"Perchè resto e non me ne vado"
2016/9, p. 30
Di fronte ai tanti consacrati che se ne vanno, ci sono
coloro che invece rimangono e sono la stragrande
maggioranza. Quali sono le ragioni che li sostengono
e li inducono a perseverare? Nessuno può dircelo meglio
degli stessi interessati.
Scelte di fedeltà alla vocazione
“PERCHÉ RESTO
E NON ME NE VADO”
Di fronte ai tanti consacrati che se ne vanno, ci sono coloro che invece rimangono e sono la stragrande maggioranza. Quali sono le ragioni che li sostengono e li inducono a perseverare? Nessuno può dircelo meglio degli stessi interessati.
Secondo i dati forniti da mons. Carballo, segretario della CIVCSVA, parlando nell’autunno del 2013 al convegno organizzato dall'Istituto francescano di spiritualità della Pontificia università Antonianum, sul tema “fedeltà e perseveranza vocazionale”, in 5 anni, dal 2018 al 2012, hanno lasciato la vita religiosa 13.123 religiosi o religiose, con una media annuale di 2.624,6. È una ferita dolorosa su cui anche il papa Francesco è ritornato diverse volte nei suoi discorsi. E sono state anche più volte indagate le ragioni per cui tutte queste persone se ne vanno e anche la stampa ne ha parlato in diverse circostanze.
Ma se sono tanti coloro che lasciano, sono infinitamente di più coloro che rimangono e perseverano, coltivando con impegno quotidiano e amore la vocazione ricevuta. Possiamo domandarci: perché questi invece restano, che cosa li aiuta a rimanere fedeli, spesso anche in mezzo a tante difficoltà?
È un interrogativo ricorrente a cui la rivista tedesca di vita consacrata Ordens Korrespondenz (n.2,2016) ha dedicato un intero quaderno raccogliendo le testimonianze di alcuni di questi religiosi e religiose che spiegano le ragioni della loro fedeltà e perseveranza. Ne raccogliamo qui tre, a titolo di esempio, tra le più significative
La testimonianza
di una suora
La prima è quella di sr. Johanna Schulenburg CJ, dell’Istituto Congregazione di Gesù, di spiritualità ignaziana fondato da Mary Ward (1585- 1643). È una religiosa diplomata in teologia ed è stata collaboratrice del card. König, a Vienna. Ed è anche co-fondatrice dell’iniziativa “Contemplazione e azione”.
“Quali sono le ragioni – si domanda – che ancor oggi, a distanza di 12 anni dal mio ingresso nella congregazione, – aveva allora 34 anni – sostengono la mia vita come suora? Sono le stesse di allora? Sono cambiate, alcune sono venute meno e se ne sono aggiunte di nuove? Che cosa mi sostiene oggi”?
Guardando indietro, riconosce che le motivazioni che l’hanno spinta a quel passo, sono anche oggi le stesse, ossia, scrive: «il desiderio di mettere Dio al centro della mia vita, di affidarmi totalmente a lui e alla sua volontà». A quel tempo tuttavia, afferma, non aveva ancora ben chiaro che cosa volesse dire vivere in una comunità la vita secondo i consigli evangelici. Ma l’esperienza trascorsa, nonostante alcuni aspetti critici, l’ha consolidata ancor di più nella sua scelta. «Con stupore e gioia, scrive, ho scoperto in me la risposta: sì, potrei ancora andarmene, ma non lo voglio. Il mio desiderio è di invecchiare assieme alle altre suore e con loro servire il Signore. Sono entrata perché avevo l’impressione che solo così avrei potuto servire bene e pienamente la volontà di Dio nei miei riguardi. Ho voluto rimanere perché questo è ciò che anch’io voglio. La mia e la sua Volontà sono – almeno a questo punto – la stessa».
Nel frattempo sr. Johanna è diventata assistente provinciale. Afferma: «Per sei anni ho la responsabilità di prendere delle decisioni che riguardano l’intera provincia in quanto tale, il suo futuro e le singole suore. Questo incarico mi fa trascorrere molte notti insonni e qualche capello comincia a diventare bianco. Ma nel complesso questo servizio è la logica conseguenza della mia decisione di entrare nella Congregazione di Gesù. Questa comunità mi consente, nonostante molti screzi, di vivere una vita in pienezza. Con le mie consorelle mi pongo al servizio di Dio e dei fratelli, con Dio e con loro...».
Comunque, conclude, «c’è sempre da imparare... Forse tra una decina d’anni, dopo l’esperienza vissuta, mi sarà nuovamente chiesto quali sono le ragioni per cui rimango nella Congregazione. Saranno ancora le stesse di oggi?».
