Evangelo ed ecumenismo
2016/10, p. 38
Se noi conoscessimo il dono dell’evangelo (cf. Gv 4,10),
la potenza dell’evangelo (cf. Rm 1, 16), dovremmo semplicemente
ascoltarlo e adorarlo; dovremmo far diventare
nostra carne e nostro sangue il mistero del Cristo
trasfigurato di cui Dio ci ha voluti partecipi. Ma di
fronte a questa verità sta la miseria di ciascuno di noi e
delle nostre chiese, incapaci di essere all’altezza di questo
mistero luminoso. Cerchiamo
dunque di metterci
di fronte all’evangelo, di
fronte al Signore, affinché
ci giudichi nella sua misericordia
e compassione.
VOCE DELLO SPIRITO
EVangelo ed ecumenismo
Se noi conoscessimo il dono dell'evangelo (cf. Gv 4,10), la potenza dell'evangelo (cf. Rm 1, 16), dovremmo semplicemente ascoltarlo e adorarlo; dovremmo far diventare nostra carne e nostro sangue il mistero del Cristo trasfigurato di cui Dio ci ha voluti partecipi. Ma di fronte a questa verità sta la miseria di ciascuno di noi e delle nostre chiese, incapaci di essere all'altezza di questo mistero luminoso. Cerchiamo dunque di metterci di fronte all'evangelo, di fronte al Signore, affinché ci giudichi nella sua misericordia e compassione.
Spesso in questi ultimi anni, quando avvengono degli eventi di grazia nel cammino del dialogo tra le chiese, si scopre e si ammette che nel nostro passato c'è più comunione che divisione. Eppure a quale prezzo la divisione ha sfigurato il corpo di Cristo... Certo, oggi giungiamo a riconoscere che quando ci siamo separati è perché in realtà non ci eravamo ascoltati e capiti, ma non possiamo dimenticare quanto la divisione sia costata in termini di odio e di violenza nella vita delle chiese e dei cristiani, oltre che in termini di contro testimonianza nei confronti del mondo.
L'evangelo ci chiama alla comunione, al riconoscimento reciproco tra chiese che per secoli hanno camminato in opposizione l'una all'altra. Proprio per questo vorrei dire che è giunta l'ora in cui i cristiani di diverse confessioni facciano dei passi concreti per mostrare che è possibile amare lo stesso Signore e credere in lui.
La nostra povera comunità cosa ha dimostrato in questi quasi trent'anni, da quando un fratello pastore della chiesa riformata di Neuchâtel ha cominciato a vivere con noi? Cosa mostra la presenza, ormai da nove anni, di una sorella della chiesa riformata di Francia che oggi fa la sua professione monastica definitiva? Una cosa semplice, elementare: noi tutti vogliamo seguire lo stesso Signore e se in comunità esistono delle differenze, esse non consistono nell'appartenenza di alcuni di noi alla chiesa cattolica, di altri alle chiese riformate, ma nel nostro corrispondere o meno alla grazia del Signore, nel nostro vivere o meno l'evangelo. Chi di noi potrebbe dire che qualcuno ama di più o di meno il Signore in base alla chiesa di appartenenza?
Non abbiamo mai detto, e abbiamo sempre impedito che altri lo dicessero, che siamo qui a vivere come monaci per uno scopo ecumenico. Eventualmente una tale affermazione può risuonare in bocca a quanti vogliono avere uno scopo per giustificare la loro vita religiosa. Noi no, noi siamo qui per vivere l'evangelo, e sappiamo che nel vivere l'evangelo è essenziale l'ecumenismo. L'ecumenismo non è un'opzione tra le altre, non è una scelta che si può assumere a un certo punto del cammino. Ripeto, noi vogliamo essere solo dei discepoli di Cristo. Se ci siamo uniti è per dare al Signore delle nostre vite una testimonianza comune, è perché lo stesso amore ci unisce a Cristo: questo valeva negli anni in cui l'ecumenismo era per le chiese una grande scoperta; valeva nell'ora in cui l'ecumenismo sembrava non essere più di moda nelle chiese e tra le chiese; vale oggi, in un momento in cui pare che si stia assistendo a un risveglio del cammino ecumenico; varrà anche quando dovesse tornare l'inverno ecumenico.
L'ecumenismo è per noi un impegno che discende ieri, oggi e sempre dall'evangelo, dalle parole di Gesù: "[Padre,] prego anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,20-21). E accanto a questa preghiera vi è un'altra parola di Gesù che mostra l'unica possibile eloquenza e visibilità evangelica dei cristiani nel mondo: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,35).
Enzo Bianchi
da Il mantello di Elia.
Un’eredità per il futuro.
Edizioni Qiqajon, Magnano (BI) 2012