Brevi dal mondo
2016/2, p. 38
ECUMENISMO
Tre importanti avvenimenti
Il 2016 è un anno in cui si celebreranno tre importanti avvenimenti ecumenici: i 500 anni della Riforma protestante, il sinodo delle Chiese ortodosse e un’assemblea generale con le Chiese ortodosse orientali al Cairo.
Per quanto riguarda i 500 anni della Riforma protestante, il 25 gennaio scorso, in chiusura della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, la Federazione luterana mondiale e il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, presieduto dal cardinale Kurt Koch, hanno annunciato con un comunicato congiunto che il papa Francesco, con un gesto ecumenicamente molto significativo, il 31 ottobre sarà presente in Svezia, a Lund, città dove è stata istituita la Federazione luterana mondiale. Il 31 ottobre ricorda il giorno in cui nel 1517 Martin Lutero affisse le famose 95 tesi contro le indulgenze, sulla porta della chiesa del castello di Wittemberg, in Germania, dando origine alla Riforma protestante.
Per l'evento, organizzato in collaborazione con la Chiesa di Svezia e la diocesi di Stoccolma, è prevista una celebrazione comune fondata sulla “Common Prayer - Preghiera Comune”, la recente guida liturgica appositamente preparata da cattolici e luterani e inviata alle Chiese della Federazione e alle Conferenze episcopali cattoliche.
In vista di questo anniversario dei 500 anni della Riforma, il 1° gennaio scorso il cardinale Kurt Koch, parlando alla Radio Vaticana, aveva spiegato il significato della partecipazione della Chiesa di Roma. È stato pubblicato un documento, intitolato Vom Konflikt zur Gemeinschaft” (Dal conflitto alla comunione) «nel quale – ha affermato – vogliamo manifestare in quale modo sia possibile celebrare insieme l’evento della Riforma».
Non bisogna dimenticare, ha aggiunto, che «la Riforma non ha portato soltanto la riscoperta della Bibbia e la Dottrina della Giustificazione, ma ha anche portato alla separazione e ha provocato orribili guerre di religione nel XVI e nel XVII secolo. Ancora recentemente, papa Francesco ha detto: “Se guardiamo ai combattimenti cruenti tra sunniti e sciiti, dobbiamo ricordarci che abbiamo fatto la stessa cosa tra luterani e cattolici”. In questo senso, dobbiamo chiedere perdono. Questo, però, è soltanto un aspetto. Noi non celebriamo soltanto i 500 anni dall’inizio della Riforma, noi celebriamo anche i 50 anni di dialogo ecumenico tra cattolici e luterani: dobbiamo essere grati e riconoscenti per aver riscoperto in questo mezzo secolo tante cose che abbiamo in comune. Un altro aspetto è la speranza. La speranza che questa celebrazione comune della commemorazione della Riforma ci aiuti a trovare nuova fiducia per il futuro».
Il secondo avvenimento riguarda il Concilio pan-ortodosso. Si terrà dal 16 al 27 giugno prossimo nell’isola di Creta. Fra i temi in agenda: la missione della Chiesa ortodossa nel mondo contemporaneo, la diaspora ortodossa, l'autonomia e il modo di proclamarla, il sacramento del matrimonio e i suoi impedimenti, l’importanza del digiuno e la sua applicazione oggi, e le relazioni ortodosse con il resto del mondo cristiano.
Il terzo avvenimento: l’assemblea generale con le Chiese ortodosse orientali all’inizio di febbraio al Cairo. «Questo incontro – ha precisato il cardinale – aprirà una terza fase; la prima fase ha trattato la costituzione e il centro della Chiesa, la seconda fase della “communio” e della comunicazione tra le Chiese nei primi cinque secoli. Ora iniziamo un dialogo sui Sacramenti, soprattutto sui Sacramenti dell’iniziazione: in primo piano ci sarà il Battesimo. Non è un argomento facile da trattare, perché alcune Chiese ortodosse orientali ancora praticano la ripetizione del Battesimo: per esempio, in occasione del matrimonio o della conversione. Questa, naturalmente, è una sfida importante perché il Battesimo e il riconoscimento comune del Battesimo rappresenta il fondamento dell’ecumenismo. In questo ambito, spero che riusciremo a trovare un maggiore consenso tra di noi».
DEHONIANI
Programma per il prossimo sessennio
L’amministrazione generale dei Dehoniani, eletta durante il Capitolo del maggio 2015, guidata dal nuovo superiore generale, di origine tedesca, p. Heiner Wilmer, ha elaborato nei mesi scorsi un Programma operativo per il sessennio 2015-2021, impostato sul tema Misericordia. Sulle tracce di Dio. Il programma si ispira alla figura di Abramo, scelto, è scritto, come icona della «nostra immagine di comunità in uscita». «In Abramo cogliamo la figura esemplare che ci deve accompagnare nei prossimi anni. In lui leggiamo la vicenda di chi soffre per gli sradicamenti che la storia riserva a tanti nostri contemporanei provati in ogni modo».
Tre sono i punti cardine, o “snodi” su cui si articola questo programma: la formazione; la vita con i poveri e l’annuncio del Vangelo.
