apostolica nel 2013, Evangelii Gaudium ha 29 riferimenti alle varie proposte derivanti dalla XIII assemblea generale ordinaria del sinodo dei vescovi, raccolte da 7 al 28 ottobre 2012 per discutere il tema La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana (EG 14). Secondo papa Francesco «la nuova evangelizzazione chiama tutti» (EG 14). E afferma di scrivere la Evangelii Gaudium «per proporre alcune linee che possano incoraggiare e orientare in tutta la Chiesa una nuova tappa evangelizzatrice» (EG 17).
La presente succinta catechesi della missione si propone di analizzare alcuni tratti che caratterizzano la “nuova evangelizzazione”. L’argomento è estremamente ampio e piuttosto complesso. Saranno indicate dieci caratteristiche della “nuova evangelizzazione; per ciascun tratto l’autore mostrerà il legame che esiste con i tre punti fondamentali di ancoraggio: (a) Il concilio Vaticano II, (b) i recenti pontefici e (c) la Chiesa in Asia.
I lettori noteranno certamente che i dieci tratti distintivi che caratterizzano la nuova evangelizzazione sono molto simili ai temi importanti discussi durante il concilio Vaticano II; è qualcosa di più di una semplice coincidenza. In effetti, colui che qui scrive, si trova in pieno accordo con una stupefacente affermazione di Benedetto XVI (2° settembre, 2012): “Possiamo dire che la nuova evangelizzazione è iniziata esattamente con il Concilio, che san Giovanni XXIII considerava come una nuova Pentecoste...”. Questa presentazione espone ora una sintetica discussione di dieci tratti distintivi che caratterizzano la nuova evangelizzazione.
1. Centralità di Cristo
Il concilio Vaticano II ha cercato di collegare i suoi insegnamenti con la tradizione della Chiesa attraverso il ressourcement (un ritorno alla fonti fondazionali). Ha usato un linguaggio biblico e posto un chiaro accento su Cristo e sulla Chiesa.
Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi parlò chiaramente della centralità di Cristo. «Non c'è vera evangelizzazione se il nome, l'insegnamento, la vita, le promesse, il Regno, il mistero di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, non siano proclamati» (EN 22). Per Giovanni Paolo II in Redemptoris Missio la proclamazione del mistero di Cristo «è nel cuore della missione e della vita della chiesa, come cardine di tutta l'evangelizzazione» (RM 44).
Papa Francesco sottolinea la centralità di Cristo in Evangelii Gaudium: «Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione di trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta» ((EG 3). «La prima motivazione per evangelizzare è l’amore di Gesù che abbiamo ricevuto» (EG 264). «La missione è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo» (EG 268).
La Chiesa in Asia dichiara: «Rendere testimonianza a Gesù Cristo è il servizio supremo che la Chiesa può offrire ai popoli dell'Asia, poiché risponde alla loro profonda ricerca di Assoluto e svela le verità e i valori che garantiscono loro lo sviluppo umano integrale» (Ecclesia in Asia 20). La Chiesa in Asia cerca di dare una credibile testimonianza a Cristo: «L’unica sua ambizione è di continuarne la missione di servizio e d'amore, affinché tutti gli abitanti del Continente «abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza » (Gv 10, 10).
2. Ecumenismo
Nel documento sull’ecumenismo (Unitatis Redintegratio), il Vaticano II ha invitato tutti i cristiani a rendere testimonianza della loro fede comune (UR 12). Il Concilio ha affermato anche che le divisioni tra i cristiani costituiscono un serio ostacolo alla predicazione del Vangelo e un’autentica testimonianza di vita (UR 1).
Paolo VI ha scritto sull’importanza della ricerca dell’unità cristiana; ha sottolineato «il segno dell'unità tra tutti i cristiani come via e strumento di evangelizzazione» (EN 77).
Nella sua enciclica Ut Unum Sint, Giovanni Paolo II ha affermato che è impossibile proclamare autenticamente il Vangelo che parla di riconciliazione, se allo stesso tempo, non c’è la preoccupazione della riconciliazione tra i cristiani (UU 98).
