Dall'Osto Antonio
Cosa cercano i giovani religiosi?
2016/11, p. 27
I giovani che abbracciano oggi la vita religiosa non entrano per le opere e le attività che gli istituti svolgono, ma per vivere una forte esperienza di Dio e di radicale sequela di Cristo, di preghiera e di vita fraterna, da cui deriva un generoso servizio a favore dei poveri.
Incontro di juniores marianisti a Bogotà
COSA CERCANO
I GIOVANI RELIGIOSI?
I giovani che abbracciano oggi la vita religiosa non entrano per le opere e le attività che gli istituti svolgono, ma per vivere una forte esperienza di Dio e di radicale sequela di Cristo, di preghiera e di vita fraterna, da cui deriva un generoso servizio a favore dei poveri.
San Benedetto, nella Regola, scrive a proposito di quanti bussano alle porte del monastero per poter essere accolti: “In primo luogo bisogna accertarsi se il novizio cerca veramente Dio” (58,7). È una norma di grande sapienza che ha conservato e conserva tuttora la sua piena validità.
Applicandola ai nostri giorni, possiamo affermare che i giovani che oggi desiderano entrare nella vita religiosa cercano davvero in primo luogo il Signore? Dalle inchieste effettuate in varie parti e in ambienti diversi, la risposta è “sì”. Risulta infatti che i giovani del nostro tempo non chiedono di entrare in un Istituto per le opere che svolge ma per vivere una forte esperienza di Dio e di radicale sequela di Cristo, di preghiera e di vita fraterna, da cui deriva poi un generoso servizio a favore dei poveri.
Fra le tante testimonianze che lo confermano, vogliamo qui raccogliere quella narrata nella rivista dei religiosi del Cile, Testimonio (maggio giugno 2016), da Carlos Julio Barragán M., maestro dei novizi nel noviziato latinoamericano marianista, in un numero completamente dedicato allo juniorato. Egli racconta ciò che afferma di avere ascoltato durante la riunione di un gruppo di una ventina di juniores del suo Istituto, provenienti dal Cile, Brasile, Messico, Perù e Colombia, che ha avuto luogo a Bogotà, dal 2 al 19 gennaio di quest’anno, sul tema Giovani in cammino, testimoni di misericordia. Lo scopo di quell’incontro, scrive, era «di conoscere, amare e servire il nostro carisma e rinnovare la nostra vocazione e sequela di Cristo» e di vivere «un’esperienza spirituale profonda in un luogo di periferia».
Un grande desiderio
di rinnovamento
Il primo aspetto che ha colto ascoltando i giovani è stato il loro grande desiderio di rinnovare e ossigenare la vita religiosa dell’America latina; di fare delle comunità dei luoghi teologici di accoglienza, di condivisione, dove vivere i voti e incoraggiarsi a vicenda nell’essere più radicali secondo lo stile di Gesù, e fedeli e fecondi nella loro vita religiosa.
In questo cammino alcuni dicono di incontrare, a volte, degli ostacoli, delle barriere e molte paure nei loro fratelli maggiori che li bloccano e non permettono di essere felici e fecondi. Per questa ragione desiderano rivestire di nuovi significati molte cose, alleggerire le strutture ed erogare ossigeno alle comunità.
Nello stesso tempo, affermano di apprezzare grandemente il contributo e la testimonianza di questi fratelli maggiori che hanno aperto dei cammini nella vita religiosa. Ammirano la loro fedeltà, la costanza e tenacia, la vita di preghiera, l’austerità, la loro testimonianza quotidiana, ecc. Tutto ciò li stimola a imparare da loro e ad adeguare tutta questa ricchezza ai tempi nuovi del continente latinoamericano e di tutta la Chiesa.
Manifestano, inoltre, un grande desiderio di agire come famiglia carismatica, assieme agli altri rami dell’istituto, di fare squadra, di unire le forze, di non lavorare disuniti e disarticolati e di cercare nuove strade di integrazione. Pensano che la sinergia e l’unione costituiscano un fattore vitale per affrontare le nuove sfide del mondo moderno e della realtà internazionale della congregazione. Nei loro cuori avvertono tutta una ricchezza che desiderano condividere e proporre alle generazioni più adulte.
