Gellini Anna Maria
Santità senza confini
2017/10, p. 19
La Chiesa cattolica è ancora una volta arricchita dalla santità di tanti fratelli, testimoni di Cristo e martiri per Cristo: i brasiliani Andrea de Soveral e Ambrogio Francesco Ferro, sacerdoti diocesani, il laico Matteo Moreira con 27 compagni; i giovanissimi messicani Cristoforo, Antonio e Giovanni; il sacerdote spagnolo Faustino Míguez e il cappuccino fr. Angelo da Acri.

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Testimoni
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Il 15 ottobre 35 nuovi santi, anche tre adolescenti
santità
senza confini
La Chiesa cattolica è ancora una volta arricchita dalla santità di tanti fratelli, testimoni di Cristo e martiri per Cristo: i brasiliani Andrea de Soveral e Ambrogio Francesco Ferro, sacerdoti diocesani, il laico Matteo Moreira con 27 compagni; i giovanissimi messicani Cristoforo, Antonio e Giovanni; il sacerdote spagnolo Faustino Míguez e il cappuccino fr. Angelo da Acri.
Tra tutti i santi che papa Francesco proclamerà il 15 ottobre in Piazza S. Pietro ci sono tre adolescenti, “i bambini martiri di Tlaxcala”, Cristóbal, Antonio e Juan, beatificati da san Giovanni Paolo II nel santuario di Nostra Signora di Guadalupe il 6 maggio 1990, e considerati i protomartiri dell’America Latina.
La storia della santità in terra latino-americana è iniziata a Tlaxcala (Messico), tra il 1527 e il 1529, a meno di un decennio dalla caduta di Tenochtitlán, capitale dell'impero azteco, ad opera delle truppe spagnole guidate da Hernán Cortés.
Tlaxcala-Puebla, dopo l’arrivo dei missionari spagnoli e del primo vescovo, il domenicano fr. Julián Garcés, nel 1527, è la più antica diocesi della Nuova Spagna, eretta da papa Clemente VII il 13 ottobre 1525, su richiesta di Carlo V. Nella rapida conversione di migliaia di messicani, si inserisce la vicenda di Cristóbal, Antonio e Juan, crudelmente uccisi perché, in nome della fede cattolica, rifiutarono l’idolatria e la poligamia.
Cristóbal:
più forte del potere
Cristóbal nacque a Tlaxcala, verso il 1515, figlio di Acxotécatl, il cacique (capo) del villaggio. Fin da bambino fu molto affascinato dai frati domenicani e francescani che nel paese diffondevano il Vangelo, e chiese il Battesimo. Imitando i frati, ripeteva spesso al padre e ai suoi subalterni, di abbandonare gli idoli e di ascoltare la parola di Gesù. Ma, appena dodicenne, Cristóbal non fu più accettato: il padre decise di ucciderlo. Una mattina del 1527 lo prese per i capelli, lo gettò a terra e iniziò a colpirlo crudelmente con un grosso palo di leccio, fino a fratturargli le braccia, le gambe e le mani. Poi vedendo che il bambino resisteva, lo fece gettare in un falò e lo pugnalò. Cristóbal riuscì a dire al padre: «Non pensare che io sia arrabbiato. Sono molto felice, perchè mi hai reso un onore maggiore di quello che vale il tuo potere».
Antonio e Juan:
martiri per la fede
Due anni dopo il martirio di Cristóbal, nel 1529, arrivò a Tlaxcala fr. Bernardino Minaya con un confratello. Si diressero verso la provincia di Huaxyacac e chiesero a fr. Martín di Valencia di poter essere aiutati nella loro missione da qualche ragazzo indigeno. Si offrirono subito Antonio e il suo compagno Juan, entrambi bambini provenienti da Tizatlán (Tlaxcala). Quando arrivarono a Tepeyac, (dove secondo la tradizione, nel 1531 la Vergine di Guadalupe apparve a Juan Diego Cuauhtlatoatzin), fr.Bernardino Minaya inviò i bambini a togliere gli idoli da tutte le case degli indios. Conoscevano perfettamente la zona, ed essendo bambini potevano svolgere quel compito senza mettere in pericolo la propria vita. Si allontanarono un po’ da quanto era stato stabilito per vedere se ci fossero altri idoli in altri villaggi. Fu così che a Cuahutinchán,(Puebla), entrarono in una casa, e mentre stavano distruggendo gli idoli arrivarono due indios con pali di leccio: senza dire una parola si infuriarono su Juan. Antonio, vedendo la crudeltà con cui picchiavano il suo compagno, non fuggì, ma tentò di aiutarlo. Ma i due indios lo avevano già ucciso e fecero lo stesso con lui.
I protomartiri
del Brasile
I primi due martiri brasiliani sono don André de Soveral ucciso da soldati olandesi, in chiesa assieme a 69 suoi fedeli, il 16 luglio 1645 e don Ambrósio Francisco Ferro, parroco di Natal, ucciso insieme a 28 laici il 3 ottobre dello stesso anno.
