Chiaro Mario
Povertà educativa
2016/12, p. 9
Tra le regioni con maggiore “povertà educativa” annoveriamo la Sicilia e la Campania (cioè quelle in cui è più scarsa e inadeguata l’offerta di servizi e opportunità educative e formative che consentano ai minori di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire capacità, talenti e aspirazioni); tra Lombardia, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia invece troviamo le regioni più virtuose. È quanto emerge dal Rapporto di “Save the children” intitolato Liberare i bambini dalla povertà educativa: a che punto siamo?.
Povertà educativa
Tra le regioni con maggiore “povertà educativa” annoveriamo la Sicilia e la Campania (cioè quelle in cui è più scarsa e inadeguata l'offerta di servizi e opportunità educative e formative che consentano ai minori di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire capacità, talenti e aspirazioni); tra Lombardia, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia invece troviamo le regioni più virtuose. È quanto emerge dal Rapporto di “Save the children” intitolato Liberare i bambini dalla povertà educativa: a che punto siamo?. «Così come la povertà materiale, anche la povertà educativa ha carattere “multi-dimensionale”: si manifesta in un non adeguato sviluppo delle competenze cognitive, fondamentali per crescere e vivere nella società contemporanea dell'innovazione e della conoscenza, con un impatto sullo sviluppo delle competenze cosiddette ‘non-cognitive’, quali le capacità emotive, di relazione con gli altri, di scoperta di se stessi e del mondo», si spiega nel rapporto.
Correlazione tra povertà materiale e povertà educativa
L'analisi di conferma la stretta correlazione tra povertà materiale e povertà educativa: è proprio nelle regioni ai primi posti della classifica sulla povertà educativa che si registrano i tassi di povertà più elevati d'Italia. Il rapporto evidenzia anche una connessione molto forte tra povertà educativa e i cosiddetti “Neet”, ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non frequentano percorsi di istruzione e formazione. Secondo i dati dell'indagine, le opportunità per i bambini e i ragazzi italiani sono scarse, a partire dall'offerta di servizi all'infanzia (13%). Il tempo pieno, inoltre, è assente nel 68% delle primarie e nell'80% delle secondarie di primo grado, il 59% degli studenti frequenta scuole dotate di infrastrutture insufficienti a garantire l'approfondimento, e il tasso di dispersione scolastica raggiunge ancora il 15%.
Bambini e ragazzi sono penalizzati anche dalla forte carenza di attività extracurricolari: il 64% dei minori nell'ultimo anno non ha svolto almeno quattro attività tra andare a teatro o a un concerto, visitare musei, siti archeologici o monumenti, svolgere regolarmente attività sportive, leggere libri o utilizzare internet; il 17% ne ha svolta soltanto una, mentre l'11% non ne ha svolta nessuna; il 48% dei minori tra 6 e 17 anni non ha letto neanche un libro, se non quelli scolastici, nell'anno precedente, il 69% non ha visitato un sito archeologico e il 55% un museo e il 46% non ha svolto alcuna attività sportiva.
Il Fondo di contrasto la povertà educativa
Di recente è stato costituito un Fondo di 400 milioni di euro per tre anni (300 milioni stanziati dall’ultima legge di stabilità, 100 aggiunti da un certo numero di Fondazioni bancarie) che finanzierà progetti di contrasto alla povertà educativa presentati da partenariati da tra pubblico e privato. Ad Avere un ruolo centrale saranno finalmente soggetti del terzo settore, onlus, associazioni, cooperative, mondo del volontariato. Dedicare particolare attenzione alle aree del paese nelle quali il fenomeno della povertà educativa è più diffuso, sviluppare interventi che agiscono sia a livello di comunità, sia a livello individuale, costruire un sistema di monitoraggio e valutazione che misuri l’impatto degli interventi sui beneficiari diretti e sulla comunità: queste, in estrema sintesi, le raccomandazioni di Save the Children per l’applicazione del nuovo “Fondo sulla povertà educativa minorile”. La legge prevede che un protocollo di intesa definisca le modalità di intervento di contrasto alla povertà educativa, individui le caratteristiche dei progetti da finanziare, le modalità di valutazione e selezione dei progetti, i criteri utili a realizzare il monitoraggio degli interventi al fine di assicurare la trasparenza, il migliore utilizzo delle risorse e l’efficacia degli interventi. Lo stesso protocollo regolerà le modalità di organizzazione e di governo del fondo.
Le proposte di Save the Children
Secondo l’organizzazione internazionale Save the Children, le azioni supportate dal fondo dovrebbero mirare a rafforzare la resilienza dei bambini e degli adolescenti che vivono nei contesti di maggiore deprivazione, attraverso lo sviluppo di opportunità educative intese come opportunità di apprendere: per comprendere, ovvero per acquisire competenze utili a vivere nel mondo di oggi; per essere, ovvero per rafforzare la motivazione, la stima in se stessi e nelle proprie capacità; per coltivare le aspirazioni per il futuro e per gestire le difficoltà e le situazioni di stress; per vivere insieme, ovvero per sviluppare le capacità di relazionarsi agli altri, di cooperare, di negoziare e di comunicare; per condurre una vita autonoma e attiva, ovvero per rafforzare le possibilità di vita, la salute e la sicurezza considerate come condizioni funzionali dell’educazione.
Save the Children ritiene fondamentale che gli interventi siano prioritariamente indirizzati verso le aree territoriali che mostrano le condizioni più gravi di povertà educativa. Nella definizione dei criteri per individuare tali aree, Save the Children suggerisce di tener conto degli elementi di seguito sintetizzati
L’intervento comunitario-territoriale dovrebbe essere volto alla costruzione di “comunità educanti” ovvero reti locali di sostegno ai bisogni e alle opportunità educative dei bambini e degli adolescenti che vivono in condizione di povertà. L’attivazione delle reti territoriali potrebbe essere sostenuta grazie alla stesura di accordi sul territorio e attraverso il coinvolgimento delle scuole e delle famiglie. È auspicabile che questi accordi vedano poi la partecipazione del contesto produttivo locale (ad esempio di aziende ed esercizi commerciali).
Per sostenere i bambini e gli adolescenti che vivono in condizioni di povertà tali da pregiudicare le loro possibilità di accesso alle opportunità educative, Save the Children propone di ricorrere alle “doti educative”. Con questo termine si fa riferimento a piani personalizzati che sostengono i destinatari nell’acquisizione delle risorse necessarie a seguire al meglio i percorsi scolastici, ad alimentare le aspirazioni e i talenti, a uscire dal consueto ambiente di vita e ad allargare i propri orizzonti. Il ricorso a un sistema basato sulle “doti educative” sarebbe poi utile per operare uno screening dei bisogni dei minori e a costruire un effettivo intervento integrato di welfare locale e scolastico. In questo quadro, il fondo potrebbe allora contribuire allo sviluppo di un nuovo sistema di welfare per l’infanzia.
Mario Chiaro