Misitano Maurizio
Prospettive sfide e risposte
2016/4, p. 16
Un centinaio di suore e frati, dal 22 al 24 febbraio, per la prima volta si sono incontrati allo scopo di individuare una strategia comune e affrontare insieme i tanti problemi che caratterizzano il fenomeno mondiale della migrazione.
Religiosi e migrazioni nel XXI secolo
PROSPETTIVE
SFIDE E RISPOSTE
Un centinaio di suore e frati, dal 22 al 24 febbraio, per la prima volta si sono incontrati allo scopo di individuare una strategia comune e affrontare insieme i tanti problemi che caratterizzano il fenomeno mondiale della migrazione.
L’incontro è stato possibile grazie alla conferenza internazionale promossa a Roma dalle rappresentanze presso le Nazioni Unite di Passionists International, Congregation of Saint Joseph, Augustinians International e Vincentians sul tema: “Religiosi e migrazioni nel XXI secolo: prospettive, sfide e risposte”.
Se la crisi in Nord Africa e Medio Oriente sta spingendo molte persone disperate a lasciare il loro paese per venire in Europa in cerca di una nuova vita, non va dimenticato che tutto il mondo è caratterizzato da flussi migratori più o meno costanti. È infatti indubbio che le migrazioni sono un fenomeno inarrestabile che è sempre stato presente nella storia dell’uomo, causato da molti fenomeni, positivi e negativi.
Oggi milioni di persone sono costrette a scappare dalla guerra, dalla carestia o da violenti eventi atmosferici, ma da sempre uomini e donne hanno viaggiato per cercare nuove opportunità di lavoro, per studio, amore o per desiderio di scoperta. Superata l’emergenza, quindi, tutti ci si è detti d’accordo nel considerare la migrazione come un fenomeno che ha in sé delle opportunità e non come un problema da respingere con timore e alzando barriere.
La tre giorni è stata aperta da un appassionante intervento dell’on. Cecile Kyenge, che svestiti i panni di parlamentare europeo, ha preferito parlare della sua storia personale e di quante difficoltà avesse dovuto affrontare per arrivare e poi studiare in Italia. Tante difficoltà ma anche tanta solidarietà e, fra tanta gente che l’ha aiutata, qualcuno che l’ha anche insultata semplicemente perché “nera” e non “di colore”, come l’onorevole preferisce definirsi.
Troppo spesso le paure della gente vengono alimentate ad arte da una politica populista col solo scopo di aumentare il proprio elettorato. Complici di questa dilagante sensazione di “invasione” sono anche i media. C’è una grande differenza fra il numero reale dei migranti presenti in Italia e in Europa e quelli “mediatici”, ci ricorda Anna Pozzi, giornalista di Mondo e Missione, così come esiguo, almeno in Italia, è il numero dei mussulmani, appena il 4% degli stranieri.
I media, invece dovrebbe raccontare la verità e le tante storie di solidarietà dimostrata dagli italiani, così tante che, dice l’on. Kyenge, andrebbero premiate con il Nobel per la Pace a Lampedusa. Lampedusa, una piccola isola che ha accolto negli ultimi dieci anni 250.000 migranti (ma non erano milioni?!!) e la sua gente, poco più di 6.000 persone, si è sempre resa disponibile e solidale. Questo comportamento ammirevole rappresenta al meglio lo spirito dell’Italia, sicuramente più di quello di alcuni politici che propongono di alzare barriere, motivando la loro posizione con la paura del terrorismo, delle malattie e descrivendo l’Occidente come detentore di una cultura superiore.
I dati, quelli reali, raccontano però un’altra storia che nei tre giorni è stata ben spiegata. Se da un lato è indubbio che l’Europa continua a negare che la migrazione è un fenomeno da affrontare insieme, e non da “scaricare” su pochi paesi, fra cui l’Italia, dall’altro ci sono le persone, quelle che migrano e quelle che accolgono, che chiedono solo maggiore chiarezza e un aiuto da parte delle istituzioni.
Proprio per fare chiarezza, dicono Federico Soda dell’International Organization on Migration, e Maurizio Falco, del Ministero degli Interni, è bene sottolineare che l’Italia non è in emergenza, essendosi già organizzata per tempo e avendo accolto solo 150.000 persone nell’ultimo periodo, contro il milione che ha accolto la Germania. L’Italia sicuramente è uno dei pochi paesi in Europa che può andare a testa alta per quanto ha fatto per i migranti anche grazie a una buona collaborazione con le parrocchie che, dopo l’invito del Santo Padre, hanno accolto ben 27.000 migranti, quasi un terzo del totale. Tante sono anche le famiglie che hanno aperto la loro casa a coloro che ne avevano bisogno ricordando a tutti che essere cristiani oggi è anche impegnarsi direttamente e personalmente a difesa dei più deboli.
Le strane paure
fomentate ad arte
E anche sul timore di far entrare dei terroristi provenienti dalla guerra in Siria, c’è da chiarire, ci dice Oliviero Forti, di Caritas Italiana, che nessuno è entrato in Italia da queste zone, sicuramente più attratto da Germania, Francia e altri Paesi del Nord Europa.