André de Soveral nacque verso il 1572 a São Vicente, nell’Isola di Santos in Brasile. Studiò nel Collegio dei Bambini di Gesù, fondato dai Gesuiti nel 1553. A 21 anni, il 6 agosto 1593, entrò nella Compagnia di Gesù, compiendo il noviziato nel Collegio di Bahia. Da lì, dopo aver completato gli studi di latino e teologia, fu mandato a Olinda in Pernambuco, centro missionario per la catechesi agli indios, conoscendo la lingua locale. Nel 1606 venne inviato fra gli indios del Rio Grande do Norte. Ricevette poi l’incarico di parroco della parrocchia della Madonna delle Candele o della Purificazione a Cunhaú. Domenica 16 luglio 1645, come era solito, don André aveva riunito nella cappella della Madonna delle Candele i fedeli per la celebrazione della Messa. Erano circa 69 persone, in maggior parte contadini e operai addetti alla lavorazione della canna da zucchero, tutti di Cunhaú. All’inizio della celebrazione, si presentò in chiesa un certo Jacó Rabe, al servizio della Compagnia delle Indie Orientali. Affermò di avere disposizioni da dare per conto del Supremo Consiglio Olandese di Recife, ma le avrebbe comunicate alla fine della Messa. Ma subito dopo la consacrazione, irruppe in chiesa una schiera di soldati olandesi con molti indios armati, delle tribù dei Tapuias e dei Patiguari: sbarrarono le porte e cominciarono ad aggredire i presenti. Don André, che aveva 73 anni, interruppe la celebrazione e guidò i fedeli nelle preghiere degli agonizzanti. Furono tutti massacrati a colpi di spada, ad eccezione di cinque fedeli portoghesi, che furono presi in ostaggio e portati al Forte olandese dei Re Magi.
Anche il sacerdote Ambrósio Francisco Ferro fu inviato dalle autorità olandesi, insieme a 28 laici, ad Uruaçu, dove erano attesi da soldati e da circa 200 indios comandati dal capo indigeno Antonio Paraopaba, il quale convertito al protestantesimo calvinista, aveva una vera e propria avversione verso i cattolici. I parrocchiani e il loro sacerdote, furono lasciati morire fra inumane mutilazioni. Di tutti questi numerosi gruppi di fedeli martirizzati, le autorità ecclesiastiche cercarono di conoscere i nomi, riuscendoci solo per 30 di loro e nel 1989 fu avviata la Causa di beatificazione, giunta poi alla proclamazione del 5 marzo 2000.
Faustino Míguez,
sulle orme di S. Giuseppe Calasanzio
Manuel Míguez González nacque a Xamirás, nella provincia di Orense in Spagna, il 24 marzo 1831. Fu battezzato il giorno dopo la nascita e, un anno dopo, ricevette la Cresima.Il paesaggio del suo paese natale, tra valli e montagne scoscese, gli fece maturare un carattere riservato, osservatore, amante della natura, deciso nell’affrontare e superare gli ostacoli, capace di lavorare con costanza e rettitudine. Studiò latino e scienze umane nel convitto annesso al santuario di Nostra Signora dei Miracoli a Orense, dove si era trasferito a sedici anni, dopo aver terminato la scuola municipale. L’incontro con un sacerdote dell’Ordine dei Chierici Regolari delle Scuole Pie (detti padri Scolopi) lo colpì molto: s’informò sulla vita e l’opera del fondatore, san Giuseppe Calasanzio, e decise di seguire le sue orme. Entrò nell'ordine a 19 anni, il 5 dicembre 1850, e cambiò il suo nome in Faustino dell’Incarnazione. Terminato il noviziato, pronunciò i voti solenni il 16 gennaio 1853 nel collegio di San Fernando a Madrid. La sua prima missione fu a Cuba, dove fu inviato il 3 novembre 1857 incaricato d’insegnare agricoltura, fisica, chimica e storia naturale alla Scuola Normale di Guanabacoa, fondata dagli Scolopi per la formazione dei maestri.Mentre insegnava, si accorse che gli abitanti dell’isola facevano largo uso delle piante a scopi medicinali: provò subito a sperimentare cure simili con le piante che a sua volta aveva studiato. Fu però colpito da un’intossicazione e dovette rientrare in Spagna, destinato al collegio di San Fernando, per la convalescenza. Nel settembre 1861 si trasferì a Getafe, nell’area metropolitana a sud di Madrid, dove comprese di dover vivere il proprio lavoro in spirito di preghiera. Nel 1868 passò a Celanova, comunità autonoma della Galizia, luogo di una nuova fondazione, ma già il 3 settembre 1869 cambiò comunità. A Sanlúcar de Barrameda, insegnò di nuovo fisica, chimica e storia naturale. La sua fama di ottimo chimico gli ottenne, il 16 aprile 1872, la richiesta di analizzare le acque potabili del Municipio di Sanlúcar. Successivamente fu trasferito a Siviglia e poi alla nuova fondazione di El Escorial, dove insegnò e fu bibliotecario nella Biblioteca Escurialense. Fu poi Rettore al Collegio di Monforte de Lemos.