Anzitutto la formazione che deve essere «profondamente spirituale, biblica, culturale e pastorale, e questo, ad alto livello». Per questo vengono incoraggiati i confratelli a fare una specializzazione per affrontare meglio le sfide di un mondo sempre più complesso... ad apprendere lingue straniere, a imparare l’approccio ai nuovi media digitali, l’esperienza di un impegno pastorale tra persone che sono nel bisogno, in una terra straniera, e curare la formazione permanente quali «condizioni necessarie per il nostro metterci in cammino, per essere parte di una Chiesa in uscita».
In secondo luogo “vivere con i poveri”, poiché «siamo persuasi che non si dia vera comunità senza la vita con i poveri» . Per questo viene chiesto: «ogni comunità ha un progetto che riguardi i poveri? Fino a che punto siamo segnati dal vivere con i poveri che sono accanto a noi, in particolare da coloro che sono i più poveri tra i poveri? In che misura ci lasciamo annunciare la Lieta Notizia da uomini e donne che sono sprofondati nel bisogno, nella marginalità, nell’emarginazione?». A questo scopo viene chiesto, per gli anni che verranno, di prendere in considerazione e di vivere in maniera nuova, in tutti gli ambiti e livelli a nostra disposizione, le sette opere di misericordia corporali e spirituali.
In terzo luogo, annunciare il Vangelo: «Ci comprendiamo – è detto – come una “comunità di discepoli che prendono l’iniziativa (primerear), che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano”, per annunciare la gioia del Vangelo», tenendo «in una mano la Bibbia e nell’altra il Vangelo». La verità e l’amore per il prossimo sono state le due grandi passioni della vita del p. Dehon, «e lo devono essere anche per noi». Per vivere queste due grandi passioni «lavoriamo insieme alla famiglia dehoniana». Inoltre «collaboriamo con i laici, con altre congregazioni religiose, con le diocesi e con le organizzazioni non governative. Cerchiamo partner con cui stringere alleanza...» E «come Abramo è padre delle tre religioni monoteiste, così ci sentiamo in dovere di intensificare il dialogo fra le religioni. Si tratta di “proporre la fede nella società odierna” di annunciare la gioia del Vangelo».
GIORDANIA
Le Comboniane nei campi profughi
La Giordania ha accolto nel proprio territorio un milione e 400 mila profughi. Sono persone, scrivono le suore comboniane che si prodigano in mezzo a loro, che provengono dalla Siria e dall’Iraq, dai territori palestinesi e dal Sudan. Fuggono dalla guerra, dalla fame e dall’intolleranza religiosa. Fra questi, il giovane iracheno Mohammed è riuscito a sopravvivere alle torture e alle sevizie della guerra, che gli ha lasciato come triste eredità la morte violenta del padre e dei fratelli, e ha trovato rifugio in Giordania. Solo, senza speranza e senza sostegno, ad Amman ha avuto la fortuna di incontrare le missionarie comboniane alle quali ha confessato di essere pronto a tutto, anche a vendere un rene, per recuperare i soldi necessari per il viaggio prima in Turchia e poi in Europa. E, forse, chiudere così i conti con quel passato/presente che lo perseguita.
«La nostra comunità – affermano le religiose – vive in questa realtà complessa e nella quotidianità cerca di vedere in ognuno la presenza del Signore. Riconosciamo in loro il volto di Gesù crocifisso e nelle loro storie, attraverso la preghiera e la carità, tentiamo nel nostro piccolo di far nascere segni di speranza e resurrezione».
Nella capitale, le suore collaborano con il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS), portano una preghiera e una parola di conforto alle famiglie. Il popolo iracheno è quello più colpito dalle persecuzioni religiose (minacce di morte e rapimenti) dell’Isis: «Alcuni riescono a scappare con tutta la famiglia, ma altri arrivano soli qui: vedove, bambini, giovani abbandonati al loro destino». Le suore cercano di portare aiuti materiali (cibo, indumenti, medicine, denaro per le visite mediche o per l’istruzione dei bambini), attraverso la collaborazione caritatevole di benefattori locali o di associazioni e parrocchie di altri Paesi, «che rispondono – spiega suor Claudia Galli – con generosità ai nostri appelli davanti a questa immane tragedia».
Chi non risiede nei campi profughi gestiti dall’Onu non ha diritto a un’assistenza sanitaria gratuita e arriva a pagare affitti mensili molto cari, anche quando si parla di tuguri piccoli e sporchi: «La situazione per queste famiglie è davvero critica: a volte ci troviamo davanti a persone che cercano il cibo nell’immondizia per sopravvivere». Il popolo giordano è a maggioranza musulmana con una piccola percentuale di cristiani (greco-ortodossi, cattolici di rito latino, copto e melchita): le suore partecipano così al Rosario nelle case o alle liturgie eucaristiche di rito caldeo e melchita. «Condividiamo i loro problemi, le loro sofferenze ma anche la loro fede. Molti sono cristiani fuggiti non solo dalla guerra ma anche dalle persecuzioni. La loro preghiera e la loro fede ci edificano molto; spesso ci ripetono: “Abbiamo perso tutto ma non il Signore Gesù”».
Le comboniane sono presenti nel paese fin dal 1939; operano ad Amman, dove c’è la sede della provincia della Congregazione in Medio Oriente, e presso l’ospedale italiano di Kerak. (Fonte: Vatican Insider, 11/12/2015)
a cura di Antonio Dall’Osto