Dall'Osto Antonio
Brevi dal mondo
2015/5, p. 37

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Testimoni
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Repubblica democratica del Congo
Un grido di dolore
Mentre i mass media non offrono che poco rilievo alle violenze nell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDC), dieci congregazioni religiose che operano nella diocesi di Beni-Butembo, il 29 marzo scorso, hanno consegnato una lettera, firmata dai loro consigli generali, alla Commissione giustizia, pace e integrità del creato – un gruppo di lavoro dell’Unione dei superiori generali (USG) e dell’Unione internazionale delle superiore generali (UISG) – in cui lanciano un vero e proprio “grido di dolore “ per gli “inumani massacri” che, a partire dall’ottobre 2014, hanno già provocato nella regione 400 morti. «Care sorelle e cari fratelli – scrivono – rivolgiamo a voi questo messaggio a nome di questo popolo straziato perché facciate sentire il vostro grido. Noi denunciamo e condanniamo la crudeltà e la brutalità degli assassini di bambini e adulti... I massacri che imperversano nella regione di Mbau, nella diocesi di Butembo-Beni, sono chiaramente dei crimini contro l’umanità». I firmatari ricordano anche che i “tre preti” – tre religiosi assunzionisti – rapiti nel 2012 non sono mai stati ritrovati.
La lettera prosegue: «Malgrado l’appello rivolto alla missione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo di aiutare a proteggere la vita dei civili, la situazione rimane critica». I religiosi si rivolgono, quindi, al governo del cosiddetto “gigante addormentato” – un paese ricco di risorse come il Congo – affinché «dia la priorità al suo popolo», e chiedono alla comunità internazionale, attraverso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nella RDC che venga in aiuto ai congolesi.
Le religiose e i religiosi firmatari della lettera sono le Suore della Sacra Famiglia di Spoleto, le Suore dell’Ordine della Compagnia di Notre Dame, le Suore di Maria Riparatrice, l’Ordine della Santa Croce, i Missionari d’Africa (Padri Bianchi), i Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù (dehoniani), i Chierici Regolari Minori, i Monaci Silvestrini (dell’Ordine di san Benedetto), l’Ordine dei Carmelitani e gli Assunzionisti.
Roma*
Il progetto “Fratelli”
Le due Congregazioni dei Fratelli de La Salle (FSC) e dei Fratelli maristi (FMS), verso la fine del 2014 hanno discusso il modo migliore per rispondere alla difficile situazione degli sfollati, ai confini dei diversi paesi nel mondo di oggi. Le discussioni si sono inquadrate nel contesto dei loro ultimi capitoli generali che hanno esortato ad andare “...verso terre nuove” e “... oltre i confini”.
«Ci siamo ispirati – scrivono i due superiori generali Fratel Robert Schieler, (Lassalle) e Fratel Emili Turú, (maristi) – alla Lettera apostolica che papa Francesco ha scritto a tutti i consacrati (novembre 2014), dove ci spinge a considerare la testimonianza profetica di congregazioni che lavorano insieme. Siamo due famiglie di Fratelli che già collaborano, ora abbiamo la possibilità di “... creare ‘spazi alternativi’, dove possiamo sviluppare la logica evangelica del dono, della fraternità, dell’accettazione della diversità e dell’amore reciproco”. Dopo una visita di studio, ai confini del Libano e della Siria, condotta dai Fratelli delle nostre due congregazioni, dopo aver dialogato con i Fratelli del posto e ispirati dai nostri Fratelli e partner di Aleppo, Beirut e Amman un progetto di missione educativa comune è stato approvato dai due consigli generali.
Questa missione comune propone due linee di azione: in primo luogo, seguendo i suggerimenti dei nostri Fratelli, inizieremo un progetto che creerà spazi per accogliere i bambini rifugiati. Questo progetto pilota ci può guidare a creare opere vitali per il futuro, sia in Medio Oriente che in altre parti del mondo. In secondo luogo, stabiliremo un ufficio di coordinamento internazionale in Libano. Chiamiamo questa missione comune “Il progetto Fratelli”. Esso opererà sotto la direzione dei due Consigli generali che creerà una squadra per aiutare, in un primo momento, la collaborazione con le unità amministrative locali e, in seguito, con le unità regionali o conferenze di appartenenza. In definitiva, la visione dei nostri due Consigli generali è orientata alla realtà globale degli sfollati, in particolare bambini e giovani, e non semplicemente alla crisi immediata dei profughi del Medio Oriente, ma anche ai bambini e ai giovani che vivono ai margini della società, come ad esempio la frontiera tra Stati Uniti e Messico e le regioni dell’Africa centrale. In questi progetti, restiamo aperti alla possibilità che altre congregazioni di Fratelli possano unirsi a noi».
Israele*
Le suore di Cremisan fermano il muro
«Le suore salesiane di Cremisan (Israele), scrive il quotidiano Avvenire (3 marzo 2015), sconfiggono un esercito». Non con la violenza, ma con una battaglia legale portata avanti con decisione e che la corte suprema israeliana ha accolto con una sentenza definitiva sull’ormai famoso muro di Cremisan. È stato così bocciato il percorso del muro proposto dall’esercito e ministero della difesa israeliani, di fatto ammettendo il ricorso delle Suore di Cremisan e degli abitanti di Beit Jala.
