Dall'Osto Antonio
Brevi dal mondo
2016/4, p. 36
India* Sr. Lucy, la nuova Madre Teresa Malaysia* Proselitismo musulmano nelle scuole missionarie Londra* Una realtà ormai mondiale Il fenomeno della tratta delle donne e del traffico dei bambini Vaticano* La Chiesa nel mondo
INDIA
Sr. Lucy, la nuova Madre Teresa
Lo scorso 8 marzo il presidente indiano Pranab Mukherjee ha conferito il premio Nari Shakti (Women empowerment) a sr. Lucy Kurien, fondatrice e direttrice del Maher, una comunità interreligiosa per le donne indigenti e abusate e i bambini di strada. In India, sr. Lucy è considerata come la nuova Madre Teresa. In effetti, la sua esperienza presenta molte somiglianze con la sua. Originaria del Kerala, fa parte dell’istituto delle Suore della Croce di Chavanod, una congregazione sorta in Francia, nella Savoia, nel secolo XIX, e diffusa in varie parti del mondo. La storia di sr. Lucy è iniziata nel 1991 quando un giorno venne a bussare alla porta del convento una donna, sposata e incinta al settimo mese, in preda a una forte agitazione, in cerca di un luogo dove rifugiarsi. Sr. Lucy le rispose che non poteva accoglierla in convento, perché la superiora era via e le disse di tornare il giorno seguente che avrebbe fatto il possibile per aiutarla. Poi durante la notte sentì delle grida e corse fuori. Vide quella povera donna avvolta dalle fiamme che implorava “salvatemi, salvatemi”. Il marito le aveva versato addosso del kerosene e le aveva dato fuoco. Fu portata all’ospedale ma aveva delle ustioni al 90% in tutto il corpo. Morì lei e anche il feto che portava in grembo. Sr. Lucy rimase sconvolta e come fuori di sé. Poi consigliata da un sacerdote, ritrovò il suo equilibrio e decise di aprire una casa per accogliere le donne indigenti, abusate e traumatizzate, una struttura dove fossero curate e amate, indipendentemente dalla loro religione o casta. Chiese il permesso alla sua provinciale di uscire dalla comunità per dedicarsi a questo progetto. «Non fu facile», disse. La sua congregazione le fece firmare un memorandum in cui dichiarava che avrebbe continuato ad appartenere all’Istituto, ma che questo non si assumeva nessuna responsabilità per la sua iniziativa». Inoltre, che non avrebbe più dovuto indossare l’abito della congregazione.
«Io, disse, volevo vivere come avrebbe vissuto Gesù ». Il 2 febbraio 1997, con l’aiuto di alcuni laici, e in particolare di un musicista austriaco, poté avviare la comunità Maher (casa della madre), nel distretto di Pune, nello stato del Maharashtra. «Fin da quando ero giovane, disse, mi sentivo molto emozionata dall’opera di Madre Teresa e volevo fare qualcosa di simile alla sua». Da allora sono state accolte più di 2.000 donne e altrettanti bambini di strada. «Alle donne, ha dichiarato sr. Lucy, viene offerto un trattamento medico e una consulenza psicologica. Una volta che si sono riprese, lavoriamo su ciascuna di esse secondo i loro bisogni e le circostanze». Ai bambini invece viene offerta la possibilità di andare a scuola, di istruirsi e imparare un mestiere. Tutte queste persone sono seguite da uno staff altamente specializzato, costituito in gran parte di donne, mentre il personale direttivo è costituito da persone di religione indù, cristiana, buddista e musulmana, cioè da individui che credono nel divino. La Maher oggi è presente negli stati indiani del Jharkhand, Kerala e Maharashtra e gestisce 38 case di breve o di lunga permanenza: attualmente ospita 830 bambini di strada e 320 donne indigenti. Ma il desiderio di sr. Lucy è di diffondere anche altrove questo suo progetto. Purtroppo ha affermato, citando le parole del Vangelo «la messe è molta ma gli operai sono pochi; la nostra difficoltà a espanderci, non è dovuta tanto al denaro, ma alla mancanza di persone che si sentano coinvolte. La mia preghiera perciò per il futuro è che il fuoco dell’amore abbia ad accendere i cuori di altre persone e ispirarle a unirsi a questa opera vitale».