E quella
di un agostiniano
Una seconda testimonianza è quella del p. agostiniano Jeremias M. Kiesl. La sua è un’esperienza di fedeltà, come egli stesso racconta, piuttosto problematica, segnata da crisi, compresa quella affettiva. Si domanda: «chi ero io all’età di 28 anni? Stavo all’altare, amministravo i Sacramenti a persone in genere più anziane di me. Nelle prediche parlavo della vita e della necessità di decidersi per Dio. Ma non ero forse entrato in convento un po’ inesperto, sia pure per la gioia dei miei genitori?... No, ora mi sono nuovamente deciso, e Dio mi dice sì, che egli vuole così servirsi di me».
Non tutto però non è stato facile, in particolare l’obbedienza, il voto, scrive, «che mi ha creato i maggiori problemi».
Ma perché allora continuo ad andare avanti nella vita religiosa? E risponde con alcune osservazioni: nessuno deve rimanere per sempre quello che è, può diventare anche diverso. Ed è bello quando anche i fratelli ne tengono conto. Tu sei sempre responsabile di te stesso e se qualcuno ti calpesta i piedi non è una ragione per andarsene. Nella vita, come anche nella spiritualità, non è tutto bianco e nero, possono sopravvenire le contrarietà. A volte occorre fare delle digressioni per capire dove andare. Questo è vero sia per la mia vita personale sia per la comunità religiosa e la Chiesa. I conventi di persone molto anziane non costituiscono un buon ambiente di vita per i giovani che hanno bisogno anche di coltivare le amicizie. Ciò rafforza la loro vocazione. Fa bene anche alla comunità dare fiducia ai giovani. Io ho bisogno di stringere delle amicizie con donne e uomini. Senza, diventerei arrogante e freddo. Esse mi consentono di vivere in maniera più schietta la mia vocazione. Solo chi è disposto a cambiare può rimanere fedele a se stesso. Ma, più ancora, ciò dipende da Dio che rimane fedele anche nelle nostre scelte fuorvianti. E conclude: «Se non ringraziamo ogni giorno per la comunità cristiana in cui troviamo... impediamo a Dio di farla crescere....» (D. Bonhoeffer).
La fedeltà
di una carmelitana
Interessante, in maniera particolare, inoltre, è quanto scrive una carmelitana del monastero di Rankweil, situato in Austria nei pressi del Liechtenstein. Nella sua testimonianza, paragona il cammino nella vita religiosa a una scala verso la perfezione, in cui certamente i nostri sforzi sono importanti, ma dove bisogna sempre cominciare da capo a salirla. «In tutta sincerità sappiamo bene che appena abbiamo scalato il primo gradino, ricadiamo giù perché in definiva è Dio che nel suo infinito amore ci attira a sé e tutto vuole compiere».
Alle domande: “che cosa sostiene e regge il mio cammino giorno dopo giorno? che cosa mi consente di guardare fiduciosamente avanti?”, risponde: «noi abbiamo a disposizione una grande ricchezza di mezzi, possediamo una “provvista”, che descrive così nei suoi dettagli:
I Sacramenti e la Chiesa
« "L’eucaristia è la forza con cui tu ogni giorno puoi vivere nel Carmelo". È quanto mi diceva un confratello durante il noviziato, e ci penso spesso. È Gesù stesso che si dona a noi ogni giorno, si unisce a noi e ci sta accanto come un amico e un compagno fedele. È un cibo prezioso, semplice e nascosto come la manna, ma che nutre, dona forza e vita.
(...) E sempre di nuovo abbiamo la possibilità di partecipare alla misericordia, alla riconciliazione, alla conversione, a un nuovo inizio e di attingere nuova forza nel sacramento della riconciliazione. Egli mi aspetta sempre!
(...) Inoltre, l’istruzione, il nutrimento, il consiglio e l’aiuto nelle conferenze, gli esercizi, nell’accompagnamento dei sacerdoti...».
La Parola di Dio
«Quanto è inesauribile questa sorgente zampillante! Essa disseta le mie giornate, mi incoraggia, dà ad esse un’impronta, le rafforza sia nella liturgia sia lungo il giorno, cominciando dalla semplice ripetizione del nome di “Gesù” fino alle più semplici frasi, a immagini e testi, come per esempio: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15,16); “Benedetto l'uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d'acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell'anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti” (Ger 17,7-8); “.... perché tu sei con me” (Sal 23,4); “Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura?”. Si tratta di una scelta quasi inesauribile che si può attingere dal tesoro sovrabbondante della Parola di Dio, che come un bastone sicuro sostiene i nostri passi, ci guida e rende simili all’immagine di Cristo».
