Chiaro Mario
La piaga della corruzione
2017/11, p. 27
Al dibattito hanno partecipato una cinquantina di magistrati anti-mafia e anticorruzione oltre a vescovi e numerose personalità delle istituzioni vaticane, degli Stati e delle Nazioni Unite, giornalisti e studiosi e alcuni ambasciatori. L’obiettivo era di sensibilizzare l’opinione pubblica e favorire politiche e leggi che prevengano la corruzione.

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Dibattito internazionale in Vaticano
LA PIAGA
DELLA CORRUZIONE
Al dibattito hanno partecipato una cinquantina di magistrati anti-mafia e anticorruzione oltre a vescovi e numerose personalità delle istituzioni vaticane, degli Stati e delle Nazioni Unite, giornalisti e studiosi e alcuni ambasciatori.. L’obiettivo era di sensibilizzare l’opinione pubblica e favorire politiche e leggi che prevengano la corruzione.
Il 15 giugno 2017 si è svolto in Vaticano un “Dibattito internazionale sulla Corruzione”, promosso dal nuovo dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale ‒ presieduto dal cardinale Peter Turkson, già presidente della Conferenza dei vescovi del Ghana ‒ in collaborazione con la pontificia Accademia delle scienze sociali. Si tratta della prima riunione di un gruppo internazionale per riflettere su questa problematica globale, anche nel suo intreccio con il crimine organizzato e con le mafie. Alla riunione hanno partecipato circa cinquanta tra magistrati anti-mafia e anti-corruzione, vescovi, personalità di istituzioni vaticane, degli Stati e delle Nazioni Unite, esponenti di movimenti, vittime di crimini, giornalisti, studiosi, intellettuali e alcuni ambasciatori. L’obiettivo è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica, identificare passi concreti per favorire politiche e leggi che prevengano la corruzione, questo cancro che si infiltra nei processi di sviluppo per i paesi poveri o nei paesi ricchi e che rovina le relazioni tra istituzioni e tra persone. Lo sforzo del “neonato” dicastero è dunque quello di creare una cultura della giustizia, dal momento che la lotta a corruzione e mafie è questione non solo di legalità, ma di civiltà.
La corrosione
delle relazioni fondamentali
In concomitanza con l’evento internazionale è uscito, con la Prefazione di papa Francesco, un corposo libro-intervista del card. Turkson con il filosofo Vittorio Alberti, dal titolo Corrosione. Combattere la corruzione nella Chiesa e nella società (Rizzoli Ed. Milano, pp 218). Il volume si snoda in cinque capitoli: Archimede e il cardinale, Persona, Società, Criminalità, Bellezza. Secondo la visione cristiana, il fenomeno corruttivo è prima un modo di essere e di pensare della persona, che le impedisce di progredire spiritualmente, e riversa i suoi effetti sulla società rendendola ingiusta e iniqua. Quindi la lotta alla corruzione non può limitarsi alle leggi, ma deve puntare allo sviluppo di una cultura che contenga in sé gli anticorpi.
Per questo il pontefice nella Prefazione afferma apertamente che «la corruzione, nella sua radice etimologica, definisce una lacerazione, una rottura, una decomposizione e disintegrazione. Sia come stato interiore sia come fatto sociale, la sua azione si può capire guardando alle relazioni che ha l’uomo nella sua natura più profonda». La persona ha una relazione con Dio, con il prossimo e con il creato: «quando l’uomo rispetta le esigenze di queste relazioni è onesto, assume responsabilità con rettitudine di cuore e lavora per il bene comune. Quando invece egli subisce una caduta, cioè si corrompe, queste relazioni si lacerano». Per papa Francesco dunque «la corruzione esprime la forma generale della vita disordinata dell’uomo decaduto. Allo stesso tempo, ancora come conseguenza della caduta, la corruzione rivela una condotta anti-sociale tanto forte da sciogliere la validità dei rapporti e i pilastri della società. La corruzione dunque «nasce da un cuore corrotto ed è la peggiore piaga sociale, perché genera gravissimi problemi e crimini che coinvolgono tutti. La parola “corrotto” ricorda il cuore rotto, il cuore infranto, macchiato da qualcosa, rovinato come un corpo che in natura entra in un processo di decomposizione e manda cattivo odore» (pp. 5-6).
