Gellini Anna Maria
Varcare la porta della misericordia
2016/10, p. 46
Giuseppe Sovernigo, psicologo e psicoterapeuta, propone con il suo libro alcune riflessioni arricchite da esercitazioni spirituali e dinamiche psico-pedagogiche: l’obiettivo è aiutare cammini formativi orientati a generare persone riconciliate, capaci a loro volta di riconciliare. «Lasciarsi riconciliare non è frutto di un processo automatico o immediato. La persona interessata è chiamata a collaborare fattivamente per rimuovere gli ostacoli esterni o interni presenti e facilitare i fattori favorevoli». E questo a livelli che sono spesso oltre la consapevolezza che se ne ha.
NOVITà LIBRARIA
varcare la porta
della misericordia
Giuseppe Sovernigo, psicologo e psicoterapeuta, propone con il suo libro alcune riflessioni arricchite da esercitazioni spirituali e dinamiche psico-pedagogiche: l’obiettivo è aiutare cammini formativi orientati a generare persone riconciliate, capaci a loro volta di riconciliare. «Lasciarsi riconciliare non è frutto di un processo automatico o immediato. La persona interessata è chiamata a collaborare fattivamente per rimuovere gli ostacoli esterni o interni presenti e facilitare i fattori favorevoli». E questo a livelli che sono spesso oltre la consapevolezza che se ne ha.
Un obiettivo da perseguire
Essere persone di pace e di riconciliazione è possibile a chi è adulto in umanità e nella fede. Operare come riconciliatori non è né facile né immediato. La condizione primaria per poter essere e agire da riconciliatori efficaci è quella di essere anzitutto persone riconciliate con se stesse, con Dio, con gli altri, con la vita.
A partire da se stessi, «le aree non riconciliate interne della persona si riflettono pure sugli altri a livello proiettivo e interpretativo. Influenzano il contatto con le persone e le cose, la percezione della realtà, con la correlativa reazione alle varie realtà».
A partire da Dio, la sua parola rimane fondante e illuminante: «Se uno è in Cristo è una creatura nuova...» (Ef 2,15; Rm 6,4): «questo dice che è in gioco la nostra libertà responsabile, la nostra scelta di vita. Niente c'è di automatico. Siamo coinvolti in prima persona come collaboratori in prima linea, pena il non portare frutti di vita, la sterilità, le mani vuote a due livelli: come persone e come collaboratori di Gesù».
L'azione di Dio misericordioso, che comunque sempre ci precede, richiede l'adesione libera e attiva della persona.
Un cammino da percorrere
Il testo è articolato in otto capitoli integrati da dodici tavole molto interessanti anche da un punto di vista didattico-pedagogico. Il tema della riconciliazione viene sviluppato da varie angolature: Gesù Riconciliatore; il dono della riconciliazione da parte di Dio; la divisione e l'allontanamento dal Padre; la riconciliazione inceppata; la coscienza della propria miseria morale e spirituale; il rientro in se stessi e il coraggio del primo passo; l'incontro con il Padre che perdona e i segni di una nuova identità; infine, Gesù che si fa porta di misericordia per Simone il Fariseo e la peccatrice perdonata.
Ciascun capitolo si apre con un brano biblico. Dopo un commento teologico-pastorale, seguono alcuni approfondimenti sul piano antropologico, con riferimenti precisi alla persona chiamata a vivere la riconciliazione. Al termine di ogni capitolo sono proposti alcuni esercizi personali per una verifica interiore, per un'appropriazione dei contenuti e per favorire un cammino di formazione e di consapevolezza. Sono pure proposte piste di approfondimento come strumenti per una efficace condivisione di gruppo.
lI perdono non è una bacchetta magica
Tim Guénard è un testimone vivente della riconciliazione: «C'è il perdono del volere e quello del potere: si vuol perdonare ma non si può. Quando si può, allorché la testa e il cuore finalmente finiscono per essere d'accordo, rimane il ricordo, le cose dolorose che tornano a galla, che turbano e riattizzano l'odio. È il perdono della memoria. Non è il più facile. Richiede molto tempo. Per dieci anni tutte le mattine ho chiesto a Martine [mia moglie]: "Mi ami?". Non riuscivo a credere al suo amore. La mia guarigione si è compiuta con il tempo. Il passato si risveglia con un suono, una parola, un odore, un rumore, un gesto, un luogo intravisto. Basta un niente perché i ricordi riaffiorino. Mi sconvolgono, mi graffiano. Mi rammentano che sono sempre sensibile. Sto sempre male. Forse non sarò mai totalmente in pace. Senz'altro dovrò ripetere continuamente il perdono. È il "settanta volte sette" di cui parla Gesù?
Perdonare non vuol dire dimenticare. È accettare di vivere in pace con l'offesa. Difficile quando la ferita ha attraversato tutto l'essere fino a marcare il corpo come un tatuaggio mortale. Recentemente ho dovuto subire un'operazione alle gambe: le botte di mio padre hanno provocato dei danni fisici irreparabili. Il dolore si risveglia spesso: e con esso il ricordo. Per perdonare bisogna ricordare. Non nascondere la ferita, sotterrarla, ma al contrario metterla a nudo, sotto la luce. Una ferita nascosta s'infetta e rilascia il suo veleno. Occorre che sia curata, ascoltata, per poter diventare fonte di vita. Sono testimone del fatto che non esiste ferita che non possa essere lentamente cicatrizzata con l'amore».
Dai fatti ai significati
«In vista di uno sguardo promovente, di una buona riconciliazione, occorre imparare a passare dai fatti ai significati per la concreta persona o gruppo. Quello che accade è momento di grazia, non incidente di percorso. Non è qualcosa che non avrebbe dovuto succedere, ma forse qualcosa che proprio doveva succedere, che va bene sia successo, perché spalanca una nuova comprensione di sé e di Dio che vuol dire qualcosa e lo fa così, attraverso quello che capita nella vita».
Anna Maria Gellini