Gellini Anna Maria
Santi e martiri
2016/9, p. 27
Esempi di dedizione instancabile per i fratelli più bisognosi, testimoni di fedeltà a Dio e di amore al prossimo anche nella prova, hanno arricchito la Chiesa con l’originalità e la varietà dei loro carismi, hanno donato la vita anche fino al martirio.
In Ottobre 7 nuove canonizzazioni
Santi
e martiri
Esempi di dedizione instancabile per i fratelli più bisognosi, testimoni di fedeltà a Dio e di amore al prossimo anche nella prova, hanno arricchito la Chiesa con l’originalità e la varietà dei loro carismi, hanno donato la vita anche fino al martirio.
Il Giubileo della Misericordia continua a proporci testimoni luminosi per il nostro tempo. Il 16 ottobre prossimo, in Piazza San Pietro a Roma, papa Francesco proclamerà santi Salomone Leclercq, martire dei Fratelli delle Scuole Cristiane, i sacerdoti Lodovico Pavoni, fondatore della Congregazione dei Figli di Maria immacolata, Alfonso Maria Fusco, fondatore della Congregazione delle Suore di San Giovanni Battista, suor Elisabetta della Santissima Trinità, monaca professa dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, Manuel González García, vescovo di Palencia, fondatore dell’Unione Eucaristica Riparatrice e della Congregazione delle Suore Missionarie Eucaristiche di Nazareth, José Gabriel del Rosario Brochero, sacerdote diocesano argentino conosciuto come “Cura Brochero” e José Sánchez del Río, martire a 15 anni a causa della fede.
Tempi di persecuzione
per la Chiesa
Durante la Rivoluzione Francese la Chiesa cattolica è sottoposta a pesanti persecuzioni. Nel 1790 la Costituzione civile del Clero assegna allo stato il controllo della Chiesa francese: i sacerdoti e i religiosi devono fare giuramento di fedeltà alla Costituzione, pena l’esilio, il carcere e anche la morte. La persecuzione colpisce pure i Fratelli delle Scuole Cristiane, (Lasalliani, fondati da san Giovanni Battista de La Salle). La maggior parte di loro rifiuta il giuramento; sono così costretti ad abbandonare le scuole, le proprie comunità e a disperdersi in clandestinità. Il primo lasalliano a subire il martirio è Salomone Leclercq, nato a Boulogne sur Mer nel 1745. Allo scoppio della rivoluzione è segretario del superiore generale dell’Istituto, dopo essere stato insegnante, direttore ed economo, sempre animato da grande dedizione e passione in ogni servizio. Dopo un periodo di clandestinità a Parigi, viene arrestato il 15 agosto 1792 e rinchiuso nel convento dei Carmelitani trasformato in carcere. Lì, il 2 settembre, è ucciso a colpi di spada insieme ad altri 191 prigionieri, in maggioranza sacerdoti e religiosi. Tutti saranno beatificati il 17 ottobre 1926 da Papa Pio XI.
All’avanguardia
nell’educazione e nel lavoro
Lodovico Pavoni nasce a Brescia nel 1784, da nobile famiglia, in un'epoca caratterizzata da profondi sconvolgimenti politici e sociali: la rivoluzione francese del 1789, quella giacobina del 1798 e il dominio napoleonico con le sue diverse manifestazioni. Lodovico matura una particolare sensibilità ai problemi sociali. Divenuto sacerdote nel 1807, fonda un Oratorio per l'educazione cristiana dei ragazzi più poveri, anticipando i moderni centri educativi e l'associazionismo giovanile. Tra il 1818 e il 1821, apre a Brescia un "ricovero educativo della fanciullezza abbandonata", per offrire assistenza, educazione morale e formazione professionale ai giovani senza famiglia o trascurati dai genitori. Nel 1842 l’attenzione è rivolta anche ai sordomuti e ai figli dei contadini. Tra le specializzazioni della formazione professionale, spicca l'arte tipografica ed editoriale, preludio all’apostolato nei mass-media. Nel 1939 Pavoni apre la Casa Editrice Àncora. Nel mondo del lavoro introduce riforme di assoluta novità, anticipando di mezzo secolo la dottrina sociale della Rerum Novarum. Nascono allora anche i “frati operai”. Il modello del collegio-laboratorio ideato da Pavoni ha un grande successo e verrà riproposto da altri sacerdoti: Giuseppe Cottolengo lo introdurrà nell'orfanotrofio della Piccola Casa della Divina Provvidenza, don Giovanni Bosco nell'oratorio di Valdocco, Giovanni Cocchi e Leonardo Murialdo nel Collegio Artigianelli di Torino.
Per la gestione delle opere, Pavoni organizza una comunità di educatori e nel 1831 dà loro una formazione religiosa e delle regole. Nasce così la congregazione dei Figli di Maria Immacolata, (Pavoniani) che sarà definitivamente approvata dalla S. Sede nel 1882. Lodovico Pavoni muore il 1 aprile 1849 a Saiano (BS) vittima eroica del suo prodigarsi per portare in salvo i suoi ragazzi dal pericolo dei combattimenti per l'insurrezione dei Bresciani contro gli Austriaci (le “Dieci Giornate di Brescia”).
