Monaci di Camaldoli
Prospettive per il monachesimo nel post-concilio
2015/6, p. 18
L’articolo è stato pubblicato nella rivista vita monastica (dic. 2014) in un quaderno tutto dedicato a ricordare i mille anni del monachesimo a Camaldoli (1012– 2012), intitolato Tempo e storia, Dio e la vita monastica. Riflessioni e pensieri nell’orizzonte del monachesimo camaldolese. Ne è autore Alessandro Barban, priore generale..

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Prospettive per il monachesimo nel post-concilio
Le seguenti puntualizzazioni sono stralciate da un articolo in cui sono delineate le prospettive maturate nel monachesimo in seguito al concilio, e ancora propositive per questa seconda fase postconciliare. L’articolo è stato pubblicato nella rivista vita monastica (dic. 2014) in un quaderno tutto dedicato a ricordare i mille anni del monachesimo a Camaldoli (1012– 2012), intitolato Tempo e storia, Dio e la vita monastica. Riflessioni e pensieri nell’orizzonte del monachesimo camaldolese. Ne è autore Alessandro Barban, priore generale..
Al termine di questi cinquant’anni dal concilio Vaticano II, sono quattro le questioni che mi sembrano ancora propositive per il monachesimo anche per la seconda fase post-conciliare iniziata dal pontificato di papa Francesco.
1. Il Concilio Vaticano II ci ha "bagnato" di attualità evangelica. È stato come una rugiada che ha vitalizzato tutta la vita della Chiesa. Ci siamo liberati da pratiche esteriori, per concentrare il nostro impegno spirituale sull'ascolto della parola di Dio e sulla lectio. Abbiamo apprezzato meglio il servizio della teologia all'interno della Chiesa, e sentiamo quanto sia necessario proporre una vita spirituale, che sia in sintonia con il sentire più profondo degli uomini del nostro tempo. Da qui l'importanza di mantenere aperti i nostri monasteri affinché siano radure, oasi, luoghi di incontro, di dialogo, e soprattutto spazi di condivisione e di esperienza di vita cristiana: dalla koinonia e dalla fraternità della comunità stessa, al pregare, al valore del lavoro, dalla cella al mangiare insieme in refettorio.
2. Per il monachesimo contemporaneo è importante parlare il linguaggio degli uomini di oggi, e conoscere ciò che sta avvenendo nella cultura e nella scienza. Studiare non in modo dilettantesco, ma seriamente. Nella tradizione monastica non c'è stata solo la specificità di un approfondimento di tipo spirituale, ma è stata sempre coltivata all'interno di una notevole ricerca culturale. Quando il monachesimo si è impoverito culturalmente, si è anche impoverito spiritualmente. Quando il monachesimo ha interpretato la fuga mundi in senso storico come separazione dal mondo, come fuga dalla cultura del mondo e dallo spirito del tempo, ha sempre rischiato l'irrilevanza, l'insignificanza e l'evasione. Quando invece la ricerca monastica del desiderio di Dio si è intrecciata con una seria domanda culturale, ha sempre realizzato una spiritualità caratterizzata da pace, armonia e bellezza. Pertanto, siamo chiamati in questo tempo di svolta a non rimanere fermi sugli allori gloriosi del passato, ma ad intraprendere un cammino di conoscenza e di spiritualità che approdi ad una sapienza vivente.
3. La laicità, che è la forma di pensare della maggior parte dei membri del popolo di Dio, non deve far paura. Penso che ancora di più in futuro il monachesimo si troverà meglio nel rapporto con il mondo laico sia all'interno, sia all'esterno della Chiesa, non solo perché è nato come un movimento laicale, ma anche per un' empatia connaturale di immediatezza e di condivisione di sensibilità con la vita stessa dei laici. Come monaci abbiamo lasciato cadere da tempo la mentalità e le forme del clericalismo, che con insistenza papa Francesco denuncia come un grave pericolo per la vita stessa della Chiesa. Non confondiamo poi laicità con laicismo, che è l'attuale ideologia che si oppone a priori a tutto ciò che è religioso o ha a che fare con la Chiesa. Per laicità si deve intendere la sfera del pensare, del giudicare e del decidere, in altre parole del vivere stesso, che si forma nel nostro tempo nell'incontro tra fede e vita dei fedeli delle nostre comunità ecclesiali. Ma anche in tanti preti e religiosi/e. Certo, molti si sono solo adeguati passivamente alla visione secolarizzante della nostra epoca. Ma tanti altri hanno cercato di interpretare e inverare la propria fede cristiana alla luce della cultura odierna. Si tratta di un processo ancora in corso. È vero che, in quanto credenti, sarà la fede in Cristo a guidarli nel loro vivere nella società di oggi, ma allo stesso tempo anche l'esperienza della loro umanità e della loro esistenza avranno incidenza sulla qualità e sulla comprensione della loro fede cristiana.
4. L’incontro, il dialogo e il confronto, il monaco li esercita in più direzioni: verso la Chiesa, nei confronti delle altre chiese cristiane, nell'incontro con le altre tradizioni religiose e il mondo. E per portare avanti questo programma bisogna essere preparati ed elastici. Bisogna incontrare e saper parlare dentro la Chiesa cattolica sia con coloro che si fermano ad una formazione catechistica, sia con coloro che vogliono approfondire in modo più teologico e spirituale la loro fede. Aprirsi e confrontarsi con le altre Chiese cristiane: forse gli incontri teologici hanno fatto il loro tempo, si tratta ora di saperci perdonare, facendo cadere le reciproche diffidenze storiche. Infine, sarà sempre più necessario saper incontrare ed entrare in dialogo con le altre religioni: dagli ebrei ai musulmani, dai buddisti agli induisti… Il dialogo interreligioso è già, ma lo sarà ancora di più, la sfida più impegnativa dei prossimi decenni per noi monaci e per l'intera Chiesa cattolica.