Mastrofini Fabrizio
Incontri, folle e riconciliazione
2017/10, p. 5
L’immagine destinata a rimanere impressa è quella della preghiera per la pace e la riconciliazione, davanti al crocifisso di Bojaya, senza braccia e gambe, mutilato nell’esplosione del 2002 che colpì la chiesa e uccise decine di persone. Perdono e riconciliazione ma anche giustizia.

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Testimoni
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Francesco e la ‘sua’ America Latina
INCONTRI, FOLLE
E RICONCILIAZIONE
L’immagine destinata a rimanere impressa è quella della preghiera per la pace e la riconciliazione, davanti al crocifisso di Bojaya, senza braccia e gambe, mutilato nell’esplosione del 2002 che colpì la chiesa e uccise decine di persone. Perdono e riconciliazione ma anche giustizia.
Piena “immersione” di papa Francesco nei problemi della Colombia e dell’America Latina, indicando strade di convivenza per la società civile e quella ecclesiale, nelle prime 48 ore di questo viaggio internazionale. Segnato da almeno due eventi: gli incontri con le vittime di un conflitto durato oltre 50 anni – e la cui fine è ancora una strada non irreversibile – e la marea umana che lo ha atteso, ascoltato, acclamato. L’immagine destinata probabilmente a rimanere impressa – per il viaggio del papa in Colombia dal 6 all’11 settembre 2017 – è quella della preghiera per la pace e la riconciliazione nazionale a Villavicencio, davanti al crocifisso di Bojaya. L’immagine del Cristo senza braccia e gambe, mutilato nell’esplosione del 2002 che ha colpito la chiesa e ha ucciso decine di persone rifugiate lì in cerca di protezione. La riconciliazione deve passare per il perdono ma anche per la giustizia, ha notato con forza papa Francesco. E a Medellin e Cartagena, papa Francesco è ritornato sui temi del ruolo e dell’esempio della Chiesa, davanti a folle valutate a oltre un milione a Medellin e almeno cinquecentomila a Cartagena.
Giovani
e donne
Importanti le indicazioni sul piano ecclesiale. «La speranza in America Latina ha un volto giovane», «ha un volto femminile», «passa attraverso il cuore, la mente e le braccia dei laici». Papa Francesco lo ha detto nella Nunziatura apostolica di Bogotà al Comitato direttivo del Celam, il Consiglio episcopale latino-americano. A proposito dei giovani ha sottolineato che «alcuni riportano notizie sulla loro presunta decadenza e su quanto siano assopiti, altri approfittano del loro potenziale come consumatori, non pochi propongono loro il ruolo di manovalanza dello spaccio e della violenza». «Non lasciatevi catturare da simili caricature sui giovani – ha affermato. Guardateli negli occhi e cercate in loro il coraggio della speranza. Non è vero che sono pronti a ripetere il passato. Aprite loro spazi concreti nelle Chiese particolari a voi affidate, investite tempo e risorse nella loro formazione. Proponete programmi educativi incisivi e obiettivi da realizzare, chiedendo loro, come i genitori chiedono ai figli, di mettere in atto le loro potenzialità ed educando il loro cuore alla gioia della profondità, non della superficialità».
Affermazioni che rappresentano quasi un programma sullo sfondo del Sinodo 2018 dedicato ai giovani.
Sul «ruolo della donna nel nostro continente e nella nostra Chiesa», ha osservato che «dalle sue labbra abbiamo imparato la fede; quasi con il latte del suo seno abbiamo acquisito i tratti della nostra anima meticcia e l'immunità di fronte ad ogni disperazione. Penso alle madri indigene o “morenas”, penso alle donne delle città con il loro triplo turno di lavoro, penso alle nonne catechiste, penso alle consacrate e alle così discrete artigiane "del bene". «Senza le donne la Chiesa del continente perderebbe la forza di rinascere continuamente. Sono le donne che, con meticolosa pazienza, accendono e riaccendono la fiamma della fede. È un serio dovere comprendere, rispettare, valorizzare, promuovere la forza ecclesiale e sociale di quanto realizzano», ha proseguito. «Se vogliamo una fase nuova e vitale della fede in questo continente, non la otterremo senza le donne».
