Le contemplative e il volto
2016/9, p. 1
La ricerca del volto di Dio, la recente costituzione apostolica
di papa Francesco, costituisce oggi il riferimento ispirante
e giuridico per i monasteri di clausura. I dodici elementi
che compongono il mosaico del testo. Continuità
e discontinuità con la costituzione del 1950. I numeri
e le tendenze.
Vultum Dei quærere
LE CONTEMPLATIVE
E IL VOLTO
La ricerca del volto di Dio, la recente costituzione apostolica di papa Francesco, costituisce oggi il riferimento ispirante e giuridico per i monasteri di clausura. I dodici elementi che compongono il mosaico del testo. Continuità e discontinuità con la costituzione del 1950. I numeri e le tendenze.
La vita monastica contemplativa femminile ha ora un nuovo riferimento ispirante e giuridico. A 66 anni dalla precedente costituzione apostolica (Sponsa Christi, di Pio XII; EVC 2211-2284) è uscita Vultum Dei quaerere (La ricerca del volto di Dio), firmata da papa Francesco il 29 giugno e pubblicata il 22 luglio 2016. 36 numeri di testo e una parte giuridica di 14 articoli compongono il documento. È uno dei frutti dell’anno della vita consacrata (30 novembre 2014 – 2 febbraio 2016).
Identità
e ispirazioni
L’identità e le caratteristiche della vita monastica femminile si collocano nella recezione del Vaticano II, in particolare Lumen Gentium e Perfectae Caritatis, e nel magistero successivo. «Questo pellegrinaggio alla ricerca del Dio vero, che è proprio di ogni cristiano e di ogni consacrato in forma del battesimo, diventa, per l’azione dello Spirito Santo, sequela pressius Christi, cammino di configurazione a Cristo Signore, che viene espresso con singolare efficacia dalla consacrazione religiosa, e in modo particolare dalla vita monastica, fin dalle origini considerata come un modo particolare di attuazione del battesimo» (n. 1). «Come uomini e donne che abitano la storia umana, i contemplativi, attirati dal fulgore di Cristo, il più bello tra i figli dell’uomo (Sal 45,3), si collocano nel cuore stesso della Chiesa e del mondo e trovano nella ricerca sempre incompiuta di Dio il principale segno e criterio dell’autenticità della loro vita consacrata» (n. 3). «In particolare, innumerevoli donne consacrate, nel corso dei secoli fino ai nostri giorni, hanno orientato e continuano a orientare tutta la loro vita e attività alla contemplazione di Dio, quale segno e profezia della Chiesa vergine, sposa e madre; segno vivo e memoria della fedeltà con cui Dio, attraverso gli eventi della storia, continua a sostenere il suo popolo» (n. 3).
La contemplazione è connotata da un lato dallo «sguardo trasfigurato dall’azione dello Spirito, sguardo in cui fiorisce lo stupore per Dio e le sue meraviglie» e, dall’altro è «terreno di combattimento spirituale, che voi sostenete coraggiosamente a nome e a beneficio della Chiesa intera, che vi sa sentinelle fedeli, forti e tenaci nella lotta» (n. 11). «Carissime sorelle contemplative, che sarebbe senza di voi della Chiesa e di quanti vivono nelle periferie dell’umano e operano negli avamposti dell’evangelizzazione? La Chiesa apprezza molto la vostra vita interamente donata … La Chiesa ha bisogno di voi» (n. 6).
Le 12 tessere
del mosaico
Sono 12 le tessere che compongono il mosaico. La formazione e il discernimento vocazionale accompagnano la configurazione al Signore Gesù, attraverso una sapiente opera formativa e un lavoro quotidiano sulla vita comune. Senza cadere nella tentazione del numero e dell’efficienza e, in particolare, promuovendo la collaborazione fra i monasteri in ordine alle formatrici e alla formazione permanente. «Si deve assolutamente evitare il reclutamento di candidate da altri paesi con l’unico fine di salvaguardare la sopravvivenza del monastero» (art. 6).
