Dall'Osto Antonio
Vita consacrata in comunione
2016/3, p. 10
Vi hanno preso parte: Ordo Virginum, Eremiti e Ordini monastici, canonicali e mendicanti, Comunità di vita contemplativa, Istituti religiosi di vita apostolica, Società di vita apostolica, Istituti secolari, Nuovi Istituti e “Nuove forme”. Il Messaggio finale, leggermente abbreviato.
Incontro internazionale (28 gennaio- 2 febbraio 2016)
VITA CONSACRATA
IN COMUNIONE
Vi hanno preso parte: Ordo Virginum, Eremiti e Ordini monastici, canonicali e mendicanti, Comunità di vita contemplativa, Istituti religiosi di vita apostolica, Società di vita apostolica, Istituti secolari, Nuovi Istituti e “Nuove forme”. Il Messaggio finale, leggermente abbreviato.
Siamo convenuti da tutto il mondo appartenenti all’Ordo virginum, alla Vita monastica, canonicale e conventuale, alla Vita religiosa apostolica, alle Società di vita apostolica, agli Istituti secolari, ai nuovi Istituti e alle Nuove forme nel segno potente e fecondo della comunione.
È la prima volta che si sono ritrovate insieme tutte le forme di vita consacrata esistenti e riconosciute nella Chiesa, dando testimonianza ecclesiale, per alcuni giorni, della reciproca e fraterna accoglienza nell'uguaglianza, nella dignità e nella stima per le specificità carismatiche suscitate dallo Spirito Santo. Abbiamo imparato ad accogliere e valorizzare, a condividere e apprezzare i differenti profili ecclesiali e le differenze antropologiche, rendendo così visibile l'impegno a «fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione» (NMI 43). Donne e uomini, giovani e anziani, sacerdoti e laici, eredi di grandi spiritualità e germogli di nuovi cammini dello Spirito, tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito (1Cor 12,13).
Per prima cosa vogliamo comunicarvi la gioia per questo convenire fra tanta varietà di carismi e stili di vita, di culture e tradizioni, di santità e diaconie.Vite consacrate nella verginità a immagine della Chiesa sposa, radicate e feconde nelle Chiese locali; vite stabilite nella permanente contemplazione, nella solitudine eremitica o nella comunità alla ricerca del Volto come assoluto bene da amare. Vite vissute nella forma del vangelo con genialità solidale per abitare la città umana, nelle periferie fino ai confini, donate senza risparmio nelle più varie forme di diaconia della carità, della cultura, della evangelizzazione. Vite impastate nella storia nel segno della secolarità, compagnia per ogni uomo e donna sulle strade ordinarie vissute con il desiderio di contagiare il mondo con lo stile evangelico delle beatitudini.
Abbiamo ascoltato tanti fratelli e sorelle narrare l'avventura della prossimità e della misericordia che si piegano sulle ferite e ne accolgono i fremiti, versando olio di tenerezza sulle piaghe. Abbiamo ammirato la magnanimità di esistenze di ordinario eroismo compiuto nel silenzio, senza clamore e spesso a rischio della vita; abbiamo gioito per la robustezza d'animo nella perseveranza serena degli anziani e portiamo nel cuore l'allegria e l'ardore entusiasta dei giovani consacrati. Abbiamo toccato tutto questo con stupore e ammirazione, ma senza chiudere gli occhi davanti ai limiti, alle ombre, alle apatie, al grigiore che a volte noi consacrati e consacrate mostriamo, limiti che costringono al silenzio la grazia, fermano il passo su binari morti, sviliscono la novità e la creatività dello Spirito Santo.
Per una Chiesa
in uscita
Papa Francesco ci parla spesso di Chiesa in uscita, di periferie da conoscere, di ‘altri luoghi’ dove collocarci con la nostra vita consacrata per una nuova fecondità. Ci sollecita di frequente ad un nuovo esodo (ex-odos): da noi stessi, dai nostri piccoli mondi, da schemi rigidi o illusioni teoriche, per abitare gli orizzonti, per vincere la globalizzazione dell'indifferenza, per farci concretamente prossimi di ogni tribolato e marginalizzato. Non possiamo ridurci a una Chiesa autoreferenziale, che mantiene distanze e moltiplica distinzioni (cf EG 95), ma siamo un popolo in cammino, in stile sinodale, tutti insieme sulla stessa strada (syn-odos), con la medesima passione, in dialogo e fiducia fra noi consacrati nelle diverse forme e stili di vita e con le altre vocazioni nella Chiesa. Nella carovana degli uomini e delle donne di buona volontà: insieme a tutti gli operatori di giustizia, tutti coloro che non si rassegnano ad un mondo ingiusto e diviso.
