Chiaro Mario
Viaggio nella vita religiosa
2016/3, p. 25
A conclusione dell’Anno della VC la LEV pubblica un libro-inchiesta del giornalista Riccardo Benotti con il titolo Viaggio nella vita religiosa. Interviste e incontri (pp. 227, € 15,00). Il volume racchiude conversazioni con i superiori generali di quattordici istituti religiosi ed è utile per intraprendere un cammino tra i carismi ecclesiali alla scoperta di un mondo molto variegato.1

Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.

Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
Un libro inchiesta edito dalla Editrice Vaticana
VIAGGIO
NELLA VITA RELIGIOSA
A conclusione dell’Anno della VC la LEV pubblica un libro-inchiesta del giornalista Riccardo Benotti con il titolo Viaggio nella vita religiosa. Interviste e incontri (pp. 227, € 15,00). Il volume racchiude conversazioni con i superiori generali di quattordici istituti religiosi ed è utile per intraprendere un cammino tra i carismi ecclesiali alla scoperta di un mondo molto variegato.
Nella Prefazione l’ex maestro dell’Ordine domenicano, p. Timothy Radcliffe, sottolinea che proprio la conversazione è «il cuore del servizio di coloro che occupano posizioni di leadership. La qualità della nostra vita religiosa è intimamente connessa alla verità e profondità delle nostre conversazioni… Abbiamo il coraggio di condividere le nostre domande più profonde, i nostri dubbi e i nostri conflitti? Quasi tutti i religiosi prima o poi attraversano un momento di crisi; se condivisa apertamente, la crisi può diventare tempo di grazia e di maturazione, mentre se viene nascosta può distruggere una vocazione».
In questi quattordici colloqui si affrontano questioni complesse con umiltà e sincerità: come tante stazioni di una Via Crucis che conduce alla Risurrezione, si manifesta il volto maturo di una Chiesa che non ha paura del peccato, che disprezza lo scandalo e si spende per il bene. I superiori intervistati entrano nella loro vita privata e raccontano cosa significhi compiere una scelta definitiva come quella della consacrazione, confrontandosi con le difficoltà e le sfide del tempo presente. Nel dialogo franco con l’autore, non mancano i riferimenti a temi delicati – clericalismo, gestione del denaro e delle opere più grandi, omosessualità tra i religiosi, abusi, crisi delle vocazioni, reclutamento di novizi/e nelle Chiese più giovani, rapporto con l’islam, ruolo dei laici – o la riflessione su momenti storici importanti che gli istituti stanno attraversando. Le domande seguono, adattandosi allo specifico di ciascun leader religioso, una logica intrinseca: la persona e la sua vita quotidiana; la vita dell’Ordine che incarna oggi e qui il proprio carisma; le fatiche e le delusioni inevitabili.
La VR al tempo
di papa Francesco
Padre Radcliffe sottolinea che nelle interviste riportate nel volume il papa attuale è citato frequentemente: «Egli comprende e valorizza la vita consacrata. Egli comprende che prospereremo se ci scrolleremo di dosso le introversioni del clericalismo, se offriremo la nostra vita con coraggio e generosità. Egli ci infonde coraggio per il futuro».
Con questo spirito p. Wolf (abate primate della Confederazione benedettina) afferma che i Benedettini sono affascinati da papa Francesco per due motivi: «prima di tutto per la sincerità e, poi, per il modo di vivere secondo il Vangelo» (p. 19). Il ministro generale dei Frati minori, lo statunitense p. Perry, riconosce che i Francescani sono diventati “un Ordine clericalizzato” citando proprio alcune parole forti pronunciate dal pontefice: «È uno dei mali della Chiesa, ma è un male complice, perché ai preti piace la tentazione di clericalizzare i laici» (p. 66). E ancora, il maestro dell’ordine domenicano, il francese fra Cadoré, così riflette sulla povertà: «Quando il papa parla di Chiesa povera per i poveri, credo si riferisca a due aspetti. Se la Chiesa è l’assemblea dei cattolici allora, guardando il mondo, la Chiesa è poverissima perché i poveri sono la maggioranza. Quindi penso che Francesco intenda dire che gli piacerebbe una Chiesa che sappia che i suoi membri sono i poveri del mondo e non i potenti e, al tempo stesso, che vorrebbe un’istituzione della Chiesa povera. Una Chiesa che non sia chiusa sulle ricchezze, sui soldi, su se stessa» (p. 80).
Dal canto suo il rettore maggiore dei salesiani, lo spagnolo don Artime, afferma: «Non c’è pubblicità più bella di una vita consacrata vissuta con gioia. La gioia parla. Non per niente papa Francesco cita così tanto la gioia che viene dal Vangelo, l’Evangelii gaudium» (p. 142). Il superiore generale dei Verbiti, il tedesco p. Kulüke, è fortemente attratto dalla figura di papa Francesco: «Il Santo Padre non parla soltanto ma è una persona che agisce. Ha un talento speciale nel dare il nome alle cose e, quando i problemi hanno un nome, allora esistono. È una persona piacevole e semplice, la sua vita è un esempio per noi missionari» (p. 158).
Infine il segretario dell’USG, il comboniano scozzese p. Glenday, ritorna sull’Anno della VC appena concluso e dice: «Il Papa vuole valorizzare, o meglio svegliare la vita consacrata. E questo è sia un incoraggiamento sia una sfida. Abbiamo attraversato una stagione stagnante rispetto alla comprensione del posto che la vita consacrata occupa nella Chiesa. Il Papa ci sta aiutando a fare chiarezza» (p. 211).