Un altro tema da essi molto sentito è l’urgente necessità di utilizzare per l’evangelizzazione e la comunicazione con i fratelli più lontani i nuovi mezzi della tecnologia digitale. Tutto ciò senza perdere di vista i più vicini, i fratelli della comunità locale. Tra i giovani sta fortemente emergendo una nuova cultura digitale che implica una nuova antropologia per le nuove generazioni, per sentirsi sempre più collegate con il mondo.
Un grande desiderio
di conoscere
Un secondo aspetto emerso nell’incontro è il profondo desiderio di conoscere meglio Gesù, Maria, la Chiesa, i poveri, la congregazione. I giovani chiedono una formazione intellettuale solida e hanno una grande sete di maggiori conoscenze.
La grande sfida che si pone loro sta nel saper integrare i processi umani, spirituali, carismatici, pastorali e accademici. A questo scopo, ritengono necessario che ogni junior sia il primo responsabile e artefice della propria formazione, con la guida di un maestro che la orienti e sia un compagno del loro cammino.
Ma come riuscire a pregare senza stancarsi, leggere, studiare, fare missione, lavorare, riposare... armonizzando tutti questi aspetti? Alcuni hanno espresso il timore di un certo stress, ma sentono anche l’entusiasmo di assumere la sfida in questa tappa della loro vita.
Molto importanti in questa tappa dello juniorato sono ritenuti gli studi religiosi e spirituali basati su solidi fondamenti teologici. In questo desiderio di conoscere, sentono il bisogno della testimonianza di fratelli e di persone che siano “più dei testimoni che dei sapienti”, degli accompagnatori capaci di vibrare in sintonia con la vita, gli ideali e speranze , i problemi e le incoerenze, i progetti dei loro formandi... e testimonino con la vita ciò che insegnano e propongono.
Inoltre, di fronte alla globalizzazione e internazionalizzazione delle nostre congregazioni, è avvertita la necessità di conoscere una seconda lingua e di impararla preferibilmente nel paese dove questa si parla, vivendo assieme ad altri fratelli della stessa congregazione che li accolgano e accompagnino in questo processo.
Un grande desiderio
di amare
Un terzo aspetto sottolineato durante la riunione – scrive p. Barrágan – è il grande desiderio che ciascun giovane ha di amare in pienezza Gesù e di appassionarsi sempre più al suo progetto di Regno; di amare i poveri, amare il proprio lavoro, la loro opzione di vita e chiamata, di amare il loro carisma congregazionale.
La mancanza di questo amore in certi momenti della loro vita di comunità e, a volte, l’assenza di gesti e opere di un amore concreto verso i poveri, suscita in loro la nostalgia di qualcosa di nuovo, di diverso. Chiedono maggiore radicalismo nella sequela di Gesù, con gesti concreti, non con le parole ma con i fatti.
È emerso con molta evidenza anche il desiderio di essere più mistici e profetici, persone che con lo sguardo di Dio nel cuore sappiano riconoscere il nuovo che sta nascendo nella Chiesa, nel mondo, nelle semplici realtà di tutti i giorni e nella grandezza delle piccole cose. Infine, chiedono testimonianza e coerenza di vita per la propria vita e quella degli altri...
In un mondo sempre più scettico verso le istituzioni e che ha perso la fiducia nel valore della parola, sentono la necessità di far trasparire dai fatti di ogni giorno un nuovo modo di vivere e di abitare. Apprezzano un vita religiosa semplice, gioiosa, accogliente, meno “funzionale” e più fraterna, dove ognuno sia il benvenuto. Non più facce scure e tristi, ma volti luminosi come riflesso dell’amore e della misericordia di Dio.
È urgente, hanno sottolineato ancora, vivere una vita religiosa che parli di Dio e della nostra fiducia in lui, in maniera semplice, trasparente, schietta e onesta anche nei più piccoli dettagli e nell’uso del denaro e delle risorse. Nessuno è padrone assoluto dell’opera in cui svolge la sua missione. Siamo inviati – hanno detto – non padroni, siamo amministratori di qualcosa che è comune e appartiene a Dio e dove i poveri devono essere i suoi beneficiari più prediletti.
