Chiaro Mario
Sfide per il futuro della Comunione anglicana
2016/2, p. 14
L’attuale arcivescovo di Canterbury Justin Welby (nominato nel 2013), in vista della prossima Conferenza di Lambeth prevista per il 2018, ha convocato i Primati delle 38 province che aderiscono alla Comunione anglicana (in rappresentanza dei circa 85 milioni di fedeli presenti in 165 paesi) per affrontare la revisione delle strutture ecclesiastiche e, soprattutto, per cercare un approccio complessivo alla gestione di questioni come l’omosessualità e l’ordinazione delle donne vescovo, sulle quali all’ultima Conferenza di Lambeth del 2008 sono emerse profonde divergenze in particolare tra le comunità dei paesi occidentali (Usa e Canada) e quelle africane e asiatiche.

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Sfide per il futuro della Comunione anglicana
Dall’11 al 16 gennaio 2016 si è svolto a Londra un incontro di fondamentale importanza per il futuro della Comunione anglicana. L’attuale arcivescovo di Canterbury Justin Welby (nominato nel 2013), in vista della prossima Conferenza di Lambeth prevista per il 2018, ha convocato i Primati delle 38 province che aderiscono alla Comunione anglicana (in rappresentanza dei circa 85 milioni di fedeli presenti in 165 paesi) per affrontare la revisione delle strutture ecclesiastiche e, soprattutto, per cercare un approccio complessivo alla gestione di questioni come l’omosessualità e l’ordinazione delle donne vescovo, sulle quali all’ultima Conferenza di Lambeth del 2008 sono emerse profonde divergenze in particolare tra le comunità dei paesi occidentali (Usa e Canada) e quelle africane e asiatiche.
Si tratta oggi di costruire una comunione più profonda fondata sul rispetto reciproco nella differenza, tenendo presente che la Comunione anglicana non ha un’organizzazione centralizzata e ciascuna provincia gode di una forte indipendenza (organizzativa e teologica), mentre la Chiesa d’Inghilterra, come “chiesa madre”, gode solo dello status di prima inter pares. Al servizio del mondo anglicano possiamo identificare quattro essenziali “Strumenti di comunione”: l’ufficio dell’arcivescovo di Canterbury; la Conferenza di Lambeth (a cadenza decennale); il Consiglio consultivo anglicano (ACC) e la Riunione dei primati. L’Ufficio della Comunione anglicana con sede a Londra non ha autorità propria, ma funziona soprattutto come segretariato dei quattro “Strumenti”.
Le due anime della Comunione anglicana
Con piena coscienza della complessa situazione organizzativa, l’arcivescovo Welby ha così precisato nella lettera di convocazione dei Primati: «Ognuno di noi vive in un contesto diverso. La differenza tra le nostre società e culture, così come la velocità di cambiamento culturale che si registra in gran parte dei paesi del nord, ci inducono a dividerci come cristiani». Si tratta quindi di trovare un sapiente equilibrio restando fedeli alla rivelazione di Cristo, nella consapevolezza che «non abbiamo nessun Papa anglicano» e «che la nostra autorità come Chiesa si trova, in ultima analisi, nella Scrittura, correttamente interpretata».