Il papa Francesco riflette: «L’impegno ecumenico risponde alla preghiera del Signore Gesù che chiede che “tutti siano una cosa sola” (Gv 17,21). La credibilità dell’annuncio sarebbe molto più grande se i cristiani superassero le loro divisioni” (EG 244). Durante il sinodo per l’Asia (1998), i padri sinodali hanno preso atto che «lo scandalo di una cristianità divisa è un grande ostacolo per l'evangelizzazione in Asia». 1Infatti, «la divisione tra i cristiani è considerata una contro-testimonianza a Gesù Cristo da quanti in Asia sono alla ricerca di armonia e di unità attraverso le loro religioni e culture» (EA 30). In Asia «il dialogo ecumenico e il dialogo interreligioso costituiscono per la Chiesa una vera vocazione» (EA 29).
3. Dialogo interreligioso
Il concilio Vaticano II ha emanato un intero documento sul rapporto della Chiesa con i seguaci delle altre religioni (Nostra Aetate). «La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni... Essa perciò esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi» (NA 2).
Paolo VI e Giovanni Paolo II non trovano un conflitto essenziale tra la proclamazione e l’autentico dialogo interreligioso. Forse la maggiore affermazione dell’importanza del dialogo è la prima lettera enciclica Ecclesiam Suam di Paolo VI ( 1964), fortemente dedicata al dialogo come la via alla Chiesa. Un decennio dopo egli ribadisce il profondo rispetto della Chiesa per le altre religioni (EN 53).
Giovanni Paolo II dedica tre intere sezioni (55-57) della Redemptoris missio esaminare le relazioni con i seguaci delle altre religioni: «Il dialogo inter-religioso fa parte della missione evangelizzatrice della chiesa ... esso non è in contrapposizione con la missione ad gentes anzi ha speciali legami con essa e ne è un'espressione» (RM 55).
Papa Francesco afferma: «L’evangelizzazione e il dialogo interreligioso, lungi dall’opporsi tra loro, si sostengono e si alimentano reciprocamente... In questo dialogo, sempre affabile e cordiale, non si deve mai trascurare il vincolo essenziale tra dialogo e annuncio, che porta la Chiesa a mantenere ed intensificare le relazioni con i non cristiani» (EG 251). «Questo dialogo interreligioso è una condizione necessaria per la pace nel mondo, e pertanto è un dovere per i cristiani, come per le altre comunità religiose» (EG 250).
In Asia, dove meno del tre per cento della popolazione è cristiana, la Chiea promuove attivamente il dialogo interreligioso. «Dal Concilio ad oggi la Chiesa ha coerentemente dimostrato di voler perseguire quel rapporto in spirito di dialogo...» (EA 29). «E perciò importante per la Chiesa in Asia fornire modelli appropriati di dialogo interreligioso (evangelizzazione nel dialogo e dialogo per l'evangelizzazione) e preparazione adeguata per quanti ne sono coinvolti» (EA 31).
4. Libertà religiosa
La promozione della nuova evangelizzazione presuppone in effetti una pinea accettazi9one del documento conciliare sulla libertà religiosa, Dignitatis Humanae. La Chiesa afferma che «il libero esercizio della religione nella società» è un valore «proprio della natura umana» (DH 1).
Paolo VI in Evangelii Nuntiandi dice eloquentemente su questo tema: «Sarebbe certo un errore imporre qualcosa alla coscienza dei nostri fratelli. Ma proporre a questa coscienza la verità evangelica e la salvezza in Gesù Cristo con piena chiarezza e nel rispetto assoluto delle libere opzioni che essa farà – senza «spinte coercitive o sollecitazioni disoneste o stimoli meno retti» – lungi dall'essere un attentato alla libertà religiosa, è un omaggio a questa libertà, alla quale è offerta la scelta di una via, che gli stessi non credenti stimano nobile ed esaltante».
Allo stesso modo, Giovanni Paolo II afferma una proclamazione rispettosa del Vangelo: «La chiesa si rivolge all'uomo nel pieno rispetto della sua libertà: la missione non coarta la libertà, ma piuttosto la favorisce. La chiesa propone, non impone nulla: rispetta le persone e le culture, e si ferma davanti al sacrario della coscienza» (RM 39).