Un grande desiderio
di servire
Forse uno degli aspetti che rendono ragione della donazione della propria vita in un giovane junior consiste nell’avere un perché e un per chi vivere.
Senza dubbio, Gesù sta ritrovando la centralità che andava scomparendo in altri tempi. I giovani vogliono svolgere la propria parte nel recuperare il progetto di Gesù; vogliono che la missione sia un servizio ai più poveri e pertanto sentono la necessità di aprire un maggior numero di campi di missione in mezzo ad essi.
Si nota in loro anche una grande sensibilità per il volontariato, la cura del creato, l’ecologia, le specie in estinzione.... In questi campi, è stato detto, dobbiamo essere presenti e impegnare tutte le forze per portare il messaggio del Vangelo e la testimonianza della Chiesa e della congregazione.
Anche altri settori come i campi estivi e invernali, le missioni, le colonie, le campagne a favore delle persone bisognose o l’impegno in momenti di calamità costituiscono un mezzo efficace per esprimere in maniera concreta la solidarietà e sono ritenute un modo molto attraente e credibile per i giovani di essere cristiani. Lo stesso, hanno sottolineato, si deve dire per la presenza nelle periferie fisiche ed esistenziali, nel mondo dello sport, nei gruppi giovanili, gli scouts ecc., tutti ambiti che costituiscono i nuovi scenari in cui la vita grida e dove la nostra presenza è urgente e vitale...
La maggior parte dei giovani inoltre ha ribadito che vogliono vivere così, in maniera semplice tra, con e per i poveri, nel servizio quotidiano, e accompagnare i processi di liberazione. Ricercano inoltre una vita fraterna in comunità più aperte alla gente; non vogliono né muri né muraglie nelle loro case, e auspicano una vita quotidiana più ariosa e meno strutturata, più gioiosa, più fedele a Gesù e più radicale.
Senza dubbio – sottolinea p. Barragán, – la missione e la vicinanza ai poveri, in questo periodo di formazione, nonostante il poco tempo che rimane per gli studi accademici e le occupazioni proprie della loro condizione di juniores, è vitale e lascerà in essi un’impronta per tutta la vita. È importante conoscere le persone più bisognose dell’ambiente circostante, le loro storie, i loro nomi e volti facendo in modo che le elaborazioni intellettuali più elevate e raffinate si traducano in azioni concrete di solidarietà, cominciando da quelli di casa. In altre parole: unire fede e vita.
Un grande desiderio
di celebrare
Non posso, infine, dimenticare – conclude p. Barragán – un altro aspetto fondamentale: celebrare. Si celebrano i compleanni, i titoli di studio, lo scopo di un’opera... ma ci si dimentica di celebrare la vita, l’incontro gioioso con il Signore nella liturgia.
La vita liturgica quotidiana in alcuni casi, anche se non sempre, sembra loro un modo molto “sciatto” e rigido di celebrare la fede perché si bada più alla forma che alla sostanza, si guarda ai particolari e si perde di vista la celebrazione gioiosa dell’incontro con il Signore....
Secondo i nostri juniores bisogna aprire spazi per un nuovo modo di vivere la liturgia. Non si tratta di buttare via tutto ciò che si faceva in passato, ma di trovare delle modalità che sappiano unire l’antico e il nuovo...
Si auspicano infine esperienze spirituali nuove e più creative di preghiera (più che ripetere preghiere), unendo sempre fede e vita, mettendo sempre Gesù al centro. In altre parole, celebrazioni liturgiche più gioiose, ariose, giovanili e semplici.
Questo è quanto p. Barragán scrive di aver sentito nell’incontro con i giovani marianisti dell’America Latina e si augura che tutto ciò serva per ringraziare il Signore per la vocazione ricevuta e i formandi stessi che aiutano anche noi ogni giorno a formarci. Tutti siamo infatti in cammino.
A.D.