Un metodo educativo ancora attuale
2015/6, p. 9
Sono quattro gli elementi del metodo educativo di don Bosco che perdurano nel tempo: la predilezione verso i giovani, la presenza educativa quotidiana dell’educatore tra i giovani, la “simpatia” dell’educatore e il carattere comunitario dell’esperienza pedagogica.
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Intervista sul bicentenario della nascita di don Bosco
UN METODO EDUCATIVO
ANCORA ATTUALE
Sono quattro gli elementi del metodo educativo di don Bosco che perdurano nel tempo: la predilezione verso i giovani, la presenza educativa quotidiana dell’educatore tra i giovani, la “simpatia” dell’educatore e il carattere comunitario dell’esperienza pedagogica.
«Il carisma salesiano è un “regalo” di Dio a tutta la Chiesa in favore dei giovani e questo bicentenario si presenta anche come un’occasione di «autentico rinnovamento spirituale e pastorale» a vantaggio dell’intera comunità cristiana». Lo ha affermato il Rettore maggiore, don Ángel Fernández Artime, aprendo ufficialmente lo scorso 16 agosto a Castelnuovo Don Bosco (Asti), le celebrazioni del bicentenario della nascita del Santo. Le celebrazioni si concluderanno il 16 agosto 2015, e vedranno a giugno la visita di papa Francesco in Piemonte.
Il carisma salesiano è un regalo che Dio, attraverso don Bosco, ha fatto alla Chiesa e al mondo – continuava il Rettore - un carisma che «si è formato nel tempo», fin da quando il piccolo Giovanni stava seduto sulle ginocchia di mamma Margherita, poi “con l’amicizia di buoni maestri di vita” e, in particolar modo, nella vita quotidiana in mezzo ai giovani.
L’anniversario vedrà l’intera famiglia salesiana continuare il suo «cammino verso le periferie fisiche e umane della società e dei giovani»: un impegno per leggere le realtà sociali, specialmente quelle giovanili, con intenzioni chiare, a favore dei giovani emarginati o che sono a rischio di esserlo, nella piena fiducia in loro, in ogni ragazzo e ragazza, nelle loro possibilità e capacità, nella certezza della bontà dei loro cuori, qualunque sia stato il loro passato, facendo conoscere l’opportunità che hanno di essere proprietari e protagonisti dei loro sogni, stando loro accanto se ce lo permettono, per poterne sviluppare al massimo i talenti, la loro vocazione pienamente umana e cristiana.
Il suo metodo educativo
perdura nel tempo
Nell’Anno dedicato alla vita consacrata e in occasione del bicentenario di don Bosco abbiamo dato la parola ad un salesiano di origine bergamasca, ma residente da anni a Bologna: don Alessandro Ferraroli, presidente nazionale COSPES (Centri di orientamento scolastico e professionale), presidente FIDAE dell’Emilia Romagna e docente all’Università Pontificia Salesiana a Roma.
Quasi scontata una domanda: è ancora attuale la sua pedagogia, o meglio, quali aspetti del suo metodo pedagogico superano le barriere del contesto storico?
Mi sembra che siano quattro gli elementi del metodo educativo di don Bosco che perdurano nel tempo: la predilezione verso i giovani (un continuo e approfondito interesse di conoscenza sia dei singoli giovani, sia di quel fenomeno che oggi si chiama “condizione giovanile”); la presenza educativa quotidiana dell’educatore tra i giovani (essa ha l’ufficio del sostegno di uno stelo flessibile, che non impedisce la crescita viva e naturale, ma lo guida e lo sostiene perché cresca diritto); la “simpatia” dell’educatore (è un mettersi sulla lunghezza d’onda dei problemi che i giovani propongono, entrare in dialogo educativo con loro, valorizzare i loro apporti positivi); il carattere comunitario dell’esperienza pedagogica (bisogna saper coinvolgere tutti i responsabili).
Lei è un salesiano, per 17 anni docente universitario di pedagogia e di psicologia dello sviluppo e ha pubblicato diversi saggi. Siamo nel bel mezzo del decennio che la CEI ha dedicato al tema dell’educazione, perché oggi è così difficile “educare”?
Il compito educativo non è mai semplice, in quanto esso non si caratterizza per meccanismi replicabili sempre nello stesso modo, ma come relazione con la libertà dell’altro in precise situazioni storiche e culturali. Le difficoltà odierne sembrano avere, però, una natura particolare, in quanto ciò che sembra essere messo in discussione, in certi casi, non è tanto il contenuto e il metodo, ma la possibilità stessa di educare. Ho la netta sensazione che molti adulti abbiano rinunciato a proporre alle nuove generazioni significati, ragioni e regole per vivere con libertà e responsabilità.
Educare è difficile
ma non impossibile
Tra i suoi testi anche “Educare si può” e “Educare si deve”, quasi un misto tra dovere e speranza. Dove si fonda la sua convinzione che sia possibile riprendere in mano, da parte degli adulti, l’azione educativa?