Richiamando il sinodo del 2012 sulla nuova evangelizzazione, papa Francesco rileva: «I Padri sinodali hanno ricordato l’importanza del rispetto per la libertà religiosa, considerata come un diritto umano fondamentale. Essa comprende «la libertà di scegliere la religione che si considera vera e di manifestare pubblicamente la propria fede» (EG 255).
La Chiesa in Asia invita i governi «a riconoscere la libertà religiosa come un diritto fondamentale... [e richiama le parole del Vaticano II, affermando] che la persona umana ha diritto alla libertà religiosa. Tale libertà consiste in questo, che tutti gli uomini devono essere immuni dalla coercizione da parte di singoli, di gruppi sociali e di qualsivoglia potestà umana, così che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità alla sua coscienza privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata» (EA 23).
5. Evangelizzazione. Un processo dai molti volti
Il Vaticano II in Gaudium et Spes scrive: «La dissociazione, che si costata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverata tra i più gravi errori del nostro tempo» (GS 43). Perciò, la predicazione del Vangelo deve essere oggi adattata alle varie situazioni e gruppi di gente. «E tale adattamento della predicazione della parola rivelata deve rimanere la legge di ogni evangelizzazione» (GS 44).
Paolo VI promosse una comprensione globale del processo di evangelizzazione. Egli scrisse: «Nessuna definizione parziale e frammentaria può dare ragione della realtà ricca, complessa e dinamica, quale è quella dell'evangelizzazione, senza correre il rischio di impoverirla e perfino di mutilarla» (EN 17). L’invito a una “nuova evangelizzazione” riflette le sfide dinamiche e sempre mutevoli che la missione della Chiesa incontra.
Nel pensiero di Giovanni Paolo II si possono distinguere tre situazioni di evangelizzazione. C’è la “prima evangelizzazione” tra gruppi o contesti socio-culturali in cui Cristo e il suo Vangelo non sono conosciuti. Dopo c’è la fase della cura pastorale dei cristiani desiderosi di vivere la loro fede in maniera più piena. Infine, c’è la situazione in cui è necessaria una “nuova evangelizzazione” o “rievangelizzazione” (RM 33).
Francesco, il nostro papa attuale, apprezza la necessità di vedere l’evangelizzazione politicamente quando parla del «significato autentico e integrale della missione evangelizzatrice» (EG 176). L’evangelizzazione, «compito della Chiesa» (EN 111) deve rivolgersi all’intera famiglia umana «con tutti i suoi drammi e le sue stanchezze, con i suoi aneliti e le sue speranze, con i suoi valori e le sue fragilità» (EG 183). Francesco cita Paolo VI, notando che «l’evangelizzazione non sarebbe completa se non tenesse conto del reciproco appello che si fanno continuamente il Vangelo e la vita concreta, personale e sociale dell’uomo» (EG 181).
Durante il sinodo per l’Asia è stato affermato: «La presentazione di Gesù Cristo come unico Salvatore esige l'adozione di una pedagogia che introduca le persone passo dopo passo alla piena appropriazione del mistero. Chiaramente, la prima evangelizzazione di non cristiani e la susseguente proclamazione a dei credenti dovrà avere approcci diversi» (EA 20). I partecipanti al sinodo «hanno sottolineato molte volte la necessità di evangelizzare in un modo che faccia riferimento alle sensibilità dei popoli asiatici» (ES 20).
6. Insegnamento sociale
Il Vaticano II ha insegnato nella Apostolicam Actuositatem che i cattolici devono sempre «aver di mira il bene comune secondo i principi della dottrina morale e sociale della Chiesa» (AA 31). I cristiani sono chiamati a coinvolgersi negli affari temporali in modo che «l'ordine sociale e il suo progresso facciano sempre lasciar prevalere il bene delle persone» (GS 26).
In conformità con una visione integrale dell’evangelizzazione, Paolo VI afferma che «la Chiesa collega ma non identifica giammai liberazione umana e salvezza in Gesù Cristo» (EN 35). «La Chiesa reputa certamente importante e urgente edificare strutture più umane, più giuste, più rispettose dei diritti della persona, meno oppressive e meno coercitive, ma è cosciente che le migliori strutture, i sistemi meglio idealizzati diventano presto inumani se le inclinazioni inumane del cuore dell'uomo non sono risanate» (EN 36).