Dio immutabile e fedele
«Nella vita religiosa c’è un vantaggio rispetto al matrimonio – abbiamo un partner sicuro e fedele». È un’affermazione originale e vera. «Sì, “la fedeltà del Signore dura per sempre” Sal 117,2), anche quando a volte per il nostro sguardo limitato non siamo in grado di penetrare nelle vie inaccessibili di Dio. Anche l’esempio di molte persone sposate che rimangono fedeli, che cercano di andare avanti e lottano insieme con coraggio in situazioni difficili ed esigenti è per me un incentivo e un incoraggiamento nel mio rapporto con Gesù».
La nostra risposta
di fedeltà
«Una volta ho letto: “La fedeltà è la scia che l’amore lascia dietro di sé”. Non è questa la strada del fedele compimento dei doveri quotidiani, la vita nel momento attuale e l’accettazione di ciò che Dio mi chiede e si aspetta, ogni volta? La fedeltà nelle piccole cose... Penso che proprio così il cammino della fedeltà viene lastricato con molte piccole tessere di mosaico».
Presenza di Dio – Fede viva – Preghiera
«In Dio viviamo, ci muoviamo e siamo. Quale grande forza trasmette una fede viva che sa riconoscere in ogni cosa Dio, le sue tracce, la sua presenza: Dio è presente abita in noi! Scoprirlo, rimanere in dialogo con lui, nel tempo della preghiera ma anche stando in silenzio accanto a lui, in tutte le situazioni quotidiane, nella gioia, nella fatica e nel dolore».
Compagni di viaggio
«Quale grande incoraggiamento ci donano anche l’esempio e gli scritti dei santi del nostro Ordine. Ed essi sono qui, forse più vicini di quanto pensiamo, che intercedono, sono pieni di comprensione, ci aiutano e conoscono le nostre lotte. Ma qui ci sono anche le consorelle, la cui vicinanza e il cui esempio, la cui fedeltà e zelo costituiscono sempre di nuovo un invito, un aiuto e uno stimolo: camminiamo insieme, abbiamo una grande vocazione comune, ci aiutiamo e sosteniamo a vicenda».
Mosè, Aronne, Hur... (Es 17,19)
«Capita spesso che un membro di una nuova comunità, che nel suo apostolato cerca di raggiungere i lontani, chieda le nostre preghiere. A questo proposito è molto appropriata l’osservazione: “Noi contiamo molto sul sostegno della vostra preghiera. Voi siete come Mosè sul monte. Finché egli teneva le braccia alzate, era assicurata nella battaglia la vittoria agli israeliti. Ma noi preghiamo anche per voi, come Aronne e Hur che sostenevano le braccia di Mosè, perché potesse resistere. Continuamente molte persone chiedono la nostra preghiera: per i problemi personali, ma anche per quelli della Chiesa e del mondo. Spesso ciò mi scuote perché che cos’è il nostro piccolo gruppo, la nostra piccola preghiera, la nostra dedizione in confronto a richieste e bisogni così grandi? Non sono forse solo “cinque pani e due pesci” che possiamo portare a Dio? Non è forse semplicemente la grande certezza che nella nostra piccolezza e povertà ci rivolgiamo a colui che è l’Onnipotente e che con il nostro piccolo dono può sfamare migliaia di persone, poiché egli è colui che dona in sovrabbondanza?... E allo stesso modo vi sono anche molte persone che – come Aronne e Hur – “ci sostengono le braccia”, ci donano la loro preghiera, a volte nella fedeltà quotidiana, affinché noi siamo perseveranti nella nostra vocazione. È qualcosa che a noi sfugge; infatti, chi sa a chi io, a chi noi siamo debitori della nostra fedele perseveranza e del nostro poter cominciare sempre da capo?».
«Come ha detto la nostra fondatrice, Madre Maria Regina degli angeli: “la vocazione è un segreto di Dio, una prova di grazia del suo amore misericordioso. Soltanto nell’eternità potremo comprendere pienamente la grazia che abbiamo ricevuto».
Come risulta da quanto scrive questa suora carmelitana, la vocazione va continuamente curata ed è soprattutto alle fonti e ai mezzi, cui lei accenna, che possiamo attingere la grazia della fedeltà.
La rivista Ordens Korrespondenz riporta varie altre testimonianze che confermano come la perseveranza nella vocazione non solo è possibile, ma è anche fonte di gioia e di pienezza di vita.
a cura di Antonio Dall’Osto