Pizzighini Mauro
Domande e provocazioni
2015/6, p. 30
Qualcuno si è chiesto: che ruolo avrebbero avuto i fondatori o le fondatrici dentro la Chiesa e la società di oggi? Perché non intervistarli facendoli in un certo senso “rivivere”. Un libro di Laura De Luca e di Vito Magno.
Interviste “impossibili” a dei Fondatori
DOMANDE
E PROVOCAZIONI
Qualcuno si è chiesto: che ruolo avrebbero avuto i fondatori o le fondatrici dentro la Chiesa e la società di oggi? Perché non intervistarli facendoli in un certo senso “rivivere”? Un libro di Laura De Luca e di Vito Magno.
«I nostri fondatori e fondatrici hanno sentito in sé la compassione che prendeva Gesù quando vedeva le folle come pecore sbandate senza pastore. Come Gesù, mosso da questa compassione, ha donato la sua parola, ha sanato gli ammalati, ha dato il pane da mangiare, ha offerto la sua stessa vita, così anche i fondatori si sono posti al servizio dell’umanità a cui lo Spirito li mandava, nei modi più diversi: l’intercessione, la predicazione del Vangelo, la catechesi, l’istruzione, il servizio ai poveri, agli ammalati… La fantasia della carità non ha conosciuto limiti e ha saputo aprire innumerevoli strade per portare il soffio del Vangelo nelle culture e nei più diversi ambiti sociali». Questo passaggio della lettera inviata ai religiosi/e in occasione dell’Anno della vita consacrata da parte di papa Francesco ci offre lo spessore della personalità spirituale di coloro che, guidati dallo Spirito, hanno fondato, nel corso della storia, congregazioni religiose e istituti secolari, mostrando la loro perenne attualità.
Qualcuno si è chiesto: che ruolo avrebbero avuto i fondatori o le fondatrici dentro la Chiesa e la società di oggi? Perché non intervistarli facendoli in un certo senso “rivivere” e offrendogli la possibilità di essere ancora una volta “profeti” nel mondo contemporaneo?
Uno stimolante confronto
tra epoche storiche
Questa idea è stata “cavalcata” da Laura De Luca e da don Vito Magno che, in collaborazione con la Radio Vaticana, hanno pensato di formulare alcune interviste “impossibili” a una ventina di fondatori e “pionieri” della vita consacrata. Ne è nato un libro dal titolo Domande e provocazioni. Interviste impossibili a fondatori e pionieri della vita consacrata, che ha come scopo quello di far rivivere le grandi “colonne spirituali” della Chiesa, innalzando un ponte tra passato e presente della vita consacrata dentro una «forte valenza dialettica, nonché educativa – scrive nell’introduzione p. Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede e della Radio Vaticana – originando uno stimolante confronto fra epoche lontane ed una inedita e provocatoria circolazione di idee».
L’intento degli “intervistatori” è stato quello di “attualizzare”, nel rigore delle fonti e nella fedeltà storica allo spirito del tempo e di ciascuno dei loro interlocutori, la proposta di vita e di fede di santi e pionieri della vita consacrata che hanno avuto il coraggio di andare controcorrente, superando ostacoli e incomprensioni, al fine di rinnovare la Chiesa, coerentemente con il loro carisma e il loro impegno a servizio di Dio e degli uomini.
Gli intervistatori (Franco Cardini, Lucetta Scaraffia, Giuseppe Costa, Giuseppe Manfridi, Walter Lobina…) pongono ai “grandi” consacrati della storia della Chiesa istanze del nostro tempo, immaginando le risposte che essi avrebbero potuto dare. Le opere dei ventuno consacrati che prendono la parola attraverso la fantasia dei loro intervistatori, rispecchiano bisogni e sensibilità delle rispettive epoche storiche, e sono talmente importanti ed efficaci da resistere nei secoli, per giungere fino a noi nella loro freschezza.
