Quel quadro
2016/11, p. 4
Questa mattina mi sono trovato a guardare con occhi diversi il quadro che sta
appeso davanti a me nel mio studio. In alto, tra nuvolette e angioletti, sta la
Vergine in trono con il bimbo scherzoso sulle ginocchia. Sotto, alcuni santi e in
mezzo la luna sulla quale la Vergine posa i piedi.
La luna rappresenta nell’iconografia tradizionale il limite e la separazione tra la
terra e il cielo.....
QUEL QUADRO
Questa mattina mi sono trovato a guardare con occhi diversi il quadro che sta appeso davanti a me nel mio studio. In alto, tra nuvolette e angioletti, sta la Vergine in trono con il bimbo scherzoso sulle ginocchia. Sotto, alcuni santi e in mezzo la luna sulla quale la Vergine posa i piedi.
La luna rappresenta nell’iconografia tradizionale il limite e la separazione tra la terra e il cielo.
Ma come mi è sembrato improvvisamente tutto strano e irreale, quasi mitologico!
Il cielo degli astrofisici, il cielo delle sonde spaziali, il cielo dei potentissimi telescopi è ben diverso: immensi spazi vuoti punteggiati da galassie, che sembrano nuvole, popolano quegli sconfinati silenzi, percorsi da colossali forze che muovono e regolano materia ed energia e luce. Stelle che esplodono e implodono, galassie che si allontanano a distanze che tendono all’infinito, uno spazio che si confonde con il tempo … che meraviglia!
Ma anche: quanto timore reverenziale, persino quanta paura, di fronte a quel dispiegamento di potenza, di forza, di ferrea razionalità che sembra uscire inspiegabilmente dal caos!
Sì, è vero: i cieli cantano la gloria di Dio onnipotente, ma fanno sentire me piccolo e insignificante. Il Potere che ha dato inizio a questa strabiliante avventura suscita la mia ammirazione, ma il mio cuore “per poco non si spaura”.
Ma è vero che anche questi mondi e questi cieli non sono altro che un “un grido tra due silenzi”, un immane sfoggio di intelligenza e potenza, destinati a passare: un enigma senza risposta.
Ed eccomi ad alzare di nuovo gli occhi al mio dipinto, ai suoi angioletti, alle sue nuvolette che mi parlano in forma ingenua del cielo. Ma un cielo raggiunto ed afferrato dal semplice cannocchiale del cuore, che me lo rende famigliare, vicino, comprensibile, desiderabile, perché abitato da una madre che mi parla di dolcezza, di attenzione di amore, con sulle ginocchia il bambino, che sta divertendosi … Un momento … ma quel bambino non è la Parola “per mezzo della quale tutto è stato fatto e senza la quale nulla è stato fatto”? (Gv 1,3).
Non è lui che ha disteso le orbite degli astri, che pesa sulla bilancia l’intero universo come fosse un granello di polvere? Non è lui che ha fissato l’origine e la fine, l’alfa e l’omega, di ogni cosa, che ha fatto esplodere il Big bang dell’Amore, la cui eco riempie il creato e tocca rassicurante anche il mio cuore?
E sua Madre non è la raffigurazione più amabile dell’Amore ?
Di Lei non è stato detto che “ha portato nel suo grembo Colui che i cieli non potevano contenere”?
E qui il mio quadro sembra dilatarsi a dismisura e il suo piccolo ingenuo cielo dipinto pare sovrapporsi alla mappa dei cieli e riempire gli spazi più inesplorati.
E avverto che il mio piccolo cielo spiega l’enigma dei cieli, salva i cieli, riempie i cieli, perché l’amore tutto spiega, tutto salva, tutto permea e tutto rende perenne.
Il mio è il cielo di una mamma e di un bambino, di un amore che genera la vita e la fa crescere, di un amore che ha generato quella Parola che è venuta a dirmi che all’inizio e alla fine di tutto c’è l’amore, perché quella Parola è ”Amore”.
Cari angioletti, cantate lieti anche per me, in attesa che io canti con voi, tra le vostre nuvolette, più consistenti di tutte le galassie!
Piergiordano Cabra