Ciairano Azia
Parrocchie affidate a suore
2016/4, p. 24
Un laboratorio per capire insieme, a partire dalle esperienze concrete, “chi” siamo e “come” ci identifichiamo e siamo riconosciute nelle chiese locali in cui ci sono affidati compiti di collaborazione pastorale. Il racconto di due esperienze.
Scelta pastorale o solo supplenza?
PARROCCHIE
AFFIDATE A SUORE
Un laboratorio per capire insieme, a partire dalle esperienze concrete, “chi” siamo e “come” ci identifichiamo e siamo riconosciute nelle chiese locali in cui ci sono affidati compiti di collaborazione pastorale. Il racconto di due esperienze.
Nell’anno pastorale in corso ha preso avvio la nuova riconfigurazione dell’Usmi Nazionale, resasi necessaria per rispondere in modo più coerente alle sfide poste alla vita religiosa dai continui e profondi cambiamenti in atto nella società, nella Chiesa e all’interno dei nostri Istituti, assumendo uno stile sempre più “sinodale”. Al nuovo Ambito Pastorale, che sostituisce la struttura degli Uffici pastorali “modello CEI”, è stato affidato il compito di ripensare gli ambiti di servizio, puntando al conseguimento dell’obiettivo di “promuovere un dinamico inserimento della vita consacrata nella Chiesa in Italia” (Statuto dell’USMI, art. 1).
Di qui una prima scelta di campo: un laboratorio che mettesse a fuoco il tema e l’esperienza della “cura pastorale” da parte di tante sorelle e comunità religiose nelle chiese locali.
Prima di prendere in considerazione gli ambiti pastorali di impegno, le diverse modalità di inserimento, le competenze specifiche messe in gioco, ci sembrava importante capire insieme, a partire dalle esperienze concrete, “chi” siamo e “come” ci identifichiamo e siamo riconosciute nelle chiese locali in cui ci sono affidati compiti di collaborazione pastorale.
Cura pastorale
al femminile
Lunedì 15 febbraio, presso la sede nazionale, si sono incontrare trenta sorelle, membri di diverse congregazioni e provenienti da più regioni, per iniziare un cammino di riflessione che possa ridare significato alla “cura pastorale” di tante donne, cominciando, oggi, da noi religiose ma per coinvolgere e aprire un confronto con vescovi, presbiteri e laici nelle nostre chiese, là dove siamo chiamate a testimoniare innanzitutto “chi siamo”, donne consacrate portatrici di specifici carismi, perché acquisti senso quello che facciamo e crei “contagio”.
Punto di partenza del laboratorio, la narrazione di due esperienze, una conclusa e l’altra in atto, di affidamento di una parrocchia a una comunità religiosa femminile: in realtà, nel momento della programmazione, si pensava di condividere una lettura critica di questa singolare forma di “cura pastorale” per capire se poteva essere riferimento, oggi, per una nuova “figura” di cura pastorale “al femminile”. Ma ci siamo rese conto che quest’esperienza che ha avuto qualche attuazione tra gli anni ’80-’90 (i dati parlano di una trentina di “affidamenti” di cui non è stato possibile ritrovare le tracce), oggi è praticamente scomparsa o ha perso le caratteristiche originarie di una corresponsabilità pastorale confermata da un mandato specifico.
Due, dunque, i contributi offerti a nome delle loro comunità, da suor Francesca Berton (Suore di Gesù Buon Pastore-Pastorelle) e da suor Plautilla Brizzolara (Piccole Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria).
Due i contributi
offerti
Nel suo racconto suor Francesca Berton ha ricostruito il contesto della presenza pastorale delle suore di Gesù buon Pastore nella Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, all’inizio del ministero episcopale di mons. Gioacchino Illiano che nell’ottobre 1987 ha chiesto alla Congregazione di fondare una comunità nella diocesi che esprimesse una nuova presenza pastorale di persone consacrate sul territorio. Un’applicazione del can. 517 del Codice di Diritto Canonico che recita:
– “par. 1. Quando le circostanze lo richiedono, la cura pastorale di una parrocchia, o di più parrocchie contemporaneamente, può essere affidata in solido a più sacerdoti, a condizione tuttavia che uno di essi ne sia il moderatore nell'esercizio della cura pastorale, tale cioè che diriga l'attività comune e di essa risponda davanti al Vescovo.
