Colico Roberto
Un uomo con l'animo di fratello
2015/4, p. 29
Senza forzature si può ben dire che fratel Luigi Bordino ha testimoniato una vita consacrata che supera i limiti del tempo. E lo possiamo guardare come un consacrato del presente e del futuro perché è stato un grande e convincente narratore del Signore Gesù.
Fratel Luigi Bordino, cottolenghino, proclamato beato
un UOMO CON L’ANIMO
DI FRATELLO
Senza forzature si può ben dire che fratel Luigi Bordino ha testimoniato una vita consacrata che supera i limiti del tempo. E lo possiamo guardare come un consacrato del presente e del futuro perché è stato un grande e convincente narratore del Signore Gesù.
Sabato 2 maggio 2015 a Torino, nel bel mezzo dell’ostensione della Sindone, dalla quale era molto affascinato, l’albese Andrea Bordino sarà proclamato beato: rappresenterà papa Francesco il card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le cause dei santi.
Andrea Bordino nasce in una famiglia contadina a Castellinaldo (provincia di Cuneo, diocesi di Alba) il 12 agosto 1922, che lo educa cristianamente. Determinante è la militanza nell’Azione Cattolica: a 19 anni è presidente del circolo della sua parrocchia. Nel gennaio 1942 è arruolato, con il fratello Risbaldo, tra gli Alpini della gloriosa Divisione Cuneense mandati a morire da Mussolini nella “campagna di Russia”. La disfatta avviene sul Don nel gennaio 1943. Dopo 12 giorni di marce forzate e di aspri combattimenti, il 28 gennaio vicino a Valuiki, gli alpini esausti sono circondati dai cosacchi. Combattono fino all’ultimo ma non si arrendono: i pochi superstiti sono catturati con le armi in pugno. Partirono in 17.000, ma solo 1.300 torneranno in Italia.
Andrea è spedito in Siberia nel “Campo 99”. I reduci raccontano la sua bontà e dedizione verso i compagni di prigionia. Mesi e mesi di privazioni, di atroci sofferenze, di spostamenti da un “gulag” all’altro lasciano un segno indelebile. Ridotto a una larva, offre conforto ai moribondi, sostegno ai sofferenti, coraggio ai sopravvissuti. Trasferito in Uzbekistan, continua ad assistere gli agonizzanti, isolati nelle baracche perché infetti. I due fratelli rientrano in Italia nell'ottobre 1945. Andrea, riprese le forze, decide di dedicarsi a Cristo nei malati.
Nel luglio 1946 bussa alla Piccola Casa della Divina Provvidenza. Nel 1948 emette i voti come Fratello e prende il nome di fratel Luigi di Maria Consolata. Per 30 anni si impegna con passione e diligenza a servizio degli infermi. Istituisce in ospedale un gruppo di donatori di sangue, scelti di preferenza tra gli ospiti della Piccola Casa e una piccola emoteca nella sala di medicazione, attigua alla sala operatoria. Due intuizioni professionali di grande valore. L’ex alpino diventa anestesista e la sua presenza infonde sicurezza a medici e infermieri e tranquillità ai pazienti. Proprio perché donatore di sangue, nel giugno 1975 scopre di avere una leucemia acuta. Il suo calvario dura due anni. Muore a 55 anni il 25 agosto 1977 e dona le cornee a due non vedenti.
Dal 1989 al 1993 a Torino si svolge l’inchiesta diocesana su quello che Benedetto XVI, nella visita alla Piccola Casa il 2 maggio 2010, ha definito «una stupenda figura di religioso infermiere».
Poi l’inchiesta sul miracolo. Il 17 novembre 1989 suor Maddalena (Maria Giovanna) Berruto, nata nel 1936 a Moncalieri, religiosa cottolenghina, maestra di asilo e infermiera professionale, accusa fortissimi dolori all’addome ed è ricoverata al “Cottolengo”. La diagnosi è impietosa: carcinoma vescicale. Invoca fratel Luigi «affinché mi ottenesse la grazia di affrontare la malattia e la sofferenza come aveva fatto lui». Detto, fatto. Prima di entrare in sala operatoria ha una visione di fratel Luigi che la conforta: «Vai tranquilla, perché è già tutto fatto». Il carcinoma era scomparso. Qualche giorno dopo fu dimessa guarita.
Il 3 aprile 2014 Papa Francesco autorizza la Congregazione dei santi a promulgare il decreto sul miracolo: «La sua guarigione rapida, completa e duratura, veloce e integrale, non ha una spiegazione medica né scientifica».