Umile servizio
al vero bene
Secondo Francesco, la Chiesa «rispettosa del multiforme volto del continente, che considera non uno svantaggio ma una perenne ricchezza, deve continuare a prestare l'umile servizio al vero bene dell'uomo latinoamericano». «Deve lavorare senza stancarsi – ha aggiunto – per costruire ponti, abbattere muri, integrare la diversità, promuovere la cultura dell'incontro e del dialogo, educare al perdono e alla riconciliazione, al senso di giustizia, al ripudio della violenza e al coraggio della pace. Nessuna costruzione duratura in America Latina può prescindere da questo fondamento invisibile ma essenziale».
Colombia
e pace
Dal Continente alla Colombia, papa Francesco ha messo al centro delle prime riflessioni il futuro del paese dopo la guerra civile, secondo un percorso che ha attribuito sì al presidente Santos il Nobel per la Pace, e tuttavia ancora non è irreversibile. Se è vero che la ex guerriglia delle Farc si sta trasformando in partito politico, è tutta da costruire l’intesa con l’altro gruppo dell’Eln che ha “soltanto” proclamato un cessate il fuoco.
A partire dal dopo viaggio, sarà importante valutare l’effettivo tragitto della pacificazione, in un paese che ha vissuto una generazione e mezza di violenza e dove la trasformazione dell’industria illegale della cocaina in una industria legale trasformando le coltivazioni non è facile e neppure scontata.
Il Papa ha espresso «l'apprezzamento per gli sforzi compiuti, negli ultimi decenni, per porre fine alla violenza armata e trovare vie di riconciliazione». «Nell'ultimo anno – ha detto sull'accordo di pace, senza però citarlo – certamente si è progredito in modo particolare; i passi avanti fanno crescere la speranza, nella convinzione che la ricerca della pace è un lavoro sempre aperto, un compito che non dà tregua e che esige l'impegno di tutti». Per il papa «occorrono leggi giuste che possano garantire tale armonia e aiutare a superare i conflitti che hanno distrutto questa Nazione per decenni; leggi che non nascono dall'esigenza pragmatica di ordinare la società bensì dal desiderio di risolvere le cause strutturali della povertà che generano esclusione e violenza».
Riconciliazione
nazionale
«Ci siamo riuniti ai piedi del Crocifisso di Bojayá, che il 2 maggio 2002 assistette e patì il massacro di decine di persone rifugiate nella sua chiesa», ha detto il Papa da Villavicencio, soffermandosi sul «forte valore simbolico e spirituale» che il Cristo mutilato ha per il popolo colombiano. «Guardandolo contempliamo non solo ciò che accadde quel giorno, ma anche tanto dolore, tanta morte, tante vite spezzate e tanto sangue versato nella Colombia degli ultimi decenni», la meditazione di Francesco: «Vedere Cristo così, mutilato e ferito, ci interpella. Non ha più braccia e il suo corpo non c’è più, ma conserva il suo volto e con esso ci guarda e ci ama. Cristo spezzato e amputato, per noi è ancora “più Cristo”, perché ci mostra ancora una volta che è venuto a soffrire per il suo popolo e con il suo popolo; e anche ad insegnarci che l’odio non ha l’ultima parola, che l’amore è più forte della morte e della violenza».
Bene comune
e giustizia
«Se la Colombia vuole una pace stabile e duratura, deve fare urgentemente un passo in questa direzione, che è quella del bene comune, dell'equità, della giustizia, del rispetto della natura umana e delle sue esigenze»". L'ultimo evento del suo viaggio in Colombia, la messa nell'area portuale di Cartagena, è ancora l'occasione per un nuovo appello alla riconciliazione nazionale dopo i decenni sanguinosi della guerriglia. «Solo se aiutiamo a sciogliere i nodi della violenza, districheremo la complessa matassa degli scontri»; «ci è chiesto di far il passo dell'incontro con i fratelli, avendo il coraggio di una correzione che non vuole espellere ma integrare; ci è chiesto di essere, con carità, fermi in ciò che non è negoziabile; in definitiva, l'esigenza è costruire la pace». In questi giorni, ricorda nell'omelia, «ho sentito tante testimonianze di persone che sono andate incontro a coloro che avevano fatto loro del male. Ferite terribili che ho potuto contemplare nei loro stessi corpi; perdite irreparabili che ancora fanno piangere»: e tuttavia «queste persone sono andate, hanno fatto il primo passo su una strada diversa da quelle già percorse». Perché la Colombia da decenni sta cercando la pace e, «come insegna Gesù, non è stato sufficiente che due parti si avvicinassero, dialogassero; c'è stato bisogno che si inserissero molti altri attori in questo dialogo riparatore dei peccati». Per «la soluzione al male compiuto» serve piuttosto «l'incontro personale tra le parti». E soprattutto, per Francesco, nel cammino di pace «l'autore principale, il soggetto storico di questo processo, è la gente e la sua cultura, non una classe, una frazione, un gruppo, una élite».