Dio portato ai piccoli
e ai semplici
Da una famiglia cristiana di origine contadina, nasce Alfonso Maria Fusco nel 1839 ad Angri (provincia di Salerno, diocesi di Nocera-Sarno). Di carattere mite, amabile, sensibile alla preghiera e attento ai poveri, ha come maestri nella casa paterna saggi e santi sacerdoti. A undici anni esprime la volontà di diventare sacerdote e il 29 maggio 1863 riceve l'ordinazione sacerdotale da mons. Antonio Salomone, arcivescovo di Salerno, tra la gioia dei suoi familiari e l'entusiasmo del popolo. Diventa punto di riferimento per tante persone specialmente nel sacramento della riconciliazione, con cui esercita la sua paternità spirituale e sempre grande misericordia. Si dedica all'evangelizzazione del popolo con una predicazione profonda, semplice ed efficace. Dal giorno della sua ordinazione, don Alfonso porta nel cuore un sogno: fondare un istituto di suore e un orfanotrofio. L'incontro con Maddalena Caputo di Angri, donna forte e tenace, aspirante alla vita religiosa, è l’occasione per avviare la nuova opera. Nel 1878 nasce la Congregazione delle Suore Battistine del Nazareno, diffuse oggi in quattro Continenti.
La grande fiducia nella Provvidenza di don Alfonso, la collaborazione saggia e prudente di Maddalena Caputo, divenuta la prima superiora del nascente Istituto, la passione e l'amore per Dio e per il prossimo, permettono in breve tempo lo sviluppo straordinario dell'opera, pur in mezzo a varie prove. Come un padre buono, don Alfonso si prende cura delle suore e degli orfani; specialmente per i più bisognosi c'è sempre un posto nella Piccola Casa della Provvidenza, anche quando il cibo scarseggia o addirittura manca. Le brevi frasi ricche di sapienza evangelica che si possono ricavare dai suoi scritti e dalle testimonianze di chi lo ha conosciuto, illuminano la sua vita semplice, il suo grande amore per l'Eucaristia, per la Passione di Gesù e la devozione alla Vergine Addolorata. Il 6 febbraio 1910, poco prima di morire, dice: «Signore, ti ringrazio, sono stato un servo inutile.» Per tutta quella giornata, si snoda una processione di persone che dicono: «È morto il padre dei poveri, è morto il santo!». Il 7 ottobre 2001, Giovanni Paolo II, proclamandolo beato, lo propone come esempio ai sacerdoti e lo indica a tutti come educatore e protettore dei poveri e dei piccoli.
In comunione
con i «suoi Tre»
Nel campo militare di Avor presso Bourges in Francia, nasce nel 1880 Elisabeth Catez. Orfana di padre a 7 anni, riceve una cultura di base da due istitutrici. Frequenta il conservatorio di Digione, trovando nella musica una forma di donazione e di preghiera. Adolescente, comincia a sentirsi attratta da Cristo. Racconta lei stessa: «Senza attendere mi legai a Lui con il voto di verginità; non ci dicemmo nulla, ma ci donammo l’uno all’altra in un amore tanto forte, che la risoluzione d’essere tutta sua divenne per me ancor più definitiva». Sente il desiderio di ritirarsi nel “Carmelo” di Digione. Contrastata dalla madre, potrà entrarvi solo a 21 anni e nel gennaio 1903 emetterà i voti prendendo il nome di suor Elisabetta della SS.Trinità. La gioia di aver raggiunto la meta desiderata è presto interrotta. Il 1° luglio 1903 si manifesta nella giovane professa, il morbo di Addison. Suor Elisabetta si affida serenamente a Dio, manifestando la sua «gioia di configurarsi al Crocifisso per amore». Il 21 novembre 1904 si offre «come preda» alla Trinità con la nota invocazione: «O mio Dio, Trinità che adoro». Nell’estate del 1906, obbedendo alla priora, scrive le sue meditazioni, tra le quali: «Il mio Sposo ha scelto la tua figlia per associarla alla grande opera della Redenzione» e «Tutto passa! Alla sera della vita resta solo l’amore. Bisogna fare tutto per amore…». Muore il mattino del 9 novembre 1906, a 26 anni. Come la sua consorella e contemporanea santa Teresa di Gesù Bambino, anche Elisabetta della Trinità è stata una grande mistica, che ha saputo penetrare l’essenza dell’Amore «troppo grande» di Dio, in comunione con i suoi «Tre», come lei si esprimeva familiarmente parlando della Santissima Trinità. Giovanni Paolo II beatificherà suor Elisabetta nel 1984.