Nei poveri vede
e serve Gesù
A far conoscere questo buon samaritano del XX secolo tra i primi fu il confratello Domenico Carena. Nel 1997 testimonia: «Nell’esperienza di fratel Luigi il mistero del Crocifisso è centrale. Cura i sofferenti privilegiando quelli in stato di abbandono. La sua presenza ne riscalda la vita, diventa una buona notizia per i poveri che non si sentono più soli. La vita di Bordino è strutturata sul radicalismo gioioso del Vangelo. Nei poveri vede e serve Gesù. Collega le ferite di Gesù a quelle sanguinanti dei poveri che cura con puntualità, garbo e perizia. Tocca con mano e penetra la sofferenza quotidiana dei fratelli. Nella preghiera richiama le pene della gente comune, i travagli personali e sociali, i malanni fisici e psichici dei poveri, i disagi, i disastri morali e le contraddizioni».
Don Sabino Frigato, Vicario Episcopale per la vita consacrata della diocesi di Torino, in una recente conferenza, disse: «Se ci fermassimo a questo punto, avremmo delineato una bella figura di religioso pienamente realizzato. Una figura altamente significativa da proporre anche oggi per la sua radicalità nella sequela del Signore Gesù».
Un uomo
ricco di umanità
E tuttavia credo che la bellezza e la piena attualità della vita consacrata di fratel Luigi debba essere colta anche e soprattutto da un altro punto di vista: quello della sua umanità, del suo essere stato un consacrato profondamente uomo, vale a dire, “un uomo con l’animo di fratello”.
Infatti, non sono poche le persone che hanno raccontato fratel Luigi come un uomo perfettamente integrato senza dualismi tra virtù umane e consacrazione religiosa, tra azione e contemplazione così come tra il servire il prossimo e l’adorare l’unico Gesù.
Nelle tante testimonianze riportate dai consultori romani, ciò che mi ha colpito è l’insistenza sul fatto che fratel Luigi Bordino era “un uomo”, un “vero uomo” e che proprio grazie a questa sua ricca umanità ha comunicato in modo efficace e affascinante la sua consacrazione a Dio. Tant’è che qualcuno ha parlato di lui come di una persona umanamente perfetta per la sua carica umana. Colpisce il fatto che l’espressione “vero uomo” venga ripetuta da tanti che l’hanno conosciuto.
La ricca umanità di fratel Luigi viene descritta con il ricorso a quelle qualità umane positive che un uomo può avere. Qualità che lo hanno reso capace di relazionarsi con i più poveri come con i medici dell’ospedale, con gli ammalati il personale infermieristico, così come con i suoi confratelli.
Colpiva quelli che l’hanno frequentato la sua bontà d’animo e la sua capacità di intessere relazioni di amicizia. Tutto ciò non toglieva che anche in lui ci fosse qualche tratto spigoloso. E per fortuna. Un uomo, un vero uomo non è mai un superman. È sempre una persona impastata di concretezza e anche di fragilità.
A questo proposito, per nostra consolazione e incoraggiamento, vale la pena citare un passo di papa Francesco quando incontrò i superiori maggiori: “Un religioso che si riconosce debole e peccatore non contraddice la sua testimonianza che è chiamato a dare, ma anzi la rafforza e questo fa bene a tutti”.
Il fascino della sua
vita spirituale
Stabilire relazioni di stima, di fiducia, di amicizia con quel suo rendersi disponibile sempre e a tutti gli ha permesso di giungere al cuore di tanta gente e di far loro intuire qualcosa della sua vita interiore. Di questa non parlava e, nonostante ciò, nel suo modo di essere e di fare si rifletteva in modo persuasivo la sua santità, cioè la sua piena consacrazione al Signore. Non sono poche le testimonianze in questo senso: “Fratel Luigi non ha raccontato molto della sua vita interiore, ma la si è percepita dalla sua grande attrattiva sulle anime, frutto evidente della sua interiorità spirituale”.
Le ragioni – diciamo così – del suo agire quotidiano non erano puramente umane, frutto magari di un buon carattere. La ragione prima e ultima che lo spingeva a dedicarsi in modo unico ai sofferenti e ai poveri era l’amore a Gesù, la sua imitazione. Si legge in una testimonianza che “forte dell’insegnamento evangelico e della migliore tradizione ecclesiale e specificatamente cottolenghina che vede e serve Gesù nel povero, egli senza la più piccola forzatura viveva in forma abituale questo mistero della fraternità universale, diffondendo la tenerezza del Padre provvidente attorno alla sua persona e nell’esercizio del suo ministero di carità”.
Chi l’ha conosciuto da vicino parla del fascino che la sua spiritualità unitamente alla sua carica umana esercitava sui poveri, sui malati e su chi lo frequentava. È ricorrente la sottolineatura che nel suo lavoro quotidiano, nel suo essere uomo semplice, buono, generoso e instancabile trapelava la sua fede, la sua speranza e la sua carità.
