1° Giornata mondiale dei poveri
2017/11, p. 28
Non pensiamo ai poveri solo come destinatari di
una buona pratica di volontariato da fare una volta alla
settimana, o tanto meno di gesti estemporanei di
buona volontà per mettere in pace la coscienza. Queste
esperienze, pur valide e utili a sensibilizzare alle necessità
di tanti fratelli e alle ingiustizie che spesso ne sono
causa, dovrebbero introdurre ad un vero incontro con i
poveri e dare luogo ad una condivisione che diventi stile
di vita.
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I° GIORNATA MONDIALE DEI POVERI
Non amiamo a parole ma con i fatti
[… ] Non pensiamo ai poveri solo come destinatari di una buona pratica di volontariato da fare una volta alla settimana, o tanto meno di gesti estemporanei di buona volontà per mettere in pace la coscienza. Queste esperienze, pur valide e utili a sensibilizzare alle necessità di tanti fratelli e alle ingiustizie che spesso ne sono causa, dovrebbero introdurre ad un vero incontro con i poveri e dare luogo ad una condivisione che diventi stile di vita. Infatti, la preghiera, il cammino del discepolato e la conversione trovano nella carità che si fa condivisione la verifica della loro autenticità evangelica. E da questo modo di vivere derivano gioia e serenità d’animo, perché si tocca con mano la carne di Cristo. Se vogliamo incontrare realmente Cristo, è necessario che ne tocchiamo il corpo in quello piagato dei poveri, come riscontro della comunione sacramentale ricevuta nell’Eucaristia. Il Corpo di Cristo, spezzato nella sacra liturgia, si lascia ritrovare dalla carità condivisa nei volti e nelle persone dei fratelli e delle sorelle più deboli. Sempre attuali risuonano le parole del santo vescovo Crisostomo: «Se volete onorare il corpo di Cristo, non disdegnatelo quando è nudo; non onorate il Cristo eucaristico con paramenti di seta, mentre fuori del tempio trascurate quest’altro Cristo che è afflitto dal freddo e dalla nudità» (Hom. in Matthaeum, 50, 3: PG 58).
Siamo chiamati, pertanto, a tendere la mano ai poveri, a incontrarli, guardarli negli occhi, abbracciarli, per far sentire loro il calore dell’amore che spezza il cerchio della solitudine. La loro mano tesa verso di noi è anche un invito ad uscire dalle nostre certezze e comodità, e a riconoscere il valore che la povertà in sé stessa costituisce.
Non dimentichiamo che per i discepoli di Cristo la povertà è anzitutto una vocazione a seguire Gesù povero. È un cammino dietro a Lui e con Lui, un cammino che conduce alla beatitudine del Regno dei cieli (cfr Mt 5,3; Lc 6,20). Povertà significa un cuore umile che sa accogliere la propria condizione di creatura limitata e peccatrice per superare la tentazione di onnipotenza, che illude di essere immortali. La povertà è un atteggiamento del cuore che impedisce di pensare al denaro, alla carriera, al lusso come obiettivo di vita e condizione per la felicità. E’ la povertà, piuttosto, che crea le condizioni per assumere liberamente le responsabilità personali e sociali, nonostante i propri limiti, confidando nella vicinanza di Dio e sostenuti dalla sua grazia. La povertà, così intesa, è il metro che permette di valutare l’uso corretto dei beni materiali, e anche di vivere in modo non egoistico e possessivo i legami e gli affetti (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 25-45).
Conosciamo la grande difficoltà che emerge nel mondo contemporaneo di poter identificare in maniera chiara la povertà. Eppure, essa ci interpella ogni giorno con i suoi mille volti segnati dal dolore, dall’emarginazione, dal sopruso, dalla violenza, dalle torture e dalla prigionia, dalla guerra, dalla privazione della libertà e della dignità, dall’ignoranza e dall’analfabetismo, dall’emergenza sanitaria e dalla mancanza di lavoro, dalle tratte e dalle schiavitù, dall’esilio e dalla miseria, dalla migrazione forzata. La povertà ha il volto di donne, di uomini e di bambini sfruttati per vili interessi, calpestati dalle logiche perverse del potere e del denaro. Quale elenco impietoso e mai completo si è costretti a comporre dinanzi alla povertà frutto dell’ingiustizia sociale, della miseria morale, dell’avidità di pochi e dell’indifferenza generalizzata!