Sulla paura di “strane” epidemie poi, non sono mai state registrate malattie riconducibili alla presenza di migranti che, comunque, devono sempre sottoporsi ad analisi preliminari prima di essere accolti in una qualsiasi struttura. Quindi, parlando dei migranti nigeriani, bisogna fare attenzione prima di dire che la Nigeria, un paese immenso e con 170 milioni di abitanti, è per il 60% in mano ai terroristi di Boko Haram e la restante infettata dal virus Ebola…!
E oltre ai dati, poi, ci sono le persone, coi loro racconti, la voce tremante e gli occhi lucidi. Racconti pieni di paura, che ancora attanaglia il cuore, e di morte, compagna di viaggio per giorni, mesi, anni.
Suor Monique Tarabeh, siriana, Blessing, nigeriana e Weis, fuggito dalla Somalia, ci hanno ricordato che i migranti sono persone e non numeri e che nessuno si può permettere di fare calcoli matematici per decidere se dare loro una possibilità di vivere o condannarli ad una morte sicura.
E allora sta a noi occidentali, che in passato siamo stati emigranti, cercare una soluzione per aiutare queste persone che, è bene ribadire, scappano, loro malgrado, da guerre, violenze e fame.
La condivisione
delle esperienze
Ma ritorniamo alle persone, quelle che accolgono, poiché anche loro hanno tanto da dire e da condividere. Per dare loro voce, dopo gli interventi degli esperti, gli organizzatori hanno pensato di creare tavoli di lavoro che aiutassero la condivisione delle esperienze e delle proposte.
Religiose e religiosi, laici e professionisti si sono potuti confrontare liberamente, cercando di ascoltare e condividere le proprie esperienze, tanto diverse e, per questo, tanto importanti.
La mancanza di coordinamento e, quindi, di un leader è uno dei principali problemi. Dobbiamo lavorare assieme, è la proposta che viene sottolineata da tutti i tavoli e ripetuta più volte da suor Eugenia Bonetti. Tante, tantissime persone sono impegnate per cercare di accogliere i tanti disperati che oggi arrivano nei nostri paesi, ma tutto questo è portato avanti soprattutto dall’entusiasmo e dallo spirito solidaristico. Manca una struttura in grado di unire tutte queste forze e trasformarle in un programma che garantisca un maggiore impatto che, tradotto, significa più persone aiutate.
Manca anche formazione poiché, oggi, non basta più la buona volontà ma c’è bisogno di professionisti altamente qualificati come mediatori culturali, assistenti sociali, psicologi e medici. E allora, dice Andrea Stocchiero del FOCSIV, una Federazione di settanta associazioni cattoliche italiane, ben venga la collaborazione fra laicato e Chiesa, una collaborazione reale e rispettosa delle differenze.
L’importante ruolo
della Chiesa
Manca poi lo Stato che dovrebbe semplificare le leggi, renderle più chiare e meno interpretabili, ricordando che, ad oggi, è ancora in vigore la cosiddetta legge Bossi-Fini. La legge emanata nel 2002 da sempre desta molte preoccupazioni e perplessità come evidenziato nel Rapporto Annuale 2006 di Amnesty International, soprattutto poiché prevede i respingimenti anche di coloro che, richiedenti asilo politico e rimandati dai Paesi di provenienza, sono a rischio di gravi abusi dei diritti umani.
E infine si è parlato anche della Chiesa. Mons. Gabriele Bentoglio del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e Itineranti, ha esposto le tante iniziative fatte e le tante persone assistite, ma questo non è abbastanza. I partecipanti al meeting chiedono alla Chiesa di assumere un ruolo centrale e da leader, per definire e portare avanti un programma di accoglienza strutturato in previsione del prossimo passo, quello dell’integrazione. È la Chiesa che potrebbe rappresentare la parte politica e istituzionale in grado di fare proposte concrete a un’Italia e a un’Europa forse troppo preoccupata dei conti pubblici e degli equilibri geopolitici. Una Chiesa che, con le tante esperienze accumulate in questi anni, è in grado di individuare una strategia condivisa che possa coordinare questa grande forza in un percorso che ci porterà ad essere una civiltà migliore.
Le conclusioni, affidate a Maurizio Misitano della Fondazione Agostiniani nel Mondo, hanno semplicemente riorganizzato quanto detto durante le giornate precedenti.
L’obiettivo è quello di definire una proposta completa che inizi col promuovere attività di cooperazione allo sviluppo, grazie alle tante ONG italiane, in grado di contrastare i fenomeni che provocano le migrazioni di massa. La seconda fase deve migliorare la nostra capacità di accoglienza, coordinando, formando e valorizzando le professionalità delle parrocchie, delle cooperative sociali e delle associazioni di volontariato. L’ultimo passo è quello dell’integrazione che coinvolga enti di formazione, associazioni di professionisti e il mondo imprenditoriale poiché, finita l’emergenza, questa sarà la vera sfida per il futuro.
Maurizio Misitano