Dall'Osto Antonio
Repubblica dello Yemen: massacrate quattro suore in odio alla fede
2016/4, p. 14
Quattro suore Missionarie della Carità, di Madre Teresa di Calcutta, assieme a 11 persone, sono state trucidate da un commando di terroristi, il 4 marzo scorso, nello Yemen, ad Aden, dove assistevano anziani e disabili. Due erano ruandesi, una indiana e la quarta veniva dal Kenya.
Repubblica dello Yemen: massacrate quattro suore in odio alla fede
Quattro suore le Missionarie della Carità, di Madre Teresa di Calcutta, assieme a 11 persone, sono state trucidate da un commando di terroristi, il 4 marzo scorso, nello Yemen, ad Aden, dove assistevano anziani e disabili. Due erano ruandesi, una indiana e la quarta veniva dal Kenya.
Ha stupito il silenzio dei nostri giornali su questo fatto drammatico, fatta eccezione per Avvenire e l’Osservatore Romano.
L’Avvenire dell’8 marzo attraverso la cronaca di Marina Corradi, così descrive i fatti di quel terribile 4 marzo ad Aden. «Erano le 8,30 di venerdì mattina, e alla Mother Theresa’s house gli ottanta ospiti, vecchi e disabili, fra cui anche bambini, stavano facendo colazione. I terroristi sono arrivati davanti all’edificio, che, nonostante le minacce già ricevute dalle suore, non era difeso nemmeno da un soldato. È stato facilissimo entrare, armi in pugno, e sorprendere le quattro sorelle e il personale dell’istituto: cuoche, infermiere, volontari, sia yemeniti che etiopi, diversi dei quali cristiani.
L’unica sopravvissuta alla strage è suor Sally, la superiora. Per un caso in quel momento si trovava in dispensa, e ha sentito l’autista che urlava, in inglese: «Nascondetevi, ci ammazzano», e poi uno sparo. L’uomo era già stato ucciso. La suora è rimasta, impietrita, dov’era, dietro a una porta, e incredibilmente gli assassini non l’hanno vista. «Vogliamo ammazzare i cristiani», ha gridato uno di loro. Poi tutti i presenti nella sala sono stati portati fuori, in giardino. Si sono sentite grida, e altri spari, cadenzati, uno dopo l’altro, e poi altri ancora, e poi il silenzio. Quando la polizia yemenita è arrivata, ha trovato sul terreno quindici morti: le suore e undici collaboratori. Questi ultimi sono stati tutti finiti con un colpo alla tempia, una autentica esecuzione. Le sorelle invece – suor Annselna, 57 anni, indiana, suor Margarita, 44 anni, ruandese, suor Reginette, 32 anni, pure ruandese, e suor Judith, 41 anni, keniota – sono state colpite al volto e sfigurate, e poi uccise.
Cadute a terra, prone, i loro corpi sono stati calpestati, i volti schiacciati a forza contro il suolo. Si stenta a scrivere questi particolari, che raccontano di un odio senza limiti. Nelle foto da Aden, le suore indossano ancora, sopra la veste bianca, il grembiule blu con cui servivano i malati. Uccise nell’atto di servire i poveri: è un vero martirio, quello di Aden, il secondo nel Paese, dopo che nel 1998 a Hodeidah altre tre consorelle erano state ammazzate a bastonate, mentre si recavano a far servizio in ospedale.
Ma, compiuta la carneficina, gli assassini non erano ancora soddisfatti. Sono rientrati nell’istituto e sono andati nella cappella, dove il salesiano Tom Uzhunnalil, 57 anni, un prete che da anni condivideva l’opera delle suore, stava pregando. Raffiche di spari, ancora: molti colpi contro il crocifisso, l’altare, il tabernacolo, nel quale non sono poi state trovate più le ostie consacrate. Il messale e la Bibbia sono stati ridotti in brandelli.
Il salesiano è stato rapito, e ad oggi non se ne hanno più notizie. Compiuta la strage, il commando se ne è andato indisturbato. Ora suor Sally, la superiora sopravvissuta, è stata portata fuori dallo Yemen. Nella casa sono rimasti solo gli ottanta ospiti, che per un giorno si sono rifiutati di mangiare. Smarriti chiedevano, come bambini, di essere imboccati dalle loro suore. Commentando il massacro, il vescovo comboniano Camillo Ballin, vicario apostolico per l’Arabia settentrionale ha affermato: «Più la Chiesa è vicina a Gesù Cristo, più partecipa della sua passione». Questa strage è anche «un segno che questa Congregazione è molto vicina a Gesù , perché chi si avvicina a Gesù, si avvicina anche alla sua croce». Mons. Ballin ha anche invitato a non assecondare le manipolazioni di chi punta a criminalizzare tutto l’Islam in maniera indistinta. Certo ha aggiunto, «uccidere in nome di Dio è una cosa terribile che nessun musulmano autentico può accettare. A compiere questi crimini sono individui dominati da una ideologia che squilibra la persona umana».
Come avviene sovente, ha aggiunto il vescovo, le vicende del martirio cristiano incrociano in maniera misteriosa anche le convulsioni storiche fomentate dagli scontri di potere: «Questi colpi di violenza vanno anche collegati allo squilibrio prodotto nella zona dalla cancellazione delle sanzioni all’Iran che ora è diventato un paese più potente e aperto. C’entra anche la corsa ad abbassare il prezzo del petrolio e la lotta per l’egemonia della regione, tra l’Arabia che vuole conservare il suo impero wahabita e l’Iran che vuole ripristinare l’impero persiano».
Da parte sua, mons. Paul Hinder OFMCap, vicario apostolico per l'Arabia meridionale, ha affermato che l’attacco «ha a che fare con la religione». E ha aggiunto che la gente del luogo «amava le suore di Madre Teresa uccise a Aden, ammirava il loro modo di servire gli altri senza guardare all'appartenenza religiosa, ma solo alla scelta di prediligere chi ha più bisogno. Questo suscitava simpatia e affetto tra il popolo. E forse proprio questo dava fastidio».
Il Papa saputo dell’eccidio, dopo aver promesso le sue preghiere per le vittime e i loro familiari, ha affermato: «Questi sono i martiri di oggi! Non sono copertine dei giornali, non sono notizie: questi danno il loro sangue per la Chiesa. Queste persone sono vittime dell’attacco di quelli che li hanno uccisi e anche dell’indifferenza, di questa globalizzazione dell’indifferenza, a cui non importa...».
Le Missionarie della Carità hanno assicurato che non abbandoneranno la loro opera nello Yemen, dove hanno anche altre tre comunità nella capitale Sanaa, ma che «continueranno a servire i poveri e i bisognosi», fedeli alle parole di Madre Teresa: «Vivere e morire con i poveri».
Tra le gravi conseguenza del conflitto bellico, che dura da un anno e mezzo, scrive l’Agenzia Fides, vi è anche il dramma di quasi 2 milioni di bambini costretti ad abbandonare le scuole. Finora sono stati chiusi 3.600 istituti, tra le scuole chiuse 248 sono andate completamente distrutte, 270 accolgono gli sfollati e altre 68 sono state occupate dai gruppi armati. Per il sistema educativo dello Yemen, secondo l’Unicef, un contesto del genere comporta un impatto devastante.
Anche la situazione umanitaria nello Yemen è drammatica. Attualmente l’80% della popolazione necessita di assistenza umanitaria e oltre un milione di persone sono state costrette ad abbandonare le rispettive abitazioni.
a cura di Antonio Dall’Osto