Gellini Anna Maria
Sposi e genitori santi
2015/9, p. 31
Testimoni di una vita familiare scandita dalla preghiera e dall’affidamento a Dio in ogni situazione di gioia e di fatica, generosi e fedeli nel dono reciproco, nell’accoglienza e nell’educazione dei figli, laboriosi e impegnati nella società e nella Chiesa.
La canonizzazione dei genitori di s.Teresa di Lisieux
sposi e genitori
santi
Testimoni di una vita familiare scandita dalla preghiera e dall'affidamento a Dio in ogni situazione di gioia e di fatica, generosi e fedeli nel dono reciproco, nell’accoglienza e nell’educazione dei figli, laboriosi e impegnati nella società e nella Chiesa.
Luigi Martin e Zelia Guerin saranno proclamati santi il 18 ottobre prossimo, a Roma.
È significativo che la celebrazione avvenga nella giornata mondiale delle missioni, come fu il 19 ottobre 2008 a Lisieux quando vennero dichiarati beati; altrettanto significativo è l’avvenimento in concomitanza con il Sinodo dei Vescovi dedicato alla famiglia.
La vita dei coniugi Martin è testimonianza luminosa di un amore fedele e inesauribile, rinnovato quotidianamente, generoso e pronto al sacrificio. Sia Zelia che Luigi avevano pensato, fin dall’adolescenza, di consacrarsi al Signore nella vita religiosa, ma Dio aveva su di loro altri progetti perché insieme, come sposi, potessero camminare nella via della santità. Come genitori accolsero con gioia nove figli. La morte prematura di quattro di loro non li scoraggiò, ma rafforzò la loro fede e l’affidamento a Dio. Sebbene entrambi lavorassero, conciliarono le esigenze delle loro attività commerciali con quelle della famiglia e degli impegni cristiani, non delegarono a nessuno l’educazione dei figli e favorirono la vocazione di ciascuno.
Il ritratto più vivo dei genitori di santa Teresa di Gesù Bambino è disegnato da Teresa stessa nelle prime pagine della Storia di un’anima, dove descrive la dolcezza e la gioia della sua vita familiare, definendola «una terra santa».
Luigi Martin,
l’orologiaio
Il padre di Teresa, Luigi Martin, nasce a Bordeaux il 22 agosto 1823. Figlio di un ufficiale dell’esercito napoleonico, fa parte a Strasburgo degli Enfants de Troupe fino ai 7 anni poi frequenta gli studi presso i Fratelli delle Scuole cristiane ad Alençon. Dopo la Restaurazione preferisce non seguire la carriera militare e si dedica alla professione di orologiaio. A 22 anni chiede di entrare nel monastero del Gran San Bernardo, in Svizzera, ma non è accolto perché non conosce il latino. Per un anno si impegna a studiare questa lingua ma, scoraggiato dalla difficoltà, abbandona il progetto; completa a Parigi la sua formazione di orologiaio, professione che svolgerà poi ad Alençon dal 1850 al 1877. Nel frattempo si iscrive alla confraternita di s. Vincenzo de’ Paoli collaborando alle iniziative di carità; alimenta la sua fede, dedicandosi quotidianamente alla preghiera, partecipando assiduamente alla celebrazione eucaristica e all’adorazione notturna.
Zelia Guerin,
la merlettaia
La madre di Teresa, Zelia Guerin, nasce ad Alençon il 23 dicembre 1831, in una famiglia che aveva conosciuto le persecuzioni dei giacobini e negli anni della Rivoluzione francese aveva conservato una robusta fede cattolica. Adolescente, Zelia desidera entrare tra le Figlie della Carità di san Vincenzo de’ Paoli che gestivano l’ospedale di Alençon. Ma la sua richiesta non viene accolta. Zelia allora decide di dedicarsi all’arte del «punto d’ Alençon» diventando un’abile e raffinata merlettaia, ricercata e apprezzata particolarmente dall’alta società parigina. Nel 1863 aprirà una propria piccola impresa, dove i dipendenti collaboreranno in un clima sereno, umano e familiare. Nel tempo libero, Zelia assiste i poveri e i malati dell’ospedale, partecipa alla vita parrocchiale; il sacramento dell’Eucarestia e della riconciliazione sono la fonte cui attinge costantemente luce e forza per la sua vita spirituale.