Educare è difficile, ma non impossibile. Oggi si parla sempre più di emergenza educativa, conseguenza anche dell’incapacità del mondo adulto di mettersi in relazione e in sintonia con i rapidi cambiamenti che interessano la vita dei ragazzi. Oggi c’è bisogno di affiancare all’enumerazione dei mali, le proposte per affrontarli e risolverli senza dimenticare l’elenco dei meriti e delle positività di tanti bambini, ragazzi e giovani. C’è soprattutto bisogno di non descrivere un’età della vita soltanto in termini di presenza o assenza di patologie, trascurando le risorse individuali e collettive da attivare.
Cosa direbbe ai neo-genitori alle prime esperienze educative: come si acquista la “patente” di educatori?
Avere dei figli non significa solo assumersi delle responsabilità, ma anche essere disposti a confrontarsi con i loro cambiamenti e, di conseguenza, con il proprio. I genitori, infatti, non possono ignorare che il corpo e la psiche dei loro figli sono soggetti, giorno dopo giorno, ad un delicato processo di trasformazione e di crescita, e che in questo processo i figli non riusciranno ad affrancarsi dalla loro tutela e a diventare autonomi, se essi non crescono insieme con loro, mutando il proprio atteggiamento e i propri stili di intervento. In questo senso, occorre essere autorevoli, non autoritari; coerenti, non inflessibili. Occorre, soprattutto, non soffocare la personalità del figlio in formazione. Quindi benissimo le regole, quella che potremmo definire un po’ di “severità”, ma in modo equilibrato, consapevole e, soprattutto, concordato tra i due genitori.
Tra le sue esperienze anche l’insegnamento ai preadolescenti e adolescenti. Ci può dire come vede i ragazzi d’oggi?
I ragazzi di oggi sono ragazzi spesso trasgressivi o giudicati tali per quanto ci fan vedere, ma non sono ragazzi “cattivi” come a volte vengono stigmatizzati da noi adulti. Certo, quello che fanno e quello che viene amplificato dai mass-media sembra discostarsi di molto dai comportamenti che hanno caratterizzato la nostra crescita. Ci verrebbe da dire: “Ai nostri tempi …”, come a dire che ai nostri tempi le cose andavano davvero meglio. In realtà anche oggi gli adolescenti non sono solo quelli che appaiono sui giornali. La maggioranza è ancora fatta di ragazzi che hanno voglia di crescere e di affrontare le fatiche che la vita propone. Magari in modo diverso da una volta. Magari in una società che ha modificato gli spazi di vita e che richiede competenza diverse. Certo noi adulti siamo molto disorientati e il nostro disorientamento forse può rendere i nostri figli più insicuri e meno corredati ad affrontare la vita.
Le scuole
paritarie
Come presidente FIDAE dell’Emilia Romagna conosce bene i problemi in cui si dibatte la scuola cattolica. Un’effettiva parità scolastica in Italia non è stata mai raggiunta neppure negli anni dei governi democristiani: quali motivazioni secondo lei?
Alcune importanti riforme impongono di parlare di scuola come di un “sistema”: la legge 62 del 2000 ha dato vita al “sistema nazionale di istruzione” che è costituito dalle scuole statali e da quelle paritarie; la legge 53 del 2003 ha ulteriormente ampliato gli orizzonti istituendo il “sistema educativo di istruzione e di formazione. La libertà di scelta delle famiglie, che a suo tempo il legislatore pose come principio guida per l’intero sistema educativo al momento dell’autonomia scolastica (legge 59/97, art.21, c.9), a diciotto anni dal suo avvio tarda a dare risultati sperati.
C’è da aggiungere un’oggettiva scarsa disponibilità delle risorse finanziarie da parte dello Stato e alcune rigidità culturali. È stato dimostrato che, se ci fosse un sostegno economico, molte altre famiglie si orienterebbero sulla scuola paritaria.
È vero, spesso si indicano come causa della crisi le difficoltà di carattere economico, ma come mai, laddove esistono leggi locali di effettiva parità (vedi provincia di Trento o alcune norme in altre regioni) le iscrizioni sono ugualmente in calo?
Non sapendo in quali settori c’è un calo di iscrizioni, non ho elementi per una risposta adeguata.
Può darsi che in certi contesti sia cambiata la mentalità delle famiglie, per cui non è detto che disponendo di una risorsa economica, ipso facto aumentino le iscrizioni alle scuole paritarie. Dobbiamo anche mettere in conto il fatto che alcune proposte fatte dalle scuole paritarie non siano gradite ai genitori. Con la parità anche economica per le famiglie, sarà la validità dei progetti educativi delle singole scuole, statali o paritarie, a fare la differenza.
a cura di Maria Teresa Pontara Pederiva