– par. 2. Nel caso che il vescovo diocesano, a motivo della scarsità di sacerdoti, abbia giudicato di dover affidare a un diacono o ad una persona non insignita del carattere sacerdotale o ad una comunità di persone una partecipazione nell'esercizio della cura pastorale di una parrocchia, costituisca un sacerdote il quale, con la potestà di parroco, sia il moderatore della cura pastorale.”.
L’esperienza
di Nocera Superiore
Facendo riferimento soprattutto al par. 2, nel settembre 1988 il vescovo ha dato in affidamento la Parrocchia di “San Michele Arcangelo” in Nocera Superiore la comunità delle Suore Pastorelle. Esperienza conclusa con l’ingresso del nuovo vescovo nel giugno 2014.
«Dare inizio a questa presenza – ha raccontato suor Francesca – ha significato, sia per il vescovo che per la nostra Congregazione, percorrere, con una certa audacia, una strada nuova che ha richiesto coraggio e riflessione nell’approfondimento della nozione di “cura pastorale”, espressione che ha avuto una complessa evoluzione e che numerosi fattori, alla luce del concilio Vaticano II, obbligano oggi a ripensare o meglio organizzare”.
Tra i fattori indicati evidenziamo: l’ecclesiologia di comunione; la consapevolezza che tutti i Christifideles partecipano alla triplice missione di Cristo di insegnare, di santificare e di governare; la convinzione che tutti i Christifideles devono, quindi, cooperare all’edificazione del Corpo di Cristo; la riflessione sulla “ministerialità laicale”.
Un’esperienza – ha ancora sottolineato suor Francesca – che ha offerto un’occasione preziosa di evidenziare come la presenza della donna nella Chiesa vada riconsiderata e integrata nella prospettiva del dinamismo sinodale e della conversione missionaria indicati da papa Francesco. Ma anche di dare rilievo all’importanza di una presenza pastorale che sia capace di “segnare la differenza” dalle altre presenze nella collaborazione al ministero pastorale, sviluppando quelle caratteristiche femminili e quello stile di vita comunitaria che, partendo dalla centralità della persona più che dell’organizzazione, testimonia una cura pastorale che è servizio e non potere, che è prevalentemente dedicata alla formazione e a rivelare il volto materno di Dio per tutti gli uomini.
L’esperienza
nella diocesi di Parma
Suor Plautilla ha iniziato la narrazione dell’esperienza che è in itinere, mettendo in risalto alcuni elementi che hanno facilitato l’avvio della nuova avventura pastorale nella diocesi di Parma: il fatto che la Congregazione delle Piccole figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, fondata nel 1865 da un prete piacentino incardinato a Parma, mons. Agostino Chieppi, è molto presente nella diocesi e che lei stessa è parmense e da anni svolge servizi pastorali a tempo pieno in diocesi, oltre all’insegnamento di teologia presso l’Istituto teologico interdiocesano: di qui una maggior agevolezza ad assumere il nuovo compito e a collaborare con i sacerdoti.
Risale all’ottobre del 2013 la scelta del vescovo di Parma, mons. Solmi, di sperimentare, nel contesto di una nuova organizzazione delle parrocchie, una più significativa partecipazione alla cura pastorale, tramite l’affidamento formale di una parrocchia a una comunità religiosa femminile.
«Risiedo con una mia consorella – ha raccontato suor Plautilla – presso la casa canonica di Panocchia – paese di circa 800 ab. all’estremo sud del comune di Parma – che con altri tre paesi appartenenti al comune di Langhirano forma la Nuova Parrocchia n° 22 (in totale più di 3000 ab.).
In questi due anni abbiamo cercato di portare lo stile della prossimità, di una casa aperta, battezzando la casa-canonica (in cui da sempre aveva abitato il prete con i familiari) in casa-della-comunità, mettendo a disposizione ogni spazio possibile. Di fatto, però, ci sono molti vincoli pastorali, da quelli della catechesi impostata sul modello scolastico a quelli della comunità vista unicamente come dispensatrice di servizi … Abbiamo cercato di “investire sull’annuncio che è al cuore del Nuovo Testamento” proponendo anche incontri di lettura del vangelo nelle famiglie e centri di ascolto, rendendoci presenti e solidali in situazioni di disagio e di sofferenza . Buona la collaborazione con i presbiteri della stessa zona pastorale, coltivando relazioni fraterne e incontrandosi settimanalmente per la programmazione e la preghiera comune».