Nella sua intervista il card. Thurkson, per spiegare la modalità con cui la Chiesa deve porsi di fronte a temi socio-politici come la corruzione, si rifà alla famosa immagine della leva di Archimede: “Dammi un punto fuori del mondo e una leva e ti solleverò il mondo”. La Chiesa, avendo la situazione o i problemi in vista, deve «prendere posto fuori di essi per poterli capire e analizzare meglio e con disinteresse» (pp. 27-28). La Chiesa può così farsi essa stessa Archimede. perché è in possesso dei mezzi per realizzare cambiamenti nel mondo. «Questi mezzi costituiscono “la strada del pastore”, lungo la quale la Chiesa, mantenendo la prospettiva antropologica sull’uomo (creato con una vocazione alla trascendenza), cerca di effettuare una conversione di cuore e di vita coerente con la vocazione profonda dell’essere umano stesso, secondo libertà». La corruzione è dunque uno dei drammatici problemi che richiede la sinergia degli strumenti tecnici con la visione antropologica. La Chiesa si interessa della dignità umana come anche delle questioni a essa connesse. Infatti sempre ragione e fede si aiutano a vicenda: solo assieme salveranno l’uomo.
La corruzione
uccide la speranza
Papa Francesco pone drammatiche domande: cosa c’è all’origine dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo? Cosa, all’origine del degrado e del mancato sviluppo? Cosa, all’origine del traffico di persone, di armi, di droga? Cosa, all’origine dell’ingiustizia sociale e della mortificazione del merito? Cosa, all’origine dell’assenza dei servizi per le persone? Cosa, alla radice della schiavitù, della disoccupazione, dell’incuria delle città, dei beni comuni e della natura? La risposta sta nella corruzione, «che è l’arma, è il linguaggio più comune anche delle mafie e delle organizzazioni criminali nel mondo. Per questo, essa è un processo di morte che dà linfa alla cultura di morte delle mafie e delle organizzazioni criminali. C’è una profonda questione culturale che occorre affrontare. Oggi molti non riescono anche solo a immaginare il futuro; oggi per un giovane è difficile credere veramente nel suo futuro, in qualunque futuro, e così per la sua famiglia. Questo nostro cambiamento d’epoca, tempo di crisi molto vasta, ritrae la crisi più profonda che coinvolge la nostra cultura. In questo contesto va inquadrata e capita la corruzione nei suoi diversi aspetti. Ne va della presenza della speranza nel mondo, senza la quale la vita perde quel senso di ricerca e possibilità di miglioramento che la rende tale» (pp. 6-7).
Questo processo di morte, secondo il pensiero del card. Turkson, si comprende meglio quando se ne delinea il quadro caratterizzato da stili e scelte contro l’umanità. La corruzione ha i suoi innumerevoli tentacoli nel pensiero uniformante diffuso in Occidente, nella mondanità spirituale sfociante nell’idolatria narcisista che rende schiavi, nella mercificazione delle relazioni, nel linguaggio dell’ipocrisia che diventa culto dell’apparenza, nella tiepidezza e nella mediocrità esistenziali, nell’autosufficienza che non si preoccupa mai di dare scandalo. «La corruzione è chiudersi, blindarsi in se stessi, negando a se stessi la possibilità di superarsi, di trascendere, di andare oltre, come quando si serrano le finestre della casa e non si arieggia mai. Piano piano l’aria all’interno si vizierà, si corromperà fino a diventare irrespirabile» (p. 36).
La corruzione
nella Chiesa
Lo stato di corruzione può germogliare nel cuore di tutti gli uomini. A questo punto però, ragiona papa Francesco, «la misericordia permette di superarsi in spirito di ricerca. Cosa avviene se ci si arrocca in se stessi e se il pensiero e il cuore non esplorano un orizzonte più ampio? Ci si corrompe, e corrompendosi si assume l’atteggiamento trionfalista di chi si sente più bravo e più scaltro degli altri. La persona corrotta, però, non si rende conto che si sta costruendo, da se stessa, la propria catena. Un peccatore può chiedere perdono, un corrotto dimentica di chiederlo. Perché? Perché non ha più necessità di andare oltre, di cercare piste al di là di se stesso: è stanco ma sazio, pieno di sé. La corruzione ha, infatti, all’origine una stanchezza della trascendenza, come l’indifferenza». La corruzione, più che perdonata, deve essere guarita!
Secondo il prefetto del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, all’origine della corruzione clericale c’è proprio «la mondanità spirituale, che fa perdere la trascendenza del proprio orizzonte, quindi svuotare la fede rendendola una scatola vuota» (p. 68). Poiché la corruzione non è un’azione, ma è una condizione che si assume e alla quale ci si abitua, non riguarda l’assoluzione o la penitenza, ma interpella l’educazione spirituale della persona che va liberata. La Chiesa infatti «si corrompe nel momento in cui legge e fa le cose solo tenendo il parametro della realtà storica del momento, sia pure per necessità buone. Per esempio, se la Chiesa si comporta come se fosse una Ong, anche compiendo il bene, in realtà si snatura perché non è più animata dallo Spirito» (p. 89).
