Due anni e un Giubileo
2015/5, p. 6
Una prima e provvisoria sintesi del magistero e del governo di Francesco. Le sollecitazioni alla vita consacrata, i dati maggiori di questo primo biennio, la novità del giubileo della misericordia. Il rinnovato dinamismo della missione si alimenta dalla dimensione teologica della misericordia.
I 25 mesi di papa Francesco
Due annie un giubileo
Una prima e provvisoria sintesi del magistero e del governo di papa Francesco. Le sollecitazioni alla VC, i dati maggiori di questo primo biennio, la novità del giubileo della misericordia. Il rinnovato dinamismo della missione si alimenta dalla dimensione teologica della misericordia.
Il 13 di marzo si sono chiusi i primi due anni del servizio petrino di papa Francesco. In quel giorno è stato annunciato l’anno giubilare della misericordia. Tempo troppo breve per un bilancio, ma sufficiente a percepire le significative novità avviate da Bergoglio. A partire dall’atteggiamento nei confronti della vita consacrata. Per poi dire alcune parole sul biennio e sul giubileo.
L’arrivo di papa Francesco ha sparigliato le carte, ha archiviato i mugugni persistenti, ha aperto nuove possibilità e riconosciuto il compito e la forza profetica della vita consacrata. Ricordo tre passaggi: l’incontro del papa con la presidenza dei religiosi latino-americani della Clar, l’incontro con i superiori maggiori dell’USG (Unione superiori maggiori) e la lettera di indizione dell’Anno della vita consacrata. Era un incontro importante quello della presidenza della Conferenza latinoamericana dei religiosi con il papa il 6 giugno 2013. Dopo il lungo colloquio i cinque o sei presenti hanno scritto i loro ricordi e li hanno messi insieme in una bozza che doveva rimanere a loro come memoria. Probabilmente per una di quelle disattenzioni da entusiasmo non controllato, il testo ha preso la via del web ed è diventato pubblico. Di quelle note accenno a tre punti che costituiscono elementi stabili del suo magistero sui religiosi.
Rischiate di sbagliare
Il primo è l’invito al coraggio: «Rischiate di sbagliare. Rischiate di metterci la faccia. Succederà! Può darsi che vi arrivi addirittura una lettera della Congregazione per la dottrina della fede che vi contesta di aver detto questo o quello… Ma non preoccupatevi. Spiegate quello che c’è da spiegare, ma andate avanti … Spalancate le porte, fate qualcosa lì dove la vita vi sta chiamando. Preferisco una Chiesa che viene giudicata per qualcosa che ha fatto, piuttosto che una Chiesa malata a forza di stare al chiuso». Il secondo punto riguarda i pericoli maggiori che attraversano la vita consacrata (e la Chiesa): quella irrigidita del pelagianesimo tradizionalista (eccessiva enfasi sull’autonomia della volontà umana rispetto alla grazia) e quella neognostica che privilegia la conoscenza elitaria e settaria e induce un adeguamento allo spirito del tempo. Il terzo punto è quello di non rinunciare al dialogo coi vescovi e di saper apprezzare le consonanze in atto con il dicastero vaticano. «Approfittate di questo momento particolare nella vita della Congregazione per la vita consacrata… È un momento di sole, approfittatene!».
Sorprendente l’incontro con la Clar, ma non meno nuovo e rilevante è stato l’incontro con i superiori maggiori (USG) il 29 novembre 2013. Oltre tre ore di colloquio diretto, franco e coraggioso. Ne ha dato accurata nota p. Spadaro su Civiltà Cattolica del 4 gennaio 2014 (n. 3925). Il primo tema girava attorno all’identità e alla missione dei religiosi. Le parole chiave sono testimonianza e profezia. I religiosi sono chiamati ad essere un segnale di allarme per tutti attraverso atteggiamenti come la generosità, il distacco, il sacrificio, il dimenticarsi di sé per occuparsi degli altri. «La Chiesa deve essere attrattiva. Svegliate il mondo! Siate testimoni di un modo diverso di fare, di agire, di vivere! È possibile vivere diversamente in questo mondo». Il secondo tema riguarda le vocazioni. Lo spostamento a Sud della fecondità vocazionale pone sfide serie: inculturazione del carisma, discernimento, selezione, dialogo interreligioso, rappresentanza negli organi di governo. Il terzo tema è quello della formazione. «I pilastri della formazione sono quattro: spirituale, intellettuale, comunitario e apostolico… I quattro pilastri devono interagire sin dal primo giorno di ingresso in noviziato e non devono essere strutturati in sequenza. Ci deve essere un’interazione». Il quarto tema è la vita fraterna. «La fraternità ha una forza di convocazione enorme. Le malattie della fraternità, d’altra parte, hanno una forza che distrugge». Il quinto tema è il rapporto fra religiosi e vescovi, religiosi e Chiesa locale. Infine, le frontiere della missione. Sono frontiere geografiche, sono frontiere simboliche. Le realtà di esclusione rimangono le priorità più significative, ma in ogni caso richiedono l’investimento delle persone migliori e più dotate perché sono situazioni più a rischio.