Giovanni Paolo II sottolinea continuamente l’insegnamento sociale della Chiesa e il suo coinvolgimento. Afferma che ci sono molti luoghi «dove è più urgente l'azione per lo sviluppo integrale e la liberazione da ogni oppressione» (RM58). Afferma «l’autentico sviluppo umano deve affondare le sue radici in un'evangelizzazione sempre più profonda» (RM 58). La Chiesa mette l’accento sulla persona umana, sapendo che «è l'uomo il protagonista dello sviluppo» (RM 58).
Francesco cerca di affrontare «alcuni temi sociali, importanti in ordine al futuro dell’umanità» e di esplicitare «l’ineludibile dimensione sociale dell’annuncio del Vangelo» (EG 258). Agli ammette che benché «la Chiesa non abbia il monopolio dell’interpretazione della realtà sociale o proposta di soluzioni per i problemi contemporanei» essa «propone sempre con chiarezza i valori fondamentali dell’esistenza umana per trasmetter convinzioni che poi possano tradursi in azioni politiche» (EG241). «Spetta alle comunità cristiane analizzare obiettivamente la situazione del loro Paese» (EG 184).
È illuminante la riflessione della Chiesa sul coinvolgimento sociale dal punto di vista asiatico. «La dottrina sociale della Chiesa, che propone un insieme di principi di riflessione, di criteri per il giudizio e di direttive per l'azione, è rivolta in primo luogo ai membri della Chiesa. È essenziale che i fedeli impegnati nella promozione umana abbiano una solida comprensione di questo prezioso corpo di insegnamenti e lo rendano parte integrante della loro missione evangelizzatrice» (EA 32).
7. Evangelizzazione e culture
Un intero capitolo del documento del Vaticano II sulla Chiesa e il mondo moderno, Gaudium et spes è dedicato all’appropriata promozione della cultura: (53-62). Il concilio scrive: «Fra il messaggio della salvezza e la cultura esistono molteplici rapporti... la Chiesa inviata a tutti i popoli di qualsiasi tempo e di qualsiasi luogo... può entrare in comunione con le diverse forme di cultura; tale comunione arricchisce tanto la Chiesa stessa quanto le varie culture (GS 58).
Paolo VI nella sua esortazione sulla evangelizzazione dedica un’intera sezione al tema dell’evangelizzazione delle culture. Afferma: «occorre evangelizzare – non in maniera decorativa, a somiglianza di vernice superficiale, ma in modo vitale, in profondità e fino alle radici – la cultura e le culture dell'uomo... Occorre quindi fare tutti gli sforzi in vista di una generosa evangelizzazione della cultura, più esattamente delle culture» (EN 20).
Nella sua enciclica sulla missione, Giovanni Paolo II parla dei vari settori della cultura e li chiama “i moderni areopaghi” (RM 37). Al tempo di san Paolo, l’Areopago rappresentava il centro culturale della gente colta di Atene: «oggi può essere assunto a simbolo dei nuovi ambienti in cui si deve proclamare il Vangelo (RM 37). La missione evangelizzatrice della Chiesa deve integrare il suo messaggio nella “nuova cultura” creata dai profondi cambiamenti della società contemporanea.
Da parte sua papa Francesco scrive. «è imperioso bisogno di evangelizzare le culture per inculturare il Vangelo»; ciò significa «favorire nuovi processi di evangelizzazione della cultura (EG 69). Questo compito richiede di riconoscere che «nuove culture continuano a generarsi» e che «le trasformazioni di queste grandi aree e la cultura che esprimono sono un luogo privilegiato della nuova evangelizzazione» (EG 73). Così «inculturazione, la Chiesa introduce i popoli con le loro culture nella sua stessa comunità» (EG 116). In questo processo, essa è consapevole che «la fede non può chiudersi dentro i confini della comprensione e dell’espressione di una cultura particolare» (EG 118).
