Matté Marcello
Sodali nella catarsi
2016/6, p. 20
La Società di vita apostolica, nata come frutto maturo del Concilio, è attraversata da una profonda crisi di credibilità, in seguito all’accertamento degli abusi dei quali si è reso responsabile il suo fondatore, Luis Fernando Figari. Partito il programma di profonda riforma.
Sodalizio di vita cristiana
SODALI
NELLA CATARSI
La Società di vita apostolica, nata come frutto maturo del Concilio, è attraversata da una profonda crisi di credibilità, in seguito all’accertamento degli abusi dei quali si è reso responsabile il suo fondatore, Luis Fernando Figari. Partito il programma di profonda riforma.
Il “figlio” è migliore del “padre”, ma il “padre” ha “mangiato uva acerba” e i denti del “figlio” si sono allegati. O forse c’è una commistione di responsabilità. Ma vediamo.
Il fondatore
Luis Fernando Figari nasce a Lima l’8 luglio 1947. Studia Lettere e Diritto all’Università cattolica di Lima e, sempre a Lima, Giurisprudenza all’Università San Marco. Nel 1971 fonda il Sodalizio di vita cristiana (Sodalitium Christianæ Vitæ – SCV). L’arcivescovo di Lima, il card. Juan Landazuri – che aveva cresimato Luis Figari – sarà il “mentore” del Sodalizio a partire dall’anno successivo. Nel 1984 il fondatore è a Roma per la Giornata mondiale della gioventù e viene chiamato da Giovanni Paolo II a tenere una «catechesi sull’amore» in San Paolo fuori le mura. Nel 2002 viene nominato consultore del Pontificio consiglio per i laici e, nel 2005, papa Benedetto lo nomina uditore al Sinodo dei vescovi sull’eucaristia. Il 3 giugno 2006, vigilia di Pentecoste, Figari rivolge al papa il saluto finale in occasione dell’incontro dei movimenti ecclesiali e nuove comunità. Nell’ottobre 2008 interviene al Sinodo dei vescovi. Un personaggio eminente, dunque, scelto in più occasioni a rappresentare la partecipazione dei laici alla missione della Chiesa.
Il Sodalizio
Nel 1997 il Sodalizio riceve l’approvazione della Santa Sede come società di vita apostolica, di diritto pontificio, per laici e preti. Così il SCV descrive se stesso: «Il Sodalizio vuole rispondere alla vocazione alla santità che Dio rivolge a ogni essere umano. Riconoscendo la particolare chiamata di Dio a un’offerta totale di sé, percorre un cammino spirituale verso l’incontro e la configurazione al Signore Gesù per mezzo della devozione filiale a Maria. È un processo che implica una coscienza viva della verità circa la propria persona che porta a vivere in umiltà, lo spinge a vivere la carità e a partecipare attivamente all’annuncio del Vangelo nel mondo intero».
Gli obiettivi e le intenzioni sono dunque dei migliori e rispondono pienamente all’impulso del Vaticano II che restituiva protagonismo ai laici, singoli e associati. Anche per questo, il SCV guadagna in fretta un ampio consenso di adesioni, soprattutto in America Latina. Oltre che in Perù, in Colombia, Argentina, Brasile. Si moltiplicano le vocazioni laicali, maschili e femminili.
Grazie anche alla sua fedeltà granitica all’autorità e al magistero della Chiesa, il SCV gode di un appoggio crescente in ambito clericale e gerarchico. Aumenta progressivamente il numero di preti che vi aderiscono e può contare oggi su due vescovi: mons. José Antonio Eguren Anselmi, vescovo di Piura, e mons. Kay Schmalhausen Panizo, vescovo di Ayaviri, città del Perù. Il SCV gode dell’appoggio del card. Lopez Trujillo e soprattutto dell’arcivescovo di Lima, card. Juan Luis Cipriani Thorne, che ebbe come suo ausiliare proprio mons. Eguren Anselmi, prima che questi fosse nominato arcivescovo di Piura.
