Ferrari Gabriele
In una Chiesa aperta e missionaria
2016/7, p. 13
Il Papa ha risposto a quatto grandi questioni che riguardano l’insufficiente inserimento delle donne nella vita della Chiesa. Ha poi affrontato altri problemi attuali. Desiderio del Papa è di vedere le religiose profetiche e inserite in una Chiesa aperta e missionaria.
Il Papa all’Unione delle Superiore generali
IN UNA CHIESA
APERTA E MISSIONARIA
Il Papa ha risposto a quatto grandi questioni che riguardano l’insufficiente inserimento delle donne nella vita della Chiesa. Ha poi affrontato altri problemi attuali. Desiderio del Papa è di vedere le religiose profetiche e inserite in una Chiesa aperta e missionaria.
Lo scorso 12 maggio 2016 Papa Francesco ha ricevuto in udienza l’Unione internazionale delle Superiore generali (UISG). Non ha rivolto loro un discorso sulla vita consacrata. Non ce n’era bisogno, perché la sua visione della vita consacrata Francesco l’ha esposta e continua ad esporla ad ogni incontro che fa con i religiosi in occasione delle sue visite pastorali nelle varie nazioni. Ha voluto invece intrattenersi con le superiore generali presenti per rispondere alle loro domande: “So che io sempre mi ripeto e dico le stesse cose, ma la vita è così … A me piace sentire le domande, perché mi fanno pensare e mi sento come il portiere che sta lì aspettando il pallone che viene …”. È il suo modo di fare che privilegia il dialogo e meglio si addice alla sua maniera di concepire il ministero di comunione.
Le domande che le Superiore gli hanno consegnato non riguardano direttamente la teologia della vita consacrata, ma la collocazione pastorale delle donne consacrate nella Chiesa. Sono alcuni argomenti “caldi”, oggetto di discussione tra le religiose oggi e che spesso rimangono senza risposta in attesa di una parola dall’alto. In quest’occasione le superiore generali hanno potuto mettere tali argomenti sul tavolo del Papa con chiarezza e questi con altrettanta schiettezza e libertà ha loro risposto.
Quattro le questioni
sottoposte al Papa
Le principali questioni sottoposte all’attenzione di Papa Bergoglio sono state quattro. La prima, la seconda e la terza riguardano l’insufficiente inserimento delle donne nella vita della Chiesa, in particolare il ruolo delle donne consacrate nella Chiesa e le funzioni che esse possono svolgere; il ruolo dell’Unione Internazionale delle superiore generali nella Chiesa che potrebbe essere quello di interlocutrice della Santa Sede sui problemi della vita consacrata femminile, e non solo. La quarta domanda presentava tre ostacoli che le religiose incontrano all’interno della Chiesa e sui quali attendevano una parola del Papa. Infine ha risposto ad alcuni argomenti che non sono stati letti davanti a lui, ma che gli erano stati presentati per iscritto: un interrogativo a proposito della povertà nella vita consacrata in relazione all’uso del denaro e agli investimenti che in questi tempi sono diventati a diverso titolo problematici; la richiesta di una maggior chiarezza nel ruolo profetico delle donne consacrate spesso accusate di tendenze orizzontalistiche e troppo poco mistiche; il problema delle suore anziane e ammalate.
Dall’insieme delle risposte del Papa non emerge per sé alcuna novità sostanziale, ma la conferma di speranze che sono largamente condivise all’interno delle congregazioni religiose e la ripresa di temi che il Papa aveva anticipato nella sua Lettera ai religiosi in occasione dell’anno della vita consacrata.
Un miglior inserimento nella vita della Chiesa
Il tema principale che il Papa ha svolto riguarda il ruolo che le donne in generale e in particolare le religiose possono assumere all’interno della vita della Chiesa, un tema che in questi ultimi anni si è fatto sempre più caldo. La risposta è stata molto articolata.
Egli ha anzitutto riconosciuto che è vero che “le donne sono escluse dai processi decisionali nella Chiesa”, che “il loro inserimento è molto debole” e che quindi bisogna “andare avanti”, ma ha fatto anche le necessarie distinzioni. Ci sono compiti nella leadership della Chiesa legati alla giurisdizione pastorale che possono essere affidati solo ai ministri ordinati, ma nulla vieta, dice il Papa, che il Prefetto di un dicastero chiami anche delle donne alla funzione di segretario, per esempio nel Pontificio Consiglio per i migranti o in quello di Giustizia e Pace. Tuttavia il Papa vede qualcosa di più importante di una presenza, vede l’urgenza della presenza del pensiero della donna. Richiamandosi alla sua esperienza episcopale a Buenos Aires, afferma che nei processi decisionali c’è una fase molto importante di preparazione e di elaborazione delle decisioni, in cui il parere della donna è necessario per una completa visione del problema. Infatti, “la donna guarda la vita con occhi propri … Il modo di vedere un problema in una donna è diverso da quello che è per l’uomo. Devono essere complementari, [per questo] nelle consultazioni è importante che ci siano le donne”.
