Dall'Osto Antonio
Religiosi tedeschi e "luoghi insoliti"
2015/4, p. 10

Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.

Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
VC in Germania: tra crisi e nuove partenze
Il 19 maggio 2014, papa Francesco parlando alla Conferenza episcopale italiana, definì la vita consacrata una “riserva di futuro”. L’anno precedente, il 19 agosto, nella intervista concessa a p. Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica”, alla domanda “Qual è oggi nella Chiesa il posto specifico dei religiosi e delle religiose?”, aveva risposto: «I consacrati sono dei profeti».
Sono due definizioni molto lusinghiere, ma corrispondono alla realtà concreta della vita consacrata oggi? È la domanda che si è posta la rivista tedesca Herder Korrespondenz (2/2015), mettendo a confronto le due affermazioni del papa con l’attuale situazione di crisi della vita consacrata in Germania. Nell’articolo, a firma di Ulrich Engel, intitolato Die stillgelegten Propheten?, la rivista si domanda se siamo di fronte alla scomparsa dei “profeti”, ossia di coloro che per la loro vocazione incarnano nella Chiesa la sua dimensione profetica, vale a dire i religiosi e le religiose. L’interrogativo non è superfluo, almeno osservando le statistiche.
Già 50 anni fa, il noto teologo domenicano fiammingo, Edward Schillebeekx (1914-2009), parlando della situazione della vita religiosa in Europa occidentale, scriveva: «Se volessi essere cattivo – si dovrebbe dire piuttosto ottimista – direi che attualmente bisognerebbe affiggere agli ingressi delle case religiose la scritta “Chiuso per restauri”». Una quindicina di anni dopo, alla domanda circa lo stato dei restauri, lo stesso teologo rispose: «Una ristrutturazione del genere non è possibile portarla a termine nel giro di 30 o 50 anni».
Se osserviamo, per esempio, i dati in Germania (ma la situazione non è molto migliore altrove), bisogna dire che umanamente parlando non ci sono molte speranze. Al 31 dicembre 2013, nel paese risultavano presenti 4.500 religiosi, con una diminuzione del 50% rispetto al 1977. Il 54% ha un’età superiore ai 65 anni. Il numero dei novizi (84) è rimasto invece quasi invariato, se confrontato col 2012 (83).
Nel 2013 si sono avute negli istituti maschili 23 ordinazioni sacerdotali. Attualmente 150 religiosi provengono da fuori, mentre sono 750 i fratelli e i padri tedeschi che lavorano all’estero.
I gruppi più consistenti di religiosi sono i benedettini, con 29 case e circa 700 monaci. Al secondo posto si collocano le comunità francescane con circa 600 membri. Come singoli istituti, i gesuiti costituiscono l’entità numericamente più grande, (330 membri) seguiti dai missionari di Steyl (280) e dai salesiani (270).
Più drammatica è la situazione della vita consacrata femminile. Oggi ci sono in Germania appena 18.000 religiose, in 1.500 comunità. Nel 2005 erano 25.000 e nel 1965 addirittura 100.000. Il 7% appartiene alle comunità di vita contemplativa, mentre il 93% è di vita attiva apostolica. I gruppi più consistenti sono quelli delle benedettine, francescane e vincenziane.
Per quanto riguarda l’età: l’85% di tutte le suore del paese hanno superato i 65 anni, ma in molte comunità l’età media è oltre i 75. Sono ormai sempre meno le suore che lavorano nelle opere tradizionali come l’educazione (245), l’insegnamento (225) e le attività sociali (240).
Nel giro di poco meno di 60 anni, il numero delle novizie sia negli ordini contemplativi sia nelle congregazioni di vita attiva è diminuito del 98%, passando da 3.500 nel 1955 a 62 nel 2013.
La conseguenza di questo declino è che le congregazioni per motivi di personale o per ragioni economiche hanno dovuto trasferire ad altri le loro opere lasciando dietro a sé, scrive U. Engel, «dolore, ferite interiori e rassegnazione».
In una situazione del genere è problematico parlare dei religiosi come “riserva di futuro” e come “profeti”. Almeno se tutto dipendesse solo dai numeri.
Ma cosa si intende dire quando si parla del carattere profetico della vita religiosa? L’espressione non si trova nei testi conciliari, nemmeno nel decreto Perfectae caritatis. La definizione della vita religiosa come “segno profetico” compare nel documento Religiosi e promozione umana del 1980 e indica una realtà che si radica nella missione profetica di Cristo e nel lieto annuncio ai poveri (cf. Lc 4,17).