Rinnovamento
nella Chiesa
L’altro tema che non poteva mancare ha riguardato la Chiesa, il ruolo di sacerdoti e suore, di clero e laici. Una Chiesa profondamente inserita nel mondo deve mantenere intatta la testimonianza del Vangelo. Il Papa ha legato tema ecclesiale e tema sociale parlando al clero ed ai seminaristi a Medellin. A un certo punto del discorso tocca il tema dei giovani, delle loro aspirazioni. «Qui voglio fermarmi per un momento – dice – e fare una memoria dolorosa. È una parentesi. I giovani sono naturalmente inquieti. Un'inquietudine tante volte ingannata. Distrutta da sicari della droga». "Medellin mi porta questa memoria. Mi evoca tante giovani vite troncate, scartate, distrutte. Vi invito a ricordare, ad accompagnare questa processione dolorosa, a chiedere perdono per coloro che hanno distrutto le illusioni di tanti giovani». «Chiedere al Signore di convertire i loro cuori. Chiedere che finisca questa sconfitta della giovane umanità», aggiunge, in una città che è il centro cattolico della Colombia e fatica a togliersi di dosso la fama di “capitale dei narcos”. Ai narcotrafficanti “sicari della droga” chiede riscatto e redenzione.
E tuttavia il messaggio alla Chiesa stessa è anche questo molto forte. Di fronte al clero, Francesco non manca di toccare la pedofilia, descritta come "un ramo secco da tagliare", da estirpare senza esitazioni. «Ci sono situazioni, atteggiamenti e scelte che mostrano i segni dell'aridità e della morte e non possono continuare a rallentare il flusso della linfa che nutre e dà vita!». «Il veleno della menzogna, delle cose nascoste, della manipolazione e dell'abuso del popolo di Dio, dei più fragili e specialmente degli anziani e dei bambini non può trovare spazio nella nostra comunità; sono rami che hanno deciso di seccarsi e che Dio ci comanda di tagliare».
Un altro problema del clero è l'avidità, fonte di corruzione. «Le vocazioni di speciale consacrazione muoiono quando vogliono nutrirsi di onori – scandisce –, quando sono spinte dalla ricerca di una tranquillità personale e di promozione sociale, quando la motivazione è “salire di categoria”, attaccarsi a interessi materiali, che arriva anche all'errore della brama di guadagno». «Come ho già detto in altre occasioni, il diavolo entra dal portafoglio». «Dio - in definitiva – fa di tutto per evitare che il peccato ci vinca e chiuda le porte della nostra vita a un futuro di speranza e di gioia».
Indicazioni.
E poi?
Ogni viaggio fornisce indicazioni alle chiese locali e produce domande per gli osservatori e per chi vive la Chiesa nella dimensione universale. In Colombia papa Francesco ha concretizzato diversi temi nella realtà locale. Qualche commentatore critico ha notato che parlava a un episcopato tiepido verso la riconciliazione nazionale fortemente voluta dal presidente Dos Santos. Forse. Tuttavia è vero che papa Francesco segue una sua linea in tema di Dottrina sociale come è evidenziato, negli stessi giorni del viaggio, dalla pubblicazione in Francia di un libro del noto ricercatore sociale Dominique Wolton intitolato “Politique et Societé” che contiene una raccolta di conversazioni sul tema della dottrina sociale, svoltesi l’anno scorso a Santa Marta. Sul piano ecclesiale sarà da vedere in che modo la Chiesa colombiana e del Continente saprà tradurre le indicazioni in piani pastorali concreti.
Fabrizio Mastrofini