Brevi dal mondo
2016/7, p. 41
Aleppo, Siria, Terra Santa, India, Domenicani
ALEPPO - SIRIA
Non ci dimentichiamo
In Siria e Libano è ancora vivo il ricordo e ansiosa l’attesa per la liberazione dei vescovi di Aleppo, Gregorios Yohanna Ibrahim (siro-ortodosso) e Boulos Yazigi (greco-ortodosso) rapiti tre anni fa, nelle vicinanza della città il 22 aprile 2013. Secondo alcuni testimoni, il sequestro è avvenuto mentre stavano cercando di riuscire a liberare i due sacerdoti – Michel Kayyal, cattolico armeno, e Maher Mahfoud, greco – ortodosso catturati da un gruppo di armati il mese precedente.
Da quanto si è potuto sapere, il veicolo su cui viaggiavano fu abbordato da uomini armati stranieri – non parlavano arabo e si ritiene che fossero dei jihadisti ceceni – a un posto di controllo a una decina di chilometri da Aleppo. Questi uomini spararono contro il veicolo uccidendo il diacono che era alla guida, e portarono con sé i vescovi. Nessun gruppo di ribelli rivendicò il sequestro. Sei mesi più tardi il generale Abbas Ibrahim, capo della Sicurezza generale del Libano, affermò che era stato identificato il luogo in sui si trovavano e che erano stati avviati dei contatti indiretti con i sequestratori per ottenere la liberazione. Ma a tutt’oggi non si sa nemmeno se sono ancora vivi e se sono prigionieri.
Per mantenere vivo il loro ricordo il 19 aprile scorso è stato organizzato a Beirut un incontro di preghiera, organizzato dalle due Chiese sul tema “Non ci dimentichiamo”. Vi hanno partecipato diverse personalità politiche e religiose della regione. Inoltre, ad Aleppo ha avuto luogo un marcia, capeggiata dal patriarca siro-ortodosso Ignatius Aphrem II per chiedere che i due prelati siano consegnati sani e salvi.
Inoltre, Aphrem II e Yohanna X, patriarca greco ortodosso di Antiochia, hanno voluto ricordare i loro confratelli nell’episcopato con un messaggio congiunto ai fedeli in cui affermano che se l’intento dei sequestratori era di seminare il terrore tra i battezzati, si sono sbagliati di grosso. «Noi cristiani – scrivono nel documento – siamo i discendenti di coloro che, due mila anni fa, hanno portato il nome di Cristo in questa terra (...). Non siamo grandi e non abbiamo l’appoggio dei “grandi”, ma custodiamo la nostra eredità di antiocheni orientali, in mezzo a difficoltà e tribolazioni».
Il messaggio esprime la solidarietà anche ai «fratelli musulmani», compagni di sofferenza nei difficili momenti che attraversa la regione e prosegue: «Noi continuiamo a vivere in questo Oriente, suonando le nostre campane, costruendo le nostre chiese, innalzando le nostre croci. E le braccia aperte di queste croci si uniranno a quelle dei nostri fratelli musulmani» i quali «soffrono come noi i colpi amari del terrorismo cieco».
TERRA SANTA
Padre Francesco Patton nuovo Custode
Padre Francesco Patton, 53 anni, francescano dell’Ordine dei Frati minori, originario di Vigo Meano, in provincia di Trento, è il nuovo Custode della Terra Santa. Succede a Pierbattista Pizzaballa che ha ricoperto l’incarico per dodici anni, ossia tre mandati successivi, e ora nominato dal Papa amministratore apostolico sede vacante del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini, elevandolo alla dignità di arcivescovo, con sede titolare di Verbe. L’ordinazione episcopale avverrà il prossimo settembre.
