Dall'Osto Antonio
Promemoria ai vescovi
2015/5, p. 20
Contributo dei religiosi tedeschi al sinodo dei vescovi sulla famiglia del prossimo ottobre, su invito della Conferenza episcopale. Risposte raccolte anche con la collaborazione di teologi e teologhe oltre che dalla loro stessa esperienza.

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I religiosi tedeschi e il sinodo sulla famiglia
PROMEMORIA
AI VESCOVI
Contributo dei religiosi tedeschi al sinodo dei vescovi sulla famiglia del prossimo ottobre, su invito della Conferenza episcopale. Risposte raccolte anche con la collaborazione di teologi e teologhe oltre che dalla loro stessa esperienza.
I religiosi della Germania, attraverso la Conferenza dei superiori maggiori (DOK) hanno risposto gerne (volentieri) all’invito della conferenza episcopale di offrire il proprio contributo in vista del sinodo sulla famiglia del prossimo ottobre. Il 12 marzo scorso hanno consegnato ai vescovi un promemoria di-risposta a firma del presidente, l’abate Hermann-Josef Kugler, in cui i religiosi esprimono il loro parere su alcuni problemi cruciali in programma al sinodo e che in Germania, più che in altri paesi, sono da tempo molto dibattuti in campo ecclesiale.
Pur vivendo una scelta di vita diversa da quella della famiglia, i religiosi, anche per la loro esperienza di vita comune, ma soprattutto per le numerose istituzioni che gestiscono nel campo della formazione e della pastorale familiare, sono convinti di poter esprimere con competenza il loro parere. Tra di essi ci sono anche molti specialisti della pastorale famigliare. Inoltre numerosi conventi e comunità posseggono una buona competenza essendo luoghi spesso molto ricercati da gente desiderosa di avere un consiglio e di essere aiutata nel proprio orientamento di vita in mezzo alle difficoltà e alle crisi che molti attraversano.
Nella risposta ai vescovi, essi affermano di essersi avvalsi anche della competenza di teologi e teologhe, e di avere attinto dalla loro stessa esperienza in quanto pastori d’anime e accompagnatori pastorali. Sottolineano che nel campo del matrimonio e della famiglia ci sono degli interrogativi che da molto tempo aspettano una risposta. Per questo, spesso, scrivono, molti fedeli si rivolgono a loro. Ciò dimostra che il sinodo sulla famiglia è un evento molto atteso e si aspettano con ansia delle risposte.
Un divario tra prassi
e dottrina della Chiesa
Prima di entrare nei problemi specifici, i religiosi richiamano l’attenzione su alcuni comportamenti molto diffusi tra la gente oggi. Rilevano anzitutto che esiste un notevole divario tra la prassi comune e la dottrina della Chiesa, per esempio, per quanto riguarda il problema della comunione ai divorziati risposati o nel campo della morale sessuale in relazione alla “paternità responsabile”. Ciò, affermano, a nostro modo di vedere, oscura il compito della Chiesa che consiste nel proclamare la gioia di Dio nei riguardi dell’uomo così come viene affermato in parole e in opere nel Vangelo.
Invitano a rivolgere una particolare attenzione anche all’ampio uso della libertà che viene fatto oggi nella società. La libertà è un grande dono ma deve essere educato. È insieme anche una sfida. È importante perciò che la Chiesa intraprenda una vera pastorale missionaria di accompagnamento spirituale degli sposati. Non bastano gli strumenti della catechesi. È necessario tessere una fitta rete di luoghi di consulenza per le donne in maternità, di sostegno educativo nel campo del matrimonio e della vita; consulenze per uomini che si trovano in difficoltà per l’indebitamento o altri drammi, come per esempio, la tossicodipendenza. I Lineamenta, sottolineano i religiosi, parlano anche delle donne che soffrono violenze nel loro matrimonio o che sono abbandonate. Da rafforzare, inoltre, è anche la pastorale verso i single; a questa categoria appartengono tante persone in condizioni precarie e che sono bisognose di particolare aiuto.
