La sfida del perdono
2016/11, p. 25
Circa 50.000 persone hanno partecipato al Festival
francescano svoltosi a Bologna. Il tema del perdono filo
conduttore di questa edizione, nel contesto del giubileo
della misericordia, dell’VIII centenario del perdono
d’Assisi, dei 30 anni dallo spirito di Assisi.
VIII edizione del Festival Francescano
LA SFIDA
DEL PERDONO
Circa 50.000 persone hanno partecipato al Festival francescano svoltosi a Bologna. Il tema del perdono filo conduttore di questa edizione, nel contesto del giubileo della misericordia, dell’VIII centenario del perdono d’Assisi, dei 30 anni dallo spirito di Assisi.
Dal 23 al 25 settembre la città di Bologna, nella splendida Piazza Maggiore ha ospitato la VIII edizione del Festival Francescano. Si tratta di un evento che si proponeva di portare san Francesco e il suo messaggio più vicini alla gente d’oggi. I risultati di questa manifestazione sono stati molto lusinghieri. A tracciarne un bilancio è fra Giordano Ferri, direttore della manifestazione: «Circa 50.000 le persone che in queste tre giornate hanno partecipato a conferenze, workshop, momenti di confronto e di preghiera, interrogandosi e riflettendo su un tema non facile, quello del perdono, ma che si è rivelato di grande attualità e di forte interesse. Abbiamo avuto interventi importanti, don Giovanni Nicolini e Gian Carlo Caselli come anche Massimo Cacciari o Andrea Riccardi; abbiamo chiuso le tre giornate con un intenso momento di preghiera interreligiosa, nel segno della pace e dell’uguaglianza: tutti momenti molto partecipati che hanno arricchito il pubblico di nuovi “bagagli” da portare a casa».
Spegnere le inimicizie
Già lo scorso anno si era scelto Piazza Maggiore di Bologna come sede della manifestazione, poiché proprio in questa piazza san Francesco predicò nel 1222. Nelle fonti francescane è riportata una illuminante riflessione di un testimone oculare contemporaneo di Francesco: «Francesco non aveva stile di uno che predicasse, ma di conversazione. In realtà tutta la sostanza delle sue parole, mirava a spegnere le inimicizie e a gettare le fondamenta di nuovi patti di pace».
In continuità con lo stile di san Francesco, il tema di questa edizione ha affrontato la difficile questione del perdono: “Per forza o per perdono”. Una parola oggi a volte inattuabile e incomprensibile, ma carica di significati nel contesto del giubileo della misericordia e in quello ancora più straordinario per i francescani che ricordano l’ottavo centenario del Perdono di Assisi e i trent’anni dello Spirito di Assisi. Per questa ragione, come hanno spiegato gli organizzatori, la manifestazione ha inteso riempirsi «di molteplici significati, nell’intenzione di attualizzare il messaggio del Santo Patrono d’Italia e di declinarlo grazie al contributo di una cinquantina di relatori e attraverso un centinaio di appuntamenti tra spettacoli, workshop e attività per i più piccoli».
Lo spirito francescano
in piazza
La prima edizione del festival francescano risale al 2009, nata in occasione dell’Ottavo Centenario della Regola dell’Ordine Francescano. Venne organizzata dai Frati Minori Cappuccini dell’Emilia Romagna in collaborazione con l’Ordine Francescano Secolare e gli ordini religiosi femminili a loro vicini. Dal 2010 la manifestazione si è allargata a tutto il Movimento francescano dell’Emilia Romagna. Il successo del festival fu così grande che la stampa ne parlò con ampiezza definendolo come una “invasione pacifica” dei seguaci di Francesco. Il festival ottenne pure il Patrocinio del Movimento Francescano Nazionale.
Fin dall’inizio vi fu la volontà di scendere in piazza e nelle strade per portare il messaggio di san Francesco attraverso un linguaggio semplice e immediato. La scelta della piazza non è casuale, perché «è il luogo dell’incontro con tutti». «La gente rimane un po’ sorpresa nel vedere tanti frati e suore insieme che gironzolano nella piazza – commenta un francescano – ma proprio questo è il motivo principale: farci vedere non soltanto nelle nostre chiese, all’interno delle nostre mura, ma anche fuori, sulle piazze e proporre qualcosa di significativo».
La caratteristica di questi eventi è porre a tema alcune questioni centrali non solo per il mondo francescano, ma anche per la società civile e la Chiesa. Così ad esempio, nel 2012, in occasione dell’VIII centenario della consacrazione di Chiara d’Assisi, la manifestazione pose al centro della sua riflessione il ruolo delle donne nella società, nell’economia, nella cultura, nelle professioni, nelle religioni, nella Chiesa. Nella edizione dell’anno successivo, invece, il Festival Francescano ricordò il passaggio di san Francesco in Romagna e la figura di un altro grande predicatore: sant’Antonio di Padova. Il tema fu quello del cammino, reale e spirituale, personale e collettivo. E ancora: in occasione della ricorrenza del 150° dell’Unità d’Italia (2011) il festival approfondì la presenza di Francesco e dei valori francescani nella storia italiana e negli italiani. Per la qualità del programma, la manifestazione fu insignita di una Medaglia di rappresentanza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. L’edizione dello scorso anno ha toccato il tema legato all’Expo e all’enciclica di papa Francesco “Laudato si’.