Il vescovo dei
“tabernacoli abbandonati”
Mons. Manuel González García, nasce a Siviglia nel 1877 da genitori cristiani. Il suo sogno, fin dall’infanzia, di diventare sacerdote, si realizza il 21 settembre 1901. Inizialmente svolge il suo ministero in piccoli villaggi della provincia di Siviglia e dal 1902 al 1905 è cappellano dell’asilo delle Piccole Suore dei Poveri. Nel 1910 fonda l’”Opera delle Tre Marie e dei Discepoli di S. Giovanni”, che avrà grande diffusione non solo in Spagna ma anche in America; nel 1915 le ‘Marie’ saranno più di 70.000 dedite all’adorazione eucaristica e alla diffusione della devozione all’Eucaristia. Attualmente sono più di 200.000 sparse in 16 Nazioni. Nel 1920 mons. Gonzáles è nominato vescovo di Malaga nell’Andalusia da papa Benedetto XV; un anno dopo, fonda la Congregazione delle Suore Missionarie Eucaristiche di Nazareth, approvata il 30 agosto 1960. Durante il suo episcopato cominciano le prime avvisaglie della sanguinosa Guerra Civile spagnola, che esploderà nel 1936-39; il 31 maggio del 1931, gruppi di rivoluzionari bruciano quasi tutte le chiese di Malaga, appiccando il fuoco anche al palazzo vescovile. Mons. González li affronta coraggiosamente e si consegna, ma lo lasciano andare; si rifugia prima presso un sacerdote, poi presso una famiglia, poi a Gibilterra e infine la Santa Sede gli impone di ritirarsi a Madrid, dove rimane fino al 1935, rattristato per le stragi di religiosi perpetrate in tante parti della Spagna. Nominato nel 1935 vescovo di Palencia nella Vecchia Castiglia, continua la sua opera di pastore e fondatore. Muore a Madrid il 4 gennaio 1940, considerato già santo: per la sua opera apostolica a favore della devozione all’Eucaristia, fu chiamato “il vescovo dei tabernacoli abbandonati” e anche “il vescovo martire”. Giovanni Paolo II lo beatificherà nel 2001.
Il prete “gaucho”
vicino alla sua gente
José Gabriel del Rosario Brochero nasce vicino a Córdoba, in Argentina nel 1840. Entra a sedici anni nel Seminario «Nuestra Señora de Loreto». Nel 1866 aderisce al Terz’Ordine Domenicano poi è ordinato sacerdote da mons. José Vicente Ramírez de Arellano. Collaboratore pastorale presso la Cattedrale di Córdoba, si prodiga durante l’epidemia di colera che colpisce la città nel 1867 facendo più di quattromila morti. Destinato nel 1869 come parroco della cittadina di San Alberto, p. José migliora la vita dei suoi parrocchiani in tutti i campi, curando particolarmente quello spirituale. Nel 1875 p. José fonda a Villa del Tránsito una casa per gli Esercizi spirituali; nel 1880 apre una scuola per le bambine. Si fa presente anche nelle sedi politiche e civili: fa costruire strade ed esorta le autorità ad aprire uffici postali e scuole. Nel 1912 incomincia la costruzione di una linea ferroviaria. Tutto per i suoi amati parrocchiani, «abbandonati da tutti, ma non da Dio», come era solito ripetere. È detto “el cura gaucho” (“il prete gaucho”) perché, come i cavalieri argentini, percorre chilometri e chilometri a dorso di mula, per farsi vicino a tutti. Condivide la condizione della sua gente fino ad arrivare a contrarre la lebbra, per aver bevuto dell’infuso di erba mate con alcuni ammalati. Muore nel 1914, sordo e quasi cieco. Le sue ultime parole furono: «Ora ho gli attrezzi pronti per il viaggio».
Chiamandolo il “curato d’Ars dell’Argentina”, Giovanni Paolo II lo beatificherà nel 2004.
Martire a 15 anni
nella “guerra cristera
José Sanchez del Rio, nasce a Sahuayo, in Messico, nel 1913 da genitori cristiani. A dieci anni già svolge un apostolato semplice in mezzo ai suoi compagni, insegnando loro a pregare e accompagnandoli in chiesa per adorare l’Eucaristia. Allo scoppio della “guerra cristera” dichiarata al cattolicesimo dallo stato messicano nel 1926, i suoi due fratelli maggiori si arruolano nell’esercito popolare dei “cristeros”, che cerca di ridonare al Messico la sua libertà religiosa. José visita la tomba dell’avv. Anacleto González Flores, (beatificato nel 2005) e chiede a Dio di poter morire in difesa della fede come lui. Riesce a farsi arruolare come aiutante da campo e poi come portabandiera e clarinettista del generale Luis Guizar Morfin. Durante la battaglia del 6 febbraio 1928, il cavallo del generale viene ucciso: José cede la propria cavalcatura per consentirgli di mettersi in salvo, perché, dice, “la vostra vita è più utile della mia”. Le truppe federali riescono facilmente a prendere il ragazzo e lo rinchiudono nel battistero della sua chiesa, ormai ridotta a carcere dei “cristeros”. José rifiuta ogni proposta di liberazione pur di non rinnegare la sua fede. Torturato e ormai ridotto a una maschera di sangue, continua a invocare «Cristo Re e la Madonna di Guadalupe» fino al colpo di pistola che pone fine alla sua breve vita. Sarà beatificato da Benedetto XVI nel 2005.
Anna Maria Gellini