L'anno della vita consacrata
2016/5, p. 19
È stato per noi un anno di ascolto e riflessione, sostenuto
dalla preghiera, e di attenzione alle iniziative e agli
incontri: l’incontro ecumenico dei religiosi durante la
Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani; l’incontro
dei formatori, quello del Papa con i giovani consacrati e
quello internazionale conclusivo.
Trappa di Vitorchiano
L’ANNO
DELLA VITA CONSACRATA
È stato per noi un anno di ascolto e riflessione, sostenuto dalla preghiera, e di attenzione alle iniziative e agli incontri: l’incontro ecumenico dei religiosi durante la Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani; l’incontro dei formatori, quello del Papa con i giovani consacrati e quello internazionale conclusivo.
Questa testimonianza riguarda la vita di una comunità monastica che ha le sue radici nella vita benedettina e nelle due riforme successive, quella cistercense dell’XI secolo e quella trappista del XVII secolo.
La nostra prima sede in Italia fu a San Vito (Torino) nel 1875, cui seguì il trasferimento a Grottaferrata (Roma) nel 1898 e quello a Vitorchiano (Viterbo) nel 1957.
Il monastero ha conosciuto nel tempo un’esperienza di vivacità e fecondità che continua a tutt’oggi: grazie alla benedizione di un continuo flusso di vocazioni abbiamo visto nascere sette fondazioni in America Latina, Asia, Est Europa, e abbiamo potuto dare un aiuto ad una comunità in Congo.
Siamo una comunità dell’Ordine Cistercense della Stretta Osservanza, che nella sua estensione planetaria affronta situazioni molto diverse: ridotto apporto vocazionale e invecchiamento in varie case nei paesi di antica tradizione monastica, una vivacità con un buon numero di vocazioni in Asia, e la sfida che accompagna il discernimento e la formazione nelle case africane.
L’anno della vita consacrata, attraverso la lettera apostolica “A tutti i consacrati” di papa Francesco, accompagnata dalle lettere circolari della CIVCSVA “Rallegratevi”, “Scrutate”, “Contemplate”, ha invitato a ricordare i motivi della gratitudine verso la nostra storia; ad alimentare una passione per il presente che siamo chiamati a vivere; a guardare verso il futuro, qualunque sia, con speranza.
Il lavoro di ascolto e riflessione è stato sostenuto dalla preghiera, che per una comunità claustrale, è l’impegno più forte e preciso in ogni avvenimento che tocca la vita della Chiesa.
Non è mancata un’attenzione alle iniziative e agli incontri dell’anno: l’incontro ecumenico dei religiosi durante la Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani; l’incontro dei formatori; l’incontro del Santo Padre con i giovani consacrati e l’incontro internazionale conclusivo.
Il legame tra vita consacrata ed ecumenismo lo abbiamo vissuto e meditato attraverso le ampie riflessioni del card. Kurt Koch e di p. José M. Hernández Martínez che ci hanno offerto un’interessante chiave di lettura per comprendere l’offerta per l’Unità della Beata M. Gabriella. Abbiamo l’onore di essere sue sorelle e di custodirne le spoglie nel “Cenacolo dell’Unità” che fa parte del nostro Monastero.
La comunità di Vitorchiano, aperta fino dagli anni ‘30 a quell’ecumenismo spirituale che sta al cuore di ogni esperienza di dialogo, quest’anno ne ha approfondito il significato con particolare attenzione.
Alcune nostre
esperienze
Mi sembra valga la pena segnalare alcune esperienze che il nostro Ordine vive e che testimoniano interesse e coinvolgimento con il mondo e il momento storico a cui apparteniamo.
L’inserimento di alcuni nostri monasteri in paesi islamici ha messo il nostro Ordine in un contatto vivo e sofferto con il conflitto religioso che segna la nostra epoca. L’anniversario dei 20 anni della morte dei fratelli di Tibhirine offre un’occasione importante per riconoscere l’apporto di pace e speranza che la vocazione monastica porta lì dove il dialogo sembrava incapace di portare frutto.
Anche altri monasteri vivono l’esperienza dell’inserimento in paesi a maggioranza islamica. Si tratta di un monastero maschile in Marocco a Midelt, e di tre monasteri femminili: uno nell’isola di Giava in Indonesia (Gedono), uno nell’isola di Mindanao nelle Filippine (Matutum), uno in Siria, nei pressi di Homs al confine con il Libano (Azeir).
Abbiamo anche un piccolo monastero femminile a Macau, luogo di passaggio per i contatti con la Cina continentale.
Sono tutti segni che guardati nella luce propria di un anno dedicato alla vita consacrata ci fanno cogliere l’importanza che una vocazione claustrale può avere lì dove la missione prende più esplicitamente il volto dell’offerta e della preghiera.