Una presentazione attraente, che evidenzia segnali decisamente positivi, tanto da far pensare che, forse, in questa “forma di cura pastorale” potrebbe trovarsi una chiave per ridare senso e valore alla cura pastorale delle religiose.
Una domanda cruciale:
solo supplenza?
Ma è a questo punto che suor Plautilla ha posto una domanda che ritiene “cruciale” sul servizio pastorale che le è stato affidato: «Se finora le energie della vita religiosa sono state spese come supplenza di spazi sociali…. oggi vengono spese in supplenza di spazi ecclesiali? Si procede di supplenza in supplenza o piuttosto di profezia in profezia?».
E richiamando il can. 517 par.2, come già suor Francesca, ha sottolineato soprattutto la giustificazione dell’affidamento: “a motivo della scarsità di sacerdoti “.
«In effetti in questi termini – ha continuato suor Plautilla – si esprime il decreto con cui il nostro vescovo ci ha nominate, lasciando alla prassi di vedere come muoversi. Via difficile quando non c’è un mandato chiaro, quando ad esercitare una “certa” autorità è una donna, per la consuetudine a identificare l’autorità con il carattere sacerdotale e per i vincoli che il Diritto impone».
La narrazione ha aperto un ampio e partecipato confronto delle Sorelle partecipanti al laboratorio, che possiamo sintetizzare in alcuni punti di riferimento, su cui c’è stata una convinta convergenza:
– Suor Plautilla ha affermato che «urge dar fiato all’ecclesiologia di comunione del Vaticano II nella quale far fiorire la riflessione sui ministeri anche femminili». Ecclesiologia di comunione indicata come categoria di riferimento comune sia per la vita consacrata sia per la Chiesa particolare, come cornice entro la quale declinare le mutuae relationes e dare corpo alla realtà ecclesiale nella varietà dei servizi, dei ministeri e dei carismi.
– Si è riconfermata, nell’intervento di suor Francesca, “la grande discrepanza tra la novità del Vaticano II, con le sue aperture al mondo e all’apporto creativo delle donne, e una cultura del potere ancora fortemente «maschilista» che produce cambiamenti molto modesti e marginali”.
Il Motu proprio di Paolo VI del 1972 Ministeria quaedam al n. 7 afferma che l’istituzione di lettorato e accolitatosecondo la veneranda tradizione della Chiesa, è riservata agli uomini”, precludendo, in quel tempo, tale possibilità alle donne! Ma il persistere di una tale scelta non è esente da rischi, primo fra tutti quello della clericalizzazione. Non è ancora tempo per un passo avanti a proposito dei ministeri istituiti?
– Necessità di mettere a fuoco il “mandato” e non solo in vista di un affidamento di parrocchia a una comunità religiosa femminile, ma anche per altri servizi affidati alle religiose da parte di vescovi e/o parroci. L’esperienza comune dice che molto è lasciato all’improvvisazione e, comunque, alle decisioni dei presbiteri responsabili di servizi pastorali e dei parroci. Di qui una situazione di precarietà e provvisorietà che non favorisce la maturazione di una corresponsabilità, nel segno della comunione e della reciprocità.
– Con la collaborazione di canonisti (e non solo uomini!), indagare se l’affidamento in solidum (can 517), può comprendere chi non è insignito del carattere sacerdotale.
Sono soltanto alcuni riferimenti appena abbozzati che vorremmo riprendere e approfondire, aprendo un “tavolo di studio e di confronto” a cui invitare altre presenze di religiose/i ma anche di presbiteri e laici, con l’accompagnamento di alcuni canonisti e pastoralisti. Non tutte le partecipanti hanno letto il 1 febbraio su l’Osservatore Romano, l’intervista con suor Carmen Sammut, ripresa su Testimoni (cfr Speciale Testimoni, 3/2016, p. 45), che focalizza una iniziativa interessante: «la creazione di una rete fra tutte le esperte di diritto canonico nel mondo che non sono molte e sono isolate. Per questo è importante collegarsi, offrirsi reciprocamente consulenza, stimolare l’aumento delle esperte su questo tema …». Ci troviamo d’accordo e intendiamo cominciare da noi.
sr. Azia Ciairano