Davanti alla Sindone
2015/6, p. 13
Quel volto sfumato che traspare dalla Sindone ha una fortissima valenza simbolica. Non solo obbliga a riflettere sulla passione e risurrezione del Cristo, ma anche sulla sofferenza umana.
Intervista a Sergio Bocchini
DAVANTI
ALLA SINDONE
Quel volto sfumato che traspare dalla Sindone ha una fortissima valenza simbolica. Non solo obbliga a riflettere sulla passione e risurrezione del Cristo, ma anche sulla sofferenza umana.
1. Lei ha scritto un recente libro sulla Sindone (Indagine sulla sindone, EDB, Bologna 2015). Perché l’ha fatto? Quale rapporto personale ha con il santo lenzuolo?
La risposta vera è perché le Edizioni Dehoniane mi hanno chiesto di scrivere un libretto informativo sulla Sindone in occasione dell’ostensione straordinaria del 2015. Subito mi è sembrato un argomento troppo specialistico, difficile da trattare con serenità e obiettività. Ma poi ho accettato perché mi si offriva l’occasione per approfondire un tema che mi ha sempre interessato e incuriosito. Tra l’altro nel mio archivio c’era già molta roba. A lavoro finito il mio interesse per il telo sindonico ha assunto nuove dimensioni. Quel volto sfumato che traspare dalla Sindone ha una valenza simbolica. Non solo obbliga a riflettere sulla passione e risurrezione del Cristo, ma anche sulla sofferenza umana, suscitando in me un profondo stupore nei confronti del mistero del Dio incarnato.
2. Nel sottotitolo parla di “icona” cristiana. Di recente si è dibattuto sul fatto che la Sindone sia una reliquia o piuttosto un’icona. Può spiegare la differenza?
Il termine reliquia, che in latino significa “resti”, era impiegato nell’antichità romana per designare le spoglie o le ceneri di un defunto. Nel cristianesimo indica il corpo (o i “resti”) dei martiri e di persone venerate come sante, e anche qualsiasi cosa che ha avuto un contatto (vesti, oggetti…) con queste persone. Anche se il culto delle reliquie è presente in altre religioni (per es. nel buddhismo e nell’islam), nel cristianesimo ha conosciuto il suo periodo d’oro durante le crociate, con un vero e proprio commercio, molte manipolazioni e falsi.
Il termine icona, invece, deriva dal greco eikóna = “immagine” e indica una raffigurazione sacra del Cristo, della Vergine o dei santi. Nella teologia orientale l’icona è immagine e riflesso del mistero divino. Dicendo che la Sindone è un’”icona”, s’intende dire che essa è un’immagine (non una reliquia): una “finestra” di luce sul trascendente.
3. Vi è un indubbio fascino storico nella vicenda che accompagna il lenzuolo sindonico. Quali sono i passaggi e le vicende che lei ritiene più suggestivi?
Ho trovato molto interessante la polemica tra il vescovo francese che aveva giurisdizione su Lirey (Francia) − il luogo dove la sindone è storicamente comparsa intorno al 1355 − e i proprietari del telo. Il vescovo Pierre d’Arcis, in un memoriale del 1389, scritto per essere inviato a Clemente VII, l’antipapa riconosciuto come legittimo in Francia, dichiara che quella sindone «non è il vero sudario» di Cristo, ma «una pittura», di cui un suo predecessore aveva scoperto persino il nome dell’artista che l’aveva «fabbricata con scaltrezza». Probabilmente il memoriale non è stato spedito, ma la polemica è ben documentata. È indubbio che le vicende della Sindone di Lirey (la stessa che passerà ai Savoia e arriverà a Torino nel 1578, poi donata nel 1983 al papa da Umberto di Savoia) sono complesse e difficili fin dagli inizi. Per non parlare dei vari incendi, l’ultimo nel 1997, dai quali però la Sindone si è sempre salvata. Anche questo è visto da molti come un segno della sacralità del Telo o speciale protezione dal cielo.
Il libro Indagine sulla Sindone racconta le varie vicende, di quella che tradizionalmente è stata sempre considerata la più importante «reliquia della cristianità», con interesse e curiosità, cercando di condurre un’indagine obiettiva, senza nascondere i punti oscuri e controversi. D’altronde, come è noto, non c’è mai stato un pronunciamento ufficiale da parte della Chiesa cattolica sull’autenticità della Sindone, né ovviamente la fede nella Sindone fa parte del credo cristiano.
4. Attorno ad essa vi sono da sempre discussioni anche aspre e differenze piuttosto nette. Quali sono le ragioni più significative dei due schieramenti?
Sì, confesso che uno dei motivi per cui all’inizio non volevo trattare l’argomento è proprio il clima non sereno, molto ideologizzato, un po’ “talebano” − se mi si permette questa espressione colorita − che accompagna il dibattito sulla Sindone. E purtroppo questo clima si ritrova da ambo le parti: sia in quelli che sono a favore (i cosiddetti “autenticisti”) sia in quelli che sono contrari. Gli schieramenti sono netti e i due gruppi fanno fatica a comunicare. Un clima più dialogico, meno ideologizzato, gioverebbe a tutti.
