Brena Enzo
Come essere fratelli religiosi oggi?
2016/2, p. 29
Non sempre la vocazione del fratello religioso e delle religiose è capita e stimata nella Chiesa. Il documento si propone di far apprezzare la ricchezza delle vocazioni e di far luce sull’identità del religioso fratello, sul valore e la necessità di questa vocazione.

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Documento della Congregazione per la vita consacrata
COME ESSERE
FRATELLI RELIGIOSI OGGI?
Non sempre la vocazione del fratello religioso e delle religiose è capita e stimata nella Chiesa. Il documento si propone di far apprezzare la ricchezza delle vocazioni e di far luce sull’identità del religioso fratello, sul valore e la necessità di questa vocazione.
Porta la data del 4 ottobre 2015, festa di san Francesco d’Assisi, il documento della CIVCSVA sulla figura del fratello religioso: Identità e missione del fratello religioso nella Chiesa - «E voi siete tutti fratelli» (Mt 23,8).
L’obiettivo del documento è chiaro: rispondere a domande da lungo tempo presenti nella vita consacrata. E la risposta, fin dall’inizio, mette utilmente a fuoco il tema della laicità, terreno in cui nasce e cresce la vita consacrata. In un tempo in cui si è ridotto considerevolmente il numero delle vocazioni, e dei religiosi fratelli in particolare, questo atto magisteriale vuole comunque colmare un vuoto – più teologico che giuridico – e, insieme, offrire un contributo prezioso anche a religiosi presbiteri, vescovi, sacerdoti diocesani e a tutti i laici.
Fin dalla premessa il documento si rivolge ai religiosi fratelli e alle donne consacrate, poiché essi «sono memoria permanente, per tutto il popolo cristiano, di quanto sia importante fare della propria vita un dono totale a Dio».
Anzitutto
vita consacrata
Riconoscendo che non sempre la vocazione del fratello religioso e delle religiose è pienamente capita e stimata nella Chiesa, il documento si propone di far apprezzare la ricchezza delle vocazioni e di far luce sull’identità del religioso fratello, sul valore e la necessità di questa vocazione (n.1).
A uno sguardo complessivo, appare positiva la scelta della prospettiva biblico-teologica sottesa a tutto il documento, capace di aprire il lettore a una visione pneumatica, svincolata dalle strettoie di uno sguardo condizionato dal passato e ansioso di garanzie di tipo giuridico. È la prospettiva capace di favorire una lettura in cui religiosi fratelli e religiosi sacerdoti si trovano accomunati dal senso della loro vocazione, fondamento dell’unica missione in cui convivono servizi diversi. Forse, proprio per questo, il documento attinge dal Vangelo, da Vita consecrata, Evangelii gaudium e dai documenti del concilio Vaticano II più che dal diritto canonico.
Il documento è suddiviso in tre parti. Nella prima, la vocazione del religioso fratello è presentata nel contesto dell’ecclesiologia di comunione. Nella seconda, rifacendosi a Christifideles laici, il discorso si sviluppa attorno a tre dimensioni tipiche della Chiesa-comunione: mistero, comunione, missione. Nella terza cerca di attualizzare il tema: come essere fratelli religiosi oggi?
Fratelli nella
chiesa-comunione
Comunione è il disegno divino della salvezza dell’umanità. Essa è caratteristica propria della Trinità, modello, fonte e meta della comunione dei cristiani con Gesù e tra di loro.
Il Servo di Jhwh si sente rivolgere le parole: «Ti ho stabilito come alleanza del popolo» (Is 42,6). In esse Gesù si riconosce fino al punto di sigillare nel suo sangue il suo essere alleanza del popolo. La vita consacrata comprende se stessa in questa vocazione mediatrice: essere alleanza del popolo in una vita fraterna in comunità per la missione.
Nella Chiesa, popolo di consacrati, la vita consacrata nasce laicale, come una nuova e speciale consacrazione che sviluppa e approfondisce la consacrazione battesimale, come una speciale forma di partecipazione alla funzione profetica di Cristo, comunicata dallo Spirito a tutto il popolo di Dio.
Cosciente che le relazioni nella Chiesa-comunione si costruiscono a partire da ciò che unisce, non da ciò che separa, e che tutti nasciamo alla fede ed entriamo nella Chiesa attraverso il battesimo, la vocazione del religioso fratello si radica nella laicità. In questo contesto comune, tutti siamo chiamati a esercitare determinate funzioni a servizio della comunità ecclesiale, vivendo in modo significativo e profetico determinati aspetti che appartengono al patrimonio comune, con l’apporto dei nostri specifici carismi e ministeri. I religiosi fratelli trovano il loro habitat naturale in questo contesto di comunione per la loro appartenenza al popolo di Dio, e uniti a tutti coloro che, per la consacrazione religiosa, riflettono il mistero di comunione della Chiesa. In essa mantengono viva l’esigenza della fraternità come confessione della Trinità (n.6).
