Famiglia e gioia dell'amore
2016/5, p. 1
Con realismo e coraggio papa Francesco raccoglie nel
testo dell’esortazione apostolica il cammino delle Chiese
e dei sinodi sulla famiglia. Nessuna norma nuova, ma
un dinamismo che apre percorsi sia agli sposi sia ai pastori
e ai vescovi. Il ruolo dei religiosi.
Esortazione apostolica post-sinodale
FAMIGLIA
e GIOIA DELL’AMORE
Con realismo e coraggio papa Francesco raccoglie nel testo dell’esortazione apostolica il cammino delle Chiese e dei sinodi sulla famiglia. Nessuna norma nuova, ma un dinamismo che apre percorsi sia agli sposi sia ai pastori e ai vescovi. Il ruolo dei religiosi.
Se vi è un centro riconoscibile nelle 240 pagine, 325 numeri e 9 capitoli dell’esortazione apostolica post-sinodale, Amoris laetitia (la gioia dell’amore), pubblicata l’8 aprile, è nel canto dell’amore. E di quell’amore unitivo, fedele, indissolubile e fecondo che costituisce il cuore del Vangelo della famiglia. Un nucleo incandescente che dice la sua potenza rivelativa (in ordine all’immagine del Dio di Gesù), la dimensione costitutiva (in ordine all’identità di genere e di generazione), e l’apertura sociale (in ordine al ruolo fondamentale della famiglia e della sua istituzione nell’ambito della vita civile).
Dietro, dentro
e davanti
L’intento non è né quello teologico (il trattato), né quello canonico (le regole), ma quello pastorale. In esso riemerge quanto papa Francesco ha chiesto a tutti i pastori: di essere dietro, dentro e davanti al gregge. Dietro, perché, sul tema della famiglia, non vi è nessun segnale di rottura con la sensibilità pastorale e teologica più tradizionale. Il recupero attento dell’intero patrimonio magisteriale, compresa l’Humanae vitae, e delle voci più prudenti risuonate dentro la duplice assemblea sinodale (2014-2015), non lascia spazio ad alcuna idea di rottamazione del deposito acquisito. Dentro, perché nella lunga narrazione, scorrono le molte preoccupazioni e le molte attese del popolo di Dio e dei suoi pastori in ordine al vissuto familiare di oggi. Con molte ombre, ma anche con le numerose luci. Davanti, perché la centralità della misericordia sia per l’immagine di Dio sia per la pratica comunitaria, scatena un dinamismo che colloca le norme su un doppio possibile sviluppo. In senso geografico perché si affida alle Chiese la responsabilità di dare risposte adeguate ai problemi particolari del proprio ambiente. In senso pastorale, perché le dimensioni del discernimento, dell’integrazione e dell’accompagnamento suggeriscono la giusta interpretazione della normativa morale.
Una presentazione alle religiose e ai religiosi dell’esortazione deve partire dai cinque numeri dedicati a «matrimonio e verginità» (cap. 4, nn. 158-162). Una riflessione più ampia di quella contenuta nelle relazioni finali dei due sinodi sulla famiglia. Essa affronta, in negativo, la lunga tradizione che affermava la superiorità della vita consacrata sul matrimonio e la sua qualifica di stato di perfezione, e, in positivo, il suo significato escatologico, speculare e necessario per la vita familiare. «I testi biblici “non forniscono motivo per sostenere né l’inferiorità del matrimonio, né la superiorità della verginità o del celibato” a motivo dell’astinenza sessuale. Più che parlare della superiorità della verginità sotto ogni profilo, sembra appropriato mostrare che i diversi stati di vita sono complementari, in modo tale che uno può essere più perfetto per qualche aspetto e l’altro può esserlo da un altro punto di vista» (159). «Se, stando a una certa tradizione teologica, si parla dello stato di perfezione (status perfectionis), lo si fa non a motivo della continenza stessa, ma riguardo all’insieme della vita fondata sui consigli evangelici» (n. 160). «La verginità ha il valore simbolico dell’amore che non ha la necessità di possedere l’altro, e riflette in tal modo la libertà del Regno dei cieli. È un invito agli sposi perché vivano il loro amore coniugale nella prospettiva dell’amore definitivo a Cristo» (n. 161) L’amore coniugale «è un peculiare riflesso della Trinità» e un «segno cristologico perché manifesta la vicinanza di Dio » e si integra con la «verginità (che) è un segno escatologico di Cristo risorto». «La verginità e il matrimonio sono, e devono essere, modalità diverse di amare, perché l’uomo non può vivere senza amore» (n. 161). Le indicazioni si chiudono con un ammonimento a un modo di vivere il celibato che «corre il rischio di essere una comoda solitudine» e invitano religiosi e religiose a riconoscere la generosità concreta e oblativa di molte coppie come richiesta a loro per vivere con maggiore generosità e disponibilità la dedizione per il Regno.