Il pontefice, a sua volta, rimarca che «la Chiesa deve ascoltare, elevarsi e chinarsi sui dolori e le speranze delle persone secondo misericordia, e deve farlo senza avere paura di purificare se stessa, ricercando assiduamente la strada per migliorarsi. Henri de Lubac scrisse che il pericolo più grande per la Chiesa è la mondanità spirituale ‒ quindi la corruzione ‒ che è più disastrosa della lebbra infame. La nostra corruzione è la mondanità spirituale, la tepidezza, l’ipocrisia, il trionfalismo, il far prevalere solo lo spirito del mondo sulle nostre vite, il senso di indifferenza. Ed è con questa consapevolezza che noi, uomini e donne di Chiesa, possiamo accompagnare noi stessi e l’umanità sofferente, soprattutto quella che più è oppressa dalle conseguenze criminali e di degrado generate dalla corruzione» (pp. 8-9). Nella logica della Chiesa sempre in uscita, il card Turkson ha ricordato anche l’elenco di quindici malattie alla Curia romana (Discorso per gli auguri natalizi 22/12/2014), che sono peccati di noi tutti e inducono a corrompersi: ricordiamo, per esempio, l’eccessivo funzionalismo, la rivalità e la vanagloria, la schizofrenia della doppia vita, le mormorazioni e i pettegolezzi, l’indifferenza, l’accumulazione, i circoli chiusi, il profitto mondano e gli esibizionismi.
La corruzione
“spuzza”
Oggi «tutti i paesi, in forme più o meno acute, soffrono gli scompensi derivati da una crescita squilibrata, iniqua, fondata su diversi metodi che ledono la dignità di amplissime fasce della popolazione. La corruzione riflette pienamente tutto questo perché rappresenta lo squilibrio tra potere e collettività, e genera ingiustizia anche là dove un modello economico vede solo tecnologia e ricchezza» (p. 100). Papa Francesco a Scampia (Napoli, 21 marzo 2015) ha esclamato che la corruzione “spuzza” (termine dialettale piemontese della famiglia Bergoglio, emigrata in Argentina): «Ma, ditemi, se noi chiudiamo la porta ai migranti, se noi togliamo il lavoro e la dignità della gente, come si chiama questo? Si chiama corruzione e tutti noi abbiamo la possibilità di essere corrotti… È una tentazione, è uno scivolare verso gli affari facili, verso la delinquenza, verso i reati, verso lo sfruttamento delle persone. Quanta corruzione c’è nel mondo! È una parola brutta, se ci pensiamo un po’. Perché una cosa corrotta è una cosa sporca! Se noi troviamo un animale morto che si sta corrompendo, che è “corrotto”, è brutto e puzza anche. La corruzione spuzza! La società corrotta spuzza! Un cristiano che lascia entrare dentro di sé la corruzione non è cristiano, spuzza!».
La corruzione è ormai una piaga globale ed è causa fondamentale di sottosviluppo e miseria dei popoli. La corruzione infatti produce diseguaglianza sociale, logora l’impresa e la concorrenza generando anche l’emigrazione. La corruzione genera poi disaffezione alla politica fino a colpire la democrazia. Essa distorce alla radice il ruolo delle istituzioni rappresentative, perché le usa come terreno di scambio politico tra richieste clientelari e prestazioni dei governanti. Spesso corruzione e mafia sono una cosa sola. «Il reato di corruzione può esserci senza una struttura mafiosa alle spalle, ma una struttura mafiosa è sempre corrotta e sempre fa uso della corruzione». In questa direzione il cardinale fa riferimento a una meditazione quotidiana del papa (La luce non va in frigo 19/9/2016): «quando disse che tutti noi abbiamo a portata di mano un piccolo pezzetto di mafia, cioè l’approfittarsi della fiducia del prossimo. Chi si approfitta della fiducia del prossimo, disse, è un mafioso anche se non appartiene a un’organizzazione mafiosa» (p. 166).
Papa Francesco ricorda che dobbiamo parlare di corruzione, denunciarne i mali, capirla, mostrare la volontà di affermare la misericordia sulla grettezza, la curiosità e creatività sulla stanchezza rassegnata, la bellezza sul nulla. «Noi, cristiani e non cristiani, siamo fiocchi di neve, ma se ci uniamo possiamo diventare una valanga: un movimento forte e costruttivo. Ecco il nuovo umanesimo, questo rinascimento, questa ri-creazione contro la corruzione che possiamo realizzare con audacia profetica. Dobbiamo lavorare tutti insieme, cristiani, non cristiani, persone di tutte le fedi e non credenti, per combattere questa forma di bestemmia, questo cancro che logora le nostre vite» (pp. 9-10)» Questo cancro impedisce di rendere il cuore dell’uomo aperto alla misericordia, le strutture socio-politiche aperte alla giustizia e al bene comune, la Chiesa aperta alla radicalità evangelica. La sfida alla corruzione si annuncia dunque come una di quelle più significative del vescovo di Roma.
Mario Chiaro