La vocazione del fratello «è parte della risposta che Dio dà al vuoto di fraternità che oggi ferisce il mondo». Perciò, essa «è intimamente legata a una profonda sensibilità per tutto ciò che lede la dignità dei più piccoli del popolo, degli oppressi dalle diverse forme di ingiustizia».
Se, lungo la storia della vita consacrata, si è assistito al perdurare di tendenze clericalizzanti che travisavano la sua originale laicità, oggi si sente la necessità di riscoprire e valorizzare appieno la spiritualità della comunione radicata nel battesimo. Come tutti i consacrati, i religiosi fratelli «sono chiamati ad essere come fermento nella massa, guide esperte di vita spirituale che accompagnano fraternamente gli altri credenti» per scoprire le ricchezze dell’eredità cristiana, e condividere con loro le proprie scoperte a mutuo beneficio (n.10).
Quali scoperte? Il documento ne elenca alcune: vita sacramentale, appartenenza al popolo di Dio, integrazione personale di laicità e sacralità, vita fraterna in comunità, un carisma condiviso. Il loro primo ministero, in definitiva, è mantenere viva nei battezzati la consapevolezza dei valori fondamentali del vangelo e l’esigenza di rispondere con la santità della vita all’amore di Dio.
«La cura della fraternità crea una maggior coscienza della missione e la realizzazione della missione produce fraternità» (n.11). Con la loro vita, i religiosi fratelli testimoniano la fraternità in Cristo e affermano una verità fondamentale: la fraternità è fonte di forza per la missione. Essi sono chiamati ad essere fratelli di Cristo, fratelli fra di loro, nell'amore reciproco e nella cooperazione a servizio della Chiesa; fratelli di ogni uomo nella testimonianza della carità di Cristo verso tutti, specialmente i più piccoli e bisognosi.
Identità
del fratello religioso
L’icona della lavanda dei piedi (Gv 13) è fondamentale per capire l’identità del consacrato. Infatti, la vita consacrata sorge nella Chiesa come risposta che mantiene viva la memoria dell’amore di Cristo che ha amato i suoi sino alla fine, e incarna il dono di sé nell’amore in quel gesto che aiuta anche a capire il senso dell’eucaristia.
La fraternità, e il servizio al fratello, viene presentato come mistero, comunione e missione.
– Mistero. All’origine della vocazione alla vita consacrata vi è la scoperta che la fraternità è un dono ricevuto da Dio: «noi abbiamo riconosciuto l’amore di Dio per noi e vi abbiamo creduto» (1Gv 4,16). Toccato dall’amore di Dio, il religioso fratello è cosciente che tutta la creazione è pervasa dalla presenza amorevole di Dio e che tutto ciò che riguarda la persona umana fa parte del progetto salvifico di Dio. Perciò si impegna per un qualificato servizio professionale in tutte le aree, per quanto profane possano sembrare.
Consapevole che «non c’è nulla di più grande della consacrazione battesimale», il fratello vive la propria vocazione specifica come responsabilità di rendere visibile oggi il volto di Gesù-fratello (n.15). Il religioso fratello vive l’unico sacerdozio battesimale del laico impegnato nella società, ma con modalità diverse: il laico ricorda al religioso fratello che non può essere indifferente alla salvezza dell’umanità e al progresso terreno, voluto da Dio e ordinato a Cristo; il fratello ricorda al laico che il progresso terreno non è la meta definitiva, che l’edificazione della città terrena va sempre fondata nel Signore e a lui diretta.
Il religioso fratello esprime il suo sacerdozio battesimale facendosi in tutto simile ai fratelli, nella forma specifica della consacrazione espressa nei voti. Nella castità egli fa esperienza dell’amore di Dio che spinge ad amare tutti e promuovere la comunione con la testimonianza della fraternità. Nella povertà impara a donare ciò che ha ricevuto gratuitamente in Gesù, aperto ai fratelli per condividere la scoperta di quanto ognuno ha bisogno dell’altro. Nell’obbedienza ricerca la volontà del Padre nella fraternità animata dallo Spirito, camminando coi fratelli in unità di spirito e cuore, accettando le mediazioni umane e le regole.
– Comunione. La fraternità, da dono ricevuto, diventa dono che si condivide con gli altri fratelli. Vi è un significato eucaristico evidente al fondo di questa esperienza di dono e missione. La relazione fraterna è al centro della relazione tra fratelli in comunità e coi destinatari del proprio servizio: «Il Signore consacra il fratello nella comunità e da essa lo invia a comunicare il medesimo mistero: l’amore, la vita, la comunione» (n.21).
Chi compie la missione, sottolinea con forza il documento, è la comunità, non il singolo. L’insieme della comunità realizza un unico compito attraverso i servizi diversi svolti dai suoi membri. E la vita comune è realtà che va oltre il semplice stare insieme nello stesso luogo, esperienza di comunione che si esprime in atteggiamenti capaci di tradurre l’amore di Cristo che motiva la vita di ognuno in comunità (n.24).