Il passaggio dell’incarico è avvenuto il 6 giugno scorso durante una solenne cerimonia presso il Convento di San Salvatore. Prendendo la parola il padre si è rivolto al Nunzio, ai vescovi del Patriarcato latino, ai capi delle Chiese di Gerusalemme, presenti alla cerimonia e alla numerosa assemblea dei fedeli per ringraziarli della loro partecipazione. Quindi, rivolgendosi ai suoi frati, ha dichiarato: «Ho ricevuto la richiesta di accettare l’incarico, come una nuova chiamata e ho risposto come nel giorno della mia prima professione. Mi sento come un novizio... ma il Signore è il nostro Custode, colui che ci conduce dentro le situazioni più impensabili e imprevedibili... Vi chiedo di accogliermi così, come si accoglie un nuovo fratello».
Sono parole che ha ripetuto poi durante un’intervista alla Radio Vaticana. Alla domanda se voleva dire qualcosa alle comunità cristiane di Terra Santa, ha risposto: «Vengo con molta umiltà, in punta di piedi. Vengo con nel cuore un grande amore per questa Terra. Chiedo anche di essere accolto e aiutato a svolgere il mio servizio per il bene delle persone che lì vivono e per il bene delle persone che vengono per studio, per pellegrinaggio o, anche semplicemente, per una curiosità nei confronti di questi luoghi. Ma quello che chiedo, appunto, è di essere accolto come un fratello».
Il compito che gli è stato assegnato è molto impegnativo e complesso. Il Custode infatti esercita la giurisdizione sui territori di Israele, Palestina, Giordania, Libano, Egitto (parzialmente), Cipro e Rodi, senza contare le numerose case (i Commissariati) in varie parti del mondo, tra cui quelli di Washington, Napoli e Buenos Aires.
Sotto la sua giurisdizione sono anche tutti i Santuari cristiani cattolici a cui assicura che sia offerto il necessario supporto per le funzioni liturgiche nei Luoghi Sacri.
Spetta a lui anche coordinare le notizie sulla Terra Santa e infondere nei cristiani del mondo il desiderio della “cura amorevole” verso questi luoghi: scavi archeologici nei luoghi sacri, pubblicazione di diari di antichi pellegrinaggi e soprattutto gli studi della Bibbia attraverso la geografia e la storia degli stessi posti in cui gli eventi hanno avuto luogo. Per questa ragione la Custodia ha lo Studio Biblico Francescano, la FGI, la Franciscan Printing Press, tutte attività che dipendono principalmente dal Custode che con l’aiuto di altri frati si impegna a trovare benefattori che sostengano queste iniziative.
Un altro compito inerente al suo ufficio sta nel curare e sostenere, in accordo con la chiesa locale, la presenza cristiana in Terra Santa con varie iniziative, tra cui scuole e parrocchie.
In Terra Santa la figura del Custode è considerata come una delle principali autorità religiose cristiane. Insieme al Patriarca greco ortodosso e quello armeno, è responsabile dello “status quo”, un insieme di consuetudini che regolano la vita in alcuni santuari, tra cui il Santo Sepolcro e quello della Natività di Betlemme. Il Custode, inoltre, fa parte dell’assemblea degli Ordinari cattolici della Terra Santa.
INDIA
I religiosi e le opere di misericordia
La Conferenza dei religiosi dell’India ha suggerito tutta una serie di azioni concrete per vivere fruttuosamente il Giubileo della misericordia che terminerà il prossimo novembre. «Siamo già in giugno; metà dell’anno è ormai trascorso. Può essere questa l’occasione di verificare ciò che, personalmente e come comunità, province e congregazioni religiose stiamo facendo», ha scritto il padre salesiano Joe Mannath, segretario nazionale della Conferenza dei religiosi dell’India in un messaggio inviato ai vari istituti. La Conferenza comprende 334 congregazioni e 822 superiori maggiori in rappresentanza di 115.000 fratelli, sacerdoti e suore. È un numero cospicuo che, tra l’altro, gestisce la maggior parte delle scuole, degli ospedali e dei centri di servizio sociale e altre istituzioni della Chiesa cattolica in India.
Padre Mannah ha pubblicato un piccolo sussidio di quattro pagine in cui suggerisce 40 azioni che possono essere scelte per santificare questo anno giubilare. «L’anno della misericordia, scrive, è qualcosa di concreto, non soltanto un argomento per il quale recitare una preghiera o tenere una conferenza».