La qualità della formazione e delle formatrici è da anni oggetto di particolare attenzione, come ha notato mons. J. R. Carballo, segretario della Congregazione, nella presentazione del testo. La preghiera è centrale per alimentare la contemplazione, in particolare quella di intercessione. «Ricordate però che la vita di preghiera e la vita contemplativa non possono essere vissute come ripiegamento su voi stesse, ma devono allargare il cuore per abbracciare l’umanità intera, particolarmente quella che soffre» (n. 16). Fondamentale è il riferimento alla Parola, la cui interpretazione non è individualistica. «La lectio divina o lettura orante della Parola è l’arte che aiuta a compiere il passaggio dal testo biblico alla vita, è l’ermeneutica esistenziale della Sacra Scrittura» (n. 20). Ogni monastero individuerà le modalità per condividerla con sacerdoti, diaconi e laici (art. 5).
L’eucaristia e il sacramento della riconciliazione hanno da sempre un particolare rilievo e vanno celebrate con adeguata cura. La vita fraterna è un «riflesso del modo di essere e donarsi di Dio» e comporta un continuo processo di crescita. «Ciò richiede che tutti i suoi membri si sentano costruttori della comunità e non soltanto fruitori dei benefici che possono ricevere da essa» (n. 25).
Cosa dice
oggi la clausura
Un tema delicato è quello dell’autonomia giuridica dei monasteri. Da un lato riconfermata e dall’altro corretta con la riaffermazione o l’avvio di confederazioni di tipo territoriale o spirituale che evitino i pericoli dell’autoreferenzialità malata. Davanti alla contrazione dei numeri delle monache e all’aumento della loro età media, soprattutto in Occidente, vengono indicati nella parte normativa alcuni criteri essenziali per riconoscere la validità dell’autonomia. «All’autonomia giuridica deve corrispondere una reale autonomia di vita, che significa: un numero anche minimo di sorelle, purché la maggior parte non sia di età avanzata: la necessaria vitalità nel vivere e trasmettere il carisma; la reale capacità formativa e di governo; la dignità e la qualità della vita liturgica, fraterna e spirituale; la significatività e l’inserimento nella Chiesa locale; la possibilità di sussistenza; un’adeguata struttura dell’edificio monastico. Questi criteri vanno considerati nella loro globalità e in una visione d’insieme» (art. 8).
La spinta alla federazione dei monasteri è fortemente accentuata, soprattutto per affinità di spirito e tradizioni o per specularità rispetto al corrispettivo ordine maschile. Per rimanere del tutto fuori è necessario il permesso della Congregazione. Nuovi accenti anche sulla clausura. Stante le attuali quattro note – quella comune a tutta la vita consacrata, quella monastica (con possibilità di accoglienza e ministero), quella costituzionale (in ragione del proprio diritto interno) e quella papale (senza compiti esterni di apostolato) – si apre ora per tutti i monasteri la possibilità di rinnovare la scelta, confermando o meno la propria tradizione. Il lavoro è indicato come dovere per tutte le monache, anche nel caso di monasteri che abbiano rendite sufficienti per vivere. Più prevedibile la nota sul silenzio, «come spazio necessario di ascolto e di ruminatio della Parola e presupposto per uno sguardo di fede che colga la presenza di Dio nella storia personale, in quella dei fratelli e delle sorelle che il Signore vi dona e nelle vicende del mondo contemporaneo» (n. 33).
I mezzi della comunicazione sono ormai parte della percezione della realtà, «ma vi esorto a un prudente discernimento affinché siano al servizio della formazione alla vita contemplativa e delle comunicazioni necessarie, e non occasione di dissipazione o di evasione dalla vita fraterna in comunità» (n. 34). L’ascesi, il dominio di sé e la purificazione del cuore aiutano ad evitare la mondanizzazione della vita contemplativa e rafforzano il senso profetico ed escatologico dei voti religiosi. «L’aver scelto una vita di stabilità diventa segno eloquente di fedeltà per il nostro mondo globalizzato» (n. 35), esposto al pericolo di non mettere mai radici e di infecondità.