Un ruolo nella predicazione
Un altro punto sollevato dalle superiore generali riguarda la possibilità che la donna possa prendere la parola e annunciarla nel corso della celebrazione eucaristica. Qui il Papa ha distinto due tipi di celebrazione e quindi due tipi d’intervento: “Non c’è alcun problema che una donna – religiosa o laica – faccia la predica in una liturgia della Parola” e questa è una parola nuova e chiara nella sua autorevolezza. Nella celebrazione eucaristica invece il Papa fa notare che per la necessaria unitarietà della celebrazione – che comprende liturgia della Parola e liturgia eucaristica – bisogna salvare anche l’unità del protagonista che è il Signore Gesù rappresentato dal ministro che agisce in persona Christi. Il presidente della celebrazione cui compete l’omelia è quindi solo il presbitero.
Il Papa ha poi risposto alla domanda se sia possibile includere le donne fra i diaconi permanenti. La risposta è stata sostanzialmente positiva, ricordando che nei primi tempi della chiesa c’erano delle diaconesse che aiutavano nelle celebrazioni. Tuttavia su questo problema Francesco si è riservato di studiare la questione e di costituire una commissione che possa affrontare in modo approfondito quest’argomento. Ha comunque messo in guardia le religiose da due tentazioni che possono inquinare questo desiderio di un migliore inserimento nella vita della Chiesa, quella del femminismo e del clericalismo, soffermandosi soprattutto sulla seconda. Se la prima tentazione “in questo momento” non sembra essere troppo forte, la seconda invece rischia di trasformare un eventuale ruolo di leadership in una dipendenza dal ruolo dei ministri ordinati che non sarebbe benefico per nessuno, né per le donne interessate né per la Chiesa.
Servizio ma non servitù
Inoltre il Papa ha parlato di un modo di partecipare alla vita della Chiesa che è abbastanza frequente e sempre delicato, dell’impiego cioè delle religiose nelle strutture pastorali. Spesso, dice il Papa, i preti affidano la casa canonica o altre strutture parrocchiali alla cura delle religiose. Questo compito è spesso considerato dalle congregazioni come un “servizio alla chiesa locale” e quindi omologato alla categoria “pastorale”. Il Papa fa un’importante, anche se sottile, distinzione fra servizio e servitù. “È un po’ difficile da spiegare, dice Francesco, perché non vorrei che si pensasse a casi concreti… perché nessuno conosce bene le circostanze”. Porta perciò l’esempio di un parroco che, per essere tranquillo, affida a due suore la cura della casa parrocchiale. Il Papa afferma che se esse non fanno che questo, non è ancora un vero servizio pastorale perché non è in linea con il carisma della vita consacrata. In questo caso il parroco dovrebbe affidare questo lavoro a delle “brave donne che hanno bisogno di lavoro. Ne prenda una o due che facciano quel servizio. Queste due suore vadano nelle scuole, nei quartieri, con gli ammalati, con i poveri”. E conclude: “Quando a voi superiore chiedono una cosa che è più di servitù che di servizio, siate coraggiose nel dire no … perché quando si vuole che una consacrata faccia un lavoro di servitù, si svaluta la vita e la dignità di quella donna. La sua vocazione è il servizio: servizio alla chiesa ovunque sia, ma non servitù!”
Parlare delle religiose, ma anche con le religiose
Quando nella terza domanda le superiore hanno fatto notare al Papa che la Chiesa continua a parlare delle religiose invece di parlare con le religiose, egli ha ulteriormente ribadito il suo pensiero circa l’importanza e la necessità che la Chiesa, in questo caso la gerarchia, consulti le religiose e che le ponga in condizione di partecipare all’elaborazione delle decisioni soprattutto quando queste le riguardano. In particolare si è dichiarato “totalmente d’accordo” alla richiesta che in occasione della plenaria della Congregazione degli istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica siano presenti anche le religiose: “Sì, sì! Io questo lo dirò al Prefetto … è chiaro, perché parlare di un assente non è neanche evangelico … io non immaginavo tanto distacco, davvero. E grazie per averlo detto così coraggiosamente e con quel sorriso”. Il Papa che sta impostando una riforma della Curia Romana, ha accolto volentieri questo suggerimento.