Un incontro
provvidenziale
Il primo incontro tra Luigi e Zelia avviene ad Alençon sul ponte di san Leonardo. Dopo pochi mesi di fidanzamento, i due giovani celebrano il matrimonio nella chiesa di Notre-Dame di Alençon, il 13 luglio 1858. Dalla loro unione nasceranno nove figli: quattro moriranno nei primi anni di vita, mentre vivranno le cinque figlie, nate tra il 1860 e il 1873. Maria, Paolina, Celina e Teresa entreranno nel Carmelo di Lisieux mentre Leonia orienterà la sua vita verso il convento della Visitazione a Caen. Nelle gioie e nei dolori della vita, Luigi e Zelia sanno di essere protetti e amati, e questa certezza si comunicherà giorno per giorno al cuore delle figlie. «In casa nostra», ricorderà in vecchiaia Celina, «l’educazione aveva come principale leva la pietà. Vi era tutta una liturgia del focolare: preghiera della sera in famiglia, mese di Maria, uffici della domenica, letture devote della Veglia. Mia madre mi prendeva sulle sue ginocchia per aiutarmi a preparare le mie confessioni». Pur avendo una famiglia numerosa, Luigi e Zelia sono sempre pronti ad aiutare chi è nel bisogno. «Se in famiglia vigeva la legge della parsimonia, – racconterà sempre Celina – con i poveri si era generosi. Si andava alla loro ricerca, si invitavano a casa e dopo averli rifocillati, vestiti, si esortavano al bene. … Ancora vedo mia madre premurosa con un povero vecchio. Avevo 7 anni. Eravamo in campagna, quando lo incontrammo. Mia madre manda Teresa a dare qualche spicciolo, ma lei iniziò a conversare con lui. Allora mia madre lo invitò a seguirci e lo condusse a casa nostra. Gli preparò un buon pranzo, gli diede dei vestiti e un paio di scarpe. Alla fine lo pregò di ritornare a casa nostra ogni volta che avesse avuto bisogno. Mio padre, invece, si impegnava per i poveri a trovare loro un lavoro o a farli ricoverare». Luigi Martin spesso va in pellegrinaggio in Terra Santa, oppure a Chartres o a Parigi per pregare nel santuario di Nostra Signora delle Vittorie. Zelia affronta con coraggio straordinario la sua responsabilità materna, il suo impegno professionale, i contrattempi quotidiani, come pure la sua ultima battaglia contro il cancro che terminerà serenamente il 28 agosto 1877, a soli 46 anni. Lascerà al marito le cinque figlie: la maggiore, Maria, appena diciassettenne e la più piccola, Teresa, di quattro anni. Dopo questo triste evento, Luigi si trasferirà con le figlie a Lisieux.Nel 1888, dopo la partenza di Teresa per il Carmelo, incomincerà per Luigi il tempo del declino, con una dolorosa malattia che lo condurrà in tre anni alla progressiva perdita delle facoltà mentali: ricoverato prima all’Ospizio del Buon Salvatore a Caen e poi, colpito da paralisi, sarà assistito amorevolmente da Celina fino alla morte, avvenuta il 29 luglio 1894.
Testimonianza
di santità
La più grande testimonianza sulla santità di Luigi e Zelia Martin, viene dagli scritti di Teresa, che ebbe la grazia di imparare prestissimo la fiducia in Dio dall’esempio dei suoi genitori. «Le feste! Quanti ricordi, in questa parola! Le feste, le amavo tanto! Amavo soprattutto la processione del Santissimo. Le feste! Ogni settimana ne conduceva una molto cara al mio cuore: la domenica! Che giornata era la domenica! Era la festa di Dio, la festa del riposo. Tutta la famiglia partiva per la messa. Lungo tutto il cammino, e perfino in chiesa, la reginetta di papà gli dava la mano, e aveva posto accanto a lui. Quando scendevamo per la predica, bisognava trovare due seggiole una presso l’altra. Ciò non era difficile, poiché tutti trovavano così gradevole vedere un vecchio tanto bello con una figlioletta così piccina, che le persone si scomodavano per offrire un posto. Quando il predicatore parlava di santa Teresa, papà si chinava verso me, e mi diceva piano: “Ascolta bene, reginetta mia, parla della santa tua patrona». Teresa insiste soprattutto sul verbo guardare, quando si riferisce al padre: «Che potrò dire delle veglie d’inverno, soprattutto di quelle domenicali? Com’era dolce per me, dopo la partita a dama, stare seduta con Celina sulle ginocchia di papà. Dopo, salivamo per fare la preghiera in comune, e la minuscola regina era sola accanto al suo re: non aveva che da guardarlo per sapere come pregano i santi...». In una lettera al padre, quando si trovava già al Carmelo, Teresa scrive: «Quando penso a te, penso naturalmente al buon Dio». Dopo la sua morte, Teresa scriverà: «La morte del babbo non mi fa l’effetto di una morte, ma di una vera vita. Lo ritrovo dopo sei anni di assenza, lo sento intorno a me, che mi guarda e mi protegge».
Forse la santità di Luigi e Zelia Martin non avrà i caratteri straordinari di quella di Teresa. Ma per dire quanto Teresa debba ai suoi genitori, basterebbe la testimonianza di un amico di Luigi, Cristoforo Desroziers, che nel 1899, dopo aver letto la prima edizione di Storia di un’anima, scriveva: «Non è senza una viva emozione che vi ho trovato il ritratto fisico e morale di quel caro Luigi, uno degli uomini che più ho amato sulla terra. Non ho mai incontrato cuore più grande, né anima più generosa, ed è sicuramente da lui che a suor Teresa di Gesù Bambino proviene la nobiltà dei suoi sentimenti».
Un messaggio
per il nostro tempo
La canonizzazione di Luigi e Zelia Martin, in vista del Sinodo di ottobre, dedicato proprio al tema della famiglia, assume un significato particolare. Consapevoli di essere stati chiamati da Dio a vivere la vocazione cristiana alla santità nel matrimonio, Luigi e Zelia hanno messo sempre Dio al primo posto, affrontando tutto sotto il suo sguardo, certi che – affidandosi - non ci sono difficoltà che non possano essere superate. Dentro la loro storia umana c’è una grande storia di Dio con loro. Nella loro esperienza di sposi e di genitori c'è pure un aspetto evidente di obbedienza alla vita, con l’accoglienza serena di tutti i suoi passaggi e i suoi avvenimenti. Oggi Luigi e Zelia direbbero di vivere la santità non cercando esperienze straordinarie, ma dentro gli atti quotidiani, anche i più piccoli, a condizione di compierli per amore. Loro, che hanno vissuto intensamente l’amore umano certi di essere avvolti dall’amore di Dio e dalla sua cura, testimoniano che l’amore vero, gratuito, quello che segna ogni momento presente, è possibile, trasforma e rende felici. Ci lasciano un esempio luminoso di fede, come capacità di mettere in relazione con Dio tutto quello che costituisce la vita e di stare comunque in relazione con lui, con se stessi, con gli altri, trovando nell’armonia dell’incontro, la via della pienezza e della santità.
Anna Maria Gellini