La corte suprema ha chiesto alle autorità militari israeliane di considerare altre alternative meno dannose per la popolazione locale e per i monasteri che si trovano nella valle. La corte ha anche confermato che il percorso suggerito dalla difesa israeliana non è l’unica alternativa in grado di assicurare la sicurezza e di provocare meno danni possibili. Le autorità militari dovranno, quindi, considerare percorsi del muro alternativi che siano meno onerosi per la popolazione e per i monasteri della valle di Cremisan.
«È una vittoria di tutti. Nessuno ha perso. Hanno vinto anche i giudici israeliani che hanno avuto il coraggio di riconoscere che il muro non era necessario, bloccandone la costruzione». Il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, commenta così, in un’intervista al Servizio informazione religiosa, la decisione dell’alta corte israeliana che ha di fatto bloccato la costruzione di questo tratto di muro, lungo poco più di un chilometro, in questa valle, una zona verde, ricca di uliveti, vigneti e frutteti, e per questo fonte di lavoro e di sostentamento per tante famiglie del vicino villaggio cristiano di Beit Jala, nei pressi di Betlemme.
Twal ha voluto, poi, ringraziare tutti coloro che si sono impegnati in questa causa, gli avvocati, i vari Consolati, la Santa Sede che è intervenuta, i vescovi Usa e molti altri.
Tra i commenti positivi anche quello del Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo), associazione presente in Palestina dal 1986. «Questa sentenza – dice Nico Lotta, presidente del Vis – fa tornare la giustizia nella valle di Cremisan e ferma la costruzione di un muro che avrebbe confiscato ingiustamente una vasta area di terre di proprietà delle famiglie di Beit Jala e delle comunità salesiane di Cremisan. Il muro non risolve i problemi di sicurezza israeliani e viola i diritti degli abitanti della zona, primi fra tutti quello dell’accesso alla terra e della libertà di movimento».
Tunisia
I comboniani al Forum Sociale Mondiale
Il Forum sociale mondiale (World social forum) è un organismo non confessionale, né governativo o partitico, in cui si incontrano movimenti sociali, organizzazioni non governative, reti ed esponenti della società civile contrari alla formula del neoliberismo e ad un mondo dominato dal capitale o da qualsiasi forma di imperialismo. Si riunisce per confrontare le varie opinioni e strategie, per discutere idee, formulare proposte e condividere le esperienze.
Quest’anno ha tenuto, dal 24 al 28 marzo, la sua riunione a Tunisi – la seconda in questa sede dopo quella del 2013 – a ridosso del sanguinoso attentato del 18 marzo al museo del Bardo. Tra i partecipanti, un gran numero di sindacati europei, magrebini e africani, le principali reti sociali di movimento, le grandi associazioni nazionali e mondiali, inclusa la Caritas internazionale, delegazioni dei paesi in conflitto, le famiglie politiche della sinistra e della socialdemocrazia, parlamentari nazionali ed europei.
Anche la Famiglia comboniana ha voluto essere presente con una delle delegazioni più rappresentative e internazionali: 37 membri, impegnati in 15 diversi paesi. Lo stand allestito, come si legge nel messaggio dei partecipanti, «è stato un importante strumento di animazione missionaria: nella pluralità di appartenenze e provenienze, testimoniamo l’impegno cristiano di cambiare insieme ciò che distrugge la vita».
«Abbiamo partecipato al Forum – prosegue il messaggio – con l’intenzione di fare eco nella fede ai processi di liberazione che ci è dato di accompagnare insieme alla società civile organizzata. Per questo ci siamo impegnati a riservare ogni giorno un tempo per il discernimento comunitario e la celebrazione. Crediamo che missione è soprattutto condividere la mistica che alimenta le nostre azioni e ispira una visione trasfigurata di “un mondo diverso e possibile”.... In continuità con il discernimento realizzato negli ultimi quattro Forum comboniani, rilanciamo le dimensioni in cui siamo impegnati e che occorre sostenere e sviluppare:
la liberazione dalle schiavitù di oggi, specialmente quella della tratta degli esseri umani;
la mobilità umana e la difesa dei diritti dei migranti;
i cammini di riconciliazione e di dialogo in paesi segnati dalla guerra, con particolare attenzione al dialogo interreligioso e specificamente islamo-cristiano;
la difesa del creato e dei beni comuni in sinergia con le vittime dell’ingiustizia ambientale e rivedendo gli stili di vita delle nostre comunità e province.
Per essere efficaci in questi ambiti, occorre sempre più creare reti a livello interprovinciale e continentale, accogliere laici e laiche competenti impegnati sugli stessi temi e collaborare con le organizzazioni, religiose e non, che lavorano a difesa della vita».
La partecipazione al Forum per i comboniani è diventato un appuntamento stabile. Scrivono infatti: «Chiamati a riconoscere i “nuovi areopaghi” della missione, ribadiamo l’importanza della presenza comboniana al Forum sociale mondiale, proponendola come una tappa fissa in cui verificare il senso e l’efficacia dei nostri cammini insieme all’umanità, pellegrina verso “nuovi cieli e una nuova terra».
a cura di Antonio Dall’Osto