Anno di grazia?
2016/2, p. 10
L’anno della vita consacrata ha chiuso ufficialmente
i suoi giorni il 2 febbraio 2016, in occasione
della festa mariana della Presentazione al tempio, giorno
dedicato alla preghiera per i consacrati e le consacrate.
Si era aperto il 30 novembre 2014. Per la prima
volta i circa 800.000 religiosi e religiose (di diritto pontificio)
e i 700.000 di diritto diocesano, raccolti in 3.700
famiglie e fondazioni hanno fatto esperienza di un anno
pastorale specificamente dedicato a loro. È la prima
volta nella storia.
Anno di grazia?
L’anno della vita consacrata ha chiuso ufficialmente i suoi giorni il 2 febbraio 2016, in occasione della festa mariana della Presentazione al tempio, giorno dedicato alla preghiera per i consacrati e le consacrate. Si era aperto il 30 novembre 2014. Per la prima volta i circa 800.000 religiosi e religiose (di diritto pontificio) e i 700.000 di diritto diocesano, raccolti in 3.700 famiglie e fondazioni hanno fatto esperienza di un anno pastorale specificamente dedicato a loro. È la prima volta nella storia.
Sul prossimo numero daremo ragione del grande convegno finale celebrato fra il 28 gennaio e il 2 febbraio, tentando una valutazione sull’insieme dell’anno. Per ora mi limito ad enunciare alcune dimensioni che hanno attraversato questi 14 mesi. Una prima annotazione è la percezione della realtà viva della composita galassia delle famiglie religiose. Anche se non dappertutto e non sempre vi è stato un impatto adeguato nelle vita delle chiese locali o all’interno degli stessi istituti. Rimane tuttavia il positivo riferimento d’insieme. Ci sono state, sia nelle iniziative centrali che locali, accentuazioni nuove. Anzitutto la percezione della dimensione ecumenica e del giudizio convergente delle confessioni cristiane in ordine all’importanza della vita consacrata. In secondo luogo, come mostra l’ultimo convegno, vi è un progressivo e reciproco riconoscimento delle molte forme della radicalità cristiana (monachesimo, vita apostolica, Ordo virginum, nuove fondazioni, istituti secolari ecc.). In terzo luogo il compito della missione, dell’apertura alle periferie, nonostante la fatica e le contraddizioni. Infine un tendenziale superamento della paralizzante percezione del «non c’è più nulla da fare». Si può ripartire anche dalla propria fragilità e da una condizione di vecchiaia.
Vorremmo chiedere alle nostre lettrici e ai nostri lettori di darci testimonianza di come l’anno della vita consacrata è stato vissuto nel proprio istituto e nella propria Chiesa locale. Il discernimento diventerebbe più preciso e creativo.
Lorenzo Prezzi