Ancora una volta, la riflessione sulla missione dell’Asia sul tema della cultura è piena di utili intuizioni. «Nel processo di incontro tra le diverse culture del mondo, la Chiesa non trasmette soltanto le sue verità e i suoi valori rinnovando le culture dal di dentro, ma attinge anche da esse gli elementi positivi già presenti». Questo intero processo di evangelizzare la cultura e di promuovere l’inculturazione «ha una speciale urgenza oggi, nella situazione multietnica, multi religiosa e multiculturale dell'Asia, dove il cristianesimo è troppo spesso visto come straniero» (EA 21).
8. Comunicazione sociale
Il Vaticano II nel suo documento sui mezzi di comunicazione sociale, Inter Mirifica afferma: «La Chiesa cattolica, essendo stata fondata da Cristo Signore per portare la salvezza a tutti gli uomini, ed essendo perciò spinta dall'obbligo di diffondere il messaggio evangelico, ritiene suo dovere servirsi anche degli strumenti di comunicazione sociale per predicare l'annuncio di questa salvezza ed insegnare agli uomini» (IM 3).
Con chiarezza, Paolo VI ha sottolineato il grande influsso dei mass media sul mondo d’oggi. Egli scrive: «Nel nostro secolo, contrassegnato dai mass media o strumenti di comunicazione sociale, il primo annuncio, la catechesi o l'approfondimento ulteriore della fede, non possono fare a meno di questi mezzi... Posti al servizio del Vangelo, essi sono capaci di estendere quasi all'infinito il campo di ascolto della Parola di Dio... in loro essa trova una versione moderna ed efficace del pulpito» (EN 45).
Giovanni Paolo II nella sua enciclica sulla missione parla a lungo del “mondo della comunicazione”. Afferma: «L'impegno nei mass media non ha solo lo scopo di moltiplicare l'annunzio: si tratta di un fatto più profondo, perché l'evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran parte dal loro influsso. Non basta, quindi, usarli per diffondere il messaggio cristiano e Magistero della chiesa, ma occorre integrare il messaggio stesso in questa «nuova cultura» creata dalla comunicazione moderna. È un problema complesso» (RM 37).
Papa Francesco ammette che «Viviamo in una società dell’informazione» (EG 64). «Si devono lodare i successi che contribuiscono al benessere delle persone, per esempio nell’ambito della salute, dell’educazione e della comunicazione» (EG 52). Questi cambiamenti nei mezzi di comunicazione richiedono due risposte: «È opportuno chiarire ciò che può essere un frutto del Regno e anche ciò che nuoce al progetto di Dio» (EG 51). Dobbiamo anche «porre tutto in chiave missionaria» e «questo vale anche per il modo di comunicare il messaggio» nel «mondo di oggi, con la velocità delle comunicazioni» (EG 34).
La visione globale dell’evangelizzazione esposta in Ecclesia in Asia osserva: «Inevitabilmente, anche la missione evangelizzatrice della Chiesa è profondamente segnata dall'impatto dei mass media... Il ruolo eccezionale che svolgono i mezzi di comunicazione sociale nel plasmare il mondo, le culture e i modi di pensare ha condotto nelle società asiatiche vasti e rapidi cambiamenti... La Chiesa necessita di esplorare nuovi modi ... per infondere nelle culture dell'Asia i valori del Regno» (EA 35).
9. Responsabilità di tutti i cristiani
Una vecchia visione della missione e dell’evangelizzazione spesso considerava che la responsabilità della missione fosse una preoccupazione speciale dei preti e delle suore, delle associazioni apostoliche o dei vari istituti missionari maschili e femminili. Mentre questi gruppi rimangono impegnati con il loro carisma di fondazione, il concilio Vaticano II in Ad Gentes ha insistito nel dire che «la Chiesa durante il suo pellegrinaggio sulla terra è per sua natura missionaria» (AG 2). E che «l'opera evangelizzatrice è un dovere fondamentale del popolo di Dio» e ognuno deve «prendere la propria parte nell'opera missionaria presso le nazioni» (AG 35).
Per Paolo VI «tutta la Chiesa riceve la missione di evangelizzare, e l'opera di ciascuno è importante per il tutto» (EN 15). Il papa vi ha dedicato un intero capitolo della Evangelii Nuntiandi (59-73). Pertanto l’impegno a diffondere il Vangelo è affidato alla Chiesa universale (61), alle chiese particolari (62), al successore di Pietro (67), ai vescovi e sacerdoti (68) ai religiosi (69), ai laici (70), alla famiglia (71), ai giovani (72).
