Boni Elena
Ha seminato fiducia e speranza
2017/11, p. 6
La volontà di papa Francesco è stata di incontrare quante più persone possibile, e soprattutto i gruppi più rappresentativi del tessuto civile ed ecclesiale della diocesi: i migranti, i poveri, i lavoratori, i religiosi, gli universitari. Proponiamo qui il diario di questa giornata piena di incontri e di messaggi da ricordare.

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Papa Francesco a Bologna
HA SEMINATO
FIDUCIA E SPERANZA
La volontà di papa Francesco è stata di incontrare quante più persone possibile, e soprattutto i gruppi più rappresentativi del tessuto civile ed ecclesiale della diocesi: i migranti, i poveri, i lavoratori, i religiosi, gli universitari. Proponiamo qui il diario di questa giornata piena di incontri e di messaggi da ricordare.
Domenica 1° ottobre papa Francesco è venuto a visitare la “nostra” diocesi di Bologna. L’ultima volta risaliva a vent’anni fa: nel 1997, quando anche Giovanni Paolo II partecipò alle celebrazioni conclusive del Congresso eucaristico, con la grande veglia-concerto per i giovani. Allora, si trattò di un grande evento mediatico, una sorta di “prova generale” del Giubileo del 2000 e della memorabile GMG di Roma. Questa volta è stato molto diverso. Vent’anni non passano invano: la popolazione credente è fortemente diminuita, le forze disponibili per l’organizzazione sono minori; siamo immersi in una latente paura del terrorismo e degli attentati; le notizie viaggiano velocissime su internet, l’organizzazione si fa più approfondita; tutti si passano le notizie grazie alle mailing list e alle chat su Facebook o su WhatsApp. E poi c’è un nuovo papa, Francesco, che credenti e non seguono quotidianamente sui media, ma che la grandissima parte dei bolognesi non ha mai visto di persona.
Organizzazione
tardiva e complessa
Allora? Allora, si parte con l’organizzazione! Il programma della visita del papa arriva a ridosso dell’estate. Ma come?! Proprio adesso, che tutti vanno in ferie?! Per fortuna, grazie alla tecnologia tutti ormai sono sempre raggiungibili in ogni parte d’Italia e del mondo, così partono i tam-tam organizzativi: quanti volontari mandare? A chi proporre i biglietti per la Messa allo stadio? Chi potrà partecipare agli altri eventi previsti nella giornata? Quanto tempo prima si dovrà partire?...
In effetti, l’agenda della visita papale è intensissima: ben sei impegni che si snodano dalla tarda mattinata fino al tardo pomeriggio. Risulta evidente la volontà di Francesco di incontrare quante più persone possibile, e soprattutto i gruppi più rappresentativi del tessuto civile ed ecclesiale della diocesi: i migranti, i poveri, i lavoratori, i religiosi, gli universitari. Grazie all’imponente e indispensabile macchina della sicurezza, le disposizioni pratiche per lo svolgimento della giornata arrivano soltanto una settimana prima dell’evento. Sulle chat fioriscono i dubbi di ogni genere, ma anche l’entusiasmo per la possibilità di incontrare da vicino un papa tanto amato. In questo grande circolo comunicativo informale, si scopre con gioia che anche persone “insospettate” chiedono di avere il pass per la Messa, o di andare a vedere il papa.
