Gellini Anna Maria
Chi ha diritto di dirsi cristiano?
2015/9, p. 47

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Arturo Paoli Chi ha diritto di dirsi cristiano? EDB € 16,50
Il libro raccoglie numerosi scritti di Arturo Paoli degli anni Quaranta del XX secolo, anni che vanno dalla sua ordinazione sacerdotale alla sua partenza da Lucca, anni di dolore della seconda guerra mondiale e anni di liberazione e speranza del dopoguerra, fino ai tempi del ritorno dello scontro ideologico e della guerra fredda. Gli scritti raccolti nel libro rappresentano un prezioso punto di vista su quel periodo storico, e manifestano gli aspetti fondamentali della fede di Paoli, del suo carattere e del suo stile di sacerdote e di apostolo segnato da scelte radicali: l'ispirazione al messaggio di Cristo, l'obbedienza alla Chiesa, la distinzione tra assistenza e carità, la sete di giustizia, l'aiuto agli oppressi, la contrarietà al materialismo di qualsiasi tipo, la coerenza tra fede e vita, la polemica con i «cattolici borghesi», la distinzione tra fede e politica, l'attenzione alla formazione dei giovani, il misticismo e il pluralismo.
Gli scritti pubblicati terminano nel 1949, l'anno in cui Paoli fu chiamato a Roma da mons. Montini (poi papa Paolo VI) a dirigere la Gioventù di AC; incarico da cui poi verrà allontanato nel 1954 per divergenze di vedute con la presidenza di Luigi Gedda.
Il libro si chiude con una lettera particolarmente significativa datata 17.11.'49, che Arturo Paoli scrisse al gruppo ROD lucchese dopo il suo trasferimento a Roma.
«Mettiamoci sotto a curare di più la nostra personalità di apostoli. La parola d'ordine sia: non la principale attenzione all'apostolato, ma all'apostolo. L'apostolato ha bisogno di un'attenzione tecnica, razionale. Ma non deve essere oggetto di valutazioni morali. È facile, è difficile, è bello, è brutto…. Avere la convinzione che si può dominare la terra tenendo i piedi in pochi centimetri quadrati, e si può essere piccoli, piccoli, possedendo tutta la terra. La grandezza apostolica, cioè l'irradiazione di bene, di bontà, di amore, non è direttamente proporzionale alla terra che possediamo; ma alla profondità spirituale, alla vicinanza a Dio che abbiamo raggiunto».