La deriva
dello scandalo
L’ascesa rampante di Luis Figari copre, per converso, lo sprofondamento del SCV nel moltiplicarsi di condotte affatto contrarie allo stile di vita evangelico richiesto dai suoi statuti. Ne dà un resoconto puntuale e doloroso Francesco Strazzari su SettimanaNews: Figari forma «un gruppo di ragazzi, si sceglie i più bravi (e i più belli) tra le famiglie italiane, tedesche, spagnole, ma non tra gli indios e meticci. Predica la sistematica separazione dal mondo, toglie dalle famiglie i giovani e li inserisce nella sua “famiglia”. Figari esercita un fascino non indifferente sia per il suo aspetto fisico, che cura in modo perfetto, sia soprattutto per l’aureola di semi-dio di cui viene circondato da un gruppo di entusiasti. Ai giovani dice di rinunciare alla propria libertà di coscienza per affidarsi totalmente alla sua direzione, che, più che spirituale, è psicologica.
Accadono fatti inquietanti, che subito vengono avvolti dal silenzio e dall’omertà. Il card. Cipriani chiude tutti e due gli occhi e lascia che la stampa del Sodalizio intervenga accusando pesantemente i detrattori. Un membro dell’alta direzione del Sodalizio, Daniel Beltran Murguia, viene trovato in un hotel della piazza San Martin mentre dava del denaro a una ragazzo di undici anni perché si lasciasse fotografare in posizioni indecenti. Il Sodalizio lo espelle. Si viene a sapere che Beltran mantiene contatti con una rete di pedopornografia internazionale.
I giornalisti Pedro Salinas e Luis Ennrique Escardò portano alla luce numerose denunce di casi, raccontando anche la loro esperienza traumatica all’interno del Sodalizio. Ombre pesanti gravano sul silenzio del Vaticano e sull’azione diplomatica del nunzio in Perù, mons. Rino Passigato, ora nunzio in Portogallo.
La goccia che fa traboccare il vaso è il caso di German Doig Klinge, il laico considerato da Luis Fernando Figari il “delfino”. È un uomo elegante, figura atletica, barba, dialettica accattivante, colto in letteratura e scienze giuridiche, formato secondo i canoni di Figari. Viene nominato vicario generale del Sodalizio. Muore improvvisamente nel 2001. Ha soltanto quarant’anni e godeva di ottima salute. Si fanno diverse ipotesi: infarto, suicidio, assassinio. È certo che sapeva moltissime cose sia della politica dell’allora presidente Fujimori sia dell’apparato ecclesiastico del card. Cipriani. Lo si fa passare per santo e ha inizio la corsa per portarlo sugli altari. Si pubblicano biografie, si stampano immaginette con la sua foto e la preghiera per ottenere grazie con l’approvazione ecclesiastica. Si erigono busti, si fanno collette per sostenere le spese della beatificazione.
Ma a dieci anni dalla morte, il 4 febbraio 2011, il Sodalizio con uno scarno comunicato annuncia che il processo viene interrotto perché si trova che Doig aveva condotto una doppia vita. Era noto il suo comportamento omosessuale.
Due fatti inquietanti: la simultanea uscita di Figari dalla cupola del Sodalizio e la paralisi del processo di beatificazione di Doig. È probabile che Figari fosse al corrente della doppia vita di Doig e per non essere chiamato in causa si sia dimesso. Esce di scena. L’Assemblea generale del Sodalizio nel gennaio 2011 emette un lungo comunicato di condanna nei confronti di German Doig. La personalità di Doig era segnata da megalomania e il suo comportamento autoritario, fanatico e intollerante. Figari, un semplice laico, riverito in Vaticano, considerato un “genio” di azione apostolica da membri della gerarchia ecclesiastica peruviana, il card. Cipriani in testa. Chi non lo stimava, come il vescovo teologo Strotmann, ne subiva le conseguenze.