L’incontro
con gli ultimi
Dopo la breve visita alla diocesi di Cesena, Francesco arriva a Bologna in elicottero alle 10.30. Comincia la diretta dell’emittente televisiva locale: molti bolognesi preferiscono rimanere incollati alla TV per quasi tutta la giornata. Il primo appuntamento è una visita privata all'hub regionale di via Mattei, dove il papa incontra i giovani africani sbarcati sulle coste italiane. La disponibilità con cui Francesco si lascia scattare i selfie con gli ospiti e gli operatori commuove tutti. Ai richiedenti asilo il papa parla molto direttamente: «Vengo in mezzo a voi perché voglio portare nei miei i vostri occhi – io ho guardato i vostri occhi –, nel mio il vostro cuore. Voglio portare con me i vostri volti che chiedono di essere ricordati, aiutati, direi “adottati”». Ricorda loro che la storia di ciascuno è sacra, li chiama “lottatori di speranza”. Ringrazia gli operatori e i volontari che ogni giorno si prendono cura degli ospiti. Agli italiani dice che la mancanza di conoscenza e di prossimità producono paura, durezza e freddezza: «Si vede bene solo con la vicinanza che dà la misericordia». Poi un monito: «Se guardiamo il prossimo senza misericordia, non ci rendiamo conto della sua sofferenza, dei suoi problemi. E se guardiamo il prossimo senza misericordia, rischiamo che anche Dio ci guardi senza misericordia». Ma anche i rifugiati devono fare la propria parte, cercando di aprirsi alla cultura della città che li ospita e imparando a rispettare le leggi italiane. Infine, un richiamo alla moltiplicazione dei pani e dei pesci che ha guidato il cammino del Congresso eucaristico diocesano: «La città non abbia paura di donare i cinque pani e i due pesci: la Provvidenza interverrà e tutti saranno saziati».
Dopo la visita all’hub comincia il lungo tragitto di Francesco sulla papamobile, che nel corso della giornata lo porterà ad attraversare da est a ovest l’intera città: limitazioni al traffico a parte, una vera grazia per i bolognesi, che possono vedere il papa passare quasi in ogni quartiere, sotto le proprie case e lungo le strade. Complice la pioggia leggera, il tragitto urbano non è propriamente un bagno di folla: alcuni si assestano sui marciapiedi, molti si affacciano ai balconi, ma nessuno rimane indietro. Dopo aver attraversato alcuni quartieri popolari il piccolo corteo fiancheggia il grande ospedale Sant’Orsola, dove solo pochi malati riescono a salutare il papa dalle finestre; poi entra nel centro storico.
In piazza Maggiore si svolge l’incontro con il mondo del lavoro, o meglio con i suoi rappresentanti: alcuni disoccupati, i più alti dirigenti sindacali e i presidenti delle principali realtà economiche cittadine: Unindustria, Confcooperative e Legacoop. È qui che anch’io raggiungo il papa, insieme alla mia famiglia: marito e tre bimbe. Avrebbe dovuto partecipare anche la mia nonna, disabile e malata di Altzheimer, accompagnata dalla sua badante musulmana che ama papa Francesco per la sua apertura verso gli stranieri e i non cristiani. Purtroppo, l’ipotesi della pioggia e i varchi di accesso troppo lontani le hanno spaventate; così abbiamo lasciato la bisnonna e la badante “incollate” alla diretta televisiva dell’evento, e ci siamo avviati verso piazza Maggiore. Non mi sarei aspettata, a onor del vero, una partecipazione di popolo così scarsa: poche migliaia di persone, provenienti per lo più da parrocchie e associazioni. Nessuna delegazione sindacale, niente striscioni, soltanto un paio di bandiere: davvero poco, per una città che in alcune occasioni civili “muove” decine di migliaia di persone. Certo, i credenti si sono concentrati sul grande appuntamento del pomeriggio allo stadio; ma l’assenza dei lavoratori in forma organizzata si sente parecchio. Del resto, le informazioni tardive sull’Angelus non hanno aiutato, e i bambini apprezzano la possibilità di giocare in una pizza Maggiore semi-vuota. Papa Francesco ricorda i grandi problemi del lavoro oggi: innanzi tutto la mancanza di lavoro, che attanaglia giovani e non; poi la crisi economica, che produce condizioni di lavoro non dignitose; e il tradimento del bene comune da parte sia dei singoli sia dei gruppi di potere, che è alla base di una profonda crisi di valori. Occorre «togliere centralità alla legge del profitto e assegnarla alla persona e al bene comune». Non a caso, il papa ricorda ed elogia il “sistema Emilia” che storicamente ha dato priorità al welfare, e l’importanza dell’esperienza cooperativa. Al termine dell’Angelus, molti applausi da tutti i presenti; io che sono sindacalista, non posso non pensare che siano troppo pochi...