Il perdono strada maestra
di rinnovamento
L’edizione di quest’anno non poteva non inserirsi nel giubileo della misericordia. Ma la prospettiva scelta dal festival è stata quella del perdono. Quanto sia attuale e difficile il tema lo ha affermato papa Francesco nel suo pellegrinaggio alla basilica di Santa Maria Maggiore presso la Porziuncola il 2 agosto scorso, in occasione dell’VIII centenario del perdono d’Assisi. Commentando la parabola di Matteo in cui Gesù chiede di perdonare “settanta volte sette” dice: «È difficile perdonare, quando costa a noi perdonare gli altri! Che grande regalo ci ha fatto il Signore insegnandoci a perdonare, o almeno la voglia di perdonare. Quella del perdono è certamente la strada maestra da seguire per raggiungere quel posto in Paradiso. Perché dovremmo perdonare una persona che ci ha fatto del male? Perché noi per primi siamo stati perdonati, e infinitamente di più. Come Dio perdona noi, così anche noi dobbiamo perdonare chi ci fa del male. Precisamente come nella preghiera che Gesù ci ha insegnato, il Padre Nostro, quando diciamo: “‘Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”. I debiti sono i nostri peccati davanti a Dio, e i nostri debitori sono quelli a cui anche noi dobbiamo perdonare. Pensiamo, in silenzio, alle cose brutte che abbiamo fatto e che il Signore ci ha perdonato. È la carezza del perdono, tanto lontano da quel gesto: “me la pagherai!”. Il perdono è un’altra cosa». «In questo Anno Santo della Misericordia – ha concluso papa Francesco – diventa ancora più evidente come la strada del perdono possa davvero rinnovare la Chiesa e il mondo».
Il perdono
necessario
Francesco d’Assisi – spiega fra Alessandro Caspoli presidente dell’evento francescano – è stato l’uomo della riconciliazione, l’uomo che cercava sempre una via di mediazione, sia con i suoi frati sia con le persone». Ma anche oggi è necessario il perdono, «perché senza perdono non durano a lungo né le amicizie né le famiglie; di perdono hanno bisogno i rapporti sociali, la politica e la stessa economia. Il perdono è l’unica ricetta capace di restituirci tutti, credenti o no, a una vita che possa dirsi umana. In questo sta l’urgenza di parlare di perdono, oggi».
Il tema è stato affrontato da varie angolature (dal punto di vista psicologico, storico e sociale) di cui è impossibile proporre anche solo una breve sintesi. Fra i numerosi interventi, una grande eco e un forte dibattito ha suscitato quello di mons. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna. Interagendo in forma di intervista con il giornalista Lorenzo Fazzini il vescovo ha risposto ad alcune domande sul tema “Quando perdonare è difficile”.
Il perdono libera
dall’odio e dalla vendetta
Non è facile parlare di perdono in una città come quella di Bologna attraversata da ferite non ancora risanate: dagli eccidi di Monte Sole alla strage della stazione, da Ustica all’Italicus. E mons. Zuppi ne è pienamente consapevole. Le sue prime parole sono state di positivo atteggiamento che provengono dalla fede in Gesù: “Nostro Signore non ci chiede mai qualcosa che non possiamo fare e ce lo chiede perché possiamo vivere bene”.
Il perdono è strettamente legato all’amore e alla giustizia, ma anche all’odio e al rancore: «Il rancore è una delle malattie spirituali che coltiviamo con cura. Molte volte conserviamo l’odio solo per orgoglio. Pensiamo addirittura che il male dentro di noi possa essere inerte. Ma non può esserlo perché il male non sta fermo: ci avvelena, ci rovina. Pensiamo erroneamente che il perdono sembri un tradimento rispetto al torto subito e alla sofferenza delle persone che non ci sono più. Perdonare può sembrare un’ingiustizia aggiunta all’ingiustizia». Naturalmente vi è uno stretto rapporto tra perdono e giustizia: «Il perdono non vuol dire cancellare la giustizia. Il perdono vuole la giustizia e libera dall’odio e dalla vendetta». «Cercare la giustizia – ha continuato mons. Zuppi – vuol dire non dimenticare. Sarebbe terribile dimenticare le sofferenze di quella persona o quello che ha subito. Dovremmo essere tutti parenti delle vittime».
Senza perdono
non c’è pace
Le parole dell’arcivescovo di Bologna provengono dalla esperienza diretta con l’orrore e la tragedia di diversi popoli. Dalla sua diretta opera di mediatore per la pace in Mozambico nasce la convinzione che il perdono è la premessa della pace «la pace può nascere solo dal perdono. In Mozambico l’amnistia è stata vissuta come perdono per poter ricominciare. Molte volte la pace addormenta la giustizia e se non c’è il perdono ricomincia l’odio. Dobbiamo reimparare a vivere insieme. Altrimenti siamo condannati a ripetere il male perché c’è una memoria dell’odio che si trasmette per generazioni. Ci vuole capacità di ritrovare nell’altro il mio fratello e il mio prossimo. Per cancellare il male».
Una volta conclusa l’edizione del 2016, i francescani hanno già aperto il cantiere per il prossimo anno. È lo stesso fra Giordano Ferri che anticipa il tema: «Il prossimo anno saremo di nuovo qui e speriamo di fare ancora meglio, con un tema molto diverso da quello di questa edizione, ma altrettanto insidioso, ovvero “Il Futuro”».
Sergio Rotasperti