I due livelli
e il magistero
Il testo sembra scorrere su due livelli. Il primo raccoglie l’enorme materiale prodotto prima, durante e dopo i due sinodi di riferimento con una composizione molto attenta di posizioni e di citazioni magisteriali. Il secondo, bene espresso nei capitoli centrali, è più fluido, con minori rimandi alle note, più vicino al modo di esprimersi del papa. Anche se non soffre né di coerenza, né di linguaggi differenti. La recezione dell’Amoris laetitia è più vicina all’assimilazione per singoli punti che al giudizio sulla sua struttura complessiva. Ciononostante emerge dall’insieme il suo tratto più originale: quello di raccontare di nuovo, sul passo dell’intera Chiesa, la bellezza del vangelo della famiglia, la sua immutata suggestione anche nel contesto difficile del post-moderno e della globalizzazione.
I titoli dei nove capitoli sono: Alla luce della Parola; La realtà e le sfide delle famiglie; Lo sguardo rivolto a Gesù: la vocazione della famiglia; L’amore nel matrimonio; L’amore che diventa fecondo; Alcune prospettive pastorali; Rafforzare l’educazione; Accompagnare, discernere e integrare le fragilità; Spiritualità coniugale e familiare.
I primi tre capitoli sottolineano alcuni riferimenti biblici alla famiglia, le sfide contemporanee e il magistero relativo. Le molte vicende familiari raccolte nella Scrittura costituiscono, nella loro varietà, una immagine del Dio creatore e salvatore, un’apertura per comprendere il mistero di Dio. «Il Dio Trinità è comunione di amore e la famiglia è il suo riflesso vivente» (n. 11). Nell’incontro uomo-donna si scopre il «tu» e si supera la solitudine aprendosi alla fecondità, tenendo sempre presente il peso del dolore, del male e della violenza, l’imperativo del lavoro e la grazia del perdono e della tenerezza.
Le sfide e la realtà delle famiglie oggi sono raccolte in alcuni numeri, più come attento elenco che come volontà di sviluppo. I tratti positivi come la libertà, la condivisione, il riscatto femminile e l’affettività si contrappongono a elementi negativi come l’individualismo, il narcisismo e la cultura del provvisorio. La grave crisi demografica di alcune aree occidentali si aggiunge alla precarietà e contraddittorietà dell’organizzazione sociale in molte altre con riflessi di grande rilevanza sui bambini, sui disabili e sugli anziani. Ai rilevanti processi migratori si aggiungono i cambiamenti che interessano la maternità e la paternità. Con due annotazioni che vale la pena riprendere. La prima è relativa all’autocritica ecclesiale. «Spesso abbiamo presentato il matrimonio in modo tale che il suo fine unitivo, l’invito a crescere nell’amore e l’ideale di aiuto reciproco sono rimasti in ombra per un accento quasi esclusivo posto sul dovere della procreazione» (n. 36). Un ideale astratto che privilegia le questioni dottrinali, «senza motivare l’apertura alla grazia» (n. 37), con un atteggiamento difensivo in cui «sprechiamo le energie pastorali moltiplicando gli attacchi al mondo decadente» (n. 36). La seconda è relativa all’ideologia del gender che «prospetta una società senza differenza di sesso e svuota la base antropologica della famiglia». Essa cerca di imporsi «come un pensiero unico» (n. 56).
Scrittura lirica
e realismo quotidiano
La visione ecclesiale sulla famiglia e il matrimonio riaccende l’attenzione sui valori dell’amore unitivo, la fecondità, la fedeltà e l’indissolubilità come percorso «verso una piena amicizia con il Signore» (n. 77). Fra i riferimenti magisteriali si ricordano la Gaudium et spes (Vaticano II), l’Humanae vitae (il cui messaggio «va riscoperto» n.82), l’Evangelii nuntiandi (Paolo VI), la Gratissimam sane e la Familiaris consortio (Giovanni Paolo II) e la Deus caritas est (Benedetto XVI). Il valore naturale dell’unione fra sposi trova nel sacramento la sua piena dimensione simbolica e di grazia.
I due capitoli centrali sull’amore (L’amore nel matrimonio, L’amore che diventa fecondo) portano il segno della passione pastorale di papa Francesco e dell’imperativo sinodale di dire in positivo la bellezza e la suggestione dell’interpretazione cristiana dell’amore fecondo. Il lungo commento al passo paolino (1Cor 13,4-7) raccoglie sia l’altezza dell’ideale e della grazia come anche il senso realistico del limite e delle possibilità. Anche solo l’elenco dei sottotitoli consente di entrare nella dimensione simbolica dell’amore: pazienza, benevolenza, non invidia, non vanto, amabilità, distacco, non violenza, perdono, letizia, scusa, fiducia, speranza e sopportazione. La carità coniugale «è l’amore che unisce gli sposi, santificato, arricchito e illuminato dalla grazia del sacramento del matrimonio» (n. 120).