I giorni e le opere
Gli obiettivi dell’anno della vita consacrata sono sintetizzati in tre indirizzi. Il primo è guardare il passato con gratitudine. Il proprio passato storico fondativo, ma, in particolare la ventata dello Spirito di questi ultimi cinquant’anni, dal Vaticano II. Poi, vivere il presente con passione, ricentrando sempre tutto nel Vangelo e in Gesù, «il primo e unico amore». Da qui si possono inventare nuove vie di testimonianza e di servizio. Infine, abbracciare il futuro con speranza. «Conosciamo le difficoltà cui va incontro la vita consacrata nelle sue varie forme: la diminuzione delle vocazioni e l’invecchiamento, soprattutto nel mondo occidentale, le sfide dell’internazionalità e della globalizzazione, le insidie del relativismo, l’emarginazione e l’irrilevanza sociale». Ma proprio qui «si attua la nostra speranza, frutto della fede nel Signore della storia». La seconda parte della lettera sviluppa le attese per l’anno: la gioia, la profezia, la comunione, le periferie, la formazione spirituale. La terza è quella più originale. Fra gli orizzonti proposti vi è il coinvolgimento dei laici negli ideali, nello spirito e nella missione dei consacrati e l’invito al popolo cristiano per una maggiore consapevolezza dell’eredità che i grandi santi religiosi hanno lasciato alla Chiesa. L’appello si allarga «alle persone consacrate e ai membri di fraternità e comunità appartenenti a Chiese di tradizione diversa da quella cattolica». Non solo alla comune esperienza del monachesimo fra Occidente e Oriente, ma anche alle esperienze comunitarie presenti nelle Chiese della Riforma.
Una enciclica (Lumen Fidei), l’esortazione apostolica (Evangelii gaudium), l’Anno per la vita consacrata (30 novembre 2014 – 2 febbraio 2016), l’indizione del giubileo (8 dicembre 2015 – 20 novembre 2016), il doppio sinodo sulla famiglia (5-19 ottobre 2014; 4-25 ottobre 2015), 7 Costituzioni apostoliche, 5 «motu proprio», 12 lettere apostoliche, più di 60 lettere, centinaia di prediche e discorsi e la quotidiana omelia alla messa in Santa Marta: un patrimonio di magistero di due anni intensissimi di pontificato, arricchito dagli 8 viaggi apostolici in Italia e dai 7 nei vari continenti. Se oltre ai numeri si guarda ai luoghi si capisce l’insistenza sulle periferie geografiche ed esistenziali e l’investimento sull’Asia. Cagliari, Assisi, Lampedusa, Redipuglia, Caserta, Campobasso, Cassano - per quanto riguarda l’Italia - e Rio de Janeiro, Turchia, Strasburgo, Albania, Corea, Terra Santa, Sri Lanka e Filippine per quanto riguarda il resto del mondo.