Il nostro deve essere uno sguardo di misericordia, di tenerezza, di amore, senza imporre schemi universali, ma col realismo di un amore che si dona (miseriae-cor-datum): è così che guardiamo a questa storia, alle sue sfide, alle sue ferite, alle sue tragedie. Come Papa Francesco dice, vogliamo iniziare processi, cioè adottare un metodo (meth-odos) di pensiero aperto, di collaborazione a rete, di rispetto e di gioia per le diversità (cf. EG 223). Questo grande Incontro mondiale è stato un primo atto coraggioso e vogliamo che diventi nel tempo un modello e un metodo ispirativo di stile e unità, «segno eloquente della comunione ecclesiale» (VC 42).
Sono risuonati così tre criteri guida, esodo-sinodo-metodo, in cui è presente la sfida della strada (odos), del cammino, dei piccoli segni, che però sono coraggiosi percorsi di vita da compiere in sinergia, in comunicazione, in reciprocità, in sinodalità, nell'orizzonte del vangelo, della profezia, della speranza.
Nella forma
del Vangelo
È risuonata la chiamata ad una conversione coraggiosa come forma mentis, reformatio cordis, conformatio vitae, secondo l'orizzonte evangelico di Gesù Cristo. È risuonato l’invito a trovare la «fonte pura e perenne della vita spirituale» (DV 21) nel quotidiano ascolto orante e riflessivo della Parola (lectio divina). La Parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio (Ebr 4,12), e ci purificherà dalla "mondanità spirituale" e da ogni ipocrisia. Questo ascolto obbediente (la hypakoè dei padri) ci rigenererà, come seme incorruttibile e fecondo (cf 1Pt 1,23), a nuova fedeltà e guiderà sui sentieri dell'autenticità le nostre opzioni e il discernimento corale. La Parola delle Scritture infatti è utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona (2Tm 3,16s).
La diffusa esperienza della lectio divina – grande risorsa spirituale monastica, e ora ripresa con nuove modalità, aperte anche alla condivisione in comunità e con il popolo – sia un punto centrale della nostra proposta formativa e della nostra quotidiana ricerca del volto del Signore. Così, con la guida dello Spirito Santo, nell’esperienza di meditazione e silenzio, di contemplazione e condivisione, la Parola diventerà sorgente di grazia, dialogo orante, appello alla conversione, proposta profetica e orizzonte di speranza.
In modo
profetico
«La nota che caratterizza la vita consacrata è la profezia», ha scritto Papa Francesco (Lettera apostolica II,2). È su questa prerogativa che egli ha insistito nell'incontro conclusivo, invitandoci a cammini di nuova profezia, di prossimità e di speranza. Ci rendiamo conto che non si tratta di una improvvisazione personale, ma è un frutto della Parola ascoltata con cuore obbediente, e si realizza in comunione ecclesiale vera (cf VC 84). Ciò esige una appassionata ricerca, che ci abiliterà ad una "mistica degli occhi aperti", ad offrire con sollecitudine mani solidali, a percorrere sentieri di libertà, con la leggerezza dei discepoli (cf Mt 10,9-10).
Per stare di sentinella (cf Ab 2,1; Is 21,11s), bisogna accettare di vivere espropriati da certezze, imparare a intuire con cuore innamorato e occhio penetrante (Nm 24,3), i disegni di Dio che si compiono in novità. A questo siamo poco abituati, perciò sentiamo l'urgenza di imparare questo metodo, di svegliare noi stessi e il mondo dalla distrazione che acceca, di liberarci dalla mera manutenzione distratta e abitudinaria. Soprattutto dobbiamo «interrogarci su quello che Dio e l'umanità oggi domandano» (Lettera apostolica, II,5).
Con un esercizio collettivo di discernimento, sapremo trovare e «creare altri luoghi dove si viva la logica evangelica del dono, della fraternità, dell'accoglienza, dell'amore reciproco» (Lettera apostolica, II,2). Per tutte le nostre forme di vita è risuonato l’invito ad abitare la storia in modo adatto alla propria vocazione nel segno della sponsalità, in quello della contemplazione e della fraternità, nella dimensione della piena umanità. Seguire Cristo in modo profetico è vivere la compagnia senza privilegi e diffondere luce nella città umana, dare sapore come sale nella massa ispirati alla semplicità del suo vivere nella casa di Nazaret e del suo camminare fra la gente di Palestina.
Lieti
nella speranza
Un bene scarso e fragile è la speranza oggi, anche in mezzo a noi. Abbiamo bisogno di ravvivare la ragione teologale della nostra speranza, per farla abitare in noi, nelle nostre fraternità, nei luoghi del nostro vivere quotidiano. Possiamo parlare, anche in questo ambito, dell'urgenza di una conversione originale. La nostra speranza è nel Signore, non nei numeri, nelle opere, nelle glorie umane, nelle professionalità ostentate che soffocano l’umile seme. La sfida seria non è l'indebolimento delle nostre forze, è la scarsa fede nella potenza del piccolo seme che, caduto nella terra, porterà molto frutto (cf Mc 4,31). Guai se la gioia del Vangelo non abitasse più la nostra casa; infelici noi se a causa della tristezza perdessimo l'audacia per «opzioni coraggiose, a volte eroiche, richieste dalla fede» (VC 39). La nostra gioia non è autentica se fuggiamo dove splende il sole, cedendo «alla tentazione di facili e improvvidi reclutamenti» (VC 64), privi di discernimento e gradualità. Anche la notte oscura ha il suo sole, come avverte il profeta: Viene il mattino, ma è ancora notte (Is 21,12).