Il documento traccia quindi un quadro dettagliato di interventi pastorali organici nei seguenti settori: la preparazione al matrimonio, l’accompagnamento matrimoniale, alcune proposte per le famiglie in particolari condizioni, l’impegno nel campo della consulenza.
I religiosi con i loro carismi e le loro competenze si dicono disponibili a far diventare i loro conventi e le loro comunità dei “centri spirituali” per un comune impegno che si proponga di rafforzare il matrimonio e la famiglia.
Particolari
sfide pastorali
Dopo questi rilievi di carattere più generale, la risposta dei religiosi entra nei problemi cruciali della pastorale della famiglia oggi: la formazione delle coscienze, la situazione dei divorziati risposati, i problemi relativi alla sessualità, le opportunità che si presentano per la pastorale famigliare nei riguardi delle persone sposate solo civilmente, e gli individui con orientamenti omosessuali.
Punto centrale della pastorale della famiglia, affermano anzitutto i religiosi, deve essere la formazione delle coscienze. Sono molti infatti coloro che chiedono un aiuto e un sostegno, basato sulla fiducia. Ma diversi criticano certi pastori d’anime perché interferiscono in maniera spesso inopportuna nelle loro decisioni di coscienza. La coscienza, sottolineano i religiosi, deve essere un “luogo sacro” in cui il sacerdote o colui che accompagna deve entrare con grande sensibilità e delicatezza.
Per quanto riguarda i divorziati risposati, i religiosi fanno notare come sia difficile trattare le situazioni di fallimento, sia per il rapporto che si è instaurato tra i due partner sia per quanto riguarda i figli e la loro crescita.
Coloro che vivono in questa condizione, scrivono i religiosi, non mettono in questione il matrimonio sacramentale. Chiedono piuttosto un accompagnamento pieno di comprensione. Si domandano anche se nella comunità ecclesiale sia possibile trovare una nuova via di comunione di vita basata sulla misericordia e la risurrezione. La nostra esperienza, osservano, mostra che anche i fedeli che vivono bene da decenni il loro matrimonio, desiderano che la Chiesa percorra una via di misericordia.
Citano, a questo riguardo, quanto ebbe a dichiarare il card. Kasper nel Concistoro dei cardinali il 21 febbraio 2014: «La domanda è, disse il cardinale: questa via, al di là del rigorismo e del lassismo, cioè quella della conversione che sfocia nel sacramento della misericordia, nel sacramento della penitenza, è un cammino che possiamo percorrere nella presente questione? Un divorziato risposato: 1. se si pente del suo fallimento nel primo matrimonio; 2. se ha chiarito gli obblighi del primo matrimonio, se è definitivamente escluso che torni indietro; 3. se non può abbandonare senza altre colpe gli impegni assunti con il nuovo matrimonio civile; 4. se però si sforza di vivere al meglio delle sue possibilità il secondo matrimonio a partire dalla fede e di educare i propri figli nella fede; 5. se ha desiderio dei sacramenti quale fonte di forza nella sua situazione, dobbiamo o possiamo negargli, dopo un tempo di nuovo orientamento (metanoia), il sacramento della penitenza e poi della comunione?».
Per una sessualità
più serena
Un altro argomento riguarda la sessualità. Per molti fedeli, scrivono i religiosi, è molto importante che la sessualità non sia (più) vissuta in maniera ansiosa. Molti considerano il linguaggio della tenerezza e dell’attuazione sessuale del loro amore come un arricchimento importante e prezioso. In linea di principio, non mettono in discussione «la concezione teologica secondo cui la sessualità trova il suo compimento nella procreazione, in quanto partecipazione all’opera creatrice di Dio. Ma che ogni singolo atto sessuale debba rimanere aperto al desiderio di avere dei figli, non è condiviso da gran parte dei fedeli. Il concilio sottolinea l’importanza che ha la decisione di coscienza dei coniugi in relazione alla “paternità responsabile”. Questa affermazione è accolta volentieri. In effetti, nella complessità delle situazioni di vita e di lavoro non è possibile a molti fedeli regolarsi unicamente in base al calendario biologico per dimostrarsi il loro amore. Essi ritengono, in base alla loro sincera decisione di coscienza per quanto riguarda la paternità responsabile, di scegliere la via del dialogo vicendevole.