La centralità della persona di Cristo e l’opportunità di un atteggiamento contemplativo sono ricordate. Così come il consiglio di vigilare sul logoramento della vita fraterna in comunità, riparando i danni e stemperando le frizioni che in essa si producono con un continuo ritorno all’essenziale.
– Missione. La missione del fratello religioso segue il movimento rappresentato da due immagini evangeliche: la compassione di Gesù di fronte al popolo, che era «come pecore senza pastore» (Mc 6,34), e la rivelazione che «tutto quello che fate a uno di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Ma la missione non si esaurisce nell’opera che si fa. Missione è la stessa vita del religioso fratello, trasformata in comunione con i piccoli. Al punto che le attività pastorali potranno mutare, o addirittura scomparire, ma la missione resta sempre (n.28).
I fratelli si offrono come guide alla ricerca di Dio, coscienti delle loro incoerenze, ma capaci di accompagnare i loro contemporanei nell’itinerario della fede (n.29).
E dove sono inviati oggi i discepoli del Signore? Alle periferie del mondo, cioè a fare una chiara opzione preferenziale per i poveri e conformarsi a Cristo, buon samaritano dell’umanità, segno dell’amore misericordioso del Padre.
Un racconto
di grazia
Chiarite vocazione e missione, il documento si chiede: che cosa significa essere fratello oggi?
La vita dei fratelli è un racconto, una storia di salvezza per i loro contemporanei, specialmente i più poveri. Loro missione specifica è prodigarsi per essere dono di Dio Padre per coloro ai quali sono inviati. Missione possibile solo se si rimane nel suo amore (cfr. Gv 15,9). Questo rimanere ha il dinamismo attivo dell’amore (n.32).
La domanda sul senso dell’essere fratello oggi ne suppone un’altra alla luce della parabola del buon samaritano: chi è mio fratello? per chi, o di chi, ci facciamo fratelli? La risposta per i religiosi fratelli è chiara: fratelli soprattutto di chi ha più bisogno della loro solidarietà e che il loro carisma di fondazione segnala (n.33).
Vi sono icone bibliche che ispirano a un’apertura della vita quotidiana al mistero dell’amore e alleanza rivelato dalla Trinità: Mosè di fronte al roveto, Paolo a Damasco, Gesù che invita a essere memoria del suo amore. A queste si aggiungono le icone dei fondatori, dei fratelli esemplari del proprio istituto e i martiri di oggi.
Il tema della formazione iniziale mette in evidenza l’importanza di aprire ai valori vocazionali e alla presa di coscienza dei propri talenti (n.34), e la formazione permanente sottolinea l’importanza della dinamica e del discernimento comunitari per rileggere il carisma alla luce delle sfide e possibilità attuali e dare risposta ai problemi del presente (n.35). Interessante, a questo proposito, l’invito a valorizzare i fratelli anziani anche dopo il pensionamento lavorativo. Infatti, non si esaurisce la vita consacrata con il termine dell’impegno professionale: «non esiste pensionamento nella missione evangelizzatrice, semplicemente si partecipa ad essa in modi diversi».
Il documento offre poi suggerimenti a come il religioso fratello possa aprirsi a nuove forme di profezia: quella dell’ospitalità, del senso della vita, dei valori femminili, della cura/difesa della vita, della salvaguardia della creazione, dell’uso sapiente delle nuove tecnologie per metterle al servizio della comunità…
La parte finale del documento prende atto della diffusa esistenza di famiglie carismatiche in cui si esprime l’ecclesiologia di comunione auspicata dal Vaticano II. «Nella famiglia carismatica, i religiosi fratelli si situano insieme agli altri cristiani e in funzione di essi. Con loro sono fratelli nel costruire una fraternità per la missione, animata dal carisma di fondazione; per loro sono segni della medesima fraternità che sono chiamati a vivere nella vita consacrata» (n.38). Le icone del samaritano e di Marta e Maria sono riferimenti utili da tenere insieme per vivere al meglio questa vocazione.
La consegna del documento all’istituzione religiosa è concreta: predisporre nuovi piani di formazione iniziale e permanente che favoriscano la scoperta e l’approfondimento della vocazione del religioso fratello; negli istituti misti, stabilire tra i membri relazioni di pari dignità senza altre differenze se non quelle derivanti dalla diversità dei servizi; approfondire la teologia della vita consacrata a partire dal criterio della fraternità di servizio; attenzione da parte dei superiori a scoprire indizi di vita nuova nella vita consacrata laica; favorire, da parte di vescovi e gerarchia, la conoscenza e valorizzazione del religioso fratello nella Chiesa locale, anche negli organi consultivi e operativi (n.39).
Enzo Brena