Brena Enzo
Verifiche concluse
2015/6, p. 19
Si è chiusa sia la visita apostolica della Congregazione dei religiosi (Resoconto finale), sia la valutazione dottrinale (Relazione finale congiunta: cf. Testimoni 5/2015 p. 23). Diamo qui una sintesi complessiva di un faticoso e positivo confronto fra le suore americane e le istanze vaticane.

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Testimoni
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La vicenda delle suore americane
VERIFICHE
CONCLUSE
Si è chiusa sia la visita apostolica della Congregazione dei religiosi (Resoconto finale), sia la valutazione dottrinale (Relazione finale congiunta: cf. Testimoni 5/2015 p. 23). Diamo qui una sintesi complessiva di un faticoso e positivo confronto fra le suore americane e le istanze vaticane.
Il 15 maggio 2015 un comunicato congiunto delle responsabili della LCWR e della Santa Sede ha ufficialmente concluso la lunga valutazione dottrinale che, dal 2009, la Congregazione per la dottrina della fede aveva avviato nei confronti della conferenza delle religiose americane.
Il contenuto della Relazione finale congiunta ruota attorno a tre punti: gli Statuti della LCWR, programmi e pubblicazioni della Conferenza, altri temi bisognosi di chiarimento.
I nodi della
questione
Gli Statuti della LCWR, approvati per la prima volta nel 1962, rivisti e approvati da Roma nel 1989, sono stati riesaminati da un gruppo di rappresentanti della LCWR e dai vescovi delegati. «Attraverso un processo collaborativo di mutuo apprendimento e di revisione di varie bozze, si è concordato che “il ruolo della Conferenza come persona giuridica pubblica centrata su Gesù Cristo e fedele agli insegnamenti della Chiesa è di assumere attraverso l’appartenenza e in collaborazione con altre sorelle quei servizi che sviluppano la vita e missione delle religiose in risposta al Vangelo nel mondo contemporaneo” (Statuti, sez. 2)». Approvati a grande maggioranza nell’assemblea LCWR del 2014, dopo una revisione della Congregazione per la dottrina della fede, gli Statuti hanno ricevuto l’approvazione della Congregazione per la vita consacrata e gli istituti di vita apostolica nel febbraio del 2015.
Quello dei Programmi e pubblicazioni della Conferenza era un altro punto caldo della valutazione, poiché la Santa Sede lamentava una mancanza di sintonia tra qualcosa di quanto programmato e pubblicato dalla LCWR e l’insegnamento della Chiesa. Nella relazione finale si mette in evidenza che «la natura delle pubblicazioni LCWR intende rivolgersi a questioni spirituali più che impegnarsi in un dibattito teologico formale. Ciononostante, a motivo del legame vitale tra spiritualità e teologia, e allo scopo di ispirare, aiutare a valutare l’esperienza come religiose e stimolare alla crescita, le pubblicazioni necessitano di un sano fondamento dottrinale. A questo fine, sono state prese misure per promuovere un rigore formale che assicuri accuratezza teologica e aiuti a evitare affermazioni ambigue rispetto all’insegnamento della Chiesa o che possano essere lette come contrarie ad esso. Questo esercizio di responsabilità teologica è per il bene dei membri della Conferenza e altri lettori. Allo stesso tempo, esso serve per proteggere la credibilità della Conferenza stessa come entità canonica di lunga data della Chiesa».
Per quanto riguarda la questione della scelta di programmi e speaker delle Assemblee generali e di altri eventi sponsorizzati dalla Conferenza, la LCWR si impegna in un maggior discernimento, e si attende che chi interverrà in tali contesti abbia il dovuto riguardo per la fede della Chiesa e, in ogni argomento, imposti la riflessione in modo tale da suggerire come la fede potrebbe essere d’aiuto.
