Lavelli Beppe
Parola e vita fraterna
2015/9, p. 13
L’annuncio del Vangelo e la ricerca di vita fraterna hanno costituito per lui le due tensioni più forti che hanno sorretto il suo cammino. Ma forse la lectio più bella è stata la testimonianza edificante del suo modo di vivere la malattia e l’avvicinamento definitivo a Colui che è stato l’Amore di tutta la sua vita.
P. Silvano Fausti e l’esperienza di Villapizzone
PAROLA
E VITA FRATERNA
L’annuncio del Vangelo e la ricerca di vita fraterna hanno costituito per lui le due tensioni più forti che hanno sorretto il suo cammino. Ma forse la lectio più bella è stata la testimonianza edificante del suo modo di vivere la malattia e l’avvicinamento definitivo a Colui che è stato l’Amore di tutta la sua vita.
Quando, nel febbraio 1978, circostanze casuali, cioè provvidenziali (cf. Rut 2,3), portarono alcuni gesuiti (tra cui P. Silvano Fausti) a unirsi alla famiglia di Enrica e Bruno Volpi nella ricerca di una casa comune, forse nessuno aveva bene in mente cosa sarebbe nato da una tale ricerca condotta insieme. Trentasette anni dopo si può dire che quell’inizio è stato fecondo, non solo per le persone che hanno fatto parte e continuano a far parte della Comunità di Villapizzone (attualmente composta da sei famiglie e da una comunità di gesuiti), ma anche per tante persone che ad essa, a vario titolo, fanno riferimento.
Un progetto
non nato a tavolino
Questo “triplice livello” di comunità, tra gesuiti, tra famiglie e tra gesuiti e famiglie, ha rappresentato e continua a rappresentare una caratteristica di Villapizzone, caratteristica non progettata a livello teorico, “a tavolino”, ma vissuta ed esperita nella quotidianità della vita letta in maniera dinamica.
Anche il modo di procedere insieme indica una delle ricchezze della Comunità di Villapizzone. «Non fare mai da solo quello che puoi fare con altri» è uno dei ritornelli ripetuti con maggiore frequenza nella comunità e trasmette una visione della vita che punta innanzitutto e soprattutto sulle relazioni. Promuove uno stile di vita che si mette in gioco nel rapporto con gli altri, nel lavoro, e che, anche a livello apostolico, vuole costituire il primo messaggio da consegnare alle persone. Le letture bibliche, due ogni settimana, sono sempre portate avanti insieme da due gesuiti. Questo fatto, oltre a essere fonte di arricchimento reciproco fra i due che le propongono e che si ritrovano per la preparazione, vuole testimoniare la presenza di un Terzo a cui le persone che ascoltano vengono rimandate prima che si pronunci qualsiasi parola (cf. Marco 6,7; Qoelet 4,9-12).
La lectio
e la scelta dei Vangeli
Le lectio hanno privilegiato, fra i libri della Scrittura, i Vangeli. Un’affermazione di Silvano-Paolo nella sua Lettera a Sila rende ragione di una tale scelta: «Ti dico un grande segreto che molti nel futuro ignoreranno: l’evangelizzazione si fa con l’annuncio dell’evangelo». Certamente è un annuncio che non si può accontentare delle parole: la vita fraterna, tra gesuiti e tra i gesuiti e le famiglie, ha voluto e vuole essere un tentativo che, pur con i limiti e le povertà di ognuno, cerca di dare spazio alla possibilità di vivere insieme, non a partire da una presunta (e inesistente …) perfezione, ma dalla riconosciuta necessità di vivere quotidianamente del perdono dell’altro e dell’Altro, cercando di vincere quelle forze di divisione che da sempre accompagnano ogni ricerca di comunione. Nella comunità si fa continuamente l’esperienza che essa è il luogo privilegiato, anche se non unico, dove poter vivere ciò che si annuncia. Il cammino di ciascuno è interpellato dalla presenza degli altri, potendo così constatare la profonda verità dell’affermazione di Bonhoeffer nella sua Vita comune: «Chi ama il proprio sogno di comunione cristiana più della comunione effettiva, è destinato ad essere un elemento distruttore di ogni comunione cristiana, anche se è personalmente sincero, serio e pieno di abnegazione».
Il contesto delle lectio riveste quindi una importanza decisiva. È anche un modo semplice ed efficace per affermare che, come sosteneva don Primo Mazzolari, rispetto alla Parola siamo tutti da una stessa parte.
Annuncio del Vangelo
e ricerca di vita fraterna
Andando oltre il Vangelo, ma non oltre gli evangelisti, negli ultimi anni Silvano ha proposto la lettura degli Atti degli apostoli. Anzi, proprio lo scorso 8 giugno, solo due settimane prima della sua morte, ha completato il ciclo di lettura di questo libro. Il segnalibro della sua Bibbia, il 24 giugno scorso, era posto proprio sul finale degli Atti, quasi a indicare, come auspicio, il suo desiderio di una Chiesa semplice e sobria, pronta ad accogliere tutti e desiderosa unicamente di annunciare il Signore Gesù a ogni persona «con tutta franchezza e senza impedimento» (Atti 28,31).
