Lambiasi Francesco
Una luce nella notte
2016/12, p. 37
Il Natale è la più antica “notte bianca” della nostra storia. Abbiamo bisogno di rianimare la nostra fragile speranza, e per questo vogliamo entrare nel cono di luce inesauribile che dalla grotta di Betlemme continua ininterrottamente, da duemila anni, a rischiarare le notti dei nostri poveri giorni.
VOCE DELLO SPIRITO
una luce nella notte
Il Natale è la più antica "notte bianca" della nostra storia.
I vangeli non ci riportano la data precisa della nascita di Gesù, ma una volta ottenuta la libertà di culto con l'editto di Costantino, i cristiani di Roma hanno cominciato a celebrare il Natale il 25 dicembre, al posto della festa pagana al dio sole, che veniva a cadere nel solstizio di inverno, come "giorno natalizio (natalis) del sole invincibile". In questo modo la Chiesa di Roma, "battezzando" una festa pagana, chiamava i cristiani a considerare la nascita di Gesù la vera luce che illumina il mondo.
Abbiamo bisogno di rianimare la nostra fragile speranza, e per questo vogliamo entrare nel cono di luce inesauribile che dalla grotta di Betlemme continua ininterrottamente, da duemila anni, a rischiarare le notti dei nostri poveri giorni.
L'evangelista Luca ci informa che c'erano dei pastori a vegliare il gregge in quella notte nella campagna di Betlemme, e "la gloria del Signore li avvolse di luce". Il profeta Isaia ci aveva prima descritto i tempi messianici come tempi eccezionalmente luminosi, sfavillanti: un popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; una luce si è levata sugli abitanti di una terra oscura".
Se celebriamo anche quest'anno il Natale, è perché crediamo che la sua luce continua a illuminare anche il prossimo tratto di una strada possibile, che ci consenta di ricominciare a sperare e di poter trasformare le tante inutili macerie delle nostre follie e delle nostre maniacali aberrazioni, in altrettanti mattoni utili per la nuova civiltà dell'amore. Domandiamoci allora: da quali tenebre ci salva la luce del Natale? In quali direzioni essa si propaga?
Innanzitutto ci salva dalle nebbie gelide del non-senso, perché ci apporta le verità che costituiscono la grammatica di base per comunicare con Dio, con noi stessi, con tutti. Il Natale lancia un potente fascio di luce verso gli abissi del cielo, su Dio stesso, e ce lo rivela non come l'impassibile orologiaio dei mondi e neanche come un monarca acido e arcigno: Dio è Padre e ci ama perdutamente, fino al punto da "giocarsi" il tesoro più caro, la vita di suo Figlio, mettendola a repentaglio tra le nostre mani rozze e violente.
Il Natale illumina anche Io scenario ambiguo e confuso della storia, facendo vedere al di là delle apparenze più vistose o delle più sconcertanti contraddizioni dell'umana convivenza, che la nostra vicenda non è comandata da un destino cieco e inesorabile, né da un caso capriccioso, aleatorio e volubile, ma è guidata dalla regia immensamente sapiente e provvidente di un Amore sovrabbondante, che riesce sempre a ricavare da qualsiasi male, lieve o grave che sia, un bene smisuratamente più grande. La luce del Natale, oltre ad essere verità che illumina, è anche energia che riscalda, trasforma e mobilita: una energia potentissima ci aiuta a non sprofondare nelle sabbie mobili delle nostre tante disperazioni, tristezze e depressioni, perché non solo ci recapita la notizia più bella, più consolante e rivitalizzante - che siamo figli amati: immensamente, singolarmente, irreversibilmente amati - ma ci comunica la grazia impensabile di questo stesso amore. A Natale il figlio di Dio, oltre a nascere tra di noi, rinasce in noi, se noi decidiamo di uscire dai tunnel tetri e soffocanti del nostro peccato e ci apriamo ad accogliere il grande regalo della vita del Bambino di Betlemme, offerto gratis a quanti lo accolgono, a quelli che credono nel suo nome: "il potere di diventare figli di Dio" (Gv 1,12).
Francesco Lambiasi
da Il Pane della domenica
Meditazioni sui vangeli festivi.
Anno A, B, C.
Editrice AVE, Roma 2008