I partecipanti defluiscono lungo le vie laterali, godendosi un timido sole allietati da un dolce tipico bolognese offerto dall’Associazione panificatori. Intanto il papa entra nella basilica di San Petronio, dove la generosità di due importanti realtà della ristorazione cittadina ha allestito un lauto pranzo per i bisognosi. Poveri, senzatetto, carcerati, anziani soli: in totale più di mille persone, selezionate dalla Curia con l’aiuto delle realtà caritative cittadine. Il momento è stato sereno e conviviale. Unico neo, la rocambolesca evasione di due detenuti, interessati più a riconquistare la libertà che a incontrare il papa.
Ai poveri Francesco dà un messaggio di vicinanza e di speranza: «La Chiesa vi vuole al centro. Non prepara un posto qualsiasi o diverso: al centro e assieme. La Chiesa è di tutti, particolarmente dei poveri». Prima della benedizione della mensa ricorda che «la nostra vita è sempre preziosa e tutti abbiamo qualcosa da dare agli altri», anche i più poveri: a loro infatti chiede di regalare al prossimo simpatia e amicizia, perché la condizione di bisogno e di fragilità dona loro una «sensibilità particolare nel cogliere la dimensione umana». La preghiera dal Padre nostro rende tutti fratelli e il Vangelo, regalato a ciascun ospite al termine del pranzo, è «il cibo più prezioso (...) rivolto proprio a chi ne ha bisogno».
Il clero
e gli universitari
Mentre Francesco pranza con i poveri e si accinge a prendere un breve riposo in arcivescovado, le strade del centro si riempiono degli invitati all’incontro successivo: il clero e i consacrati. Che gioia vedere le strade piene di preti, frati e suore, magari un po’ trafelati, ma visibilmente contenti! Sarebbe bello poterli vedere più spesso in mezzo alla gente, per le vie delle città, anziché chiusi nei conventi e nelle parrocchie non certo per separatismo, ma perché sommersi dalle mille incombenze della pastorale, della missione, del lavoro quotidiano.
Il discorso del papa nella cattedrale di San Pietro è stimolato da due domande, poste rispettivamente da un sacerdote e da un religioso: come può esprimersi la fraternità nella vita dei presbiteri? Come i consacrati possono sfuggire alla «psicologia della sopravvivenza» per mettersi con Gesù in mezzo al suo popolo? In questo incontro il papa usa le parole più dure, soprattutto contro tre vizi che affliggono il clero: il clericalismo, il carrierismo e il chiacchiericcio. L’antidoto a questi mali è l’amore per il popolo, per la propria diocesi e per i confratelli. Ai religiosi e alle religiose, spesso preoccupati per il depauperamento numerico ed economico delle loro comunità, il papa indica un cammino per nulla semplice: abbandonare la ricerca della sicurezza economica, che è un «pessimismo spolverato di speranza» e riscoprire il senso originario del voto di povertà. Il commiato finale è una ventata di speranza: «Vi ringrazio tanto della vostra presenza. Vi ringrazio della testimonianza. Andate avanti!».
