Dall'Osto Antonio
Brevi dal mondo
2016/10, p. 36
Brasile, Mongolia, Filippine, India
BRASILE
Assemblea generale della Conferenza dei Religiosi
Lo scorso mese di luglio, dall’11 al 15, la Conferenza dei religiosi del Brasile ha tenuto l’assemblea generale sul tema, tratto dal versetto di Isaia: “Ecco io faccio una cosa nuova”. Vi hanno partecipato oltre 500 religiosi per riflettere, in particolare, sulla vita religiosa e consacrata “nel processo di trasformazione”. Al termine dei lavori è stato diffuso un messaggio conclusivo in cui viene ribadita “la necessità di una profonda riforma” per tradurre “il cuore pulsante del Vangelo nel discernimento dei segni dei tempi”.
Quattro i punti principali particolarmente sottolineati. Anzitutto “il dialogo come via di evangelizzazione. «È urgente – si legge nel messaggio – una riforma profonda, allo scopo di continuare ad essere segno e profezia nel mondo di oggi, camminando insieme, testimoniando la verità con la carità e scegliendo il dialogo come via di evangelizzazione”. È ribadita inoltre l’urgenza di suscitare “una vita consacrata e religiosa che testimoni la gioia e la libertà del Vangelo, considerando la complessità del mondo di oggi”. E ancora, la necessità di “tornare al primato del Vangelo, incoraggiare una vita religiosa ‘in uscita’, rilanciare la vicinanza e l’incontro con le nuove generazioni, ribadire l’opzione preferenziale per i poveri e promuovere un’ecologia integrale.
In secondo luogo, riscoprire l’importanza del silenzio mistico. Il ritorno al primato del Vangelo, si afferma, “dovrebbe favorire la riscoperta dell’importanza del silenzio e dell’ascolto mistico della Parola di Dio, con il mistero di Cristo come fonte di ispirazione di una vita consacrata che punti alla missione e non sia ossessionata dalla sopravvivenza”.
In terzo luogo, l’opzione preferenziale per i poveri ed i bisognosi, mediante “un impegno profetico che vada al di là dei propri confini”. La Conferenza ribadisce che ciò dovrebbe accadere attraverso la solidarietà e il riavvicinamento ad uno stile di vita semplice ed austero, l’impegno “nelle cause sociali, nella lotta per la difesa dei diritti, della dignità e della vita di tutti, promuovendo la partecipazione politica e ponendosi a fianco dei gruppi umani più vulnerabili, come i migranti, i rifugiati, le vittime della tratta”.
Infine, l’importanza di una ecologia integrale. Traendo ispirazione dall’ Enciclica di Papa Francesco “Laudato si’ ”, la Conferenza sottolinea come l’ecologia integrale nasca “dalla passione per la cura della casa comune, nell’ottica di una spiritualità che accresca una sobrietà felice”. In tal modo, si potrà ritrovare “la presenza e l’azione di Dio in tutte le creature”.
MONGOLIA
Ordinato il primo sacerdote nativo
Sono trascorsi 24 anni da quando il Vangelo è tornato ad essere annunciato in Mongolia, dopo la triste epoca del regime comunista che aveva bandito dal paese ogni forma di religione, e ora la piccola comunità cattolica di appena 1.500 fedeli, ha avuto la gioia di vedere la prima ordinazione sacerdotale di uno dei suoi membri. Il neo sacerdote si chiama p. Joseph Enkh. La cerimonia ha avuto luogo domenica 28 agosto a Ulaanbaatar, capitale della repubblica della Mongolia. Vi hanno preso parte anche le autorità civili, il sindaco e il governatore e numerosi non cristiani e non battezzati.
Il rito, celebrato in lingua mongola, è stato presieduto dal missionario filippino e Prefetto Apostolico Venceslao Padilla, con la partecipazione di un centinaio di sacerdoti venuti dalla Corea – un paese legato con particolari vincoli missionari alla Mongolia – oltre a tre vescovi e il Nunzio Apostolico che ha portato con sé un messaggio del papa Francesco.
