"Annunciate"
2016/10, p. 1
La Congregazione dei religiosi, in coda all’anno della vita
consacrata, invia ai religiosi e alla religiose una quarta
lettera. Il tema è quello dell’annuncio del Vangelo che
l’identità profetica dei consacrati è chiamata a rinnovare
senza rinchiudersi nei problemi e nei limiti del momento.
Quarta lettera circolare ai consacrati/e
“ANNUNCIATE”
La Congregazione dei religiosi, in coda all’anno della vita consacrata, invia ai religiosi e alla religiose una quarta lettera. Il tema è quello dell’annuncio del Vangelo che l’identità profetica dei consacrati è chiamata a rinnovare senza rinchiudersi nei problemi e nei limiti del momento.
Annunciate. Ai consacrati e alla consacrate, testimoni del Vangelo tra le genti (Lev, Città del Vaticano – Roma, 2016): è il titolo della quarta e ultima lettera circolare che la Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica ha pubblicato in settembre. Programmata per l’anno della vita consacrata (30 novembre 2014 – 2 febbraio 2016) è uscita in settembre. Bisogna risalire alla stagione del card. Edoardo Francisco Pironio (1976-1984) per trovare una stagione così attiva e propulsiva da parte della Congregazione romana che, nei suoi elementi migliori, ha alimentato le numerose esperienze dell’anno della vita consacrata (convegni ecumenici, dei formatori, dei giovani, di tutte le forme della vita consacrata).
Testi
e dinamiche
Le lettere precedenti, a partire dal 2014, portano i titoli: Rallegratevi (Testimoni 6/2014 p. 16), Scrutate (Testimoni 11/2014 p. 5), Contemplate (Testimoni 1/2016 p. 13). Si può accennare così alla prima lettera: «Questa è la bellezza della consacrazione: è la gioia, la gioia»: sono le parole di papa Francesco ai novizi e seminaristi nel luglio del 2013. Non c’è santità nella tristezza. La gioia non è inutile ornamento, ma è esigenza e fondamento della vita umana. Nell’affanno di ogni giorno, ogni uomo e ogni donna tende a giungere e a dimorare nella gioia con la totalità dell’essere. La seconda è l’invito a scrutare l’orizzonte, ad entrare in un diverso ordine di valori, cogliendo un senso nuovo e differente della realtà. Non c’è maggiore libertà di quella di lasciarsi portare dallo Spirito, rinunciando a calcolare e controllare tutto. La terza, accompagnata dal Cantico dei Cantici e dagli scritti mistici di Teresa d’Avila e Giovanni della Croce introduce alla contemplazione, non come territorio finale ed esclusivo di percorsi riservati a pochi, ma come compito di ogni sequela che trova particolare urgenza e riconoscibilità nella vita religiosa.
Ad una considerazione di sintesi le quattro lettere partecipano di una triplice dinamica. La prima è la crescita di qualità delle stesse: dalla recensione di citazioni nel magistero di Francesco (Rallegratevi) fino a forme più strutturate di comunicazione, tanto da diventare testi di formazione. La seconda è di tipo circolare: dalla gioiosa riscoperta della chiamata alla sequela consacrata all’impegno per capire i segni dei tempi, dalla dimensione spirituale e mistica al compito evangelizzante. La terza lega i testi con altri interventi come quello della Congregazione per la dottrina della fede sui movimenti (Iuvenescit Ecclesia) in cui il rapporto fra carismi e istituzione viene declinato a partire dal deposito della tradizione religiosa. Il mondo della vita consacrata è uscito dal cono d’ombra di questi decenni per diventare, nonostante le sue evidenti difficoltà, marginalità e fatiche, un riferimento importante per la riflessione e la pratica ecclesiale.