Come nella Evangelii Nuntiandi di Paolo VI anche nella Redemptoris Missio di Giovanni Paolo II dedica un intero capitolo ai “ Responsabili e operatori della pastorale missionaria (61-76). Molti del gruppo citati da Paolo VI sono ricordati anche da Giovanni Paolo II; tuttavia, egli dedica una sezione speciale ai missionari ad gentes per tutta la vita (65-66), sacerdoti diocesani (67), contemplative (69 religiose missionarie (70), catechisti (73), conferenze episcopali (76) e alle Pontificie Opere missionarie (84). Perciò, «tutti i cristiani sono corresponsabili dell'attività missionaria» (RM 77).
Con enfasi, papa Francesco afferma che «la Chiesa intera assume questo dinamismo missionario che deve arrivare a tutti, senza eccezioni» (EG 48). Scrive che il Sinodo del 2012 «ha ricordato che la nuova evangelizzazione chiama tutti» (EG 14) e che « l’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa (EG 15). E ancora scrive: «Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo» (EG 20).
Ecclesia in Asia riconosce i molteplici e diversi contributi dei missionari lungo i secoli. Durante il Sinodo per l’Asia (1998, i padri sinodali hanno colto l’occasione per «esprimere in maniera speciale la propria gratitudine a tutti i missionari, uomini e donne, religiosi e laici, stranieri ed autoctoni, che hanno recato il messaggio di Gesù Cristo e il dono della fede» (EA 20). Nel medesimo documento, Giovanni Paolo II scrisse che la sfida tuttora rimane; «Non posso non invitare la Chiesa in Asia ad inviare missionari, anche se essa stessa ha bisogno di operai nella vigna» (EA 44).
10. Ruolo dello Spirito Santo
Il Vaticano II e il suo programma di aggiornamento ha messo in risalto il ruolo dello Spirito Santo nella Chiesa, una dimensione sottovalutata in molte iniziali presentazioni della missione. L’Ad Gentes, decreto sull’attività missionaria della Chiesa sottolineò che lo Spirito «la fornisce dei diversi doni gerarchici e carismatici» vivificando – come loro anima – le istituzioni ecclesiastiche e infondendo nel cuore dei fedeli quello spirito missionario da cui era stato spinto Gesù stesso» (AG 4).
Paolo VI è eloquente quando presenta il ruolo dello Spirito Santo nell’attività missionaria. «L'evangelizzazione non sarà mai possibile senza l'azione dello Spirito Santo... Di fatto, soltanto dopo la discesa dello Spirito Santo, nel giorno della Pentecoste, gli apostoli partono verso tutte le direzioni del mondo per cominciare la grande opera di evangelizzazione della Chiesa... Le tecniche dell'evangelizzazione sono buone, ma neppure le più perfette tra di esse potrebbero sostituire l'azione discreta dello Spirito... Si può dire che lo Spirito Santo è l'agente principale dell'evangelizzazione» (EN 75).
Giovanni Paolo II dedica un intero capitolo della Redemptoris Missio (21-30) al ruolo centrale dello Spirito nell’evangelizzazione. Tutta la missione è «invio nello Spirito» (22). Lo Spirito dà la certezza che gli evangelizzatori «in questo compito non rimarranno soli» (23). «Lo Spirito dà loro la capacità di testimoniare Gesù con «franchezza» (24). «La presenza e l'attività dello Spirito non toccano solo gli individui. ma la società e la storia, i popoli, le culture. le religioni » (28). «Quanto lo Spirito opera nel cuore degli uomini e nella storia dei popoli, nelle culture e religioni, assume un ruolo di preparazione evangelica» (29). Di nuovo, Giovanni Paolo II ripete che lo Spirito «è il protagonista della missione» (30).