Al centro: Evangelii gaudium
Nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium sono contenuti tutti i temi fondamentali poi variamente presentati ed esposti: dall’evangelizzazione alla riforma ecclesiale, dal dialogo ecumenico a quello interreligioso, dalla dottrina sociale alla pietà popolare, dalle figure ecclesiali alle «periferie», dalla scelta dei poveri alla testimonianza dei martiri. Mi limito a indicare due elementi che si sono rivelati di maggior peso: i quattro principi di riferimento e il tema della misericordia. L’intento di una pastorale rinnovata e missionaria fa riferimento a quattro principi che papa Francesco ha più volte ripreso. Il primo afferma «il tempo è superiore allo spazio», ossia l’avvio dei processi storici di liberazione e di maturazione è più rilevante dell’occupazione degli spazi del potere. L’incarnazione vale più della forza. Il secondo, «l’unità prevale sul conflitto». Non si tratta di negare il conflitto e la sua creatività, quanto di sottolineare la priorità nella e della solidarietà. La regalità del Cristo è più della casualità delle forze. Il terzo, «la realtà è più importante dell’idea»: «È pericoloso vivere nel regno della sola parola, dell’immagine del sofisma» (n. 231). Le interpretazioni non devono occultare la realtà. Priorità della fede sull’ideologia. Il quarto, «il tutto è superiore alla parte» ed è più della somma delle parti. Non si deve «essere troppo ossessionati da questioni limitate e particolari» (n. 235). Se il «locale» è necessario, la sua parzialità rende sterili senza il «globale». Lo Spirito è superiore agli avvenimenti.
La misericordia è la chiave di comprensione della fede e della pastorale. Nella misericordia la Chiesa esplica la sua attività materna e attua il rinnovamento profondo sia spirituale che strutturale di cui vi è bisogno. Da qui nasce un nuovo stile ecclesiale e un nuovo modo di relazionarsi con il mondo. La teologia ha confinato il tema della misericordia come sotto-voce della giustizia rafforzando l’immagine giudiziaria di Dio, mentre la dimensione della misericordia ne enfatizza quella della paternità. Essa indica la fedeltà di Dio a se stesso e la sua inaffondabile pazienza davanti ai limiti delle creature (cf. EG n. 3).
Il motore: la misericordia
Misericordiae vultus: è il titolo della bolla di indizione del giubileo. «Misericordia: è la parola che rivela il mistero della ss. Trinità. Misericordia: è l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato». Misericordia è ciò che Gesù di Nazaret rivela del Padre attraverso la parola, i gesti e la sua persona. Non si tratta più di un elemento che specifica la giustizia. Ciò che connota Dio è proprio la misericordia. Essa esprime la fedeltà di Dio a se stesso e all’alleanza. Restano i riferimenti alla verità e alla giustizia ma dentro una theologia cordis, capace di declinare fede e devozione. Dal volto misericordioso di Gesù si risale al volto del Padre e ne rivela appieno l’amore. Non si tratta quindi solo di un rinnovato approccio pastorale, ma di una consapevolezza teologica che riconosce nella misericordia il segno dell’onnipotenza di Dio. Giustizia e misericordia «non sono due aspetti in contrasto tra loro, ma due dimensioni di un’unica realtà che si sviluppa progressivamente fino a raggiungere il suo apice nella pienezza dell’amore».
Da qui si ridefinisce la Chiesa, il cristiano e il rapporto con il mondo. «L’architrave che sorregge la via della Chiesa è la misericordia… La Chiesa vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia». Giustizia nella fede cristiana è l’essere resi giusti da Dio, sperimentando il perdono: «È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono. È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli». Come singoli credenti «siamo chiamati a vivere di misericordia, perché a noi per primi è stata usata misericordia». Nel giubileo «potremo fare l’esperienza di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica». Nella misericordia vi è una dimensione escatologica, quasi a «spezzare il cerchio dello spazio e del tempo per inserire tutto nel mistero eterno dell’amore. È come se si volesse dire che non solo nella storia, ma per l’eternità l’uomo sarà sempre sotto lo sguardo misericordioso del Padre».
I suggerimenti pratici riguardano le opere di misericordia corporali e spirituali, le «24 ore per il Signore» (apertura delle chiese e possibilità della confessione»), i «missionari della misericordia», confessori con tutti i poteri di perdonare anche i peccati riservati alla Santa Sede. Un ammonimento severo e una apertura inconsueta ai malavitosi e ai corrotti, mentre sono solo accennati i temi classici del giubileo: dalla «porta» al pellegrinaggio, dall’indulgenza alla memoria dei martiri. La celebrazione avverrà a Roma e in tutte le chiese locali. Il tutto entro una tematizzata fedeltà al Vaticano II: «La Chiesa sente il bisogno di mantenere vivo quell’evento. Per lei iniziava un nuovo percorso della sua storia. I padri radunati nel concilio avevano percepito forte, come un vero soffio dello Spirito, l’esigenza di parlare di Dio agli uomini del loro tempo in modo più comprensibile».
Lorenzo Prezzi