La fecondità
e le sfide
La lettura in parallelo con la costituzione Sponsa Christi del 1950 offre alcuni elementi ulteriori di comprensione. Non solo relativamente al quadro generale di riferimento che, nel testo del 1950, è ancora quello dello «stato di perfezione» con scarsa attenzione alla Scrittura, alla vita fraterna e a un esercizio dell’autorità senza contrappesi, ma soprattutto per le diverse urgenze storiche. Anche in quel testo vi è una esigenza di riforma e di aggiornamento che persegue una maggiore apertura alle domande della pastorale e per questo diversifica la clausura fra una maggiore (senza alcuna possibilità di relazioni con l’esterno) e una minore (con aperture al servizio controllate e definite). All’ampia trattazione storica corrisponde un interesse prevalentemente giuridico-normativo. Del tutto assente la problematica dei mezzi di informazione. Appena iniziale, ma già progettuale, era l’indicazione per la confederazione dei monasteri, con la reiterata preoccupazione di non intaccare l’autonomia sui juris. In un comparto resistente «a qualunque innovazione» (EVC 2224) suonava positivamente l’invito a una «moderata partecipazione all’apostolato» (EVC 2235) ed era a favore della dignità delle monache la sollecitazione a procedere verso i voti solenni. La «rigida disciplina regolare», più volte evocata nella parte normativa, era condizione per la vita contemplativa. In caso contrario, «il carattere monastico né si deve concedere, né, se è già stato concesso, può essere mantenuto» (EVC 2255).
Migrazioni
e domande
Quella dimensione, che oggi appare restrittiva e improponibile, preannunciava una spinta feconda che alimenterà i decessi successivi. Allora si trattava di contenere le forze, oggi di sostenerle e di motivarle. Le monache di clausura sono oggi nel mondo circa 44.000, comprendendo quelle di voti solenni, temporanei e le novizie. Di queste, 24.000 sono in Europa. I monasteri sono circa 4.000, più della metà in Europa (850 in Spagna, 523 in Italia, 257 in Francia, 119 in Germania e il resto altrove nel mondo). Ma la linea di tendenza è, da un lato, una diversificazione territoriale, con una importanza sempre maggiore di Asia e Africa, e, dall’altro, con una contrazione numerica. Se le professioni solenni erano 48.834 nel 2000 sono oggi 38.763; quelle temporali erano 3.819, sono 2.817; le novizie erano 2.426, sono 1.758.
In uno studio sulle fondazioni benedettine e cistercensi, già monitorato dalla nostra rivista, si segnala l’enorme sviluppo delle fondazioni fra ‘800 e ben oltre la metà del ‘900: quasi 500 monasteri in più, mentre fra il 2000 e il 2014 le professioni solenni femminili scendono da 14.690 a 12.340, quelle temporanee da 1.209 a 888 e le novizie da 560 a 403. In alcune aree geografiche, in pochi lustri è scomparso un terzo delle monache. Nello stesso arco temporale ci sono state 116 nuove fondazioni femminili, ma le chiusure sono state 137. Nelle Americhe vi sono state 12 nuove fondazioni (10 in America Latina) e 32 chiusure. In Europa 31 nuove fondazioni e 52 chiusure. In Africa, 34 fondazioni e 9 chiusure. In Asia, 48 fondazioni e 19 chiusure. In Australia, 1 nuova fondazione e 25 chiusure. Gli spostamenti quantitativi, pur importanti, non dicono tutto, perché le difficoltà di fedeltà, di creatività e di sostegno economico, non mancano anche nelle aree di maggiore e promettente sviluppo come la Tanzania, la Corea, l’India e le Filippine. Del tutto imprevedibile, per ora, la Cina.
Il primo decennio del millennio sembra registrare un affievolimento della spinta fondativa e rende ancora più preziosa la fedeltà e la testimonianza della vita contemplativa, la cui rilevanza per la dimensione interreligiosa, ecumenica ed ecclesiale è fuori discussione. Il testo della costituzione apostolica non esprime soltanto la maturazione del magistero, ma la coscienza collettiva del monachesimo femminile che, per la prima volta, è stato coinvolto, attraverso una capillare indagine, per indicare un prezioso, quanto faticoso, futuro.
Lorenzo Prezzi