Con la sua missione tutta dedita ai poveri e ai malati fratel Luigi ha narrato, per così dire, l’umanità di Gesù. Nella sua dedizione quotidiana, era come se Gesù continuasse, nelle corsie dell’ospedale, a farsi vicino ai poveri curandone le ferite dei corpi e dello spirito, confortandoli e sanandoli.
Nella compassione del fratello che si chinava con pazienza, dedizione, amabilità e tenerezza sui malati anche quando era sfinito dal lavoro, fratel Bordino in tutta semplicità narrava la compassione di Gesù verso le folle che lo seguivano come pecore senza pastore.
Nel perdono delle offese e delle ingiurie così come nell’ascolto dei tanti che l’avvicinavano, veniva raccontato Gesù quando si fermava ad ascoltare il grido di chi chiedeva la guarigione dalla malattia o la vita del figlio morto.
In definitiva, fratel Luigi, come uomo e come religioso si era identificato a Cristo. E proprio questa identificazione rappresenta la sintesi più completa ed espressiva della sua vita.
Un uomo formato
sull’uomo Gesù
Ciò che fa di fratel Luigi un consacrato per l’oggi e per il domani è il suo essere stato un uomo formato sull’uomo Gesù. La “forma Christi” di fratel Bordino è stata, a detta di taluni testimoni, una “buona notizia” per tutti e per i poveri in particolare. Nell’ordinario della quotidianità ha fatto risplendere lo straordinario di una vita al seguito di Gesù.
La grande testimonianza che fratel Luigi ci dà è questa: l’umano, cioè la capacità di relazioni aperte, fraterne, accoglienti come quelle di Gesù, è la via attraverso cui la vita consacrata diventa interessante e degna di attenzione anche da parte di chi spesso è indifferente e critico verso noi consacrati.
Un interrogativo si pone a noi tutti. Come possono dei consacrati comunicare al mondo d’oggi, indifferente e individualista com’è, la Buona Notizia del vangelo? O per usare le parole di papa Francesco: come svegliare questo mondo dal suo torpore?
Se guardiamo ai nostri santi fondatori, ci rendiamo conto che essi sono stati degli svegliarini di prim’ordine con la loro profonda umanità nella quale si toccava con mano la presenza e la vicinanza di Gesù.
Anche oggi, chi apre uno spiraglio di cielo? Il consacrato e la consacrata, cioè l’uomo e la donna serenamente maturi in Cristo.
Alla luce anche delle provocazioni di papa Francesco possiamo meglio cogliere la freschezza e la profezia di fratel Luigi Bordino. Con la sua umanità semplice, umile, fraterna ha svegliato il mondo che lo circondava. E oggi noi consacrati se vogliamo “svegliare il mondo” dobbiamo anzitutto svegliare noi stessi per diventare testimoni di un modo di essere, di vivere, di relazionarci in comunità e fuori comunità guidati dall’umanità di Gesù.
Noi spesso parliamo della nostra esperienza di vita consacrata in termini di crisi e la attribuiamo alla anzianità, alla scarsità delle vocazioni. Tutte cose vere. Però c’è crisi quando noi e le nostre comunità non sono luoghi di umanità vissuta; quando la carità non è vissuta in relazioni aperte, serene che aprono il cuore, anche quello diffidente, alla confidenza e all’amicizia.
In una parola c’è crisi nella nostra vita consacrata quando e perché Cristo non viene narrato, raccontato nelle nostre relazioni quotidiane, nelle nostre fraternità.
Fratel Luigi ha parlato poco della sua vita consacrata. Ma è stata la sua persona a parlare in modo convincente. Quelli che l’hanno conosciuto e frequentato sono concordi nell’affermare che da fratel Luigi emanava il fascino della sequela di Gesù. E non perché sgranasse rosari o recitasse preghiere a getto continuo. Il suo era il fascino dell’uomo semplice, buono, generoso, instancabile, sereno, paziente, affabile e via elencando. Sono tutti tratti di un’umanità matura della maturità di Cristo.
Senza forzature si può ben dire che fratel Luigi Bordino ha testimoniato una vita consacrata che supera i limiti del tempo. E lo possiamo guardare come un consacrato del presente e del futuro perché è stato un grande e convincente narratore del Signore Gesù.
L’essere persone fraterne, accoglienti, umanamente calde – nonostante tutti i limiti e i problemi che possiamo incontrare – ha una forza profetica enorme. Ed è per questo motivo che papa Francesco si rivolge a noi con questo richiamo: «Desidero dai religiosi questa testimonianza speciale, questa profezia che annuncia il Vangelo».
Fratel Luigi Bordino è stato e continua ad essere una luce profetica per il nostro tempo e per il futuro della vita consacrata.
fratel Roberto Colico