Stockman R.
Meno compromessi, più profezia
2017/11, p. 3
«Utilizzare il “momento” per spiegare il proprio rifiuto». Così, in quanto istituzioni dei Fratelli della carità, si eserciterebbe la profezia meglio di quanto si rischia di fare. Ora si diventa, forse involontariamente, alleati di coloro che vogliono sempre più estendere l’applicazione della legge, divenendo così corresponsabili di una tendenza che banalizza l’eutanasia, alla fine riconosciuta come un diritto del paziente e, nel caso peggiore, considerata come un dovere che, in certe condizioni, può essere imposto da terzi. Quando la porta è accostata si sa per esperienza che non ci vuole molto ad aprirla del tutto. Con la nuova visione le istituzioni dei Fratelli della carità hanno socchiuso la porta e ci chiediamo ansiosamente per quanto tempo questo potrà durare prima che la porta sia spalancata e che le condizioni prudenziali formali di cui si è così fieri, vadano diluendosi nella pratica verso la banalità e la formalità.

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Meno compromessi, più profezia
Pubblichiamo una parte del documento del superiore generale dei Fratelli della carità, fr. R. Stockman reso noto il 3 ottobre. Costituisce la voce più recente e autorevole, interna alla congregazione, di critica al Testo di orientamento approvato dall’associazione dei Fratelli belgi.
«Utilizzare il “momento” per spiegare il proprio rifiuto». Così, in quanto istituzioni dei Fratelli della carità, si eserciterebbe la profezia meglio di quanto si rischia di fare. Ora si diventa, forse involontariamente, alleati di coloro che vogliono sempre più estendere l’applicazione della legge, divenendo così corresponsabili di una tendenza che banalizza l’eutanasia, alla fine riconosciuta come un diritto del paziente e, nel caso peggiore, considerata come un dovere che, in certe condizioni, può essere imposto da terzi. Quando la porta è accostata si sa per esperienza che non ci vuole molto ad aprirla del tutto. Con la nuova visione le istituzioni dei Fratelli della carità hanno socchiuso la porta e ci chiediamo ansiosamente per quanto tempo questo potrà durare prima che la porta sia spalancata e che le condizioni prudenziali formali di cui si è così fieri, vadano diluendosi nella pratica verso la banalità e la formalità.
Tre critiche
Guardando al contenuto del Testo di orientamento come amministrazione generale dei Fratelli della carità abbiamo espresso obiezioni fondamentali che rovesciano tutte le considerazioni sull’agire prudenziale.
- Anzitutto, il punto di partenza colloca la protezione della vita, l’autonomia del paziente e la relazione di cura allo stesso livello, come valori fondamentali. Per noi la protezione della vita è più che fondamentale, perché essa deriva dal rispetto per la vita che è un assoluto. Vediamo la protezione della vita come un valore apicale che precede tutti gli altri valori, non manipolabile. La protezione della vita non può sottostare all’intenzione di un atto. Essa la precede. Affermiamo, in conformità alla dottrina della Chiesa cattolica che la vita, ogni vita, merita il nostro rispetto assoluto e per questo non possiamo mai partecipare all’esecuzione dell’eutanasia che consideriamo come il fatto di uccidere un prossimo. È la ragione per cui abbiamo chiaramente detto fin dall’inizio che l’eutanasia è esclusa dagli istituti dei Fratelli della carità.
- In secondo luogo, nel Testo di orientamento, l’eutanasia è qualificata come un atto medico, relativo alla libertà terapeutica del medico. È una affermazione del tutto criticabile attraverso cui diamo una qualificazione all’eutanasia che non ha nemmeno nella legislazione e attraverso la quale il fatto di uccidere un prossimo è considerato come atto medicale. Per le legge l’atto è affidato a un medico, ma questo non è ancora un atto medicale. Pretendendo che si tratti di un atto medicale, l’insieme delle procedure prudenziali perdono di senso, perche infine è il medico e solo lui che decide sull’eutanasia o no. Anche a livello internazionale ci sono molte critiche su questa impostazione e chiediamo esplicitamente che tale visione sia rifiutata. Anche se si pretende che il Testo di orientamento sia anzitutto un testo etico sembra manchi la consapevolezza che il Testo di orientamento abbia conseguenze giuridiche, concrete e societarie.
- In terzo luogo, non possiamo accettare che la sofferenza insopportabile dei pazienti psichiatrici e la situazione medica senza uscita siano considerati criteri per accedere all’eutanasia. Chiunque abbia famigliarità con la psichiatria sa che il sentimento di trovarsi in una situazione senza uscita è tipica del disturbo psichiatrico e che tocca ai curanti mettere in opera il possibile per far brillare una fiammella di luce e portare speranza in tale situazione senza uscita. Vi è qui una grande sfida per dare forma qualitativa alla nostra azione terapeutica in situazioni gravemente penose.
In quanto amministrazione generale, abbiamo chiesto all’organizzazione dei Fratelli della carità in Belgio di rivedere il loro Testo di orientamento su questi punti, conformandosi alla visione della congregazione espressa nel proprio carisma e in conformità con la dottrina della Chiesa cattolica.
Accusare l’amministrazione generale di essere estranea al contesto sociale di questa problematica dove si tratta delle cure per pazienti psichiatrici, è elusivo e manca di ogni fondamento.
Per due anni c’è stato un dialogo sul contenuto del Testo di orientamento fra i responsabili della congregazione e l’amministrazione generale. Senza esito. La dichiarazione recente dei vescovi del Belgio in cui era chiarito ancora una volta il punto di vista della Chiesa sull’inammissibilità dell’eutanasia in generale e in contesti di sofferenze psichiche non terminali, è stata ignorata dall’organizzazione dei fratelli della carità. Uno tentativo di mediazione con un mediatore terzo è fallito. Attendiamo il risultato dell’ultimo tentativo (da parte della Santa Sede).