Il piano propone cinque aree di azione riguardanti la riconciliazione personale e comunitaria, le opere di misericordia spirituale e corporale e altre azioni in grado di mostrare una Chiesa premurosa e responsabile. Suggerisce, per esempio, iniziative per chiedere perdono e alcune azioni concrete per mettere fine alle divisioni in comunità e nelle diocesi. La casta, l’appartenenza etnica, la lingua e le regioni sono spesso motivo di divisione nella Chiesa e nelle congregazioni religiose dell’India, ha detto p. Mannah.
La lista delle proposte suggerisce anche di tenere semplici celebrazioni, di donare organi per i trapianti, e di impegnarsi nella lotta contro la droga e il traffico degli esseri umani.
Ma è un elenco solo esemplificativo, sottolinea il padre, che lascia spazio all’inventiva perché «più saremo creativi più sarà il bene che faremo». Tra l’altro, porta anche l’esempio di 1.600 suore di una congregazione religiosa che sono donatrici di sangue. Comunque, conclude p. Mannah, «possiamo imparare gli uni dagli altri per conoscere quali sono le migliori pratiche vissute tra noi. Questo è molto più positivo che non stare a lamentarci di che cosa non è stato fatto».
L’agenzia Ucanews che pubblica questo servizio, riporta anche la notizia riguardante il vescovo ausiliare Jacob Muricken di Pala il quale, nello spirito dell’Anno Santo della Misericordia, ha voluto donare un rene a un giovane indù di 31 anni, di nome E. Sooari, padre di famiglia, a cui, 18 mesi or sono, era stato diagnosticato un serio problema renale. L’intervento per l’espianto ha avuto luogo il 1 giugno scorso nell’ospedale di Lakeshore nel sud del Kerala.
DOMENICANI
Stanno scomparendo i Fratelli?
Anche nell’Ordine dei Domenicani, come in tanti altri istituti, i fratelli cooperatori sono in forte diminuzione e rischiano di scomparire. È il timore espresso dal fratello domenicano John Steilberg, residente a St Louis, Missouri,USA, in un breve articolo pubblicato dalla rivista domenicana irlandese Religious life Review nel numero di maggio-giugno scorso.
I dati di questo declino sono ben avvertibili nello studio commissionato dal Maestro generale dell’Ordine per gli anni 1980 – 2014. Nel 1980, nell’intero Ordine c’erano 838 fratelli; nel 2014 ne erano rimasti soltanto 322. Ciò corrisponde a una diminuzione del 62%, ossia circa il triplo della diminuzione dei frati sacerdoti che, nel medesimo periodo di tempo, è stata del 21%. Ad aggravare la situazione contribuiscono attualmente anche l’età avanzata dei 322 fratelli e il numero relativamente esiguo dei nuovi ingressi. Tutti gli indici, commenta fr. John, lasciano intravedere un rapido declino di questa categoria di religiosi.
La conferma viene osservando l’insieme dell’Ordine. Ad eccezione della Polonia e del Vietnam, in tutte le altre aree geografiche la presenza dei fratelli è molto esigua: delle 51 province domenicane sparse in tutto il mondo, 8 non hanno nessun fratello cooperatore, 31 ne hanno 5 o anche meno e in 42 il loro numero è di 10 o meno.
«Se l’attuale declino non sarà contrastato con il rinnovamento dell’Ordine e con nuove vocazioni, osserva fr. John, la presenza della vocazione del fratello cooperatore è destinata a scomparire dalla storia. È stata una storia ricca e santa». Le domande che ora si pongono sono: la scomparsa dei fratelli nella missione dell’Ordine cambia in modo radicale la visione di san Domenico? L’Ordine può sostenersi senza i fratelli? Che impatto avrà questa scomparsa sulla missione di predicazione dei domenicani nel mondo contemporaneo? Sono tutte domande che rimangono aperte.
a cura di Antonio Dall’Osto