Irmao Luiz
2015/9, p. 4
Era lui il responsabile della chiesa e quindi spettava a lui renderla abitabile e
decorosa, anche a costo di superare ancestrali ritrosie.
Aveva anche provveduto a rafforzare la palizzata per tenere lontani gli animali
che, a differenza degli uomini, si ostinavano a voler entrare in chiesa.
E, ogni giorno, “alle cinque della sera”, apriva l’altoparlante posto sul campanile
e recitava il rosario, seguito da un breve, essenziale avviso.
IRMÃO LUIZ
Aveva una paura terribile delle bisce. E qualcuno di noi, nel clima spensierato del noviziato, si è divertito a fargliene trovare qualcuna tra i libri in uso, per la pazza gioia di sentire le sue grida, così acute da spaventare persino l’austero e ignaro padre Maestro.
Quale fu il mio stupore quando, alcuni anni dopo, visitandolo in una remota missione equatoriale del Brasile, lo vidi armeggiare con alcuni scaltri ragazzi per portare un serpente sotto il tetto della chiesa, sempre con cautela, ma anche con una certa dimestichezza. Mi spiegò che era l’unico modo per risolvere il problema dei pipistrelli, che, tra l’altro, disturbavano le funzioni serali.
Era lui il responsabile della chiesa e quindi spettava a lui renderla abitabile e decorosa, anche a costo di superare ancestrali ritrosie.
Aveva anche provveduto a rafforzare la palizzata per tenere lontani gli animali che, a differenza degli uomini, si ostinavano a voler entrare in chiesa.
E, ogni giorno, “alle cinque della sera”, apriva l’altoparlante posto sul campanile e recitava il rosario, seguito da un breve, essenziale avviso.
Provvedeva anche alla casa dei Padri, dalla quale non si muoveva se non per trovare il necessario, talvolta reperibile solo nella capitale. Accoglieva tutti, ed era il più conosciuto, anche per il semplice motivo che era lì da quarant’anni a fare quella vita, senza novità e senza storia, come “fratello laico coadiutore”, come si diceva un tempo.
A un giornalista che gli chiedeva se non avesse mai sognato di salire più in alto, rispondeva: «Più in alto c’è solo il Paradiso».
Erano arrivati, inesperti di missione, in quel luogo sperduto, in quattro religiosi: tre Padri e provvidenzialmente anche lui, che riusciva a trovare soluzione ai problemi che si presentavano, dal fare il pane e la pasta, al bucato, a rammendare gli indumenti.
«Quando partivamo per le desobrigas (giornate o settimane di missione) ci raccomandava di non dimenticare nulla e al ritorno ci faceva trovare tutto, l’acqua nei bidoni per il bagno (era difficile avere l’acqua), la biancheria pulita, qualche cibo migliore, persino un pacchetto di sigarette (dove andava a scovarle?). Io lo chiamavo angelo custode, non bello, ma buono, un po’ brontolone, benevolmente però. Lui che sembrava sgarbato, era premuroso e attento con la finezza di un cuore di fanciullo puro. Sapeva le date delle ricorrenze: ordinazioni sacerdotali, professioni religiose, onomastici, compleanni, matrimoni: per ciascuno aveva un ricordino che, qualora sembrasse puerile, lo faceva diventare un dono grazioso. Spesso mi sono meravigliato vedendo un uomo maturo, di modi poco cortesi, ricevere commosso un’immaginetta, un oggetto ben piccolo e baciarlo, grato per non sentirsi dimenticato». Così lo ricorda un Padre, che ha vissuto con lui per lunghi anni.
Lo chiamavano semplicemente “irmão”, fratello. E lo era, perché ha tenuto assieme la sua comunità, dandole il tocco di una famigliola, tanto che sacerdoti di parrocchie limitrofe, venivano volentieri a passare alcune ore serene, vescovo compreso.
Fratello di tutti, specie della gente umile, che trovava in lui comprensione.
Tutto qui? Sì, questo è il tutto di non pochi religiosi fratelli, che hanno onorato la vocazione cristiana e religiosa più con i fatti che con le parole.
È l’insuperabile «tutto» della vita evangelica, che coniuga nell’umile quotidiano la grandezza delle beatitudini, con la dignità e la disinvoltura di chi sa che nel Regno dei cieli “il primo è l’ultimo e l’ultimo è il primo”. È il «tutto» di vita come la tua, caro Irmão Luiz, nella quale hai fatto toccare con mano che lo sguardo fisso alla Grande Ricompensa, dà leggerezza al pesante quotidiano.
Come non dirti che avremmo bisogno ancora di te?
Piergiordano Cabra