La struttura del testo è scandita da un prologo e da tre capitoli: fino ai confini della terra; Chiesa in uscita; fuori dalla porta. Con alcune provocazioni finali. A sua volta, ogni capitolo ha alcune pagine di ascolto e commento di un testo biblico, seguite da elementi di riflessione e di progetto per ordini e congregazioni. Agli 800mila religiosi e religiose di diritto pontificio e ai 700mila consacrati di diritto diocesano (raccolti in 3.700 famiglie carismatiche) arriva una alimentazione spirituale e teologica che nasce dentro la vita consacrata e si propone con l’equilibrio e la complessità di un servizio universale.
L’imperativo
e lo stile
Il prologo colloca la vita consacrata nel contesto della contemporaneità. La frantumazione del principio di universalità e la moltiplicazione delle visioni di vita modificano il rapporto con la dimensione trascendente e l’esperienza religiosa. Enfatizzano la domanda di una razionalità degli affetti e di una direzione di senso e richiedono occhi limpidi e disponibilità di cuore da parte dei consacrati per individuare cammini, recuperi e aperture per le nuove generazioni.
La prima parte va sotto il titolo: Fino ai confini della terra. «La missione, prolungamento di quella del Maestro, è il fondamento della nostra vocazione di consacrati e consacrate. Fondatori e fondatrici hanno ascoltato, riconosciuto e accolto, come direttamente rivolto a loro l’imperativo di Gesù: Andate ed annunciate (Mc 16,15). La vita consacrata in tutte le sue forme, nelle sue varie stagioni e nei differenti contesti, si è messa in cammino per riempire la terra del Vangelo di Cristo, ponendosi alle avanguardie della missione, perseverando con cuore risoluto (cf. At 11,23), fervente e creativo» (n. 13). È un compito da svolgere nello stile di Cristo (entrare nella dinamica del vedere, commuoversi e agire), nella connessione fra azione e contemplazione, illuminati dalla Parola, messaggeri di lieti annunci. «La caratteristica di ogni vita missionaria è la gioia interiore che viene dalla fede. In un mondo angosciato e oppresso da tanti problemi, che tende al pessimismo, l’annunciatore della buona novella deve essere un uomo che ha trovato in Cristo la vera speranza» (Redemptoris missio, 91). «Nella vita religiosa la vita fraterna in comunità, vissuta nella semplicità e nella gioia, è la prima e fondamentale struttura di evangelizzazione» (n. 29). Solo l’unità rende perseveranti, favorisce la preghiera e il distacco dai beni materiali. Apre al vento dello Spirito.
La seconda parte, dal titolo Chiesa in uscita, sviluppa il racconto di At 13,5 – 14,28, là dove si narra il distacco di Paolo da Barnaba e l’apertura verso Troade, la Macedonia e il mondo greco-romano. «L’avventura somiglia per molti versi alle situazioni degli ultimi decenni. La riforma e il rinnovamento promossi e ispirati dal concilio Vaticano II hanno dato spazio a esperienze di grande valore e realizzato, per quasi tutte le famiglie religiose, nuove modalità di presenza, incontri con culture e geografie prima sconosciute» (n. 34). L’entusiasmo e lo stupore iniziali hanno lasciato il passo al disagio e al problema delle differenze e della verifica sul campo. È diventato chiaro a tutti che protagonista della missione non sono i nostri progetti o le nostre tradizioni, ma lo Spirito che illumina le menti e infonde amore nei cuori. Ogni gesto di evangelizzazione è legato alla Chiesa ed è testimonianza della sua fecondità. «Più della diaconia e delle opere apostoliche, la missione attraversa tutte le dimensioni della nostra vita di speciale consacrazione, chiamata a diventare missione, annuncio della novità del Regno di Dio, riconoscimento e profezia della sua silenziosa presenza fra noi» (n. 41).