L’annuncio del Vangelo e la ricerca di vita fraterna hanno costituito per Silvano le due tensioni più forti che hanno sorretto il suo cammino, in continuità con quanto lui stesso scriveva nel suo commento al Vangelo di Marco (Ricorda e racconta): «Infatti. Il vangelo di Marco termina con questa parola, con cui non si può concludere. La particella gàr (= infatti) non può stare in chiusura, tanto meno di un libro! L’annuncio rimane sospeso. S’è diffuso nell’aria e non può più essere chiuso. Il vangelo infatti rimane ormai aperto per sempre, anche per chi lo getta via. E non finisce qui, ma rimanda al principio, per finire nell’orecchio e nel cuore di chi l’ascolta – fin che la sua paura diventa fiducia, la sua fuga sequela e il suo silenzio ricordo/racconto per altri».
Portare l’annuncio della Buona Notizia ha significato per Silvano anche rispondere positivamente alle tante richieste dei missionari che lo invitavano a trascorrere del tempo con loro per la predicazione di Esercizi spirituali e per letture bibliche. In terre di missione ha scritto o comunque concluso i suoi commentari evangelici. In questi luoghi Silvano, persona amante del paradosso e della sana provocazione, trascorreva una buona parte dell’estate, mentre la restante la passava a Villa Capriolo, a Selva di Val Gardena, dove ha aiutato generazioni di giovani a conoscere e a innamorarsi delle Scritture e, attraverso queste, del Signore.
Strumenti più che
contenuti già pronti
Pur avendo scritto i commentari a tutti i Vangeli e ad altri testi neotestamentari, il desiderio forte di Silvano è stato quello di fornire strumenti più che contenuti già pronti, in questo mostrandosi fedele discepolo di sant’Ignazio e del modo di procedere degli Esercizi spirituali. Leggere la Parola non può essere un’attività disgiunta dalla lettura di se stessi, soprattutto attraverso le regole del discernimento degli spiriti (il suo libro Occasione o tentazione va esattamente in questa direzione). È una visione che parte dalla convinzione che il Signore parla a ciascuno e che ciascuno è in grado di ascoltare quanto il Signore gli dice.
Nel gennaio 2014 a Silvano è stato diagnosticato un tumore al pancreas. In questo anno e mezzo egli ha vissuto con fede questa malattia, senza mai rinchiudersi nel proprio dolore, coltivando anzi il gusto della vita ed entrando in relazione di amicizia sempre più profonda con gli altri ammalati incontrati nelle sedute chemioterapiche, con i medici e gli infermieri. «Per un anno e mezzo ho preso l’aperitivo – mi diceva il giorno prima del suo ritorno al Padre – ed è stato ottimo. Chissà come sarà il banchetto!».
La realtà comunitaria di Villapizzone gli ha offerto il contesto per lui ottimale in cui trascorrere un tempo comunque non facile. Le parole che gli sono state rivolte in chiusura della celebrazione eucaristica dei suoi funerali riassumono quanto questo tempo ha significato per lui e per le persone della comunità di Villapizzone:
“Leggiamo nel Libro del Profeta Isaia: «Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: "Regna il tuo Dio" […] Tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio» (52,7.10).
Caro Silvano, questi versetti del profeta – che richiamano anche i monti e i confini della terra (segni della tua passione per le alte vette e del tuo zelo missionario) - mi risuonavano spesso in questi ultimi tempi, in particolare mentre contemplavo – è il termine esatto – i tuoi piedi resi gonfi dall’avanzare della malattia, piedi gonfi che ti rendevano incerti i passi ma che non riuscivano a scalfire la tua determinazione. Mi sembra che rappresentino bene la tua ultima lectio, quella più lunga, durata quasi un anno e mezzo, forse la lectio più bella, fatta non più con le parole (per le quali, comunque, tutti – e giustamente - continueremo a ringraziarti) ma con la testimonianza edificante del tuo modo di vivere la malattia e l’avvicinamento definitivo all’Amore della tua vita. Possiamo dire con verità che l’avvicinarsi della morte ha fatto sbocciare in pieno il tuo amore per la vita, in ogni suo aspetto, e anche la tua affettività alla quale spesso – quasi per pudore - proibivi di affacciarsi. Hai mostrato così che, prima di essere annunciatore della Parola, questa Parola volevi ascoltarla e accoglierla e, da essa – nella preghiera -, lasciarti plasmare.
Qualcuno di Villapizzone ha detto che non eravamo noi ad accompagnare te, ma sei stato tu ad accompagnarci. Proprio così. E lo hai fatto con i tuoi piedi gonfi, con i quali, sino alla fine, hai seguito Gesù. «La fede cristiana – scrivi nel tuo commento al vangelo di Marco - è un paio di piedi per seguire Gesù, perché si è presi da lui, l'amore assoluto, che vale più di tutte le cose, degli affetti e della stessa vita […]. La fede cristiana è piedi per seguire il Signore».
Grazie, Silvano. Ti ricorderemo. Ricordaci anche tu.
E grazie, Signore, per tutti i tuoi doni e per il dono che Silvano è stato e che – ne siamo certi – continuerà a essere per ognuno di noi. Amen. Alleluja!”
P. Beppe Lavelli SJ