MALAYSIA
Proselitismo musulmano nelle scuole missionarie
In Malaysia, dove i musulmani rappresentano il 60% della popolazione, seguiti da un 19% di buddisti, un 9% di cristiani e un 6% di induisti, è in atto una strisciante opera di proselitismo musulmano nelle scuole cristiane, cominciando da quelle materne, per cercare di convertire all’islam gli studenti. A denunciare il fatto è sr. Rita Chew della commissione per l’educazione della diocesi di Kota Kinabalu, situata nella zona orientale dell’isola di Borneo. In Malaysia ci sono 448 scuole cristiane missionarie: 228 si trovano in questi due stati della Federazione, Sarawak (130) e Sabah (98). Sono scuole che la gente ritiene di “eccellenza” rispetto a quelle governative, perché offrono una educazione aperta, equilibrata e ricca di conoscenze, indipendentemente dalla religione o dal gruppo etnico degli alunni. Ed è quanto i genitori desiderano per i lori figli. Nel paese ci sono tre tipi di scuole: quelle governative, quelle sussidiate dal governo e quelle private. La maggior parte delle scuole missionarie godono dei sussidi del governo. Le chiese mantengono la proprietà e curano l’amministrazione. Se hanno dei candidati qualificati per la carica di preside, li propongono al governo, ma questo privilegio, afferma sr. Chew, sta poco alla volta venendo meno. I genitori, compresi i musulmani o di altra religione, quando scelgono la scuola per i loro figli, si rivolgono in maggioranza alle scuole missionarie, con grande disappunto del governo. Ed è questa la ragione per cui si sta intensificando il proselitismo tra gli studenti. Come ha dichiarato sr. Chew all’agenzia Uca News, le scuole governative hanno un orientamento pro-malesiano e musulmano, e sono dominate da una sola comunità. Molti genitori cristiani sono preoccupati di questo proselitismo. Alcuni lamentano che i loro figli sono obbligati a imparare le preghiere musulmane, oppure a prendere i pasti secondo la tradizione musulmana. «Ci sono delle persone – ha affermato sr. Chew – che sembrano molto interessate a promuovere programmi islamici nelle nostre scuole elementari». Questa azione rientra in un progetto più ampio che mira soprattutto a islamizzare i due stati di Sarawak e di Sabah, dove i cristiani rappresentano una buona percentuale della popolazione e dove appunto si trova la maggior parte delle scuole cattoliche.
LONDRA
Una realtà ormai mondiale
Il fenomeno della tratta delle donne e del traffico dei bambini ha assunto una dimensione mondiale Si ritiene che oggi circa 73 milioni di persone siano vittime di questo aberrante fenomeno, che colpisce l’1% della popolazione mondiale, di cui il 70% donne, la metà delle quali sedicenni o con un’età inferiore. Per cercare di contrastarlo, nel 2004 è stata creato un organismo che ha assunto il nome di Talita Kum – le parole di Gesù quando richiamò in vita la fanciulla morta di cui ci parlano i Vangeli – una rete in cui operano circa 1.100 suore cattoliche di ogni parte del mondo, e presente in 80 paesi. Ma la domanda di combattere questo fenomeno è in continua crescite e presto la rete si estenderà a 140 paesi del mondo. Il presidente di questo organismo è John Studzinki, un banchiere filantropo americano, vice presidente della banca statunitense di investimenti, Blackstone Group. Lo scorso autunno, si è tenuta la Conferenza annuale Trust Women (fiducia alle donne) ospitata dalla Thomson Reuters Foundation, con sede a Londra, che si occupa della difesa dei diritti umani, di un libero giornalismo e dei diritti delle donne e la legalità. Vi hanno preso parte 550 leader di 50 paesi inclusi Brasile, Australia, Cina, India, Kirghizitan e Svizzera. Parlando dei casi riguardanti il traffico e la schiavitù, Studzinki ha definito horrific, raccapricciante, il trattamento riservato ad alcune vittime. Ha detto: «Non sto facendo del sensazionalismo, voglio dire che questo nostro mondo ha perso l’innocenza.... ci sono in esso all’opera le forze del male». Ha citato alcuni episodi sconvolgenti come il caso di prostitute lasciate senza cibo per una settimana intera e costrette a mangiare i loro rifiuti organici perché non riuscivano a fare sesso con 12 clienti al giorno. O un altro episodio estremo, riguardante una donna obbligata a offrire prestazioni sessuali a un gruppo di 10 uomini contemporaneamente.
