Pakistan: un paese “impossibile” per i cristiani e le minoranze religiose
2016/5, p. 14
Il Pakistan è un paese dove non c’è spazio per le minoranze
religiose e dove è “impossibile” vivere, soprattutto
per i cristiani (meno del 2% della popolazione),
ma anche per le altre minoranze, tra cui i musulmani
sciiti (20%), gli induisti (1,8% e gli Ahmadi, che non
sono considerati musulmani. Ma la violenza prende di
mira soprattutto i cristiani verso i quali le cronache registrano
tutta una interminabile catena di attacchi terroristici.
Pakistan: un paese “impossibile” per i cristiani e le minoranze religiose
Il Pakistan è un paese dove non c’è spazio per le minoranze religiose e dove è “impossibile” vivere, soprattutto per i cristiani (meno del 2% della popolazione), ma anche per le altre minoranze, tra cui i musulmani sciiti (20%), gli induisti (1,8% e gli Ahmadi, che non sono considerati musulmani. Ma la violenza prende di mira soprattutto i cristiani verso i quali le cronache registrano tutta una interminabile catena di attacchi terroristici. L’ultimo, il più clamoroso e sanguinoso, è stato quello avvenuto in un parco di Lahore (Punjab), il 27 marzo scorso, giorno di Pasqua, che ha provocato, secondo il bilancio ufficiale, 78 vittime, tra cui 54 musulmani e 24 cristiani, e oltre 300 feriti.
Questo stato di cose, scrive l’agenzia asiatica Ucanews, in un servizio del 29 marzo, due giorni dopo la strage, è dovuto in gran parte alle leggi discriminatorie esistenti nel paese, al patrocinio accordato dallo stato ai gruppi militanti, all’intolleranza profondamente radicata e alla cronica ignoranza: fenomeni, che «fanno del Pakistan un inferno per la minoranza sciita musulmana, per i cristiani, gli induisti e gli Amhadi».
Negli anni recenti, scrive la stessa agenzia, i cristiani sono stati oggetto di continui attacchi terroristici che hanno provocato centinaia di morti. E ricorda alcuni fra i tanti episodi: lo scorso mese di marzo, a Lahore, lo scoppio di due bombe nelle chiese ha ucciso 14 persone; nel 2013, un attacco suicida in una chiesa a Peshawar ha provocato 80 vittime; nel 2009 circa 40 case e una chiesa furono date alle fiamme da una folla tumultuante a Gojra, una città del Punjab, bruciando vive otto persone; nel 2005 centinaia di cristiani di Faisalabad furono costretti a fuggire mentre le loro case, chiese e scuole venivano incendiate, accusati di aver bruciato delle pagine del Corano; l’ultimo episodio è quello a cui abbiamo accennato, dello scorso giorno di Pasqua.
A provocare tutta questa violenza è soprattutto la cosiddetta legge della “blasfemia” in base alla quale chiunque “offende” il Corano deve essere condannato a morte. Questa legge, spesso basata su false accuse, è spesso usata dai musulmani per regolare i propri affari e serve a scatenare continui atti di violenza. Tra l’altro chi accusa non è obbligato a portarne le prove.
Raccapricciante, scrive l’agenzia Ucanews, è stato il linciaggio dei due coniugi cristiani, Shehzad Masih, (26 anni) e di sua moglie, Shama Masih (24 anni) avvenuto il 4 novembre 2014 a Kot Radha Kishan, nella provincia del Punjab. Dopo essere stati percossi a morte, furono gettati ancor vivi in una fornace da una folla inferocita, aizzata da agitatori con degli altoparlanti, che li accusavano assurdamente di avere profanato una copia del Corano. Tutti inoltre ricorderanno anche la vicenda di Asia Bibi: nel novembre 2010 fu condannata a morte per impiccagione perché accusata falsamente di “blasfemia”. La sentenza, dopo oltre cinque anni di detenzione, non è ancora stata applicata e si attende ora la sentenza della Corte suprema. Recentemente ci sono state delle manifestazioni che chiedono a gran voce che la sentenza venga eseguita.
Un altro caso impressionante è stato l’assassinio del ministro per le minoranze Shahbaz Bhatti, avvenuto nel marzo del 2011, perpetrato da un musulmano che lo accusava di parlare contro le leggi della “blasfemia”.
Ma oltre alla blasfemia, sotto accusa è anche il sistema educativo. Gli educatori cristiani più volte hanno denunciato il fatto che i libri di testo usati nelle scuole sono scritti con “una mentalità piena di pregiudizi”, dove non c’è spazio per gli insegnamenti delle altre religioni. Sono libri che esaltano unicamente le personalità musulmane, mentre i seguaci delle altre religioni sono descritti come infedeli e in maniera negativa, soprattutto i cristiani.
Una dura denuncia di questa situazione è stata fatta durante la Conferenza tenuta a Karachi, il 30 marzo scorso, durante la quale gli esponenti della Chiesa cattolica hanno affermato che nei testi scolastici esiste un materiale pieno di odio. «Inculcare l’odio in bambini innocenti, ha dichiarato p. Saleh Diego, direttore della Commissione “Giustizia e pace” dell’arcidiocesi di Karachi, ci porterà a un grande disastro in futuro».
E Kashif Aslam, coordinatore della commissione, ha affermato che in una ricerca effettuata su 70 testi scolastici, usati nel 70% delle scuole pakistane, sono stati trovati numerosi incentivi all’odio contro le altre religioni e nazionalità.
L’Agenzia Fides, in un servizio del primo marzo scorso, scrive: «Oggi molti giovani in Pakistan subiscono un lavaggio del cervello e poi uccidono o diventano kamikaze in nome di Dio. Questi attacchi odiosi andranno avanti finché in Pakistan non si lavorerà tutti insieme per un cambiamento di mentalità e di cultura: genitori, insegnanti, leader religiosi di tutte le fedi, leader sociali e politici, tutti coloro che hanno influenza sull’opinione pubblica».
La stessa agenzia in un servizio da Islamabad, del 2 aprile 2016, sottolinea che ormai il governo pakistano è sempre più succube degli estremisti. E cita il fatto del sit-in di protesta organizzato nella capitale, dal 27 al 30 marzo, dai gruppi estremisti islamici nella cosiddetta “zona rossa”, area di massima sicurezza in cui si trovano il Parlamento e gli edifici governativi, e terminato solo quando il governo ha accolto sette delle loro dieci richieste in cui, tra le altre cose, chiedevano il rilascio delle persone arrestate durante il sit-in; l’impegno a non modificare l'articolo 295 A, B e C delle leggi sulla blasfemia e a non mostrare alcuna clemenza verso i condannati per blasfemia.
Da parte sua, la “Christian Solidarity Worldwide” – un’organizzazione cristiana impegnata per la libertà religiosa, la difesa dei diritti umani e la promozione della giustizia – in una nota inviata all’Agenzia Fides – si dichiara scioccata dalla volontà del governo di piegarsi alle pressioni dei manifestanti, perché in questo modo si legittima l'influenza che essi possono esercitare. Queste concessioni evidenziano l'incapacità del governo di resistere alle pressioni degli estremisti e sollevano dubbi sul suo impegno a garantire i diritti di tutti i cittadini pakistani e a fermare l’abuso della legge di blasfemia».