Pastorale ordinaria
e oltre
Al contributo per il rinnovamento della pastorale ordinaria si aggiungono le «nuove proposte e iniziative missionarie da mettere in atto con creatività e audacia» (n. 47). Guidati in questo dai quattro principi dell’Evangelii gaudium che vengono ripresi e adattati alla vita consacrata. «Il tempo è superiore allo spazio» perché i processi di annuncio richiedono una paziente attesa, senza preoccuparsi di garantirsi spazi di potere. «L’unità prevale sul conflitto» perché i conflitti vanno accettati senza esserne intrappolati, sapendo di essere chiamati «a curare le ferite prodotte da una mentalità globalizzata che mette al centro il consumo, dimenticando Dio e i valori essenziali dell’esistenza» (n. 50). «La realtà è più importante dell’idea» perché l’idea cade spesso nel sofisma e nel distacco rispetto ai vissuti. «Ci lasciamo affascinare dalla novità dei progetti, dalle iniziative e dimentichiamo che il cambiamento più importante dipende da noi e dalla nostra volontà e capacità di realizzarlo» (n. 51). «Il tutto è superiore alla parte» perché siamo chiamati ad allargare lo sguardo e riconoscere il bene più grande.
«La nostra missione è spazio di creatività prodotto dall’incontro del carisma con la storia. Un carisma che si autoesclude dal confronto ecclesiale e dalla storia, limitandosi a un circuito chiuso, rischia di trasformare la comunità in uno spazio per soli iniziati di presunta forte identità. In realtà si autocondanna ad una identità debole che guarda a se stessa senza orizzonte» (n. 53). Non vi è identità senza creatività, senza il rinnovamento della motivazione, senza che la comunità o la congregazione non avverta il tempo dell’indecisione come superabile con la disponibilità di tutti.
Periferie
e audacia
La terza parte, Fuori della porta, prosegue nella meditazione del libro degli Atti (16,1-40) nell’avvio della prima comunità di Filippi: la predicazione alle donne, l’ospitalità di Lidia, l’esperienza della prigione, il battesimo del carceriere e della sua famiglia. «Le difficoltà, i rischi, le ferite sono diventati simboli e mediazioni di novità, solo in seguito compresi; una sfida ad uscire dagli schemi, un esercizio di fede e di comunione senza garanzia né risorse definite. È stato un passaggio alla maturità con sapienza umana, ma anche con parresia e audacia, che hanno permesso di aprire strade nuove al Vangelo in altra cultura e con altri protagonisti» (n. 61).
Per questo è necessario capire ciò che la condizione di secolarità e di disincanto del mondo ci sta chiedendo. «La secolarità, fenomeno complesso e contraddittorio, è estranea e contrapposta alla fede cristiana, o, al contrario, conseguente alla sua essenza? La Chiesa riconosce l’entità secolare del mondo affidato da Dio alla responsabilità dell’uomo. Nel contempo vive in aperta solidarietà con esso non per sacralizzarlo: per essere seme di santificazione. Vivere il mondo, pertanto, è un archetipo su cui coniugare la missione profetica della Chiesa» (n. 64).
Nella rinnovata responsabilità dell’annuncio la vita consacrata deve fare i conti con le nuove generazioni e la loro cultura digitale, alla ricerca delle domande vere e non supposte o inventate della realtà umana d’oggi, valorizzando la realtà interculturale che abita spesso le nostre comunità. L’occhio è chiamato a vedere le periferie e il cuore a immergersi in esse: «Accettare il rischio di nuovi destinatari (del Vangelo), non scelti a proprio comodo, ma esplorando, con audacia e compassione, con genialità sempre rinnovata le nuove periferie» (n. 76). Il cammino coi poveri garantisce un umanesimo integrale e solidale, è vincolato a un agire non violento, al contesto della famiglia oggi e ai rinnovati compiti educativi. Le nuove frontiere sono geografiche, culturali, sociali, esistenziali, richiedono capacità di accoglienza e cordiale apertura al dialogo ecumenico e interreligioso. Sapendo che non ci verrà risparmiata la tribolazione e che la lotta col male si rinnova ogni giorno. Ma la speranza è più forte. Essa è generativa e aderisce con letizia a ciò che lo Spirito sta compiendo oggi.
Lorenzo Prezzi