Fondatore
delle Figlie della Divina Pastora
Nel 1879 fu mandato a Sanlúcar per la seconda volta, riprendendo i suoi studi e gli esperimenti con le piante medicinali. Nel frattempo, si rese conto dell’ignoranza e dell’emarginazione in cui erano relegate le donne di Sanlúcar, che non avevano accesso alla scuola elementare. In breve comprese che bisognasse guidarle sin dall’infanzia, per un’autentica promozione umana. Iniziò quindi a occuparsi di alcune bambine, impartendo loro una formazione cristiana solida, aiutato da alcune collaboratrici laiche. L’arcivescovo di Siviglia, mons. Ceferino Gonzalez, riconobbe in quel piccolo gruppo il germe di una nuova realtà religiosa e incoraggiò padre Faustino ad avviare una vera e propria fondazione. Così, il 2 gennaio 1885, furono approvate le basi dell’Associazione delle Figlie della Divina Pastora, della quale padre Faustino fu nominato Direttore. Il fine specifico era stato individuato nell’educazione delle bambine povere, secondo lo spirito e lo stile di san Giuseppe Calasanzio. La prima approvazione diocesana avvenne il 12 giugno 1889, seguita da quella pontificia nel 1910. Papa Pio XI approvò nel 1922 le Costituzioni definitive e, l’anno seguente, le prime suore partirono per le missioni in Africa e America. Il nome ufficiale era stato indicato come Pio Istituto Calasanziano Figlie della Divina Pastora. Oltre al suo operato come educatore e medico, padre Faustino scrisse vari libri che, con linguaggio semplice, contribuivano alla divulgazione scientifica. Infine, senza dimenticare la sua identità di sacerdote, dedicò molte ore alle confessioni, diventando guida spirituale di tante persone. Morì a Getafe l’8 marzo 1925, a 94 anni.
Angelo
da Acri
Luca Antonio nacque ad Acri (Cosenza) il 19 ottobre 1669. Imparò a leggere e scrivere da un vicino di casa, e i primi elementi della dottrina cristiana, frequentando la parrocchiale di S. Nicola e la chiesa conventuale dei cappuccini di Santa Maria degli Angeli. Sentì il desiderio di consacrare la sua vita dopo l'incontro con il p. Antonio da Olivadi, un cappuccino allora famoso e apprezzato in tutto il Meridione per la sua santità. Nel convento del Belvedere di Acri, il 12 novembre 1691 Luca Antonio emise i voti solenni ricevendo il nome di fr. Angelo d'Acri. Dal 1695 al 1700, nei conventi di Rossano, di Corigliano Calabro e di Cassano Jonio, completò gli studi teologici, filosofici e umanistici. Il 10 aprile 1700, giorno di Pasqua, fu ordinato sacerdote nel duomo di Cassano Jonio e destinato, dai superiori, al ministero della predicazione.
Dal 1702 al 1739 percorse instancabilmente tutta la Calabria e buona parte dell'Italia meridionale, predicando quaresimali, missioni popolari ed esercizi spirituali. In tutti i luoghi dove predicava, la sua presenza richiamava moltitudini innumerevoli di fedeli, e continua era al suo confessionale l’attesa di persone di ogni ceto e di ogni età, che fr.Angelo non si stancava mai di ascoltare. Diceva: «È una grande grazia e una grande gloria essere cappuccini e veri figli di s. Francesco. Ma bisogna conoscere e portare sempre con noi cinque gemme preziose: austerità, semplicità, esatta osservanza delle Costituzioni e della serafica Regola, innocenza di vita e carità inesauribile». Nel 1724 iniziò la costruzione di un convento di Cappuccinelle in Acri, che venne inaugurato il 1° giugno 1726. Padre Angelo fu anche più volte maestro dei novizi, guardiano nei conventi di Mormanno, Cetraro e Acri, visitatore e definitore provinciale, ministro provinciale (dal 1717 al 1720) e, infine, nel 1735, provisitatore generale. Morì in Acri il 30 ottobre 1739.
La causa di beatificazione fu introdotta il 27 maggio 1778 e si concluse il 17 giugno 1821 con la dichiarazione dell'eroicità delle virtù di p. Angelo. Leone XII il 18 dicembre 1825 lo proclamava beato. Le sue spoglie ora sono raccolte nel santuario monumentale di Acri, elevato a Basilica minore da Giovanni Paolo II.
Questi “nuovi santi”, ci ricordano quanto disse papa Francesco già tre anni fa: «La santità è il volto più bello della Chiesa: è riscoprirsi in comunione con Dio, nella pienezza della sua vita e del suo amore. La santità non è una prerogativa soltanto di alcuni: la santità è un dono che viene offerto a tutti, nessuno escluso, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano».
Anna Maria Gellini