BREVI DAL MONDO
2017/1, p. 38
Egitto, Burundi, Repubblica del Congo, Goa-India, Roma
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Testimoni
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EGITTO
I copti: “ricordatevi di noi”
La comunità copta dell’Egitto è sempre più nel mirino dei terroristi islamici. L’ultimo attentato è avvenuto l’11 dicembre scorso al Cairo, nella cattedrale di san Marco, la più antica chiesa d’Africa, nel quartiere Al Abasiya, sede del capo spirituale, papa Tawadros II, 118°patriarca di Alessandria. Almeno 25 i morti, tra cui sei bambini, e 35 i feriti. Lo scoppio di una bomba con almeno 12 chili di tritolo è avvenuto mentre si stava distribuendo la comunione.
«Lo scopo di questi attacchi, ha dichiarato all’agenzia Sir mons. Antonios Aziz Mina, vescovo copto cattolico di Guizeh, è la destabilizzazione del Paese e della sua sicurezza. I cristiani – circa il 10% della popolazione e 10 milioni di fedeli – sono le vittime ma anche il pretesto per dimostrare che l’Egitto non è sicuro. Colpendo la componente cristiana si vuole colpire anche l’economia, il turismo, seminare il terrore in ogni strato della popolazione. È un momento di grande dolore, abbiamo il cuore spezzato ma questo è il prezzo da pagare per la democrazia».
La responsabilità di questo ennesimo attentato ricade sui gruppi salafiti jihadisti, attivi soprattutto nel Sinai, ma con cellule anche nella capitale egiziana, contro i quali il presidente Abdel Fatah al-Sisi, salito al potere nel 2013 dopo aver esautorato il presidente Mohammed Morsi, sta conducendo una dura campagna di repressione. Per mons. Aziz Mina, quest’ultimo attentato si inserisce nel novero di quelli contro la polizia avvenuti nella zone delle Piramidi. «Anche lì abbiamo avuto dei morti. Nella zona del Sinai da tempo è in atto una serie di attentati contro esercito e polizia. Lo scopo – ha ribadito – è destabilizzare l’Egitto. E se cade l’Egitto ci saranno ripercussioni molto gravi per tutta la regione mediorientale».
I cristiani d’Egitto dal 2013 hanno subito almeno 40 attentati, con decine di morti.
«Ai nostri fratelli cattolici – hanno affermato i copti ortodossi – chiediamo preghiere. Abbiamo bisogno della preghiera. La gente è terrorizzata. Ricordatevi di noi, e non soltanto dell’Egitto ma di tutto il Medio Oriente».
AFRICA - BURUNDI
Rischio di un genocidio
In una corrispondenza dello scorso 16 novembre da Bujumbuta, l’Agenzia Fides scrive che in Burundi “si stanno commettendo crimini contro l’umanità ed esiste il rischio di genocidio”. La denuncia viene da Anschaire Nikoyagize, Presidente di Iteka, referente locale della Federazione Internazionale dei diritti dell’uomo (Fédération internationale des droits de l'Homme-FIDH) presentando, il 15 novembre scorso, un rapporto sulle violazioni dei diritti umani nel Paese.Dallo scoppio della crisi politica nell’aprile 2015, quando il Presidente Pierre Nkurunziza aveva annunciato la decisione di ripresentarsi alle elezioni per un terzo mandato, in violazione della Costituzione e degli accordi di pace di Arusha, ad oggi, in Burundi, stima la FIDH, sono morte più di mille persone, altre 8.000 sono detenute per motivi politici, dalle 300 alle 800 sono scomparse, mentre le violenze e il clima di insicurezza hanno spinto più di 300.000 persone a rifugiarsi all’estero.Il rapporto di oltre 200 pagine, frutto di una ricerca sul campo durata un anno e mezzo, attribuisce la maggior parte dei crimini alle forze del regime e a quelle del partito al potere, il CNDD-FDD, e in particolare ai miliziani dell’Imbonerakure, l’organizzazione giovanile del partito che è diventata una milizia al servizio del Presidente.Oltre a quelli commessi dalle forze del regime, il rapporto denuncia i crimini perpetrati dai gruppi di guerriglia che si oppongono al Presidente Nkurunziza, le Forces Républicaines du Burundi (FOREBU) e la Résistance pour un Etat de droit (RED-Tabara).La FIDH lancia un appello all’Unione Africana e alle Nazioni Unite per il dispiegamento in Burundi di una missione di imposizione della pace e di ricerca del rilancio del dialogo politico. Altrimenti si rischia il disastro perché, afferma il rapporto, “ci sono tutte le condizioni per perpetrare un genocidio”.
REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO
Uccisa una suora africana
Una suora africana, suor Clara Agano Kahambu, della Congregazione delle Suore Francescane Scolastiche di Cristo Re, è stata uccisa il 29 novembre scorso a Bukavu, capoluogo del Sud Kivu, nell’est della Repubblica democratica del Congo. Il fatto è avvenuto nel primo pomeriggio presso la parrocchia Mater Dei. Secondo quanto è stato riferito all’Agenzia Fides dalle fonti della locale arcidiocesi, suor Clara si trovava nel suo ufficio con una studentessa, quando un uomo si è presentato al guardiano della struttura dicendo che doveva iscrivere la propria figlia alla scuola religiosa. Ma, una volta entrato, si è scagliato contro la suora colpendola al collo con un coltello. L’uomo è stato catturato ma per la religiosa, prontamente soccorsa, non c’è stato nulla da fare. È spirata mentre veniva portata all’ospedale.Un comunicato della Commissione diocesana “Giustizia e Pace”, inviato alla stessa agenzia afferma: «A 40 anni, questa vera fautrice dei diritti della donna se ne è andata… Si aggiunge alla lunga lista dei difensori dei diritti umani falcidiati nella nostra provincia».
Il comunicato – scrive ancora l’Agenzia Fides – denuncia il degrado della sicurezza di Bukavu alla vigilia delle elezioni nazionali; la recrudescenza della violenza e degli attacchi nei confronti della popolazione in una città che pullula di militari e poliziotti; la circolazione in tutta impunità di individui chiaramente pericolosi e armati, alcuni dei quali malati di mente, che attaccano i passanti sotto lo “sguardo sorridente delle forze dell’ordine”. “Giustizia e Pace” ricorda che “persino l’Arcivescovo è stato attaccato a casa sua nel sonno”.Suor Clara Agano era nata il 3 luglio 1976 nella parrocchia di Luofu, diocesi di Butembo-Beni, figlia di Jean-Pierre e di Anastasia Kahindo, quinta in una famiglia con dieci figli. Ha insegnato psicologia, pedagogia e catechesi. Era preside della scuola "Marie Madeleine" a Bukavu e del centro pastorale "Mater Dei", dove insegnava a leggere e scrivere alle ragazze povere.
Sono anni che questa provincia del Sud-Kivu è teatro di violenze. E ad essere presi di mira sono soprattutto i sacerdoti e le suore. Nel lontano 29 ottobre 1996 fu ucciso in un agguato anche il vescovo di Bukavu mons. Christophe Munzihirwa Mwene Ngabo.
Nel 2009, sempre a Bukavu, un sacerdote e una religiosa erano stati uccisi a distanza di poche ore uno dall’altra: don Daniel Cizimya Nakamaga fu assassinato nella parrocchia de Kabare il 6 dicembre e la sera del 7 dicembre fu uccisa suor Denise Kahambo Murahirwa, monaca trappista, colpita da uomini armati in uniforme che hanno attaccato il monastero di Nostra Signora della Luce di Muresha, a 20 chilometri dalla città di Bukavu, dove risiedeva.