Forse è arrivato il tempo, in alcuni luoghi, di riconoscere che dobbiamo accettare di diminuire (cf Gv 3,30), ma per aderire con gioia a ciò che lo Spirito sta facendo crescere altrove: la creatività e l'audacia nel vivere la nostra consacrazione e sequela in altri contesti culturali e in nuovi paradigmi antropologici. Nell’Incontro è emersa con evidenza la necessità di accompagnare le nuove generazioni verso il futuro, favorendo il processo dell'inculturazione dei carismi nel discernimento e nella fiducia. Agendo senza atteggiamenti di monopolio e di rigidità mentale o culturale, ma fidandoci delle piogge di autunno e di primavera (Os 6,3), accompagneremo i nuovi membri ad essere protagonisti geniali e originali di nuova rielaborazione nella libertà dello Spirito, nella comunione fraterna e nella speranza per il Regno che viene.
È stata evidenziata a più voci la necessità di rivisitare le forme, le strutture, i processi formativi, lo stile di governo, il senso ecclesiale, la vita nelle Chiese locali, per conservare il fuoco e non adorare le ceneri. Siamo tutti «invitati a riproporre con coraggio l'intraprendenza, l'inventiva e la santità dei fondatori come risposta ai segni dei tempi emergenti nel mondo di oggi» (VC 37). È risuonata fiduciosa l’invocazione allo Spirito, creatore di ogni novità, perché sia finalmente riconosciuto, nella prassi quotidiana delle mutuae relationes, il genio femminile come ricchezza e risorsa ecclesiale imprescindibile per una nuova sinodalità (VC 58; EG 103). Molte voci si sono sentite che chiedevano che sia rispettata nei fatti e nelle decisioni che le riguardano la dignità e la peculiarità delle donne consacrate nella loro giusta autonomia e nella ordinata corresponsabilità ecclesiale (EG 104). Non è più possibile che alle frequenti dichiarazioni coraggiose del magistero continui a seguire di fatto una prassi ecclesiale che non muta in nulla.
Nella prossimità
della misericordia
Per noi amati da Dio e santi per chiamata (Rom 1,7) è dato il tempo della misericordia: «Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia» (EG 3). Ci siamo accostati alla Porta santa, e l'abbiamo attraversata con cuore umile e fiducioso, per implorare misericordia e guarigione, lasciando ogni paura, ogni chiusura nel pessimismo, ogni tentazione di fatalismo. «Per essere capaci di misericordia, dobbiamo in primo luogo porci in ascolto della Parola di Dio» e a questa scuola sapremo «contemplare la misericordia di Dio e assumerla come proprio stile di vita» (Papa Francesco, Misericordiae vultus, 13).
Abbracciati dal Padre misericordioso, ci siamo sentiti in comunione con tutti voi, e vogliamo invitarvi ad essere testimoni e profeti di misericordia, con cuore paziente e carità grande. Insieme collaboreremo per riconciliarci dopo le fratture con i fratelli e le sorelle, solleciti a superare polarizzazioni nelle nostre ragioni, durezza e rabbia (cf. Lc 15,28ss). Dobbiamo farlo con uno stile sinodale, nel ricercare la riconciliazione, nel rivedere le cause delle nostre fratture, nell'affidarci al nostro Dio che largamente perdona (Is 55,7). La grazia della misericordia ci restituisce alla Chiesa, per edificarci insieme nella carità e nel servizio e diventare fermento e profezia di riconciliazione universale in Cristo.
Siamo convinti che dobbiamo vivere la conversione come attitudine del cuore, e questa passa anche per la «mistica di avvicinarci agli altri con l’intento di cercare il loro bene» (EG 272) e promuovere risorse ancora disponibili dell'anima (cf. Lc 7,47-49; 13,12s), percorrendo il cammino delle Beatitudini.
Risuona per noi l'esortazione vibrante di Paolo: Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto..... Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera (Rm 12,2.11-12),
Guardiamo a Maria di Nazaret, la «vergine dell'ascolto e della contemplazione, prima discepola del suo amato Figlio» (Lettera apostolica, III,5) che ci precede e per noi intercede come Mater misericordiae, mentre ci congediamo con le parole dell'apostolo Pietro che da Roma si rivolgeva ai fratelli sparsi per il mondo (1Pt 5,9): Salutatevi l'un l'altro con un bacio d'amore fraterno. Pace a tutti voi che siete in Cristo! (1Pt 5,14).