Due cenni possono essere utili. Anzitutto la dimensione dinamica e di crescita dell’amore. «L’amore matrimoniale non si custodisce prima di tutto parlando dell’indissolubilità come di un obbligo, o ripetendo una dottrina, ma fortificandolo grazie a una crescita costante sotto l’impulso della grazia… Il dono dell’amore divino che si effonde sugli sposi è al tempo stesso un appello ad un costante sviluppo di questo regalo» (n. 134). In secondo luogo, la dimensione erotica: «La sessualità non è una risorsa per gratificare o intrattenere, dal momento che è un linguaggio interpersonale dove l’altro è preso sul serio, con il suo sacro e inviolabile valore» (n. 151). «In nessun modo possiamo intendere la dimensione erotica dell’amore come un male permesso o come un peso da sopportare per il bene della famiglia, bensì come dono di Dio che abbellisce l’incontro tra gli sposi» (n. 152). Agli elementi positivi e ideali è avvicinato, quasi ad ogni passo, il senso del realismo e della dimensione quotidiana.
Integrabili
più che irregolari
Gli ultimi quattro capitoli raccolgono le indicazioni sulle prospettive pastorali, sull’educazione, sulle famiglie ferite e sulla spiritualità coniugale. I suggerimenti pastorali accompagnano alcuni momenti importanti della vita di coppia e di famiglia: il fidanzamento, la preparazione della celebrazione del matrimonio, i primi anni di coppia, la sfida delle possibili crisi. In ciascuno dei passaggi emerge uno sguardo di profonda comprensione, di accompagnamento non reticente, di valorizzazione delle opportunità. Come quelle relative alle crisi. «Bisogna aiutare a scoprire che una crisi superata non porta ad una relazione meno intensa, ma a migliorare, a sedimentare e a maturare il vino dell’unione. Non si vive insieme per essere sempre meno felici, ma per imparare ad essere felici in modo nuovo, a partire dalle possibilità aperte da una nuova tappa» (n. 232). I genitori e gli educatori troveranno nel capitolo dedicato all’educazione non solo un conforto, ma anche una sapienza pratica non facilmente recuperabile altrove: dalla saggia combinazione fra cura e non ossessione alla formazione etica e del carattere, dal sapiente sviluppo dell’autonomia e della libertà al realismo delle attese e alla sanzione necessaria, dalla capacità di fare attendere all’attenzione all’ambiente, ai nuovi mezzi informativi, dalla difesa del pudore alla trasmissione della fede.
Il capitolo più citato dai media, a cui talora e impropriamente si è ricondotto l’intero testo, è quello che riguarda le famiglie ferite (separati, divorziati, unioni civili, famiglie con omosessuali). Gli atteggiamenti di fondo mi sembrano così riassumibili: non è saggio ricorrere a nuove norme generali assertive; valorizzare il bene presente in ogni condizione; non sottrarsi alla responsabilità del discernimento (dal foro interno per i preti alla responsabilità di indirizzo per i vescovi); integrare è sempre meglio che escludere; la misericordia contiene e valorizza la radicalità evangelica; le norme e la dottrina sono necessarie, ma non esauriscono la vita e il Vangelo. Ogni situazione deve essere pastoralmente accompagnata e sottoposta ad accurato discernimento perché è portatrice di un qualche valore. Questo vale per le unioni civili rispetto al matrimonio, vale per il rispetto dovuto agli omosessuali, vale per i separati (che hanno pieno accesso ai sacramenti), e per i divorziati risposati, che sono chiamati comunque alla partecipazione ecclesiale (e anche ai sacramenti, dopo un accurato discernimento; cf. nn. 299-306, con le relative note). Senza nulla togliere alle norme generali, che qui vengono riproposte senza incertezze, l’indirizzo generale è di privilegiare la misericordia, l’integrazione e l’accompagnamento. Vi possono essere fattori che «anche entro una situazione oggettiva di peccato… si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa» (n. 305). Coerenti al valore cristiano della famiglia e alla centralità della misericordia le belle pagine finali sulla spiritualità coniugale e familiare.
Prima il Vangelo
poi le norme
La recezione del testo, come è già avvenuto per l’Evangelii gaudium, chiederà molto tempo. Al momento non mancano le reazioni critiche dei tradizionalisti che vi riconoscono un cedimento al soggettivismo moderno, ma, nell’insieme dei commenti, vi è il riconoscimento positivo della priorità del Vangelo sulle norme, del ruolo importante e non facile per gli episcopati e i pastori, della sostituzione con le categorie dell’accoglienza e della misericordia a quelle fra «regolari» e «irregolari». Un profumo di Vangelo che consola e che motiva.
Lorenzo Prezzi