Concludendo le considerazioni su una migliore partecipazione delle donne e delle religiose nella vita della Chiesa, il Papa afferma che se le donne consacrate non fossero presenti, mancherebbe molto alla Chiesa, “mancherebbe Maria nel giorno della Pentecoste. Non c’è Chiesa senza Maria: la donna consacrata è un’icona della Chiesa, un’icona di Maria. Il prete non è icona della Chiesa, è icona dei discepoli inviati a predicare, ma non della Chiesa e di Maria. La consacrazione di una donna la fa icona proprio della Chiesa e icona della Madonna. E questo noi uomini non possiamo farlo”. Egli invita le religiose ad approfondire, partendo “da questa radice teologica” il vero significato del loro ruolo nella chiesa.
Altri
temi attuali
Dopo questi argomenti, il Papa ha affrontato alcuni ostacoli che le religiose incontrano all’interno della Chiesa. Gliene sono stati presentati tre: il diritto canonico che spesso impedisce la ricerca di nuove forme di vita consacrata; la difficoltà dei giovani a prendere impegni permanenti; il sospetto di forme d’ideologizzazione o di orizzontalismo che le religiose si sentono attribuire da certe autorità ecclesiastiche. Rispondendo, non ha detto un no secco a nuove forme di vita consacrata, ma ha raccomandato che esse vengano elaborate e valutate con un accurato discernimento per far emergere quello che lo Spirito vuol dire alla Chiesa. Ha anche riconosciuto che il discernimento non è un’operazione alla quale noi – preti inclusi – siamo stati formati. Circa il Codice di diritto canonico ha affermato che non “è un problema, è uno strumento”, perfettibile quindi, tanto che nel corso del secolo ventesimo è stato “totalmente cambiato, rifatto” due volte. Non sono le leggi che mancano o che fanno ostacolo, ma il mancato discernimento.
Per facilitare l’impegno permanente della consacrazione così difficile per i giovani d’oggi, il Papa non ha aperto a impegni provvisori o temporanei (“a tempo”), anche se oggi si vive nella cultura del provvisorio; ritiene invece che si debbano trovare tempi più lunghi e strumenti che aiutino a maturare meglio la decisione.
Circa il sospetto che certe religiose finiscano per essere attiviste sociali o legate a movimenti politici e non vivano abbastanza la dimensione mistica della loro vocazione, il Papa ribadisce che la dimensione mistica è un valore da assicurare e invita a non lasciarsi scoraggiare nella missione profetica e nel servizio ai poveri, e ricorda alle religiose che anche Gesù è stato accusato di essere … Beelzebul! Nulla di nuovo. In questi casi è bene parlarne con la propria comunità e con il proprio vescovo e sottoporre il caso al discernimento comunitario: è così che si trova una linea di condotta evangelica. Questa non può venire da chi scrive loro una lettera, standosene a chilometri di distanza senza conoscere la realtà locale e ascoltando solo i propri informatori.
Infine il Papa si è trattenuto su un tema pratico, quello dei soldi. Anche le religiose hanno bisogno di denaro per vivere e per lavorare, ma il Papa le mette in guardia dal pericolo che il denaro divenga strumento di corruzione. Per quanto non le riguardi direttamente, ribadisce ciò che ha già detto ai preti che cioè nella Chiesa i sacramenti non si possono far pagare, ma devono essere gratuiti. Mette anche in guardia le religiose contro la tentazione di accumulare i beni, tentazione abbastanza facile quando un Istituto si sente verso la fine, perché le persone “pensano: abbiamo almeno i soldi per la nostra vecchiaia”. E aggiunge che il denaro non è mai “una soluzione per i problemi spirituali”, mentre la mancanza di povertà porta alla vita comoda, alle fantasie...
Sul come trovare le risorse economiche per la vita delle religiose, dato che esse non hanno uno stipendio come i preti, il Papa le invita a “cercare la povertà secondo il carisma” ricordando che come la ricchezza può corrompere la vocazione così anche la miseria. È bene risparmiare e farlo con prudenza; saggio è anche investire i propri risparmi, “ma per favore non lasciatevi ingannare dagli amici della congregazione”. Il Papa ricorda di aver visto già tanti casi di suore che hanno perduto tutto perché si sono fidate di quell’amico così disinteressato che le voleva aiutare. Infine ha raccomandato alle superiore di riposare e di curare le suore anziane e malate che sono la memoria dell’Istituto e possono essere fonte di saggezza per l’Istituto.
La lunga conversazione del Papa con le superiore generali dell’UISG mostra che è molto attento alla vita delle religiose, che le vuole profetiche e inserite in quella Chiesa aperta e missionaria che egli ha così chiaramente delineato nella sua esortazione Evangelii gaudium e nella Lettera dell’anno della vita consacrata.
Gabriele Ferrari s.x.