Oltre al problema della sessualità, è da tenere presente la sofferenza di diversi coniugi che non possono avere figli e sentono il bisogno di essere accompagnati e aiutati nei problemi riguardanti le possibilità dell’adozione.
Nella pastorale giovanile, proseguono i religiosi, si avverte come molto importante trovare le vie per giungere a una maturazione personale della sessualità. I giovani hanno grande bisogno di imparare le varie forme per esprimersi l’amore e la gradualità delle espressioni di tenerezza.
Matrimoni civili
e omosessualità
La pastorale della famiglia, inoltre, richiede un’attenzione tutta particolare verso coloro che chiedono il matrimonio religioso, ma che già vivono una loro vita familiare comune. I Lineamenta parlano di un’apertura particolare verso coloro che hanno già contratto un matrimonio civile, ma non ancora quello sacramentale. Questa apertura è da considerare un’opportunità e va valutata positivamente. Costituisce un passo importante per una Chiesa che voglia essere missionaria. In Germania è molto frequente incontrare persone che non conoscono il matrimonio ecclesiastico. Ed è interessante costatare la gioia di coppie sposate civilmente con un figlio che, in un clima di apertura pastorale, scoprono il matrimonio religioso e la sua sacramentalità. Si tratta nella maggioranza dei casi di situazioni che offrono l’opportunità di una nuova evangelizzazione. Presupposto fondamentale è non avere dei pregiudizi, pur senza rinnegare le nostre convinzioni.
Rimane poi il problema delle persone con un orientamento omosessuale. Ci sono dei cristiani con queste tendenze che si lamentano pubblicamente ed esprimono la loro sofferenza perché non si sentono accettati dalla chiesa cattolica. Sono individui che non hanno scelto questa condizione; l’hanno scoperta dopo un lungo cammino di percezioni e di sensazioni, finendo con l’accettarla. Molti di essi desiderano di essere amati e accolti da un altro uomo. Sono persone che si orientano verso una partnership con vincoli di fedeltà. La maggior parte di essi non riesce ad accettare di vivere questo rapporto nell’astinenza. Ci chiedono: “come posso io sentirmi creatura amata da Dio quando la Chiesa rifiuta ogni benedizione a una piena partnership? E quali competenze ha la Chiesa di annunciare un Dio che ci ama, se poi assume questo atteggiamento di rifiuto?”. Domande del genere vengono rivolte al pastore d’anime anche dalle lesbiche cristiane. Il loro atteggiamento è positivo quando incontrano pastori d’anime privi di pregiudizi al riguardo. Sentiamo dire che, soprattutto nelle città, esistono nelle comunità dei luoghi dove si riscontra una crescente apertura verso queste persone. Ciò non è considerato un “oscuramento del matrimonio sacramentale” dal momento che questa partnership di vita non costituisce alcuna “concorrenza” con il matrimonio.
I cristiani cattolici con queste tendenze omosessuali deplorano di essere stati allontanati dalla Chiesa e di non vedere per sé alcuna via di uscita. Sperano di poter cogliere dei chiari segni di accettazione e di accoglienza nella loro Chiesa.
I religiosi concludono il loro promemoria esprimendo soddisfazione per il franco dialogo che si è instaurato sui problemi riguardanti la famiglia, il matrimonio e la sessualità nella Chiesa. Affermano che bisogna ora saper cogliere le opportunità che vengono offerte, e di farlo con umiltà e coraggio. «Questa, concludono, costituisce una favorevole opportunità pastorale da affrontare insieme con la forza che il Signore ci dona».
Antonio Dall’Osto