Una galleria
di personaggi
Si comincia con l’intervista di Maricla Boggio a sant’Agostino. Qual è la sua attualità? Fa parte ormai della consapevolezza del nostro tempo il detto agostiniano secondo il quale «ragione e fede sono due facce della stessa medaglia», dal momento che «sarebbe meschina presunzione mettere avanti la propria limitata intelligenza per ritenere di capire Dio, o lanciarsi irrazionalmente nel credere senza valorizzare il dono divino della mente».
Suona anche di viva attualità la testimonianza del monaco cistercense Bruno da Colonia, fondatore del monastero di Serra in territorio calabrese, che si è “ritirato” dal mondo perché «il dolore del mondo ci ordina di tacere. Non interroghiamolo: si pronuncia da sé. Stupefacente è saperlo ascoltare: per produrre, nel silenzio, le nostre azioni».
Rivoluzionaria anche per il nostro tempo, ma per questo molto vicina a noi, la scelta della mistica “tuttofare”, Ildegarda di Bingen, che sconvolse la prassi tradizionale della vita del monastero, ribaltando il concetto monastico. Proclamata “dottore della Chiesa”, Ildegarda è stata una donna “combattiva”, ma anche “sola”; ritirata nel convento, ma attenta ai capovolgimenti della Chiesa, lottando continuamente «contro l’impazienza verso gli altri esseri umani che mi circondano e che sono così tardi a capire, a vedere, a cogliere, la realtà che li circonda», consapevole che «la mia vecchiaia è una marcia verso Dio nella solitudine».
L’attualità di Francesco d’Assisi nessuno la mette in discussione: egli ha tenuto testa a suo padre, a due papi, a vescovi, a principi, alle folle, al sultano, perfino al diavolo, ma su molte cose ha taciuto, per quanto fossero in tanti ad aspettare la sua parola: «Non lo sai che di ogni parola, di quelle pronunciate e di quelle no, dovremo rendere conto nel giorno del Giudizio?... Questo solo ti dico: frate Francesco ha sempre seguito con fedeltà santa obbedienza, e santa obbedienza ordina talora di parlare, talaltra di tacere… ».
Anche sant’Antonio da Padova era dotato di grande umiltà e di molta sapienza e cultura: la sua attualità la si vede soprattutto nella predicazione, dal momento che lui partiva sempre «dalla Bibbia, dalle allegorie che si possono costruire sul suo testo…», cercando «di calarle nella realtà della gente, così complessa, e tanto funestata da false ideologie e dalla discordia». Una delle sue risposte più legate al nostro mondo: «Cercavo di parlare di Dio nel modo più possibile vicino alla vita quotidiana».
Con Agnese di Praga si entra dentro l’imprevedibilità della chiamata di Dio negli ambienti nobili della Boemia del 1200, quando una ragazza sente il fascino di san Francesco e si abbandona totalmente al servizio dei poveri, in un ospedale: «Sono diventata una spugna nella delicata mano di Dio, quando mi guariva e con amore puliva le ferite infiammate, alleviava i dolori, rendeva sopportabili la miseria, le ulcere aperte dei bisognosi, asciugava il sangue e le lacrime delle sue creature». Anche oggi Dio non è forse imprevedibile nelle sue chiamate in qualsiasi stagione della vita e in qualsiasi ambiente?
E il coraggio e la forza di s. Giovanna d’Arco non sono forse di un’attualità disarmante? Convinta di essere stata scelta da Dio per salvare la Francia piegata dalla guerra dei Cent’anni, non si è fermata di fronte al suo essere “donna” in un ambiente militare tipicamente maschile, integrando mirabilmente forza e debolezza: «Intuivo che Dio voleva dirmi…che è fragile. Sì. Dio è fragile. E noi non si è mai abbastanza fragili per tirarci indietro al suo comando, per cooperare al suo disegno». Emancipazione femminile “ante litteram”?
Provocatorie le risposte di Ignazio di Loyola, soprattutto per quanto riguarda il “voto speciale di obbedienza al papa”; una “sottomissione” che è sempre stata «una garanzia di unità, come d’altra parte per tutta la Chiesa». Anche se «la Chiesa cattolica come istituzione è sempre esposta, da un lato, al rischio della frammentazione e della divisione e, dall’altro, dell’omogeneizzazione», egli ribadisce che «i conflitti sono esistiti, esistono ed esisteranno sempre nella Chiesa, dai tempi di Pietro e Paolo». Questa consapevolezza non è forse di grande attualità?