Riconosciamo che in questi 50 anni che ci separano dalla Perfectae Caritatis , abbiamo avuto modo di vivere un rinnovamento non solo a livello formale, sia nella liturgia sia nella vita comunitaria, ma attraverso un’esperienza di dialogo abbiamo cercato di entrare in quella “teologia di comunione” che è la fonte di ogni più autentico rinnovamento, dal quale scaturiscono sempre nuove energie per affrontare le situazioni che di volta in volta la vita presenta.
Le esperienze di missionarietà e di rinnovamento delle comunità ci hanno insegnato a dare fiducia alla parola che lo Spirito manda alla Chiesa. L’evento del Concilio e quello che ha rappresentato per la nostra comunità ci portano a ringraziare per il presente come per il carisma che il nostro passato ci ha consegnato.
La prova
delle fragilità
Come in tutte le forme di vita consacrata, alcune comunità del nostro Ordine sperimentano la fragilità e l’invecchiamento, il venir meno di vocazioni e di un interesse alla nostra forma di vita, l’uscita dal monastero di persone su cui si pensava di far affidamento per il futuro. Di fronte alla debolezza, alle difficoltà, alle situazioni dolorose e critiche, sappiamo quanto la tensione positiva che abita la nostra storia abbia bisogno di essere continuamente alimentata per non cadere nella stanchezza, nella tiepidezza del non rischiare, nel rifiuto di prendere decisioni difficili, dolorose, che chiedono l’accettazione di veder morire una casa, di lasciare un ambito in cui si è vissuti per anni, di fare cambiamenti utili perché la vita possa proseguire, adattarsi ai tempi e alle nuove condizioni della vita, dell’età.
Durante una “Riunione regionale” di monasteri del nostro Ordine è stato detto che c’è una crisi di fondo che soggiace a tutte le altre, a tutte le altre manifestazioni di crisi della vita monastica e consacrata in genere, e in fondo a tutte le crisi di vita ecclesiale: la crisi del senso della comunione. Una realtà messa in luce proprio dall’ecclesiologia del Vaticano II, è come se non fosse diventata veramente esperienza centrale e integrale di molte comunità religiose e monastiche. C’è come una distrazione dalla comunione in quanto esperienza di vita in Cristo.
Occasioni
per riprendere la strada
È questo l’aspetto di lavoro cui l’Anno della vita consacrata ci ha più fortemente richiamate, offrendo molte occasioni per riprendere la strada della conversione e cioè della comunione con Cristo e con i fratelli che è la vera forza di ogni carisma.
È questo il punto da cui ripartire, per sconfiggere nella nostra vita personale, in quella delle comunità e nei rapporti all’interno del composito mondo della vita consacrata quella solitudine avvilita che diventa incapace di iniziativa, di ripresa, e anche solo di accettazione della giornata con le sue prove e fatiche, con i suoi inviti a riprendere il cammino.
Per perseverare, per portare frutto, per uscire dalla malinconica paura del futuro quello che il Signore chiede è un nuovo inizio, un riabbracciare l’originale novità del Vangelo. Nuovo inizio nell’ascolto, nella fedeltà alla liturgia e agli usi propri e alla storia di ogni casa. Un nuovo inizio nei rapporti di obbedienza e di fraternità, sia all’interno delle nostre comunità sia nell’ambito delle relazioni tra famiglie religiose diverse.
Un segno piccolo ma importante per la vita delle comunità monastiche della diocesi di Viterbo, frutto di questo anno della vita consacrata, lo abbiamo visto nella iniziativa favorita dal nostro vescovo, di momenti di incontro delle varie comunità monastiche della diocesi.
I rapporti di fraterna cordialità che per anni abbiamo avuto senza approfondire realmente un’amicizia, una comunione, hanno avuto una felice e positiva svolta. È questa un’esperienza che ha confermato tutte del fatto che non c’ è nulla al mondo di più composito e variegato e allo stesso tempo più fortemente unitario nel suo nucleo sorgivo della vita claustrale.
L’iniziativa ha preso il nome di “Bella idea”: con incontri regolari presso i vari monasteri della diocesi. Il punto di partenza è stato un desiderio di incontrarsi, conoscersi, condividere la propria esperienza, stringere nuovi legami. L’occasione di confrontarsi sul questionario inviato nel 2014 dal CIVSVA in vista dell’aggiornamento della costituzione apostolica Sponsa Christi (1950), e poi sull’apertura chiesta dal santo padre Francesco anche ai monasteri e case religiose di fronte all’immigrazione dalla Libia e dalla Siria, ha aperto un confronto di amicizia e collaborazione che ha messo in luce meglio che in precedenza la ricchezza propria di ogni comunità.
sr Gabriella Masturzo OCSO