Gli autenticisti hanno molti argomenti interessanti da proporre: certamente il telo porta le impronte della passione di Gesù narrata dai vangeli; molte macchie sembrerebbero di sangue, come anche alcune ferite (per es. quelle presunte lasciate dai chiodi e dalla calotta di spine posta sulla testa) sono così particolari da andare al di là delle conoscenze di un bravo falsario medioevale. Per non parlare della particolarissima immagine dell’uomo crocifisso presente nel telo, come anche di altre caratteristiche dell’immagine stessa. D’altro canto chi sostiene che la Sindone sia un manufatto medioevale ha la storia dalla sua parte (le prime date conosciute sono tutte intorno al 1350), le stesse dichiarazioni citate contro l’autenticità del vescovo; le discrepanze con alcuni dati dei vangeli e i risultati dell’esame del radiocarbonio, fatti nel 1988 con l’ autorizzazione della Chiesa cattolica, in tre laboratori internazionali differenti. La datazione del telo, con un margine di approssimazione, è stata data tra il 1260 e il 1390; date compatibili con le prime testimonianze storiche della Sindone. Insomma credo che un dibattito serio, a più voci, anche interconfessionale come testimonia il libro, sia auspicabile e importante. Il credente non ha paura della verità, tanto più che lo stesso vangelo di Luca ci ricorda che non bisogna cercare tra i morti «colui che è vivo» (Lc 24,5).
5. Che rapporto c’è fra Sindone e Torino? Custodia, cuore, oggetto museale, reperto storico…
A Torino sono presenti tutti e sette i modi di avvicinarsi alla Sindone che ho descritto nel libro: da chi è certo che sia il sudario di Gesù, a chi è totalmente contrario, a chi è indifferente, curioso, appassionato di misteri e così via. Ma è indubbio che per Torino la Sindone non è un oggetto qualsiasi. Dopo la crisi della Fiat la città sta cercando di risollevarsi puntando sull’arte (le regge sabaude e il museo egizio), sulla cultura e l’università e anche sul pellegrinaggio alla Sindone e alla spiritualità. La Sindone rappresenta un forte richiamo per molti pellegrini, tanto che per il 2015 sono previste circa 3 milioni di presenze. La città sa bene cosa significano queste cifre e nell’organizzazione delle ostensioni c’è sempre una buona collaborazione tra la diocesi, il comune e gli altri enti. Ma non credo che la città sia legata alla Sindone solo per un interesse economico. Ricordo bene piazza Castello gremita di gente nella notte dell’incendio dell’11 aprile 1997 e il lungo applauso liberatorio quando la teca è stata messa in sicurezza. Tra l’altro Torino ha dedicato una bellissima chiesa, piena di simbologia e di luce, al «Sacro Volto», dell’ architetto Mario Botta. Credo che, nel rispetto del pluralismo religioso a cui si sta lavorando da anni, Torino sia molto attenta ai valori simboleggiati dalla Sindone, anche se non lo dà troppo a vedere, come è nello stile pragmatico e riservato della città.
6. Quale rapporto ha con la pietà popolare? Vi è un rischio di superstizione? Perché vi è paura della devozione?
Quello della devozione popolare è un fenomeno vasto e complesso che nella maggioranza dei casi convive con la religione istituzionale senza problemi, ma che può anche avere il sopravvento o sfociare in forme superstiziose e magiche che non hanno niente a che fare con il sacro. Ma la devozione alla Sindone, pur essendo molto diffusa, ha sempre conservato una certa “austerità” e “unicità” che l’ha preservata da certe derive devozionaliste. La venerazione della Sindone è stata sempre ben inserita in un contesto liturgico e letta alla luce del vangelo. Questo è merito soprattutto della Chiesa torinese che in questi decenni non ha ceduto a facili strumentalizzazioni e ha saputo collocare le ostensioni pubbliche in un contesto dignitoso, dalla forte valenza spirituale.
7. La Chiesa italiana si occuperà di umanesimo cristiano a Firenze nel novembre prossimo. Quale umanità esprime la Sindone?
La Sindone è un’“icona”, altamente simbolica della sofferenza umana di tutti i tempi. E chi meglio di una società informatizzata e multimediale può capire l’importanza e la bellezza di questa forte valenza iconica, che va al di là persino della domanda: vera/falsa. Oggi c’è tanto bisogno di riflettere sull’importanza del restare umani, sulla sofferenza nascosta che è dentro e attorno a noi, sull’accettazione dei tanti volti, diversi per cultura, tradizione religiosa, scelte di vita e idee... presenti nelle nostre città italiane. Ben venga una riflessione “austera”, non arrogante e dialogica...a partire dalle sfumature del volto della Sindone.
a cura di Lorenzo Prezzi
Intervista apparsa su Settimana n. 13 p. 11.