Senza contare l’attualità di Teresa d’Ávila, nella riforma “rivoluzionaria” del Carmelo, che lottò con sofferenza per farlo tornare all’origine: «Nulla possediamo, tutto è in comune, viviamo solamente di elemosine e ogni casa è ricca solo della croce. Ma quello che c’è dentro a un convento è sempre molto, se viene condiviso. Nel perdere tutto, tutto si guadagna». Parole che interrogano la sicurezza finanziaria di oggi…
Come la mettiamo con la modernità di s. Giovanni Bosco? Di fronte alla domanda se si sentiva un “fondatore” a cui fare riferimento, egli ha risposto: «Io mi sento un povero e umile prete che ha cercato di seguire la volontà del buon Dio. Certo la nostra vita ha un significato pieno se è spesa totalmente per una causa. Più questa causa è alta e più ci realizziamo come uomini e credenti».
E con la “piccola” Bernadette Soubirous? Nella sua fragile vita ha aperto la strada alla speranza anche di fronte a malattie “irreversibili”: «Per Dio niente è incomprensibile».
E cosa direbbe Francesca Cabrini, la patrona degli emigranti, delle persone che approdano ogni giorno sulle coste italiane? Il cuore di Dio faceva da “centro” della sua azione apostolica. «Ed è questo centro che ci riporta poi anche al centro di noi stessi. Che ci ricorda chi siamo, la nostra identità, dovunque siamo, in qualunque tempo: secolarizzato, pagano, anticlericale…». Tornare al “centro” non è anche la sfida dell’oggi contro una diffusa frammentarietà? E pensare che paradossalmente Francesca Cabrini, battezzata “lupo di mare”, non sapeva nuotare: «E tutte quelle onde alte come montagne mi mettevano una gran paura…».
E la fecondità spirituale e apostolica di un Annibale Maria di Francia non tocca la fiducia “perennemente” moderna nei confronti ? «Tutto ciò che Dio ha disposto di fare per la nostra salvezza, ha disposto di farlo per mezzo della nostra preghiera. Per assurdo, è come se l’Onnipotente avesse bisogno del debole».
E così don Orione, con la “Piccola Opera della Divina Provvidenza”, p. Agostino Gemelli, con la sua appassionata ricerca scientifica, don Giacomo Alberione, l’apostolo della comunicazione, Edith Stein nella sua ricerca di verità, Antonin Zgarbik, il martire cecoslovacco della “Chiesa del silenzio”, Madre Teresa di Calcutta, la “matita di Dio”: figure di “santi” e “profeti” che non si possono collocare dentro un tempo specifico e che risultano immuni da ogni forma di legame vincolante dentro un contesto che li possa imprigionare.
Queste interviste “impossibili”, nate dentro la cornice radiofonica, hanno offerto «una galleria di personaggi di ogni tempo virtualmente stimolati da autori di oggi» (p. Lombardi). Gli intervistatori mostrano l’attualità di queste figure dal momento che i fondatori, incarnando i loro carismi, hanno avuto il coraggio di andare controcorrente. Nelle loro biografie possiamo ritrovare la paradossale e urgente “freschezza” della testimonianza della vita consacrata.
Secondo il prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, card. Braz De Aviz, «le conversazioni immaginarie racchiuse in questo libro appaiono tanto più attuali quanto più i voti religiosi rischiano di apparire inattuali». Eppure, «le famiglie religiose di agostiniani, francescani, benedettini, gesuiti, salesiani, rogazionisti, paolini… sono come alberi rigogliosi i cui verdi rami lasciano trasparire nella Chiesa il divino e l’eterno». Con il compito sempre “attuale” di “svegliare il mondo”, come ha chiesto papa Francesco a tutti i religiosi nel messaggio di apertura dell’Anno della vita consacrata.
Mauro Pizzighini