Ora si sa – il superiore generale Moroni l’ha detto – che le denunce di abusi ammontano a 27, come avevano scritto Pedro Salinas e Paola Ugaz, ferocemente attaccati dal Sodalizio».
Il Rapporto
della Commissione etica
La Commissione etica per la giustizia e la riconciliazione, rispondendo alla richiesta avanzata nel mese di novembre 2015 dall’attuale superiore generale del SCV, Alejandro Moroni, rende pubblico il 16 aprile scorso il Rapporto finale sulla base delle testimonianze e denunce ricevute fino all’aprile di quest’anno.
«Nel giugno 2008 abbiamo ricevuto una testimonianza che dava conto di condotte sessuali di Germán Doig [già vicario generale, morto il 13/2/2001] in contraddizione con la sua condizione di cristiano e di laico consacrato del Sodalizio», spiega il comunicato emesso dal SCV all’inizio di febbraio 2011.
In seguito a queste acquisizioni, il SCV decide «di fermare gli atti preliminari che stavamo svolgendo per iniziare il processo di riconoscimento pubblico di colui che credevamo avesse una vita esemplare, e di ritirare il suo ritratto da vari luoghi. Non escludiamo la possibilità di prendere altre misure».
Testimonianze ulteriori permettono di ricostruire una prassi continuata di manipolazioni e abusi che risale ai primi anni di vita del SCV e coinvolge personalmente il fondatore, Luis Fernando Figari.
Nel lungo, complesso e puntuale testo del Rapporto finale la Commissione etica documenta il ruolo controverso dell’autorità, gestita secondo modalità arbitrarie, le «pratiche indebite nella gestione dell’organizzazione», i «danni causati» e conclude con una serie di «interventi raccomandati».
Anticipando la pubblicazione del rapporto della Commissione, martedì 5 aprile 2016, Alejandro Moroni, a nome del Consiglio superiore, dichiara Luis Fernando Figari «persona non gradita». Lo si riconosce colpevole di abusi sessuali e viene chiesto l’intervento della Santa Sede per il suo allontanamento dal Sodalizio.
Il superiore Moroni non ha adoperato mezzi termini. Ha usato più volte nel messaggio video la parola “perdono” ad ogni livello, che peraltro il vertice del Sodalizio aveva già chiesto nell’ottobre 2015. Moroni ha annunciato inoltre la restaurazione integrale del Sodalizio senza entrare nei dettagli.
L’azione
di riforma
Sulla pagina digitale del SCV (sodalicio.org) si moltiplicano gli interventi a testimonianza della volontà determinata di restituire il movimento alla sua finalità genuina, superando la crisi drammatica che ne ha compromesso la credibilità (e quella di eminenti figure della gerarchia ecclesiastica).
L’esito dei lavori della Commissione etica e le conseguenti richieste dell’attuale governo generale del SCV sono ora alle decisioni della Santa Sede, perché superano in parte le competenze interne.
La Santa Sede ha designato come delegato apostolico mons. Joseph William Tobin, arcivescovo di Indianapolis (USA), ex segretario della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, che accompagnerà il governo generale del SCV nell’affrontare i problemi evidenziati dalla visita apostolica di mons. Fortunato Pablo Urcey (alias “Mons. Lonchecito”) allo scopo di sostenere il processo di riforma.
Resta un problema “intrinseco”, perché la soluzione viene cercata “dall’alto”, per via gerarchica (l’intervento della Santa Sede), quando, dal punto di vista delle vittime, è proprio il sistema gerarchico ad aver manifestato le falle più dolorose. Il “centralismo” è parte del problema, non della soluzione.
È in parte comprensibile, visto l’oggetto del mandato, che l’incarico affidato a mons. Tobin faccia riferimento alle accuse contro Luis Figari, tralasciando il coinvolgimento di altre autorità nel SCV e nella Chiesa. Lascia tuttavia dubbi il silenzio nei confronti delle vittime e delle misure di riparazione da adottare.
Marcello Matté