La rivista dei comboniani Nigrizia, scriveva nel dicembre di quello stesso anno: «Chiese saccheggiate, preti e suore uccisi o rapiti. È il prezzo del difficile ruolo di testimonianza svolto dai sacerdoti cattolici nell'est della Repubblica Democratica del Congo, dove le violenze continuano, nonostante le insistenti rassicurazioni del presidente congolese».
GOA - INDIA
I 400 anni dell’arrivo dei carmelitani scalzi
I carmelitani scalzi hanno ricordato i 400 anni del loro arrivo in Asia celebrando una Messa sulle rovine del loro antico monastero a Goa, il piccolo stato occidentale indiano dove erano arrivati i loro primi missionari nel 1616.
Come data dell’anniversario è stata fissata il 29 novembre, festa dei loro primi martiri, Dionisio e Redento nella Goa Vecchia, antica capitale, che fu centro della missione portoghese per tutto il resto dell’Asia nel 17° secolo.
I due carmelitani, secondo quanto pare, provenivano dalla Francia e arrivarono in India per aiutare la missione portoghese. Da Goa raggiunsero poi anche l’Aceh, regione dell’Indonesia. Qui furono arrestati, sembra su istigazione delle autorità protestanti olandesi di Jakarta, torturati e martirizzati. Per l’anniversario di questo evento 20 sacerdoti hanno celebrato la Messa in un capannone di fortuna dove una volta sorgeva il centro dei missionari carmelitani dell’Asia. Il sito, quasi del tutto sconosciuto alla gente del luogo, custodisce tombe di insigni personalità delle famiglie reali e di frati carmelitani.
ROMA
Secondo Incontro dei religiosi Fratelli
Un gruppo di 118 Fratelli residenti a Roma e appartenenti a 19 Congregazioni, hanno partecipato il 26 novembre, presso la Casa generalizia “La Salle”, al secondo Incontro dei Fratelli religiosi, organizzato dal gruppo “Tutti Fratelli”, per riflettere sul tema Fratelli segni di misericordia”, alla luce del Giubileo della misericordia appena concluso. Erano presenti anche 14 generali delle rispettive congregazioni.
La giornata, riferisce Vidimus Dominum, si è articolata in due fasi. Nella prima è stato dedicato il tempo ad ascoltare varie testimonianze di misericordia, vissute nella missione e nella vita di comunità, e altre sulla misericordia con se stessi e il bisogno di accettarsi e vivere riconciliati con la propria fragilità e debolezza.
Nella seconda si è privilegiata la condivisione in piccoli gruppi linguistici: scelta questa che ha favorito la conoscenza reciproca e la progettazione di itinerari da percorrere per vivere la misericordia come segno visibile del volto di Gesù fratello.
Uno dei momenti più significativi della giornata è stata la celebrazione della Parola davanti al tabernacolo e al sepolcro di san Giovanni Battista La Salle. Particolarmente stimolante la lettura dell’episodio di Gesù che lava i piedi ai suoi discepoli, lasciando loro un esempio. L’episodio ha aiutato i Fratelli a comprendere e ad approfondire il significato della loro vocazione nella Chiesa e nel mondo.
Durante gli incontri sono stati letti alcuni paragrafi o frasi del documento Identità e missione del religioso fratello nella Chiesa, pubblicato dalla CIVCSVA il 14 dicembre 2015, per illustrare la peculiarità della vocazione del Fratello nella Chiesa.
L’incontro si è svolto in un’atmosfera cordiale e gioiosa e ha permesso di sperimentare alcuni aspetti caratteristici dei Fratelli, quali la semplicità, i rapporti orizzontali, la comunione di vita nella Chiesa e la fraternità nel senso che la vocazione del Fratello è la risposta che Dio offre al vuoto di fraternità che ferisce il mondo d’oggi. Tutto nel segno di ciò che Gesù ha detto ai suoi discepoli: “Ma voi non fatevi chiamare "rabbì", perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli” (Mt 23,8).
a cura di Antonio Dall’Osto