Papa Francesco afferma: «Per mantenere vivo l’ardore missionario occorre una decisa fiducia nello Spirito Santo, perché Egli “viene in aiuto alla nostra debolezza” (Rm 8,26)... Non c’è maggior libertà che quella di lasciarsi portare dallo Spirito... Egli sa bene ciò di cui c’è bisogno in ogni epoca e in ogni momento» (EG 280). «Lo Spirito Santo opera come vuole, quando vuole... Impariamo a riposare nella tenerezza delle braccia del Padre ... Andiamo avanti, mettiamocela tutta, ma lasciamo che sia Lui a rendere fecondi i nostri sforzi come pare a Lui » (EG 279).
Nel contesto multiculturale e plurireligioso dell’Asia, l’azione dello Spirito è di somma importanza. «Lo Spirito raduna in unità ogni genere di persone, con i rispettivi costumi, risorse e talenti, rendendo la Chiesa segno della comunione dell'intera umanità... In questo senso, è l'agente primario dell'evangelizzazione» (EA 17).. «Essa si volge allo Spirito Santo perché continui a preparare i popoli dell'Asia al dialogo salvifico con il Redentore di tutti... Impegnata ad essere segno e strumento genuino dell'azione dello Spirito nelle complesse realtà dell'Asia... essa grida incessantemente: «Vieni, Santo Spirito!» (EA 18).
Conclusione
Questa presentazione di dieci tratti che caratterizzano la “nuova evangelizzazione” può sembrare ai lettori eccessiva. Effettivamente il compito dell’evangelizzazione del mondo contemporaneo è realmente complesso e incredibilmente pieno di sfide. In effetti nessun individuo può sperare di compiere più di un piccolo frammento del compito totale. Perciò, è perentorio che tutti i segmenti della Chiesa collaborino a questa bella impresa, credendo che, come ha affermato Giovanni Paolo II, «Dio sta preparando una grande primavera cristiana... la speranza cristiana ci sostiene nell'impegnarci a fondo per la nuova evangelizzazione e per la missione universale» (RM 86).
Nel 1975 Paolo VI pubblicò due esortazioni apostoliche interconnesse: Evangelii Nuntiandi (Evangelizzazione nel mondo moderno) e Gaudete in Domino (sulla gioia cristiana), Il papa affermò costantemente che se il Vangelo non è ascoltato da “gioiosi evangelizzatori” non sarà assolutamente ascoltato dal mondo contemporaneo. La mancanza di gioia e di speranza costituiscono un ostacolo a una effettiva evangelizzazione. Paolo VI era convinto che la gioia avrebbe messo in grado il mondo del nostro tempo «a ricevere la Buona Notizia non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo, la cui vita irradi fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo, e accettino di mettere in gioco la propria vita affinché il Regno sia annunziato e la Chiesa sia impiantata nel cuore del mondo» (EN 80) [cf. EG 10].
Papa Francesco in Evangelii Gaudium cita direttamente le due esortazioni correlate tra di loro emanate da Paolo VI nel 1975 (Gaudete in Domino riceve due citazioni ed Evangelii NUntiandi) è citato più di una dozzina di volte). Facendo eco a Paolo VI dichiarato “Beato” nella domenica missionaria mondiale (19 Ottobre 2014), Francesco afferma che «la gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù... Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia... Desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani, per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia» (EG 1). Solamente una «gioiosa evangelizzazione» porta molto frutto. E Francesco chiede che questo «stile determinato di evangelizzazione» sia adottato dai cristiani «n ogni attività che si realizzi» (EG 18).
Senza dubbio, il successo della “nuova evangelizzazione” richiede “nuovi evangelizzatori”. Il gesuita Pierre Teilhard de Chardin scrisse: «gioia è il segno più infallibile della presenza di Dio». La gioia è convincente; la gioia evangelizza». Tutte le complesse dimensioni della “nuova evangelizzazione” non sarà un peso eccessivo per coloro le cui vite sono state trasformate da un gioioso incontro con il Signore risorto. Dobbiamo ascoltare frequentemente l’ammonizione di san Paolo: “Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra affabilità sai nota a tutti. Il Signore è vicino” (Fil 4,4). Siate trasformati dalla gioia. Diventate araldi della n uova evangelizzazione. Abbandonatevi al “Signore della gioia” poiché egli è: Gesù, gioia del desiderio dell’uomo!