Mentre i sacerdoti e i religiosi salgono sui bus-navetta che li porteranno direttamente allo stadio, riflettendo sulle impegnative consegne del papa, dalle case in affitto e dalle residenze universitarie sono usciti gli studenti, per incontrare il papa nella storica piazza San Domenico insieme ai docenti e al personale dell’Ateneo più antico del mondo. Anch’io ho la fortuna di partecipare all’incontro, lavorando nell’amministrazione universitaria. L’impressione personale è che quello rivolto all’Università sia stato il più bello fra i vari discorsi tenuti dal papa a Bologna. Il giovane rettore dell’Università, anche lui di nome Francesco (Ubertini) ricorda la tradizione di Bologna “la dotta”, vivificata anche dai grandi santi che di qui transitarono: Francesco e Domenico. A seguire, un rappresentante degli studenti ringrazia il papa, «grande compagno di viaggio», per l’attenzione che sempre rivolge ai giovani; gli pone due domande: che cosa ha significato, per lui, la ricerca della verità? L’università è ancora il posto in cui si coltivano liberamente la ricerca della verità, il dialogo e la libertà? Il santo padre risponde ricordando come l’università sia da quasi mille anni un laboratorio di umanesimo. La comunità universitaria deve perseguire tre importanti diritti: il diritto alla cultura, il diritto alla speranza e il diritto alla pace. La cultura non è solo risultato, successo: è sapienza, intesa come capacità di discernere e di farsi domande. L’educazione è tirare fuori il meglio di ciascuno per il bene di tutti. La speranza si costruisce con una buona informazione pubblica, con una visione alta e bella dell’amore, con la promessa mantenuta di un lavoro. I giovani hanno diritto a crescere liberi dalla paura del futuro. La pace, oggi, è data per scontata in Europa, ma non dobbiamo dimenticare che l’unione europea è nata per scongiurare la guerra. Viene ricordato un pensiero del cardinale di Bologna Lercaro: la Chiesa non può essere neutrale di fronte al male, da qualunque parte esso provenga. Infine, il papa invita i giovani a sognare in grande: «I sogni veri si fanno ad occhi aperti e si portano avanti alla luce del sole». Un grande lezione, valida ben oltre i confini della comunità universitaria.
La grande Messa
allo stadio
In fretta, la papamobile lascia il centro storico e attraversa l’altra metà di città per raggiungere lo stadio. La celebrazione della Messa è il vero evento “di popolo” della giornata: 80 mila bolognesi assiepano gli spalti dello stadio, il piano centrale è pieno delle carrozzine dei disabili. Tutto è preparato nei minimi dettagli, dalla sicurezza alla liturgia, fino al bellissimo palco che unisce due aspetti caratteristici di Bologna quali i portici e la Madonna di San Luca. Palpabile la commozione della gente: una partecipazione viva e festosa! Il santo padre celebra la prima domenica della Parola commentando la parabola evangelica dei due figli nella vigna del padre. Il figlio ipocrita è un «peccatore seduto»; invece il figlio pigro è un «peccatore in cammino», che si lascia risvegliare dal ricordo della voce del padre. Dopo un rapido richiamo ai rapporti non sempre facili tra generazioni in famiglia, papa Francesco invita a non rinunciare mai all’incontro, al dialogo, a cercare vie nuove per camminare insieme. Infine consegna alla diocesi tre parole che vogliono essere anche il frutto evangelico del Congresso eucaristico appena concluso: la Parola, il Pane e i poveri.
Dopo il papa
il triennio sinodale
I bolognesi riceveranno una spinta in più per recepire le tre parole consegnate loro dal papa, nella lettera pastorale Non ci ardeva forse il cuore? che l’arcivescovo Zuppi pubblicherà la domenica successiva, 8 ottobre, al termine del Congresso eucaristico. Sapranno accogliere l’insegnamento e la testimonianza del papa? Sapranno cogliere le parole di speranza e di incoraggiamento che ha rivolto a una città disillusa, ma desiderosa di ricominciare a volare? Spero di sì, caro Direttore. Affido questa speranza al commento di mia figlia maggiore (9 anni), alla quale dopo due settimane ho chiesto che cosa le fosse piaciuto di più della giornata con il papa. Mi ha risposto così: «Mi è piaciuto vedere in televisione tutta quella gente, tutti insieme, che erano andati allo stadio perché volevano bene al papa e a Gesù».
Elena Boni