Parlando a Vatican Insider di questo avvenimento, Pardilla non stava più in sé dalla gioia: «È una speciale benedizione di Dio che visita il suo popolo» – ha dichiarato. «È un dono alla piccola Chiesa della Mongolia, ma anche a tutta la Chiesa universale e al paese stesso che non è cristiano». In Mongolia, paese vastissimo di circa un milione e mezzo di kmq e una popolazione di circa tre milioni di abitanti, il 53% sono buddisti, il 38% senza religione o atei, il 3% musulmano.
La chiesa cattolica conta sulla presenza di 70 missionari, di cui 20 uomini e 30 suore, di 21 paesi diversi e 12 congregazioni. Si tratta di un vero mosaico di etnie, colori e linguaggi.
Nel paese, la Chiesa gestisce 6 parrocchie e 5 stazioni missionarie senza sacerdote. Inoltre promuove opere sociali, caritative e umanitarie, come per esempio due centri per bambini di strada, case per anziani e centri giovanili, kindergarten e alcune scuole primarie, oltre a due compagnie agricole che promuovono programmi di sviluppo per le comunità rurali. È presente anche nelle periferie delle città, vicina agli emarginati, ai poveri e ai sofferenti. Tutto questo in un paese che è alle prese con gravi problemi quali un diffuso alcolismo, la violenza, la mancanza di servizi sociali pubblici e un’estrema povertà.
«In questo vasto paese, ha affermato Padilla, la sete di spiritualità, nonostante la triste eredità lasciata dall’ateismo che ha regnato durante il periodo sovietico, non è ancora spenta. «La gente continua ad avere un implicito desiderio di Dio, ed è incuriosita dalla vita di coloro che sono credenti. A chi chiede informazioni, noi diciamo “Vieni e vedi”. Coloro che desiderano diventare cristiani iniziano un cammino catecumenale di due anni».
«Noi, ha concluso, predichiamo con i fatti, proclamiamo il Vangelo con il nostro esempio quotidiano sull’esempio di san Francesco d’Assisi».
Joeph Enks era stato ordinato diacono l’11 dicembre 2014 a Daejeon (Sud Corea) dove aveva ricevuto la sua formazione. Tornato in Mongolia nel gennaio 2016 aveva svolto un servizio pastorale in varie parrocchie. Ora ritornerà nella steppa, tra la popolazione cristiana, a proclamare il Vangelo.
FILIPPINE
Terrorismo musulmano nel sud del paese
Cresce la violenza nel sud delle Filippine. Lo ha dichiarato p. Sebastiano D’Ambra in un colloquio telefonico con la Fondazione pontificia di aiuto alla Chiesa che soffre, organismo che ha lo scopo di aiutare i cattolici e gli altri cristiani perseguitati. Padre Sebastiano è un missionario del PIME, di origine siciliana, nelle Filippine da circa 40 anni. È il fondatore del Movimento per il dialogo, Silsilah, – termine arabo che significa letteralmente “catena”, “legame” – con sede a Zamboanga, il cui scopo è di promuovere il dialogo e la pace tra i cristiani e i musulmani.
Un tempo – ha affermato il padre – le Filippine erano un luogo da sogno per il dialogo interreligioso, dove esisteva una piena armonia. Per decenni, infatti, tra le religioni si è vissuto in un clima di vera fraternità. Ma ora la situazione è completamente cambiata. Nel sud del paese c’è una continua minaccia, soprattutto nell’isola di Jolo (nell’arcipelago di Sulu): rapimenti, violenza, persecuzioni...