A Canterbury erano presenti le due anime che oggi compongono la Comunione anglicana nel mondo, quella più liberale dell’America del Nord e quella legata alla Rete della Gafcon che con circa 200 vescovi boicottò nel 2008 la Lambeth Conference, organizzando un incontro parallelo proprio per le divergenze su questioni come l’ordinazione di vescovi dichiaratamente omosessuali (cf. il caso del vescovo episcopaliano Gene Robinson), la benedizione sulle coppie gay, l’ammissione delle donne all’episcopato. Con queste tensioni interne l’anglicanesimo si inserisce davvero nell’attuale momento di trasformazione profonda nella storia delle religioni, che vede lo spostamento del centro di gravità verso il sud del mondo e porta alla luce un’aspra dialettica dei cristiani su temi come il rapporto con la secolarizzazione e l’etica sessuale (vedi il dibattito emerso anche nel recente Sinodo sulla famiglia nella Chiesa cattolica!). Si stanno rafforzando le Chiese del cosiddetto Global South, dove si concentra oggi la maggior parte dei fedeli che aderiscono alla Comunione anglicana: dal 2008 queste comunità si sono organizzate anche in un loro organismo ufficiale, la sopracitata Gafcon (Global Anglican Future Conference), a cui aderiscono i primati di Kenya, Nigeria, Uganda, Sud Sudan, Congo, Ruanda, quello della provincia anglicana del Sudamerica e la Anglican Church of North America (in cui sono confluite le comunità anglicane degli Stati Uniti e del Canada che non si riconoscono più nelle due denominazioni locali ufficiali). Per evitare il rischio di una rottura e quindi il consolidarsi di una “doppia” Comunione anglicana, prima dell’insediamento dell’Assemblea dei Primati, l’arcivescovo Welby ha visitato a una a una tutte le chiese che aderiscono alla Comunione anglicana e si è anche assicurato singolarmente da ogni primate l’adesione all’incontro. In questo modo si è voluto mantenere vivo lo spirito della conferenza di Lambeth 2008, durante la quale l’allora arcivescovo di Cantebury Rowan Williams esortò i leader anglicani a non cercare semplicemente la tolleranza delle diversità, ma piuttosto «quella unità con Gesù Cristo che viene quando si accetta il suo dono di grazia e di perdono, quando si impara da lui come parlare al Padre, quando si sta accanto a lui nella potenza dello Spirito. Siamo uniti fra noi perché siamo chiamati all’unione con l’unico Cristo e stiamo accanto a lui [...]. Si tratta di una unità inseparabile dalla verità. Essa non è rotta da un semplice disaccordo: essa cessa di esistere solo nel momento in cui non possiamo più riconoscere nell’altro la stessa chiamata che sentiamo noi stessi ad accedere a un posto al quale nessuno di noi ha diritto». Non si tratta insomma di voler imporre una conformità, ma della «ricerca nell’altro degli elementi che rafforzano la fiducia scambievole e ci permettono di vedere che l’altro avanza anche lui nella “via e nella verità” nella stessa nostra direzione, e che da una parte e dell’altra possiamo sostenerci e arricchirci vicendevolmente». Per questo «ogni associazione di cristiani consiste in una Alleanza che li rende capaci di riconoscersi, di render grazie gli uni per gli altri e di imparare gli uni dagli altri».
Le fondamentali decisioni dell’Assemblea dei Primati
In questa direzione ha lavorato l’Assemblea di gennaio 2016, che si è conclusa con un comunicato finale in cui si afferma che si riconosce la notevole distanza che rimane tra le diverse Province, ma si «conferma l’impegno unanime a camminare insieme» e a «continuare la vita della Comunione senza vincitori e vinti». Al riguardo, le affermazioni sono esplicite: «I recenti sviluppi nella Chiesa episcopale rispetto a un cambiamento nel loro canone sul matrimonio rappresenta un fondamentale allontanamento dalla fede e dall’insegnamento seguito dalla maggioranza delle nostre Province sulla dottrina del matrimonio». L’Assemblea ha così ribadito la contrarietà ai matrimoni gay con una maggioranza superiore ai due terzi: «Alla luce della Scrittura la dottrina tradizionale della Chiesa considera il matrimonio l’unione fedele e duratura tra un uomo e una donna». Perciò, rompere autonomamente con questo insegnamento è considerato come «un allontanamento dalla responsabilità reciproca e dalla interdipendenza implicita» che esiste nella Comunione anglicana.
Da qui la decisione di sospendere la Chiesa episcopale per un periodo di tre anni: ciò significa che la Chiesa statunitense non può più rappresentare la Comunione anglicana negli organismi ecumenici e interreligiosi, che i loro membri non possono essere nominati o eletti a un Comitato interno permanente e che, durante la partecipazione ad incontri della Comunione anglicana, non prenderanno parte al processo decisionale. In questo senso la sanzione inflitta alla Chiesa episcopaliana (circa 1,3 milioni di fedeli sui circa 85 milioni che costituiscono la Comunione anglicana nel mondo) è un segno dell’importanza che il sud del mondo sta acquisendo, non solo da un punto di vista numerico, all’interno dell’anglicanesimo mondiale. A Canterbury l’universo anglicano ha comunque cercato di evitare una ulteriore spaccatura lungo l’asse Occidente-Global South ponendo un freno alle posizioni più liberal in materia di omosessualità.
All’Arcivescovo di Canterbury è stato chiesto anche di istituire un “gruppo di lavoro” che avrà il compito di mantenere aperto il dialogo tra le diverse province anglicane viste le differenze che ‒ anche al di là del caso americano ‒ l’incontro ad alto livello ha evidenziato.
Mario Chiaro