Altri temi della valutazione. La valutazione dottrinale chiedeva chiarimenti anche a proposito dell’importanza attribuita alla celebrazione dell’eucaristia, al posto della liturgia delle ore nelle comunità religiose, della centralità di un comune processo di preghiera contemplativa praticata nelle assemblee LCWR e in altre riunioni, della relazione tra la LCWR e altre organizzazioni, della comprensione della LCWR come strumento di comunione ecclesiale. Il dialogo su questi temi – dichiara la relazione finale – ha prodotto «una conversazione chiarificatrice e fruttuosa».
La realtà
è conflittuale
La realtà difficilmente si declina in modo pacifico e indolore, così come la comprensione reciproca. La vicenda della valutazione dottrinale della LCWR ne è un’ulteriore conferma.
L’editoriale del National Catholic Reporter del 1 maggio 2015, commentando la Relazione finale della visita apostolica alla LCWR (datato 16 aprile 2015), definisce la valutazione dottrinale di Roma «un disastro, un segno di sfiducia non necessario». Solo la sagacia politica dello staff della LCWR ha saputo gestire la cosa in modo tale da abbassare la tensione del dialogo.
Ciò che emerge dall’editoriale è che, di tutte le questioni bisognose di valutazione nella Chiesa, la LCWR non era tra quelle. Le religiose, conosciute da tutti per l’aiuto e il bene che fanno a ogni persona in difficoltà, sono un esempio di inserimento «nella realtà della Chiesa come di fatto è, al di sotto del livello gerarchico», e se c’è qualcosa a cui plaudire è il fatto che «le religiose sono riuscite a far comprendere al Vaticano che non avevano alcuna intenzione di ingaggiare il confronto esclusivamente su arcani protocolli di una cultura clericale maschilista», portandola invece a essere «conversazione tra eguali».
La genesi della verifica condotta sulla LCWR viene giudicata come il frutto di un’istigazione da parte di «persone che abitano i più recessi angoli della Chiesa», che hanno visioni ristrette della sua identità e di ciò che dovrebbe essere la vita religiosa.
Nel salutare positivamente la conclusione di questo capitolo della storia della Chiesa americana, l’editoriale NCR considera ancora non risolte due questioni. La prima: «che cosa impedisce alla Congregazione per la dottrina della fede di iniziare un’analoga inchiesta su qualche altro gruppo o persona nella Chiesa oggi? La risposta: nulla». Questa verifica dottrinale – continua l’editoriale – ha avuto inizio dietro porte chiuse ad opera di accusatori ancora sconosciuti. Le accuse che hanno messo in dubbio un’intera classe di religiose, accusate di “dissenso collettivo” e di eresia, si sono risolte in un nulla. Ma «dove sono oggi quelli che hanno sollevato quelle accuse? Non è che la relazione iniziale rimarrà nel cassetto di una qualche scrivania in Vaticano, pronta per ri-accusare queste donne al momento giusto e con un nuovo papa? Finché l’opera del Sant’Uffizio è vincolata dal segreto ed è ignorato un giusto processo, il timore rimane».
Seconda questione: «quando finirà il monopolio maschile sul potere nella Chiesa? Questa verifica è stata iniziata da uomini, condotta da uomini e finita da uomini quando gli uomini finalmente hanno deciso una tregua. Questo è un errore che va più a fondo di una singola Congregazione, poiché tocca le stesse strutture di governo della Chiesa».
La comunicazione
resta un problema
Le difficoltà di comprensione tra LCWR e Vaticano dicono riferimento a fatti che non dipendono solo da ciò che ha motivato la verifica dottrinale. È ciò che si può dedurre da una lettura del Resoconto finale della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica (CIVCSVA). Senza entrare nei particolari già esplicitati nel 2012 dalla valutazione dottrinale della Congregazione per la dottrina delle fede (ricordiamo che alle religiose venivano addebitate posizioni di femminismo radicale, scarsa sintonia con le norme della Chiesa, posizioni contrarie al magistero su tematiche importanti come aborto, contraccezione, omosessualità, ordinazione femminile), il Resoconto della CIVCSVA privilegia i registri della conferma e dell’esortazione.