Dietro a questa situazione, ha aggiunto, si nascondono interessi geopolitici e militari. Si tratta di uno scenario complesso. Più volte egli ha esortato i capi musulmani a non comportarsi come “se niente stesse accadendo”, ma a mobilitarsi e a denunciare la pericolosa situazione che la gente sta vivendo. Ma, ha sottolineato «se ne stanno con le braccia conserte; hanno paura delle rappresaglie e preferiscono tacere», benché la situazione sia allarmante non solo per i cristiani, ma anche per i musulmani moderati».
Secondo p. Sebastiano, l’islam sta crescendo a passi da gigante in alcune aree delle Filippine: «nell’Isola di Mindanao, un tempo l’80% della popolazione era cristiana. Attualmente lo è solo il 60% e l’altro 40% è musulmana. I cristiani vivono nella paura, non ardiscono parlare chiaro o andare alla messa, nonostante la presenza dell’esercito. Molti se ne stanno andando».
Tuttavia, nonostante questo quadro così fosco, i Filippini continuano ad avere una fede profonda, le chiese sono sempre quasi piene e le maggiori festività religiose, come la Settimana Santa, sono celebrate con grande entusiasmo. Memorabile è stata l’accoglienza al papa Francesco nel gennaio 2015, quando quasi 7 milioni di persone hanno partecipato alla sua messa a Manila. Mai nella storia era avvenuto qualcosa del genere per la visita di un papa.
I cattolici di Zamboanga, dove vive p. D’Ambra, nutrono una speciale devozione alla Vergine del Pilar, portata nel paese dagli spagnoli e tuttora molto viva. «La Vergine del Pilar, ha dichiarato p. D’Ambra, è profondamente venerata dai fedeli che la pregano perché non li abbandoni mai e adesso, più ancora, di fronte a questa minaccia della violenza mondiale».
La popolazione di Zamboanga ha vissuto in prima persona l’odio e il terrore nel 2013 quando il Fronte Nazionale di liberazione Moro (MNLF) ha attaccato e bruciato un’ampia zona della città, uccidendo una quantità di persone. I responsabili di questo eccidio appartenevano a un ramo del gruppo terroristico jihadista Abu Sayyaf, molto attivo nelle isole meridionali del paese. Ad esso vengono attribuiti numerosi attacchi terroristici, compreso quello dello scorso giugno in cui fu decapitato un turista canadese.
INDIA
Giornata dei martiri
La Chiesa dello Stato di Orissa, in India centrorientale, ha celebrato il 30 agosto scorso la "Giornata dei Martiri", per ricordare il sacrificio delle 101 persone che hanno perso la vita durante i massacri anticristiani del 2007 e del 2008, organizzati dai gruppi radicali e paramilitari indù. La Conferenza dei vescovi dell'Orissa, inoltre, ha da tempo incaricato una speciale équipe di preti e ricercatori per documentare il massacro e, con la diocesi di Cuttack-Bhubaneswar, per avviare il processo diocesano per dichiarare il martirio.
Noi crediamo, ha dichiarato mons. Machado, vescovo della diocesi di Vasai nello stato federale del Maharashtra, nel centro occidentale dell’India, in un’intervista a Radio Vaticana, che questi martiri sono morti per testimoniare la fede a Kandhamal. Hanno sofferto molto ma non hanno mai pensato di abbandonare la fede; malgrado tutto hanno dato la loro vita per testimoniarla.
Dobbiamo dire – ha aggiunto – che la situazione non è così in tutta l’India. È un caso specifico. Oggi non possiamo dire che i cristiani sono perseguitati dappertutto; questo non sarebbe vero. E dobbiamo aggiungere che non tutti sono contro di noi. Molti indù, ad esempio, hanno collaborato e aiutato la Chiesa e i cristiani in questa sofferenza. La Chiesa continua a tendere la mano del dialogo per fare il bene comune, per evangelizzare. La Chiesa chiede sempre giustizia, misericordia per portare la speranza a coloro che hanno perso tutto questo.
a cura di Antonio Dall’Osto