Studzinki ha poi aggiunto che le suore che cercano di combattere questo fenomeno della tratta e del traffico dei bambini, sono disposte a tutto per riscattare queste donne, spesso anche travestendosi da prostitute e andando sulle strade. Si recano dovunque ci sono donne bisognose di riscatto. Ma agiscono nel segreto perché non si fidano di nessuno: né del governo, né delle corporazioni, né della polizia del luogo e in alcuni casi nemmeno del clero. Vanno anche nei bordelli, ma nessuno sa che sono là. Le suore si occupano anche del riscatto dei bambini che vengono venduti dai loro genitori. Raccolgono del denaro per comperarli perché non finiscano nelle mani dei trafficanti. Per loro hanno creato una rete di asili in Africa, nelle Filippine, in India e Brasile. «È una cosa scioccante, ha affermato Studzinki, ma vera». A volte le suore, ha aggiunto, depongono il loro abito religioso per poter farsi assumere nelle catene di approvvigionamento per 2 centesimi di dollaro USA all’ora per scoprire gli abusi. La Conferenza annuale Trust Women si propone di trovare delle soluzioni per la difesa dei diritti delle donne e per combattere la schiavitù sul piano mondiale. Alla riunione dello scorso autunno hanno preso parte corporazioni di carattere mondiale, rappresentanti governativi e pionieri in questa lotta. Si calcola che l’evento abbia raggiunto 65 milioni di persone attraverso i mezzi di comunicazione sociale.
VATICANO
La Chiesa nel mondo
Secondo i dati dell’Annuario pontificio 2016 e dell’Annuarium Statisticum Ecclesiae 2014, a cura dell’Ufficio centrale di statistica della Santa Sede, i cattolici battezzati nel mondo sono circa 1 miliardo e 272 milioni. L’Europa è sempre meno il punto di riferimento, il baricentro della Chiesa si sta sempre più spostando verso l’Africa e l’Asia, dove il cattolicesimo è in pieno sviluppo. Complessivamente i cattolici rappresentano il 17,8% della popolazione mondiale. Mentre la loro presenza è cresciuta in Europa appena del 2%, l’Africa è il continente dove il numero dei battezzati è invece in forte crescita (215 milioni nel 2014), ad un ritmo pari a più del doppio di quello dei paesi asiatici. Il numero dei sacerdoti diocesani e religiosi è passato da 406.411 nel 2005 a 415.792 nel 2014: A guidare la classifica sono l’Africa (+ 32,6%) e l’Asia (+ 27,1%), mentre in Europa si è avuta una diminuzione dell’8%. I sacerdoti diocesani sono complessivamente in crescita, mentre i religiosi sono invece in declino nelle Americhe, in Europa e in Oceania. Il numero dei seminaristi maggiori (diocesani e religiosi) passa da 114.439 nel 2005 a 120.616 nel 2011, ma scende a 116.939 nel 2014. La diminuzione degli ultimi tre anni ha riguardato tutti i continenti, ad eccezione dell’Africa che ha conosciuto una crescita del 3,8%. In forte crescita sono i diaconi permanenti che sono passati da circa 33 mila nel 2005 a quasi 45 mila nel 2014 (+ 33,5%). Il fenomeno è molto vivo in Europa e in America, mentre è quasi sconosciuto in Africa e in Asia. Le religiose professe nel 2014 contavano 682.729 unità, per il 38% presenti in Europa, seguite dall’America con 177 mila e dall’Asia con 170 mila. Sul totale mondiale, le religiose in Africa e in Asia sono passate dal 27,8% al 35,3% mentre la loro presenza si è ridotta in Europa e America, passando dal 70,8% al 63,5%.
a cura di Antonio Dall’Osto