In primo luogo afferma, e ribadisce a più riprese, un convinto apprezzamento per tutto ciò che la vita consacrata ha significato per la Chiesa cattolica in relazione alla missione evangelica e alla carità, con cui la vita consacrata femminile si è sempre fatta presente alle necessità del popolo americano. Riconosce il cammino di crescente formazione teologica e professionale, la dedizione nell’ambito del volontariato che ha portato le religiose americane a occuparsi «in modo disinteressato dei bisogni spirituali, morali, educativi, fisici e sociali d’innumerevoli individui, specialmente dei poveri e degli emarginati».
Allo stesso tempo il Resoconto ricorda che la visita apostolica è stata originata dalla «consapevolezza che la vita religiosa negli Stati Uniti sta sperimentando un periodo difficile». Registrando alcuni aspetti oggettivi quali l’età avanzata, la gestione dei beni e la povertà, l’esercizio dell’autorità, il pericolo di religiose che vivono isolate, il CIVCSVA esorta le religiose americane a non perdere di vista la vita di preghiera personale e comunitaria, la vita sacramentale, la centralità di Cristo nella propria vita e il mantenersi sempre aperti alla conversione.
Sembra, quindi, che ad essere al centro della questione non fosse solo una tensione relativa al modo di trattare certi temi teologici o morali particolarmente scottanti, ma anche il modo di intendere la vita consacrata e l’importanza attribuita ai suoi elementi portanti. Ma poiché la vita consacrata non si riduce a essere una serie di regole di comportamento da osservare, è importante che una seria verifica a questo proposito tenga presente il contesto sociale e culturale con cui il carisma della vita consacrata e di ogni istituto è chiamato a declinarsi nella storia.
Atteggiamenti
costruttivi
La Relazione finale congiunta stilata dalla LCWR e i vescovi rappresentanti del Vaticano segna la conclusione della valutazione dottrinale voluta dalla Congregazione per la dottrina della fede. Viene spontaneo chiedersi: è un atto da salutare positivamente perché frutto di un chiarimento e una comprensione reciproca? Oppure è un esercizio di equilibrismo diplomatico che offre solo la certezza formale di un documento da tenere in archivio?
Un dato è certo: è sortito l’esito per ora possibile, e questo è importante in prospettiva relazionale ed ecclesiale. L’esperienza di questa verifica dottrinale insegna che ogni radicalizzazione delle posizioni non fa bene a nessuno, poiché non aiuta mai a comprendere la realtà per quello che è. Di sicuro ora rimane uno spazio aperto, disponibile a entrambe le parti, per approfondire un vero stile di comunione e una reale condivisione della missione evangelizzatrice.
Sul terreno della storia c’è sempre chi corre più veloce e chi predilige un’andatura prudente. Il carisma dell’autorità potrebbe misurarsi con la sfida di aiutare tutti a convivere, a camminare insieme, anche se con sensibilità e velocità diverse. Il lavoro della Congregazione per la dottrina della fede ci mostra che si può vigilare sulla dottrina come un semaforo che diventa rosso quando si rischia di andare contro il Vangelo o la Tradizione. Ma si potrebbe ugualmente vigilare anche promuovendo la ricerca e il confronto nella Chiesa attraverso il dialogo costante, agendo come un organismo che non solo veglia, ma favorisce lo sviluppo dottrinale.
Un’impostazione di questo genere, evidentemente, richiede in tutti gli attori la disponibilità a una sincera collaborazione nel cercare il bene. Se è vero che avere un’attenzione anche eroica nella carità non salva dall’errore dottrinale, è vero anche che la salvaguardia ad ogni costo della dottrina non esaurisce il senso della fede e la carità.
Papa Francesco, tempo fa, ha messo a tema la donna come un punto fondamentale per la vita della Chiesa e il suo cammino nel tempo attuale. E, pur auspicando un cambiamento, ha anche detto di temere la soluzione di «un machismo in gonnella». Una cosa chiara, allora, sembra emergere da questa vicenda: porre il problema sulla questione di genere, sul potere al maschile o al femminile, è camminare sul terreno infido che facilmente scade in ideologia. Non ci guadagna nessuno. Il cammino deve continuare.
Enzo Brena