Religiosi
esposti al mondo
Nelle interviste emerge anche il rapporto stretto tra VC e presenza nelle periferie del mondo. Alcuni esempi tratti dalle interviste: i Carmelitani hanno la loro provincia più numerosa in Indonesia, il paese musulmano più grande del mondo; i Gesuiti sono presenti a Homs, in Siria; i Fratelli Maristi si trovano anche ad Aleppo, oggi tra le più martoriate zone di guerra; i Fatebenefratelli, dopo un lungo periodo durante il quale si sono occupati prevalentemente di ospedali, da circa quarant’anni lavorano con i rifugiati in molti paesi europei; i Verbiti sono presenti nelle baraccopoli e nei quartieri a luci rosse delle Filippine; i Paolini dedicano il loro servizio al nuovo mondo dei mezzi di comunicazione sociale.
Non manca un dialogo franco su alcuni temi scottanti. A riguardo dell’omosessualità, p. Lepori, abate generale dei monaci Cistercensi, afferma: «È sicuramente un tema da affrontare quando si vuole vivere in una comunità. Di per sé non è una controindicazione ma una condizione che deve essere verificata dentro la vocazione di una fraternità, che può essere il luogo adatto anche per una maturazione rispetto ai propri limiti. È un discorso che deve essere affrontato con la singola persona in modo molto discreto… Dipende da caso a caso e soprattutto dalle motivazioni personali: la sola cosa che va verificata con certezza è se esiste davvero la vocazione» (p. 49).
Circa la questione pedofilia, fratel Turú Rofes, superiore generale dei Fratelli Maristi (un istituto da sempre in prima linea nell’educazione dei giovani), racconta: «Nel marzo 2010, per la prima volta in forma collettiva, abbiamo convocato a Roma tutte le province per una settimana di formazione volta alla presa di coscienza e alla prevenzione… È stato un passo importante. La settimana ha visto anche la partecipazione di una vittima, la signora Mary Collins, che adesso è membro della pontificia Commissione per la protezione dei minori. Ascoltare una vittima è stato sconvolgente: da quel momento siamo sistematici nell’accompagnamento della formazione e nell’esigere che ogni provincia avesse i suoi protocolli, soprattutto di prevenzione, ma anche di gestione di eventuali casi di abuso. Siamo molto attivi anche tra le famiglie, perché la prevenzione non è solo nei nostri centri: dobbiamo imparare a riconoscere e denunciare» (p. 121).
In questo contesto, va segnalata l’interessante intervista al messicano p. Robles Gil Orvañanos, attuale direttore generale dei Legionari di Cristo e membro della commissione che si è occupata delle vittime degli abusi del suo stesso fondatore Maciel Degollado (pp. 195-206).
Una rinnovata
alleanza con i laici
In quasi tutti i dialoghi emerge il tema dell’alleanza tra consacrati e laici, protagonisti insieme dell’opera di evangelizzazione e di promozione umana. Ancora il cistercense p. Lepori, a nome di tanti altri monaci di oggi, afferma che «i monasteri vivi sono quelli che hanno un rapporto di particolare comunione con i laici, che sono al servizio anche della vocazione laicale. Il monastero deve essere un’oasi nel cammino, nel pellegrinaggio della gente nel mondo, offrire un luogo di raccoglimento, di stabilità, di nutrimento della vita di fede. La comunità monastica può essere un grande sostegno per la famiglia, perché ci sono molte analogie: la fedeltà, la fecondità, i problemi dell’educazione, la formazione dei figli, le crisi, la malattia, la vecchiaia… Non è necessario fare granché, a volte basta offrire spazi di accoglienza e di partecipazione alla preghiera. E questo in molti monasteri avviene, e là dove avviene dà vita al monastero. Magari non porta vocazioni ma aiuta i monaci e le monache a non rinchiudersi nei piccoli problemi. Papa Francesco direbbe a non diventare zitelloni» (p. 47). Infine, ancora fratel Turú Rofes risponde in questo modo sul rapporto dei consacrati con i laici: «Durante gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, nei centri educativi maristi i laici erano un’eccezione… Nel giro di poco tempo, però, è cambiato tutto: inizialmente è stato difficile modificare la mentalità ma ben presto c’è stata una reazione positiva, abbiamo iniziato a formare i laici e ora stiamo raccogliendo i frutti. Ci sono molti laici che non riuscirebbero a vivere la propria vita se non in chiave marista. Si tratta di vocazioni mariste laicali. Sia i fratelli che i laici assicurano la continuità del carisma e della missione marista… Ora stiamo pensando cosa fare a livello internazionale per sostenerli, come possiamo incorporare i laici in tutte le strutture della missione, anche nei posti di grande responsabilità decisionale. In Australia, ad esempio, si è appena costituita un’associazione di fratelli e laici che gestirà le opere mariste.» (p. 120).
Una buona sintesi dello spirito delle conversazioni riportate nel libro è suggerita da p. Radcliffe nella Prefazione: «La maggior parte degli Ordini fa fatica a trovare nuove vocazioni, specialmente in Europa. Ma ancora una volta non sono i numeri la cosa più importante. Il nostro obiettivo non è quello di perpetuare le nostre istituzioni. Gesù non ci ha detto: “Sono venuto perché possiate sopravvivere e sopravvivere in abbondanza”. Anche le nostre debolezze possono essere una benedizione. Padre D. Kinnear Glenday, segretario generale dell’Unione dei superiori generali, ricorda: “Dobbiamo essere segno di ciò che Dio può fare nella debolezza”».
Mario Chiaro