Il teologo canadese Jean-Marie Tillard, scomparso nel novembre del 2000, scrive che profeta è colui che annuncia «in maniera indomita la promozione della giustizia e della verità senza preoccuparsi delle immediate eventuali conseguenze. Egli dice quello che si deve dire e accusa l’inevitabile mediocrità». Per il teologo tedesco Johann Baptist Metz, la profezia della vita consacrata è «una terapia d’urto dello Spirito Santo per tutta la Chiesa poiché la mette in guardia contro il rischio dell’accomodamento e del discutibile compromesso a cui può a volte essere esposta. I religiosi rivendicano la coerenza senza compromessi del Vangelo e della sequela. In questo senso essi costituiscono una forma istituzionalizzata di pericolosa memoria in seno alla Chiesa». (Zeit der Orden, Kevelaer, 2014).
Secondo papa Francesco, come egli stesso ha dichiarato nella citata intervista a p. Spadaro: «essere profeti a volte può significare fare ruido (rumore)... La profezia fa rumore, chiasso, qualcuno dice “casino”. Ma in realtà il suo carisma è quello di essere lievito: la profezia annuncia lo spirito del Vangelo».
È su questa linea che anche in Germania, nonostante il declino numerico, stanno nascendo nuovi germi di vita e sviluppando nuove “partenze”, ispirate a ciò che scrive la costituzione dogmatica Gaudium et spes: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (n. 1). Queste nuove “partenze” sono promosse da religiosi/e religiose che si sono posti l’interrogativo: che cosa abbiamo da imparare dal mondo? In che cosa consiste il nostro servizio alla società?
La risposta, scrive Ulrich Engel, bisogna andare a cercarla in quelli che egli chiama gli “Anders-Orte”, ossia nei luoghi diversi dai soliti. Con questa espressione si intendono quei luoghi in cui esistono realtà sociali, religiose e culturali della vita ordinaria, dove nello stesso tempo regna un ordine di cose diverso. In altre parole, nei progetti professionali riguardanti l’attività sociale giovanile, la sanità, le scuole, gli anziani, i non residenti, i migranti, i carcerati e persino gli artisti, e l’ecumenismo ecc.; luoghi del quotidiano dove sono presenti religiosi e religiose desiderosi di far trasparire qualcosa di diverso: la misericordia e la giustizia di Dio. Chi vuol conoscere come funziona la vita degli ordini religiosi nel mondo postmoderno, sottolinea Engel, «non deve andare a studiare le statistiche e le dichiarazioni delle Unioni dei superiori maggiori degli istituti, ma deve individuare questi “luoghi diversi”, per incontrare lì concretamente i religiosi impegnati nel campo spirituale, pastorale, sociale, scientifico e politico. In questi luoghi – spesso poco appariscenti e visibili perché piccoli e inseriti in contesti extraecclesiali – scoprirà delle cose che lo stupiranno». Questi impegni terreni non distolgono però lo sguardo dei religiosi verso l’alto, verso il Regno di Dio e la fine dei tempi. Lo sguardo rivolto al cielo infatti è la condizione che rende possibile l’impegno profetico nel mondo. Gli istituti religiosi devono avere sempre davanti allo sguardo un’acuta prospettiva escatologica. Che poi abbiano la forza di essere una “riserva di futuro”, sottolinea Ulrich Engel, è tutto da discutere.
Un filosofo italiano Giorgio Agamben ha affermato, con una buona dose di pessimismo, che la «Chiesa cattolica ha chiuso il suo ufficio escatologico». In contrasto con questa affermazione, conclude Ulrich Engel, si possono trovare in Germania – e anche altrove – uomini e donne consacrati che invece da tempo hanno aperto dei piccoli “uffici escatologici”, pregando e lavorando. Sono, per esempio, le francescane che svolgono un’attività ambulatoriale in un ospizio per la cura di malati di AIDS; laici domenicani che operano nella gestione politica dell’ufficio presidenziale tedesco; suore carmelitane presenti nei luoghi del terrore del nazismo, le Suore di santa Maria Maddalena Postel nell’aiuto ai giovani. «È qui e in tanti altri “luoghi diversi”, conclude Ulrich Engel, che i religiosi realizzano già ora il potenziale di futuro della loro forma di vita: per amore di Dio e del prossimo».
a cura di Antonio Dall’Osto