Ai nostri giorni, purtroppo, mentre emerge sempre più la ricchezza sfacciata che si accumula nelle mani di pochi privilegiati, e spesso si accompagna all’illegalità e allo sfruttamento offensivo della dignità umana, fa scandalo l’estendersi della povertà a grandi settori della società in tutto il mondo. Dinanzi a questo scenario, non si può restare inerti e tanto meno rassegnati. Alla povertà che inibisce lo spirito di iniziativa di tanti giovani, impedendo loro di trovare un lavoro; alla povertà che anestetizza il senso di responsabilità inducendo a preferire la delega e la ricerca di favoritismi; alla povertà che avvelena i pozzi della partecipazione e restringe gli spazi della professionalità umiliando così il merito di chi lavora e produce; a tutto questo occorre rispondere con una nuova visione della vita e della società.
Tutti questi poveri – come amava dire il Beato Paolo VI – appartengono alla Chiesa per «diritto evangelico» (Discorso di apertura della II sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II, 29 settembre 1963) e obbligano all’opzione fondamentale per loro. Benedette, pertanto, le mani che si aprono ad accogliere i poveri e a soccorrerli: sono mani che portano speranza. Benedette le mani che superano ogni barriera di cultura, di religione e di nazionalità versando olio di consolazione sulle piaghe dell’umanità. Benedette le mani che si aprono senza chiedere nulla in cambio, senza “se”, senza “però” e senza “forse”: sono mani che fanno scendere sui fratelli la benedizione di Dio.
Al termine del Giubileo della Misericordia ho voluto offrire alla Chiesa la Giornata Mondiale dei Poveri, perché in tutto il mondo le comunità cristiane diventino sempre più e meglio segno concreto della carità di Cristo per gli ultimi e i più bisognosi.
Questa Giornata intende stimolare in primo luogo i credenti perché reagiscano alla cultura dello scarto e dello spreco, facendo propria la cultura dell’incontro. Al tempo stesso l’invito è rivolto a tutti, indipendentemente dall’appartenenza religiosa, perché si aprano alla condivisione con i poveri in ogni forma di solidarietà, come segno concreto di fratellanza. Dio ha creato il cielo e la terra per tutti; sono gli uomini, purtroppo, che hanno innalzato confini, mura e recinti, tradendo il dono originario destinato all’umanità senza alcuna esclusione.
A fondamento delle tante iniziative concrete che si potranno realizzare in questa Giornata ci sia sempre la preghiera. Non dimentichiamo che il Padre nostro è la preghiera dei poveri. La richiesta del pane, infatti, esprime l’affidamento a Dio per i bisogni primari della nostra vita. Quanto Gesù ci ha insegnato con questa preghiera esprime e raccoglie il grido di chi soffre per la precarietà dell’esistenza e per la mancanza del necessario. Ai discepoli che chiedevano a Gesù di insegnare loro a pregare, Egli ha risposto con le parole dei poveri che si rivolgono all’unico Padre in cui tutti si riconoscono come fratelli. Il Padre nostro è una preghiera che si esprime al plurale: il pane che si chiede è “nostro”, e ciò comporta condivisione, partecipazione e responsabilità comune. In questa preghiera tutti riconosciamo l’esigenza di superare ogni forma di egoismo per accedere alla gioia dell’accoglienza reciproca.
Chiedo ai confratelli vescovi, ai sacerdoti, ai diaconi – che per vocazione hanno la missione del sostegno ai poveri –, alle persone consacrate, alle associazioni, ai movimenti e al vasto mondo del volontariato di impegnarsi perché con questa Giornata Mondiale dei Poveri si instauri una tradizione che sia contributo concreto all’evangelizzazione nel mondo contemporaneo.
Papa Francesco